Ospizio di mendicità nell’ex convento dei Cappuccini, ubicato nel quartiere Akradina in zona suburbana (1900)
non presenti
nuovo impianto
Stimolato dall’esempio di altre province, nel maggio 1906 il consiglio provinciale di Siracusa decide di dotare il proprio territorio di un manicomio e, per superare i gravi problemi dovuti all’affidamento dei malati a strutture di altre città, si avviano gli studi per la sua realizzazione. Scartata una prima proposta, la deputazione provinciale fa “redigere nel più breve tempo possibile un progetto per la costruzione di un manicomio capace di contenere n. 150 matti con una sezione per quelli a pagamento in un locale nelle vicinanze di Siracusa”. Sugli aspetti finanziari ed economici del progetto scaturisce un intenso dibattito, corroborato dalla decisione del comune di concedere gratuitamente dieci ettari di terreno per la sua costruzione (25 giugno 1906) e, con delibera del 21 marzo 1907, la deputazione si assume l’incarico di eseguire opportuni approfondimenti tecnici e finanziari, affidando la redazione di un progetto a un ingegnere specialista e di nota competenza.
L’incarico è dato il 23 maggio 1907 a Gian Battista Cantarutti, “nome più fortemente raccomandato [e] personalità distinta ed altamente stimata”, ideatore e direttore dei lavori del manicomio di Udine, ritenuto un esempio rispondente a tutti i “dettami della scienza e a tutti i bisogni che la modernità e la civiltà impongono”. Nella proposta esecutiva del 22 luglio 1908, che segue le coeve disposizioni in materia tecnico-scientifica, Cantarutti, coadiuvato dall’alienista Giuseppe Antonini, prevede l’esecuzione di dieci padiglioni separati, suddivisi tra uomini e donne, organizzati lungo una fascia centrale dove colloca i giardini e i servizi comuni [SR_4_2_1]. Soluzione questa simile a quella di Udine che con la proposta siciliana palesa plurime analogie sia nella configurazione generale – impianto regolare e simmetrico con una "circonvallazione" intorno al perimetro – sia nelle specificità architettonico-distributive dei vari fabbricati e nelle metodologie di gestione. Concessa a titolo gratuito dal comune di Siracusa, l’area per l'insediamento è un fondo di forma rettangolare di circa sette ettari situato a nord in contrada Teracati lungo la strada comunale per Epipoli distante circa tre chilometri dall'isola di Ortigia, centro nevralgico della città. Presumibilmente la scelta del luogo dipende da opportunità logistiche (distanza dal centro, in zona segnata da pochi insediamenti, e possibilità di un facile approvvigionamento idrico), di salubrità (isolamento da altre costruzioni) e soprattutto da necessità economiche.
Chiamato a esprimersi sulla qualità del progetto, l’onorevole Beneventano presenta una relazione nella quale, nonostante reputi “del tutto moderno e teoricamente rispondente ai dettami della scienza moderna il tipo del manicomio progettato”, esprime una serie di osservazioni di natura economica e tecnica.
Data al 9 ottobre 1909 il memoriale a firma di Cantarutti e Antonini in risposta alle critiche mosse, in cui, non escludendo la possibilità di adeguare il progetto alle norme antisismiche, si riafferma la sua attendibilità, se paragonata ad altre strutture esistenti, in merito alle previsioni relative sia alle caratteristiche dei padiglioni sia al numero di personale sanitario preventivato. Si dissente, però, sull’opportunità di aumentare la distanza fra i padiglioni poiché tale scelta comporterebbe un cambio nell’impostazione tipologica dell’insediamento, che si sarebbe trasformato in un impianto a villaggio. Il 15 gennaio 1910 il consigliere Beneventano riconferma i problemi già sollevati e, a suo parere, non ancora evasi dai progettisti; inoltre, rileva il numero limitato di posti per degenti. Pertanto, chiede il riesame del progetto.
