Ospizio della Maddalena (1814-1832)
Manicomio di Astino nel convento vallombrosano (1833-1892)
San Salvatore Almeno e Vertova (anni venti-trenta del XIX sec.)
nuovo impianto
Una prima assistenza ai folli nel territorio bergamasco si ha nell’Ospizio della Maddalena, fondato nel 1352 dalla confraternita dei Disciplini, aperto nel 1737 anche ai “maniaci furenti”, aggregato all’Ospedale Maggiore di Bergamo e rimasto attivo fino al 1833. Chiuso da quest’anno, un nuovo manicomio è allestito nel convento vallombrosano dismesso di Astino (località del Comune di Bergamo), vicino al quale, intorno al 1860 è creata una colonia agricola per l’attività nei campi dei “matti” tranquilli.
Nel 1870 a Bergamo è istituita una Commissione di esperti per lo studio e la ricerca di requisiti e mezzi al fine di migliorare le condizioni di vita manicomiali. Inoltre, tra 1882 e 1884 il Consiglio provinciale si attiva per trovare un terreno di circa 300 pertiche censuarie (1 pertica = 662 mq), senza fabbricati e almeno in parte coltivabile, che sia distante da Bergamo non più di 2 km, in posizione salubre e con ottime risorse idriche, richieste queste ultime in linea con le più progredite tendenze igieniste circolanti. La trova a circa due chilometri dalla città, in corrispondenza dell’ultimo tratto urbano di via Borgo Palazzo, strada in direzione di Venezia detta anche via per il Tonale, al confine con il comune di Seriate in località Boccaleone e favorevolmente fiancheggiata da una roggia ricca d’acqua.
L’incarico di redigere il progetto è affidato nel 1885 a Elia Fornoni (1847-1925) – ingegnere-architetto e figura di primo piano in città, oltre che assessore alla custodia dei monumenti –, affiancato dallo psichiatra lucchese Scipione Marzocchi, divenuto poi il primo medico primario del manicomio alla cui ideazione aveva partecipato. È loro richiesto di concepirlo piuttosto ampio, in modo che possa ospitare 700 malati, avendo come modello quello di Voghera, in terra pavese, qui però risolto con minore rigore planimetrico, mirando a un maggiore diradamento edilizio per il soleggiamento dei locali e per un previsto aumento di volumetrie.
I fase: 1888-1928 [BG_4_1_2]
architetti/ingegneri: Elia Fornoni, Impresa Lenmann, Zanchi
alienisti/psichiatri: Scipione Marzocchi
Il progetto generale redatto da Elia Fornoni tra il 1888 e il 1891 è ridisegnato con leggere varianti dall’Impresa Edoardo Lenmann, che poi lo realizza in tempi rapidi, tanto che già nel 1892, chiuso completamente quello di Astino (attivo dal 1833), i degenti sono spostati nel nuovo complesso manicomiale in via Borgo Palazzo [BG_4_2_1]. È adottato un impianto simmetrico e gerarchico, con padiglioni in parte avvicinati e interconnessi e in parte indipendenti, rispondenti sia a criteri funzionali e igienico-sanitari sia a principi architettonici miranti a conferire nobiltà al sito. Recintato da un muro non alto, il sistema si organizza per “quartieri indipendenti”, con raggruppamenti omogenei per sesso, età e malattia, con una rigorosa distribuzione di servizi e alloggi per direttori e inservienti; nei padiglioni destinati ai malati, al piano terra sono i locali di soggiorno e lavoro, e i refettori, mentre al primo sono i dormitori con stanze a più letti.
