Ospedale Psichiatrico di San Servolo (1797-1834)
Ospedale Civile di Venezia (1834-1873)
Ospedale di Marocco presso Mogliano Veneto
recupero
Le più antiche costruzioni sull’isola di San Clemente sono della prima metà del XII secolo, quando vi sono costruiti un hospitale o ospizio – primo nucleo di monastero – e una chiesetta, intitolata a San Clemente le cui prime notizie risalgono al 1131 o al 1141, affidati entrambi ai canonici regolari di Sant’Agostino. Nel XV secolo, quando papa Eugenio IV vi insedia i Canonici Lateranensi di Santa Maria della Carità, l’isola conosce un periodo vivace e prospero, che coincide con la ristrutturazione e gli ampliamenti degli edifici preesistenti; il monastero è ingrandito e destinato anche ad accoglienza e soggiorno di ospiti illustri. Nel Seicento, svolge la funzione di succursale distaccata del Lazzaretto veneziano, destinata ad accogliere però solo malati aristocratici.
Nel 1645 l’isola è acquistata dai monaci Camaldolesi di Monte Corona, che vi edificano piccole case secondo la tipologia insediativa prediletta dal loro ordine religioso; esse sono utilizzate anche come sedi di cura durante i periodi di pestilenza. Nel 1680 gli stessi monaci ampliano l’isola nella parte meridionale e progettano un muro che la recinge completamente [VE_SC_4_2_1]. Col decreto napoleonico del 1810, i Camaldolesi devono però abbandonarla poiché diviene territorio demaniale: il monastero è chiuso e la chiesa spogliata e lasciata in abbandono.
Dalla seconda metà dell’Ottocento avviene il recupero delle strutture architettoniche dell’isola, adattate per ospitare l’Opera pia autonoma manicomio femminile veneto di San Clemente.
I fase: 1855-1933
architetti/ingegneri: Domenico Graziussi (progetto di massima), Ludovico Zettl (progetto esecutivo), Annibale Forcellini, Tommaso Meduna
alienisti/psichiatri: Pietro Beroaldi, Filippo Spongia (progetto di massima), Cesare Vigna
L’isola di San Clemente viene scelta nel 1855 dalla Luogotenenza austriaca, quale luogo ideale per insediarvi la sezione femminile dell’Ospedale psichiatrico provinciale di Venezia. Al fine di individuare il miglior modello tipologico, Pietro Beroaldi, alienista e allora direttore dell’Ospedale Maggiore di Venezia, è incaricato di visitare alcuni complessi manicomiali europei e di redigere un programma aggiornato per un nuovo ospedale psichiatrico sull’isola. Scritto fra il 1855 e il 1856, tale programma ospedaliero, concepito per un fabbricato monoblocco, individua spazi per il ricovero di sei categorie di ammalate: furiose, tranquille, curabili, incurabili, epilettiche e convalescenti.
Beroaldi ritiene opportuno che il piano terra dell’intera struttura sia isolato rispetto al suolo tramite un innalzamento, per evitare diffusione di muffe e infiltrazioni di umidità, e che l’intera isola venga recintata, per scongiurare possibili fughe o suicidi. Prevede inoltre che il reparto destinato alle furiose sia separato dal corpo principale e collocato a est del complesso; anche le malate convalescenti devono stare a sé, a ovest del corpo principale. Al piano terra di quest’ultimo sono collocati i servizi, come la farmacia, la cucina, la sala anatomica.
Il suo programma viene valutato e parzialmente modificato da Filippo Spongia (1798-1880) consigliere sanitario, che suggerisce un abbassamento dell’altezza del muro di cinta, per non dare alle pazienti l’impressione di essere chiuse all’interno di una fortezza. Propone inoltre che l’innalzamento del complesso manicomiale sul terreno sia realizzato tramite robuste arcate in muratura.
