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recupero con adattamenti Le due antiche ville signorili poste a “Collegigliato”, prima locate e poi acquistate da Agostino Sbertoli per stabilirvi la sua “Casa di salute”, appartengono al vasto patrimonio delle residenze storiche pistoiesi edificate o rimaneggiate durante i secoli XVII e XVIII. Nel novero di tali dimore la Villa Franchini Taviani (poi de’ Rossi, oggi Cerletti Perusini, detta anche “Villa di mezzo”) e la Villa Giovacchini Rosati (oggi Tanzi Lugaro, detta anche “Villa di mezzogiorno”) costituiscono episodi di particolare rilevanza sotto il profilo storico-architettonico. Nel volgere di otto anni, tra il 1868 e il 1876, le due tenute entrano prima nel possesso dello Sbertoli e poi nella sua esclusiva proprietà [PT_4_1_3; PT_ 4_1_4]. La prima fabbrica presenta, dopo ripetuti aggiornamenti, un volume parallelepipedo elevato su tre piani con facciate sobrie e rigorose (la principale è scandita da tre registri di finestre con al centro il portale e sovrastante balcone su mensole in pietra e ringhiera di ferro, sormontati dall’arme lapidea della famiglia) [PT_4_3_1]. L’accesso era costituito da un “viale cipressato” distaccantesi dalla Via di Bigiano il quale, con un andamento non particolarmente sinuoso poco più a nord della Via di Colle Gelato raggiungeva un cancello sormontato dallo stemma di famiglia che immetteva nel giardino. Fino al 1894 questa strada ha costituito il principale ingresso alla Casa di Cura fondata dallo Sbertoli. La seconda è una costruzione parallelepipeda di grandi dimensioni elevata su tre piani fuori terra con una facciata tripartita da membrature architettoniche in pietra serena e la parte centrale segnata dal portale lapideo (sormontato da un balcone e affiancato lateralmente da due balconcini) in asse con il monumentale verone-colombaia aperto su tre archi e posto a coronamento del fronte [PT_4_3_2].
I fase: 1868-1890 PT_4_1_7 architetti/ingegneri non accertati alienisti/psichiatri Agostino Sbertoli (consulenza e supervisione al progetto) La casa di cura per alienati di Pistoia nasce nel 1868 per volontà di Agostino Sbertoli. Agli iniziali interventi legati alla riconversione delle due ville settecentesche acquistate dallo stesso Sbertoli (dimore circondate da parchi a giardino, poderi coltivati e case coloniche, sparse su un rilievo denominato “Colle Gelato” a breve distanza dalla città e separate nettamente dalla viabilità pubblica), segue un primo piano di ampliamento della struttura ospedaliera mediante la costruzione di nuovi padiglioni, avviato sul finire degli anni Settanta e proseguito con sostanziale continuità per almeno un ventennio. Con il successo dell’iniziativa, infatti, i due edifici si rivelano insufficienti a soddisfare l’afflusso di una numerosa clientela proveniente dalle famiglie nobili e alto-borghesi della Toscana, d’Italia, di tutta l’Europa e del bacino del Mediterraneo. La scarsità in Italia di strutture di questo tipo, la vicinanza a Firenze e Livorno, due importanti città cosmopolite con un ampio ceto nobiliare e borghese, oltre che di nutrite colonie di stranieri, i buoni collegamenti ferroviari e stradali e, infine, la bellezza e l’amenità delle colline pistoiesi, contribuiscono allo sviluppo e alla crescita dell’istituto che ben presto diviene una delle più famose e ricercate cliniche del genere in Italia e in Europa. Si rende così necessario ampliare il nucleo originario per accogliere e differenziare la clientela secondo il sesso, la gravità della malattia e il grado di assistenza e di comfort richiesto dai vai casi in base al censo sociale di ciascun paziente. Sulla base delle indicazioni di Sbertoli, attivamente partecipe al dibattito allora in corso in Italia sulle cure mediche e sulla riforma psichiatrica, il modello di casa di cura delineato a Collegigliato appare chiaramente influenzato dai principali contributi di architetti e ingegneri dell’epoca riguardo l’edilizia manicomiale, in particolare nella scelta della tipologia a “padiglioni disseminati” che in quel momento rappresentava la soluzione più innovativa per questo tipo di strutture. Proprio nel 1877, difatti, l’architetto Francesco Azzurri proponeva di realizzare nuovi manicomi superando le strutture simmetriche e geometriche che richiamavano le forme ospedaliere e trasmettevano il senso di reclusione optando, invece, per un tipo di istituto nel quale “la calma, l’ordine e la vita di famiglia, dirette dalla scienza medica” sono alla base del progetto di cura, dando vita al “sistema disseminato a forma di villaggio”. Dunque anche nel caso pistoiese si sceglie un modello di ospedale strutturato a villaggio analogo a quello posto alla base della progettazione, a opera di Carlo Livi e dello stesso Azzurri, del manicomio di Siena dove, dal 1870, si mirava alla