Dopo una prima relazione del 1911 sulle questioni poste, quella conclusiva del 25 ottobre 1914 è a firma dell’ingegnere capo dell’ufficio tecnico provinciale, Francesco Camposano. Sull’opportunità di dotare il complesso di una colonia agricola esprime parere favorevole, anche perché utile all’esercizio finanziario dell’ospedale, per poi porre attenzione alla natura sismica del luogo. Anche se non obbligatoria per il territorio siracusano, indica la normativa promulgata per l’area di Messina e Reggio Calabria dopo il terremoto del 1908 (Regolamento n. 1080 del 6 settembre 1912) e individua due regole costruttive, rispettivamente per gli edifici non superiori a cinque metri di altezza e per quelli fino ai dieci. Oscillante da un minimo di 22 a un massimo di 36 metri la distanza fra i padiglioni è giudicata sufficiente, considerando che nel complesso di Portomaurizio è di 16 e in quello di Padova di 20. Unica avvertenza è di distanziare maggiormente i padiglioni degli infetti, ruotandone la giacitura planimetrica. Implicita nella scelta tipologica a strutture separate è anche la possibilità di ampliare ciascun edificio o prolungandolo assialmente o piegandolo a martello. Secondo Camposano, il progettista ha dotato ciascun degente di un abbondante volume di aria pro capite, rispettando le esigenze igieniche in tutti i dormitori. A meno di piccole modifiche e correttivi di spesa, la proposta Cantarutti è giudicata positivamente. Per quanto attiene, invece, ai servizi generali di acqua, luce e smaltimento fognario, non ritenendoli del tutto chiari, indica soluzioni per ottimizzarne la resa.
I fase: 1930-1937 [SR_4_1_6]
architetti/ingegneri: Gian Battista Cantarutti, Vincenzo Minniti
alienisti/psichiatri: Francesco Leone
Dopo la pausa della guerra e il successivo decennio in cui il progetto del manicomio di Siracusa sembra accantonato, è nel 1929 che l’iniziativa riprende corpo. Nell’aggiornare l’originario progetto, nel mese di maggio l’ingegner Cantarutti invia una lettera al Commissario straordinario per la provincia di Siracusa con la quale trasmette i costi preventivati per ciascun padiglione del manicomio, previsto per 250 ricoverati e 45 fra infermieri e suore. Sebbene sia rimasta immutata l’impostazione tipologica, si registrano alcune varianti rispetto alla prima proposta del 1907. Diversa è l’area prescelta, ora ubicata nella contrada Teracati sulla strada vicinale Targia e con una bretella di collegamento verso la strada nazionale per Catania; inoltre, ha un perimetro irregolare e un’estensione più vasta, che impone un rapporto meno organico e compatto con gli edifici. Assente, inoltre, è la via perimetrale lungo il confine e modificati risultano i padiglioni per i dozzinanti (destinati alla sola osservazione) e gli infetti. La palazzina amministrazione, infine, è collocata in una preesistenza ed è prevista una colonia agricola [SR_4_1_3; SR_4_1_4; SR_4_2_2].
Nonostante la già avvenuta approvazione della concessione di un mutuo, elargito dalla Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali per la sua costruzione (7 marzo 1929), fra i mesi di aprile e giugno, nasce un acceso dibattito, da cui emerge la volontà da parte del Ministero dell’Interno di costruire un manicomio interprovinciale tramite l’acquisto e la gestione del Mandalari di Messina, sottoposto a commissariamento prefettizio per le gravi mancanze dell’istituto nella gestione e nel servizio offerto. Data la netta e radicale opposizione dell’amministrazione provinciale siracusana, tale ipotesi è abbandonata e il 12 agosto 1929 il commissario straordinario della provincia aretusea approva il progetto Cantarutti.
A distanza di cinque mesi, il 12 gennaio 1930 si pubblica l’avviso del bando d’asta per l’assegnazione dei lavori, poi aggiudicati al consorzio cooperativo catanese Vittorio Veneto che stipula, tramite il suo rappresentante Salvatore Scuto, il contratto di appalto con un ribasso sulla base d’asta. I lavori iniziano con la direzione di Cantarutti, sostituito nell’aprile del 1931 a causa del suo decesso, dall’ufficio tecnico provinciale e dall’ingegnere capo Attilio Mazzola, coadiuvato da un professionista locale, Vincenzo Minniti. A lavori iniziati si definiscono alcuni aspetti del progetto non ancora affrontati. Nel maggio del 1931 si acquista un nuovo appezzamento di terreno per l’ampliamento; il 22 agosto dello stesso anno si approva il progetto dell’impianto elettrico e, tra il 1931 e il 1932, si eseguono alcuni lavori suppletivi: sistemazione stradale; fognature; ingresso principale, progettato da Minniti a mo' di imponente porta “civica” [SR_4_3_1]; muri di cinta; impietramento a secco, cunicoli; ampliamento e ristrutturazione di un fabbricato esistente da destinare a palazzina di direzione e amministrazione, rifunzionalizzandola con la disposizione, attorno a un corpo scala baricentrico, di uffici amministrativi, direzionali, una biblioteca e due alloggi, di cui uno destinato al direttore [SR_4_2_6; SR_4_3_3; SR_4_3_7].