Il primo gennaio 1956 la Direzione delle Pubbliche Costruzioni per le Provincie Venete affida il progetto del nuovo ospedale psichiatrico femminile all’ingegner Domenico Graziussi, perché lo rediga in base alle indicazioni fornite dai due alienisti Beroaldi e Spongia. L’aspetto dell’isola risulta notevolmente modificato a seguito dell’intervento; le piccole case monastiche, costruite intorno all’edificio centrale del monastero durante il XVII secolo, sono tutte abbattute per lasciare spazio a un impianto di grandi dimensioni a forma di E, che aveva preso a modello il manicomio di Vienna.
Il complesso deve occupare l’intera area dell’isola ed essere composto da tre corpi di fabbrica paralleli fra loro, raccordati da un edificio disposto in senso ortogonale ad essi. Il corpo anteriore, a occidente e più lungo rispetto agli altri due, è l’edificio principale con l’ingresso all’ospedale e aree di rappresentanza; risulta unito all’edificio retrostante mediante una costruzione perpendicolare, che genera un cortile interno. I fabbricati devono avere tre piani fuori terra, fatta eccezione per quello disposto più a est, destinato alle “furiose”, di soli due piani.
I locali della direzione e dell’amministrazione sono collocati al piano terra dell’edificio principale; il fabbricato centrale deve invece ospitare i bagni e i locali da lavoro, mentre il corpo disposto in senso ortogonale è destinato a ospitare alcuni servizi generali, come la cucina, e i dormitori delle pazienti.
Al complesso principale si aggiungono alcuni edifici collocati a nord dell’isola, affacciati direttamente sull’acqua. Inoltre, la costruzione per la lavanderia e la sala anatomica, con forma a L, viene posizionata tra la chiesa e la cavana (ricovero coperto per imbarcazioni, tipico di Venezia) dell’isola.
Particolare attenzione merita la facciata del complesso progettata da Domenico Graziussi [VE_SC_4_3_5; VE_SC_4_3_7] il quale, volendo mantenere un collegamento con il prospetto rinascimentale della chiesa [VE_SC_4_3_1; VE_SC_4_3_4] la arricchisce con elementi classici e la impreziosisce con finestre ad arco dai profili di marmo [VE_SC_4_3_6]. Il prospetto, a parere di Graziussi, doveva garantire anche la percezione di una continuità del grande fabbricato con il tessuto urbano dei palazzi veneziani.
Questo progetto è approvato il 20 novembre 1857 dal Ministero dell’Interno austriaco, con alcune modifiche apportate dall’ingegner Ludovico Zettl: l’edificio destinato alle malate furiose è sopraelevato di un piano, per assimilarlo nelle forme agli altri corpi di fabbrica; ai suoi ampi corridoi si attribuisce la funzione di sale comuni; il cortile destinato alle agitate, completamente separato dagli altri spazi all’aperto, viene spostato nell’area nord-est dell’isola, delimitato, a est, dall’edificio della lavanderia e, a sud, dalla sala anatomica.
Non sono individuabili vere e proprie fasi cronologiche di edificazione con relative modifiche in corso d’opera, che però devono esserci state poiché la realizzazione risulta alquanto diversa rispetto al progetto sopradescritto, soprattutto per quanto riguarda la distribuzione delle funzioni.
I lavori hanno inizio nel 1858: l’ingegner Zettl è nominato ispettore del cantiere, mentre l’ingegner Graziussi svolge il ruolo di direttore di cantiere. Per la costruzione dei nuovi edifici si utilizza materiale ricavato dalle demolizioni dei corpi secenteschi. Delle costruzioni preesistenti sono lasciati integri solo la chiesa e uno dei lati del chiostro del monastero (quello adiacente alla chiesa), mentre gli altri tre lati dello stesso sono costruiti ex-novo sul tracciato di quelli antichi [VE_SC_4_3_9; VE_SC_4_3_10].
Importante è la scelta di modificare morfologicamente l’isola ampliandone i versanti occidentale e meridionale, ottenendo quasi una duplicazione della sua superficie, che consente di riservare vaste zone a prato e per terreni da coltivare [VE_SC_4_3_13; VE_SC_4_3_14; VE_SC_4_3_15; VE_SC_4_3_16].