La spina centrale dei servizi, ortogonale a via Borgo Palazzo dov’è l’ingresso, è composta da una serie di padiglioni paralleli alla strada, raccordati tra loro e con i corpi trasversali tramite gallerie, in modo da formare ampie corti interne; l’imponenza della prima, quella d’onore, si deve anche all’uso del bugnato nel fronte principale del padiglione dei servizi generali e alla sequenza di arcate a tutto sesto su colonne in pietra arenaria dei portici, al cui piano superiore sono le ampie terrazze utilizzabili dai degenti per il passeggio. Nella fascia centrale seguono in successione i padiglioni con le seguenti funzioni: gli uffici e l’alloggio del direttore, con affiancate le case dei medici [BG_4_2_2; BG_4_2_3; BG_4_3_1; BG_4_3_2; BG_4_3_3]; i servizi generali, con sala spettacoli, guardaroba, cucina e altre funzioni al piano terra e l’alloggio delle suore al primo piano [BG_4_2_4; BG_4_3_4]; il servizio idroterapico [BG_4_2_5]. In posizione opposta all’ingresso e isolata, è la piccola chiesa neogotica [BG_4_3_5; BG_4_3_6]; nell’archivio provinciale si conservano i disegni di due soluzioni: la prima è caratterizzata da una pianta a croce greca e tratti neogotici; la seconda, molto curata nei particolari e coincidente con quella poi costruita, è a pianta ottagonale e con decori neogotici sia all’esterno sia all’interno [BG_4_2_6; BG_4_2_7]. Oltre la chiesa, l’edificio contenente i macchinari per l’energia elettrica, i servizi sanitari e un’ampia lavanderia [BG_4_2_8; BG_4_3_7], precede tre piccoli corpi edilizi, destinati ai servizi necroscopici e all’isolamento dei contagiosi (distinti fra uomini e donne) [BG_4_3_8]. Di questa compatta fascia centrale fanno parte, sempre paralleli tra loro, ma ortogonali ai precedenti, i due padiglioni destinati ai laboratori (per gli uomini a sinistra e per le donne a destra) [BG_4_3_9] e i due che ospitano i magazzini, le ghiacciaie, le cantine e, al piano superiore, le infermerie [BG_4_2_9; BG_4_3_10].
A destra e a sinistra della spina centrale sono collocate due fasce edilizie, simmetriche e parallele, che seguono l’usuale distinzione per sesso e ospitano, in sequenza a iniziare dall’ingresso, i malati tranquilli [BG_4_3_11], i semi-agitati e gli agitati, i primi due all’interno di padiglioni con pianta a forma di “C” [BG_4_2_10; BG_4_3_12; BG_4_3_13], gli ultimi in padiglioni con pianta a forma di “H” [BG_4_2_11; BG_4_2_12]. Più esternamente, quasi al margine del muro di confine, sono allineati edifici più piccoli – destinati a paganti, paralitici, adolescenti –, tutti con pianta rettangolare, posti parallelamente all’asse centrale e a un solo piano fuori terra.
L’orientamento dei fabbricati in direzione nord-nord-est/sud-sud-ovest secondo gli igienisti è ritenuto il migliore, mentre tra i padiglioni è volutamente mantenuta la distanza costante di 30 o più metri con un’altezza massima di 10,50, per ottenere una favorevole circolazione d’aria e ampi spazi liberi così da consentire la formazione di vaste aree a verde e piantumate.
Se l’architettura dei padiglioni per le degenze e per i laboratori è semplice e dignitosa, ben più sontuosa e scenografica è la soluzione ambientale della sede direzionale, articolata su tre piani fuori terra. Introdotto da un ingresso con due piccoli padiglioni ai lati (portineria e alloggio del cappellano), separati da una lunga cancellata [BG_4_2_13; BG_4_3_14], l’edificio è arretrato rispetto al perimetro stradale, con il fronte principale preceduto da un’ampia corte d’accesso alberata che valorizza l’imponente prospetto neoclassico.
Come a Voghera, ma senza binari a scartamento ridotto per il trasporto dei materiali, anche qui è realizzato un sistema continuo di cunicoli sotterranei che interessa tutti i padiglioni dell’asse centrale, funzionale anche al controllo delle canalizzazioni degli impianti, risolti mediante sistemi all’avanguardia. Inoltre, su progetto dell’ingegnere Zanchi, è riorganizzato il sistema fognario mentre il riscaldamento è a caldaie a vapore.