Fra il 1933 e il 1935 intervengono in cantiere nuove ditte, locali e non, per l’esecuzione di lavori relativi alla definizione degli impianti, mobili e dei giardini. Inoltre, tra il 1933 e il 1934, s’individuano due artisti per realizzare opere d’arte a corredo dell’ingresso monumentale e della chiesa: a Pasquale Sgandurra, nato a Siracusa e residente a Firenze, si affida l’esecuzione delle statue in marmo di Carrara alte due metri da porre all’entrata principale e raffiguranti “Le Tenebre e La Luce la donna affetta da demenza e la donna che ha riacquisito la ragione” [SR_4_3_1]; a Luciano Condorelli di Catania si assegna l’incarico del bassorilievo “La Pietà” da collocare nella lunetta del portale della chiesa [SR_4_3_6]. Nonostante la cerimonia d’inaugurazione avviene il 28 ottobre 1934, passerà un anno prima che l’ospedale psichiatrico provinciale di Siracusa possa ricevere i primi degenti: il Prefetto Francesco Falcetti decreta la sua apertura per il 1° ottobre 1935.
Ubicato nella contrada Teracati in una zona suburbana [SR_4_1_1; SR_4_1_3], pianeggiante e sopraelevata di circa 40 metri rispetto la città (allora concentrata soprattutto nell’isola di Ortigia) dalla cui periferia dista circa tre chilometri, l’ospedale psichiatrico consta di dieci padiglioni per degenti e di otto fabbricati per servizi comunitari e alloggi del personale, con una capacità complessiva che va da un minimo di 360 a un massimo di 400 malati [SR_4_1_2; SR_4_1_5; SR_4_2_2]. Gli edifici sono orientati nord-sud con l’esposizione dei dormitori a est-ovest. La tipologia è a padiglioni distaccati, simmetricamente disposti ed equidistanti da una fascia centrale delimitata da due assi viari, occupata dai servizi generali [SR_4_3_5]. Caratterizzato da massicci piloni laterali con le due statue rappresentati “La Luce” e “Le Tenebre” e raccordato a un’esedra semicircolare punteggiata da pilastri, il monumentale ingresso sulla strada nazionale per Catania (attuale viale Scala Greca) – ingresso oggi non più esistente – aveva un’altezza di dieci metri, un androne largo tre metri cui era annesso l’alloggio del portiere, e immetteva nel lungo viale d’accesso (circa 500 metri) [SR_4_3_1; SR_4_3_2]. Alberato con conifere, ha come fondale il prospetto principale della palazzina dell’amministrazione, contrassegnato da un piccolo portico a tre fornici [SR_4_2_6; SR_4_3_3]. Con un linguaggio sobrio di matrice classica, nel connettere le direzioni di arrivo e di sviluppo planimetrico del complesso diviene un’importante cerniera spaziale e visiva, elemento dominate anche per la maggiore altezza rispetto alle altre costruzioni [SR_4_3_7]. Oltre il viale di accesso, infatti, alla palazzina direzionale si attesta la spina centrale con gli edifici comuni, tutti a un piano salvo il servizio idroterapico, a due, separati da zone a verde e frutteti [SR_4_3_5] (in sequenza partendo dalla palazzina della direzione: cucina [SR_4_3_8], centrale bagni e alloggio suore con ingresso indipendente, chiesa [SR_4_3_6], lavanderia). A distanza di circa 30 metri, lateralmente a tale fascia baricentrica, si dispongono differenziandosi tipologicamente – con la sezione maschile a sinistra e femminile a destra – i padiglioni destinati ad accogliere i malati: osservazione [SR_4_3_4], vigilanza-infermeria [SR_4_2_3], tranquilli [SR_4_2_5] – gli unici su due piani –, agitati [SR_4_2_4], isolamento per malattie infettive. A fianco di ogni reparto dei tranquilli, verso l’interno, vi sono altri due fabbricati dal perimetro rettangolare destinati a officine e laboratori industriali. Distante circa 150 metri dalle altre costruzioni e dotata di un ingresso carrabile indipendente, la camera mortuaria è collocata nell’angolo nord-ovest dell’area. Alle due estremità nord e sud sono due piccoli casotti contenenti gli impianti per l’erogazione dell’acqua potabile e per l’irrigazione. Alto 3 metri e con un’estensione lineare di circa 2 chilometri, un muro delimita la superficie di pertinenza dell’ospedale psichiatrico, interrompendosi solo ai quattro ingressi.