Benché il governo austriaco avesse previsto la chiusura dei lavori entro il 1860, nel 1859 le attività di cantiere hanno un primo arresto, a seguito dal cambiamento del direttore dei lavori, col subentro dell’ingegner Annibale Forcellini (1827-1891).
Nel 1866 quando, in seguito all’annessione del Veneto al Regno d’Italia, il cantiere passa sotto il controllo dell’amministrazione del Consorzio delle Provincie Venete, sono apportate ulteriori modifiche al progetto originario: l’edificio con pianta ad L, tra la chiesa e la cavana e destinato a ospitare la sala anatomica, è trasformato in alloggio per il personale di servizio.
La costruzione del complesso termina nel 1873: l’Opera pia autonoma manicomio femminile veneto di San Clemente si presenta come un’imponente struttura a monoblocco [VE_SC_4_2_2; VE_SC_4_2_3; VE_SC_4_3_2], al cui interno i nove reparti per piano, originariamente previsti, con le modifiche in corso d’opera sono stati ridotti a tre. Al piano terra si trovavano i locali dell’amministrazione, le officine, la farmacia, i laboratori medici e tre reparti per le malate povere; al primo piano sono altri tre reparti destinati alle ex-dozzinanti, nel frattempo impoverite, e la biblioteca; sullo stesso piano, nel corpo principale, vi sono le abitazioni dei medici, alle quali si accede per mezzo di una imponente scala a tre rampe, tuttora esistente; al secondo piano oltre ai tre reparti, destinati alle dozzinanti, vi sono l’appartamento del cappellano, le stanze di servizio dei medici e la sala della musica.
La distribuzione verticale dei reparti segue criteri di ordine economico-sociale, mentre la disposizione orizzontale riguarda il tipo e il grado della malattia. In particolare, le malate considerate furiose sono ricoverate nella parte posteriore del complesso, mentre le calme e le convalescenti sono ricoverate nella parte anteriore, più vicine all’ingresso principale.
Molto ben organizzata è la distribuzione di scale e corridoi: le prime, in marmo d’Istria, sono in tutto cinque e collegano i vari piani; fatta eccezione per lo scalone d’ingresso molto ampio, esse erano strette, alte e buie. I corridoi, distribuiti in tutto il complesso, sono il cuore della vita di comunità delle pazienti, essendo l’unico spazio di libera socializzazione dell’ospedale, e costituiscono un elemento di raccordo con i cortili esterni.
Nei cinquant’anni successivi, dal 1873 al 1933, all’interno del complesso manicomiale si registrano solo lavori di manutenzione ordinaria.
II fase: 1933-2002
architetti/ingegneri: Ing. Spandri, Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Negli anni trenta del Novecento viene disposta una ristrutturazione generale dell’assetto psichiatrico provinciale, che comporta la trasformazione, dei complessi di San Servolo e San Clemente, da manicomi maschile e femminile a stabilimenti per curabili e incurabili. Come si evince dalla “Relazione dei membri tecnici della commissione alla commissione plenaria incaricata di studiare la revisione e la riforma dei servizi provinciali di assistenza dei malati di mente nella Provincia di Venezia”, la scelta di utilizzare il complesso sull’isola di San Clemente, quale ospedale unico per malati incurabili, è sostanzialmente dovuta a motivi di natura edilizia: a causa del suo originario impianto conventuale composto da un unico blocco monumentale, l’ospedale poco si prestava a radicali modifiche.
A seguito della riforma psichiatrica dell’inizio del Novecento, l’isola di San Clemente subisce comunque modeste trasformazioni, proposte e sviluppate dall’ingegner Spandri, progettista e tecnico di entrambi gli ospedali psichiatrici veneziani: fra le modifiche, la più importante è la costruzione di una nuova casa colonica per ospitare pazienti di sesso maschile [VE_SC_4_2_4; VE_SC_4_3_3; VE_SC_4_3_11; VE_SC_4_3_12], semplice edificio parallelepipedo con sviluppo su due piani fuori terra. A Spandri spetta anche il progetto di riassetto del reparto dozzinanti [VE_SC_4_2_5].