Tra 1920 e 1921 si decide di potenziare l’attività del panificio con la produzione del “pan biscotto”, da mettere in vendita anche all’esterno del manicomio. Nel 1921 molti malati, in esubero nella sede bergamasca, sono trasferiti in quella di Mombello (Milano).
II fase: 1929-1952 [BG_4_1_2]
architetti/ingegneri: Fermo Terzi, Ufficio tecnico provinciale, Ditta Berna
alienisti/psichiatri: Alberto Rostan
In ragione del continuo aumento dei ricoverati, in tempi rapidi sono sopraelevati di un piano diversi padiglioni (degenti e laboratori) e realizzate nuove connessioni e aggiunte tra gli edifici in linea. Nel 1929 risulta che sono già raddoppiati in altezza i padiglioni dei paralitici e degli agitati, secondo un progetto dell’ingegnere Fermo Terzi che propone anche migliorie tecniche di tipo edilizio quali, ad esempio, il rafforzo dei soffitti in incannicciato tramite legature di filo zincato o nuovi pavimenti in getto di segatura di legna con silicati (ditta Berna di Bergamo), perché meno freddi di quelli in cemento armato, senza connessure e facilmente lavabili.
Nel 1934 l’Ufficio tecnico dell’ospedale progetta ex novo l’impianto idrico e tre anni dopo (1937) quello di riscaldamento [BG_4_2_14]; contemporaneamente sono sopraelevati e unificati i laboratori maschili (i disegni di progetto sono presenti nell’archivio provinciale). Nel 1939 è acquistata una grossa macchina asciugatrice e, in data imprecisata, sono aperti i due manicomi sussidiari di Almenno San Salvatore e di Vertova. Lo stato del complesso ospedaliero bergamasco è riportato in una mappa catastale del 1940 [BG_4_2_15].
A seguito di migliorie diverse di tipo tecnologico (potenziamento degli impianti fognari, di riscaldamento ad aria calda, elettrici), nell’ospedale psichiatrico si registra una rapida crescita del numero dei ricoverati, divenuti più di 1.000 all’inizio degli anni cinquanta [BG_4_2_16]. Poiché i padiglioni sono insufficientemente riscaldati per la popolazione di circa 1.060 malati e più di 300 addetti alla cura (nel 1952 i malati ad Almenno San Salvatore sono 100 e 80 a Vertova), il direttore Alberto Rostan fa redigere un progetto di riscaldamento centrale a termosifone; si prevede allora l’istallazione di tre nuove caldaie. S’ipotizza anche un ampliamento del complesso manicomiale, oltre il recinto, con tre nuovi padiglioni: neurologico, infanzia anormale e quartiere del lavoro.
III fase: 1953–1996 [BG_4_1_2]
architetti/ingegneri: Silvano Pezzetti
alienisti/psichiatri: Benedetto Saraceno
Attuate diverse migliorie tecniche, fino ai primi anni sessanta si discute di un possibile ampliamento dell’ospedale psichiatrico. La dismissione, a seguito della legge Basaglia n. 180, avviene in modo graduale e non ben documentato. Dopo il 1972, al diffondersi di un movimento antipsichiatrico che genera, prima della legge Basaglia, alcune innovazioni, i reparti cessano di essere divisi per patologia: all’interno dei padiglioni sono raggruppati i pazienti provenienti dalle stesse realtà territoriali. Sul territorio inizia anche la costituzione dei primi Centri di Igiene Mentale, che riducono il numero dei pazienti ricoverati (nel 1978 sono 500).