“Nel complesso i vari padiglioni appagano molto il senso di estetica, essi sono molto simili ad amene villette con i loro tetti rossi con intonachi di vari colori che danno più vivacità all’insieme, quelli per i malati poi sono circondati da ampi recinti limitati da rete metallica sottile e robusta, all’infuori dei padiglioni per gli agitati e semi agitati che sono circondati da un muro alto circa tre metri” [SR_4_3_5]. Per qualità del linguaggio e definizione dei particolari emerge la piccola chiesa, “di tipo francescano del ‘300 ossia composta nell’interno ad una sola navata”, che all’esterno si qualifica per l’alternanza di fasce bicrome chiare e scure (oggi non più esistenti), per un rosone e per un portale in stile trecentesco finemente lavorato in pietra di Comiso e con bassorilievi in marmo [SR_4_3_6].
II fase: 1938-1940 [SR_4_1_6]
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: Salvatore Gullotta
Necessari per accogliere nuovi degenti dalla provincia di Ragusa e dalle colonie, sì da ottimizzare i costi di esercizio aumentando il numero dei ricoverati, molti sono gli interventi previsti quando ancora l'ospedale non ha avviato la sua attività. Data al 18 febbraio 1935 la relazione progettuale a firma dell'ingegnere capo dell'ufficio tecnico provinciale, Attilio Mazzola, che prevede la costruzione di due grandi padiglioni su due piani (uno maschile e l’altro femminile, destinati ai malati tranquilli e semi-tranquilli, con una capacità di 122 letti per degenti e 12 per infermieri), con la pianta articolata in un corpo centrale e due ali laterali, distanti circa 30 metri dall’infermeria e dal padiglione tranquilli, costituente il fondale prospettico del secondo asse trasversale dell’impianto planimetrico [SR_4_3_9]; un panificio e un pastificio ubicati sotto la grande tettoia della cucina nelle due parti laterali appositamente chiuse; l’ampliamento dei due padiglioni di osservazione con 18 posti letto ciascuno, con l’inserimento nella parte posteriore di due ampi dormitori, tre celle di isolamento e il refettorio con annessa cucina; il potenziamento dei servizi generali di produzione di vapore e acqua calda, della cucina e della distribuzione dell’acqua.
La proposta di ampliamento non ha un riscontro favorevole da parte del consiglio sanitario locale; a firma del medico provinciale, Giuseppe Purpura, una relazione del 29 luglio 1935 esprime un sostanziale parere negativo. A tali critiche risponde puntualmente Attilio Mazzola in una relazione del luglio 1936. In merito alla richiesta di cambiare l’orientamento da ovest a est di un dormitorio di uno dei due padiglioni per mitigare l’effetto dell’irradiazione solare ribatte, citando scritti specifici (Donghi, Tollet, Spataro, Ruppel, Arnoult, Martin, Ligorio), che l’esposizione rispetto ai due punti cardinali ai fini dell’assorbimento del calore è indifferente. Tuttavia propone di spostare un vano scala del padiglione da nord a sud, sì da consentire l’esposizione del dormitorio anche a nord allo scopo di favorire una maggiore ventilazione senza mutare la “struttura armonica del padiglione”, che secondo l’indicazione del medico provinciale sarebbe stata sminuita per l’apertura di due ingressi principali sul prospetto. Le altre modifiche suggerite dal consiglio sanitario sono accolte ubicando nuove latrine e cambiando l’esposizione dei padiglioni dell’osservazione.