Nel 1936, a pochi anni di distanza dalla costruzione del padiglione/casa colonica per pazienti lavoratori, l’Ufficio tecnico provinciale ne progetta l’ampliamento sul lato di ponente [VE_SC_4_2_6], cui fa seguito, nel 1952, la sistemazione della sponda occidentale dell’isola [VE_SC_4_2_7].
Da questa data e fino al 2002 si segnala la possibile attività, in alcuni settori dell’edificato, di lavori di manutenzione ordinaria, accompagnata però da degrado di molte parti perché in stato di abbandono; del resto, subito dopo il varo della legge 180 del 1978 promossa da Franco Basaglia, gli ammalati ricoverati a San Servolo sono trasferiti nell’ospedale psichiatrico di Marocco (Mogliano Veneto).
III fase: 2002-2012
architetti/ingegneri: Studio Parenti, Venezia
L’ex-complesso manicomiale, dal 2003 sede di un albergo a cinque stelle, è stato quasi completamente trasformato al suo interno: nessuna traccia è rimasta degli ambienti originari, a eccezione della chiesa antica. L’operazione di conversione e ristrutturazione ha avuto luogo nel 2002 a opera dello Studio Parenti di Venezia: l’intervento, limitato per quanto riguarda l’esterno del complesso, è stato invece radicale al suo interno dove, fatta eccezione per l’ingresso e lo scalone principale, tutte le antiche divisioni sono sparite [VE_SC_4_3_8].
impianto
monoblocco
corpi edilizi
edifici su uno o due piani fuori terra, a pianta mistilinea, pianta rettangolare, pianta a L; chiesa a pianta a croce latina
strutture
strutture in elevazione: murature tradizionali; finiture in intonaco e pietra
orizzontamenti: non più leggibili gli originari
coperture: tetto a falde
buono: albergo
medio: chiesa
F. Balbi, L’isola di San Clemente ed il nuovo manicomio femminile, s.e., Venezia 1871
P. Beroaldi, Sul nuovo manicomio centrale femminile nell’isola di S. Clemente, G. Longo, Vicenza 1872
A. Seguso, L’isola di San Clemente e il nuovo manicomio centrale femminile, s.e., Venezia 1873
Il grande manicomio femminile nell’isola di San Clemente a Venezia, in “Rivista della beneficenza pubblica”, vol. 1 (settembre), 1873, pp. 386-395
F. Pirovano, Il Manicomio di San Clemente a Venezia, in “Rivista della beneficenza pubblica e degli Istituti di previdenza”, vol. 3, fasc. 3 (marzo), 1875, pp. 254-259
C. Vigna, Il manicomio centrale femminile di San Clemente. Memoria, G. Antonelli, Venezia 1889
E. Bonvecchiato, Relazione sul manicomio femminile centrale veneto di S. Clemente in Venezia, Tip. della Gazzetta di Venezia, Venezia 1892
L. Cappelletti, L'assistenza psichiatrica in Venezia (1925-1931), Ospedali psichiatrici provinciali, Venezia 1932
San Clemente: progetto per un’isola, a cura di G. Cecconello, C. Giuliani, M. Sgobba, Cluva, Venezia 1980
W. Willms, San Clemente: storia di un'isola veneziana. Uno dei primi manicomi femminili in Europa, Centro tedesco di studi veneziani, Venezia 1993
L’isola di San Clemente a Venezia, storia, restauro e nuove funzioni, a cura di M. Carraro, Carsa Edizioni, Pescara 2003
V. Raimondo, Manicomio femminile di San Clemente a Venezia, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 136-137
Archivio storico della Provincia di Venezia
Fondazione San Servolo IRSESC, Ospedale psichiatrico provinciale di San Clemente di Venezia
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