Nel 1985 è avviato un progetto di riconversione, coordinato da Benedetto Saraceno, psichiatra e ricercatore presso l’Istituto Mario Negri di Milano, cui lavorano anche i medici psichiatri Vitale e Guarnieri, e l’architetto Silvano Pezzetti, per gli aspetti edilizi. In esso si prevede che i tre gruppi di pazienti ancora qui ospitati siano distribuiti in tre fasce, su diversi lotti e in edifici in parte preesistenti e in parte di nuova edificazione: una fascia psichiatrica, costituita da 6 comunità terapeutiche (su altrettanti lotti), una fascia di medicina riabilitativa, una fascia assistenziale. Nel 1989, quando si bloccano i lavori, i sei lotti all’interno dei quali erano previsti gli appartamenti per i pazienti, risultano inedificati. La ristrutturazione pertanto riguarda solo modifiche interne all’antico complesso, senza intaccarne la volumetria originaria. Negli anni ottanta-novanta, per l’uso dei padiglioni con pianta a “C”, vi sono realizzati parziali ampliamenti al piano terra del corpo centrale.
IV fase: 1997–2013 [BG_4_1_2; BG_4_1_3]
architetti/ingegneri: dato non accertato
Con la L. R. n. 31 del 1997 il complesso è assegnato in comproprietà all’Azienda ospedaliera Ospedali riuniti (che vi alloca un reparto di Neuropsichiatria infantile, uno di Medicina sportiva e un Hospice, come residenza per malati terminali) e all’ASL che, dal 1998, vi realizza nuovi edifici, destinati a varie attività (uffici, un Centro socio educativo, due Centri residenziali per handicappati, un Servizio per tossicodipendenze e un Consultorio familiare sovra distrettuale) [BG_4_2_17]. Complessivamente l’ex ospedale neuropsichiatrico, frammentato in vari usi, necessita ora di molti interventi di restauro e recupero, mentre una sua parte versa in stato di abbandono.
impianto
a padiglioni indipendenti, in parte collegati da gallerie fuori terra
corpi edilizi
edifici su due e tre piani, a pianta rettangolare, a “C”, a “H”, a “T” e ottagonale (chiesa)
strutture
strutture in elevazione: murature tradizionali, colonne in ghisa, murature in c.a.
orizzontamenti: solette il legno, solette in profilati metallici e volterrane, solette in profilati metallici
coperture: tetti a padiglione, con rivestimenti in cotto alla marsigliese e capriate in legno; tetti piani (terrazze dei porticati)
ottimo: piantumazione
buono: spazi interni
cattivo: superfici esterne, intonaci e rivestimenti lapidei
rovina: volumi edilizi tecnologici abbandonati, arredi del verde ammalorati
G. Palazzini, Notizie storiche intorno la casa dei pazzi della Maddalena in Bergamo e circa il traslocamento di essi ad Astino, Tip. Crescini, Bergamo 1832
L. Brugnoni, Cenni storici, topografici, medici sul manicomio di Bergamo in Lombardia, “Annali universali di Medicina”, CXLV, 1853
A. Finardi, L'istituto pazzi in Astino, Tip. Crescini, Bergamo 1862
S. Marzocchi, Il Nuovo Manicomio Provinciale di Bergamo, Stab. G. Civelli, Milano 1893
G. Antonini, La vita di un manicomio moderno. Bergamo, Off. Bergamasca Arti Grafiche, Bergamo 1911
Id., Notizie sulla vita e sulle opere del dott. Scipione Marzocchi, direttore del manicomio di Bergamo, A. G. Lazzeri, Siena 1917
Id., Per la lapide commemorativa di Scipione Marzocchi nel manicomio di Bergamo, “Giorn. Psichiat. Clin. Tecn. Manic.”, f. 1-2, 1928, pp. 158-164
Farmaci psicoterapia manicomio. Salute mentale a Bergamo, tre risposte diverse per tre popolazioni diverse?, Atti del Convegno (Bergamo, Borsa Merci, 26 maggio1990), P. Lubrina, Bergamo 1991
M.A. Crippa, Ospedale neuropsichiatrico provinciale di Bergamo, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 149-151
Archivio storico della Provincia di Bergamo, Assistenza-Ospedale Neuro Psichiatrico (O.N.P)
Azienda ospedaliera Ospedali riuniti di Bergamo, Archivio storico, Ospedale neuropsichiatrico provinciale di Bergamo
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