Il 21 dicembre 1936 l’ingegnere capo del genio civile dà parere favorevole al progetto di ampliamento, modificato secondo le indicazioni del consiglio sanitario provinciale. Dopo due mesi il rettorato della provincia delibera l’approvazione dei lavori che sono ulteriormente esplicitati in una relazione aggiuntiva di Mazzola, datata 7 maggio 1937, in cui si fa riferimento all’attenzione posta, nei nuovi padiglioni, alla dislocazione delle latrine, alla distanza fra il corpo centrale e le ali laterali, destinate a dormitori, sì da garantirne un’ottimale aerazione e illuminazione, alle finiture della zoccolatura, alla quota dei davanzali delle finestre. Il 1° settembre 1937 il consiglio superiore dei lavori pubblici approva il progetto di sistemazione e ampliamento dell’ospedale psichiatrico di Siracusa. Quando è già attivo da due anni e mezzo – periodo in cui si realizzano altri piccoli interventi, quali il porcile, la rimessa veicoli, la conigliera ecc. – il 5 aprile 1938 si stipula il contratto d’appalto per nuovi lavori con la ditta Santo Cantone di Catania e dopo venti giorni l’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale concede il mutuo per la loro esecuzione. Con qualche mese di ritardo, il cantiere termina nell’agosto del 1940 con la realizzazione di due nuovi padiglioni, l’ampliamento di quelli dell’osservazione, la sistemazione della cucina con la chiusura parziale della tettoia posteriore adibita a pastificio e panifico, il potenziamento della centrale termica e l’installazione di una nuova caldaia e relativi accessori. Ancora nel dicembre del 1940 Orazio Nocera s’impegna a decorare la chiesa, oltre l’abside e la coloritura dell’arco di trionfo, dei pilastri interni e della calotta.
III fase: dal 1940 [SR_4_1_6]
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa
alienisti/psichiatri: Salvatore Gullotta, Raffaello Gattuso, Luigi Augello, Antonino Cappello
Requisito nei primi di agosto del 1943 dal comando alleato, l’ospedale è trasferito nella “Caserma Cassonello” nell’abitato di Noto fino al gennaio 1945 quando gli assistiti sono ricondotti nel complesso di Siracusa. Dopo un periodo in cui il nosocomio non è oggetto di nuovi interventi edilizi se non quelli legati al miglioramento delle condizioni generali del trattamento terapeutico, è a metà degli anni sessanta circa che il complesso manicomiale di Siracusa inizia un processo di modifica, sia pure parziale. A seguito del rifacimento ex novo della via d’accesso alla città (attuale viale Scala Greca), l’ANAS demolisce quasi del tutto l’ingresso monumentale. A metà degli anni settanta, poi, il direttore dell’ospedale neuropsichiatrico provinciale, Raffaello Gattuso, dismette la colonia agricola, presente fin dai primi anni di attività, e nel relativo terreno fa costruire un campo di calcio regolamentare e un altro di pallavolo. Presumibilmente in questi anni si trasforma uno dei locali destinato a officine in un piccolo cinema-teatro. Nel corso della seconda metà del Novecento, inoltre, sono realizzati alcuni piccoli edifici destinati a servizi e magazzini (nuova centrale termica, falegnameria, rimessa per autoveicoli, locali per spogliatoi operai, serbatoio, falegnameria, centrale idrica) la cui datazione esatta non è tuttavia possibile accertare.
Dalla promulgazione della legge Basaglia, l’ospedale neuropsichiatrico progressivamente chiude la maggior parte dei reparti, oltre la cucina e la lavanderia. Si avvia, così, un inesorabile processo di abbandono e degrado. Conseguentemente al passaggio della gestione (1983) dell’ospedale neuropsichiatrico dalla provincia all’Asl territoriale, questa, con la realizzazione di un nuovo ingresso ad accesso doppio e portineria dalla traversa Pizzuta, più idoneo al futuro traffico, dal 1988 decide di trasferirvi alcune unità amministrative e operative, incrementandone la presenza dal 1997. Chiuso, definitivamente l’ospedale, inizia l’allocazione di ulteriori attività sanitario-amministrative che determinano progetti di restauro e rimodulazione interna delle strutture oggetto di rifunzionalizzazione. Sotto la gestione dell’ufficio tecnico dell’Azienda Sanitaria Provinciale, a oggi tale processo è in atto con la previsione di portare a compimento la realizzazione di una “cittadella della salute”.
impianto
a padiglioni isolati
corpi edilizi
blocco articolato su tre piani (palazzina dell’amministrazione); padiglioni con corpo centrale e ali laterali su uno e due piani; padiglioni a forma di doppia “T” su un piano; blocco a corte (cucina); blocco rettangolare a un piano (officina, laboratori, servizio necroscopico, lavanderia) e a due piani (servizio idroterapico e alloggi suore); chiesa absidata a navata unica
strutture
strutture in elevazione muratura mista in pietrame e ricorsi orizzontali in mattoni rossi
orizzontamenti solaio misto in ferro e tavelloni in laterizio; solaio a struttura mista in cemento e mattoni brevettati “Unic”; volte con intelaiatura in canne e gesso
coperture tetti a padiglione con orditura lignea e rivestimento in coppi
ottimo ex padiglioni osservazione uomini, vigilanza-infermeria donne, tranquilli uomini, ex laboratori uomini, portineria, centrale elettrica
buono ex ingresso, ex palazzina direzione-amministrazione, ex padiglione infetti uomini
medio ex padiglioni osservazione donne, vigilanza-infermeria uomini, tranquilli donne, isolamento agitati donne, infetti donne, tranquilli e semitranquilli uomini, ex servizio necroscopico, ex autorimessa-magazzino, centrale idrica
cattivo ex servizio idroterapico-alloggio suore, ex laboratori donne, ex oratorio, ex padiglione isolamento agitati uomini (in corso di restauro), ex spogliatoi per personale manutenzione, ex officina fabbro, ex falegnameria
pessimo ex cucina, ex padiglione tranquilli e semitranquilli donne, ex centrale termica, ex lavanderia (in corso di restauro)
rovina porcinaia, ex colonia agricola, ex magazzino
G. B. Cantarutti, Progetto di massima per la costruzione del manicomio provinciale di Siracusa, Premiata Tipografia del Tamburo, Siracusa 1907
G. L. Beneventano, Relazione dell’on. senatore B.ne Giuseppe Luigi Beneventano consigliere provinciale sul progetto dell’ing. cav. Cantarutti per l’istituzione di un manicomio provinciale in Siracusa, Tipografia La Provincia, Siracusa 1909
G. B. Cantarutti, G. Antonini, Controdeduzioni dei signori ing. Cantarutti e prof. Antonini alla relazione dell’on. senatore B.ne Beneventano sulla istituzione di un manicomio provinciale in Siracusa, Tipografia La Provincia, Siracusa 1909
F. Camposano, Il manicomio provinciale di Siracusa, relazione tecnico economica sul progetto del manicomio, premiato stabilimento del Tamburo, Siracusa 1914
G. Piatti, L'Ospedale Psichiatrico che sorgerà presto a Siracusa, in “Siracusa Fascista”, 29-09-1930, a. I, n. 6
Opere del Regime realizzate nell'Anno XII in Provincia di Siracusa, in “Siracusa rassegna economica e bollettino mensile di statistica”, ottobre-novembre-dicembre 1934, a. LIV, nn. 10-11-12, pp. 5-8
D. D'Amico, L'Ospedale Psichiatrico di Siracusa nel primo decennio del suo funzionamento (1935-1945), in “Rassegna Storica Psichiatrica”, n. 36, 1947
C. G. Arribas, L. Cafeo, Storia del Manicomio provinciale di Siracusa, in «L’illustrazione siracusana», n. 0, anno I, 2000, pp. 62-83
R. Russo Drago, Come nacque l’ospedale psichiatrico di Siracusa, in «Archivio Storico Siracusano», S. III, XVI, 2002, pp. 137-159
G. Fiasconaro, L’alloggio suore nell’ex ONP di Siracusa come unità di riabilitazione Alzheimer: una struttura al servizio della comunità, tesi di laurea Università degli Studi di Catania, Facoltà di Architettura, corso di laurea in Scienza dell’Architettura e dell’Ingegneria Edile, a.a. 2008-2009, relatore Fernanda Cantone, consulente Francesca Castagneto
A. Brandino, Manicomio provinciale di Siracusa, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 337-339
Archivio di Stato di Siracusa, Prefettura
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