creazione di una micro-comunità autonoma e autosufficiente. Già nel 1880 risultano costruiti i primi due nuovi edifici: il “gabinetto di ricevimento” destinato all’accoglienza e ai primi colloqui con i malati e la “Villa di Levante” (quest’ultimo padiglione compare nella cartografia con la denominazione di “Villa Sbertoli”, mentre la Villa Giovacchini Rosati mantiene la denominazione di “Villa di Collegigliato”). Nello specifico, la Villa di Levante presenta un solo piano, oltre quello terreno, dall’aspetto funzionale, semplice e dimesso, impreziosito da un balconcino e da due nicchie con semicolonne ricavate nelle aperture cieche della facciata. L’edificio è completato da un piccolo padiglione esterno ospitante il biliardo PT_4_3_3. Con questa nuova struttura, il complesso può organizzarsi in base al censo e al sesso della clientela. Così la Villa Giovacchini Rosati assume la denominazione, in base alla posizione, di “Villa di mezzogiorno” e le sue cinquanta stanze sono destinate alla residenza e allo svago dei clienti più abbienti di ambo i sessi. La Villa Franchini Taviani, da allora detta “Villa di mezzo”, con venticinque stanze, è invece assegnata alla cura delle “signore”, mentre la Villa di Levante, dotata anch’essa di ventiquattro stanze, diviene quella dei “signori”. Tutte le fabbriche sono collegate con un sistema di telefoni interni e servite da un acquedotto privato. Rimaneva comunque irrisolto il problema della coabitazione fra diversi livelli di gravità delle malattie, per cui spesso accadeva che persone con lievi disturbi psichici o desiderosi solo di riposo e cure leggere si trovassero costretti a una forzata vicinanza con casi clinici ben più gravi. A questa difficoltà Sbertoli pone rimedio nel 1884 con la costruzione di due ulteriori villini destinati ai pazienti “agitati”, uno annesso alla villa per signori e uno a quella delle signore. I nuovi edifici sono costruiti in stile eclettico, uno di fianco all’altro sullo stesso asse, nella zona retrostante la Villa di Levante. Ognuno è formato da sei camere, su un solo piano con altrettante porte finestre decorate che si aprono sul giardino, ed è dotato di una camera imbottita PT_4_3_4. La “Casa di salute” è dichiarata “Manicomio privato” con Decreto della Prefettura di Firenze del 22 giugno 1887. 2.4.2. II fase: 1890-1898 PT_4_1_7 architetti/ingegneri non accertati alienisti/psichiatri Agostino Sbertoli All’inizio degli anni Novanta si rendono necessari nuovi lavori di ampliamento e riorganizzazione: sono ingranditi il Gabinetto di ricevimento e la Villa Franchini e poi costruite ex-novo le scuderie, la cucina, la sala da pranzo e la Casa del giardiniere, seppur a tali interventi seguirà, appena tre anni dopo, una ristrutturazione generale dell’intero complesso edilizio PT_4_3_14; PT_4_3_5; PT_4_3_8; PT_4_3_13; PT_4_3_15; PT_4_3_17. Assumendosi i costi di una parte dell’opera, Sbertoli diviene il promotore della realizzazione di una nuova strada comunale per Germinaia sviluppantesi al di fuori delle sue proprietà in modo da eliminare la preesistente via di Colle Gelato che fino ad allora aveva separato le due antiche tenute Franchini Tavaiani e Giovacchini Rosati dividendo il complesso manicomiale in due aree distinte (i lavori risultano condotti dal 1892 al 1893). In occasione di tale impresa viene costruita la portineria, anch’essa in stile eclettico, posta all’ingresso della nuova strada di accesso lunga ottocento metri che, distaccandosi dalla strada per Germinaia e con una serie di tornanti, raggiunge il piazzale centrale, cuore burocratico, amministrativo e funzionale delle ville. A segnare elegantemente il nuovo accesso è posto un grande cancello di ferro e ghisa, sorretto da due pilastri in mattoni pieni con decori in terracotta, realizzato dalle Officine Michelucci PT_4_3_6; PT_4_3_11. Infine, nel 1896, è costruita una nuova villa destinata alle signore, suddivisa in appartamenti di lusso. Si tratta, anche in questo caso, di un edificio eclettico con prevalente ispirazione neorinascimentale in cui si fondono vari elementi stilistici: il villino riprende stilemi architettonici ricorrenti negli edifici fiorentini sorti in quegli anni nelle zone di espansione dei viali, trovando in quei modelli l’immagine più confacente alle esigenze di rappresentanza richieste dalla clientela. Il risultato stilistico è ibrido per l’uso del bugnato cui si aggiungono le finestre a scomparsa, i vetri colorati, il tetto a padiglione con elementi a pagoda, le decorazioni dipinte e in rilievo, le cornici marcapiano e il balcone posteriore chiuso da un’elegante vetrata, connotandosi così per un linguaggio che estrapola e fonde diversi elementi senza comunque raggiungere un’unitarietà dell’insieme. Al contrario, l’interno si presenta stilisticamente più omogeneo nelle decorazioni e negli infissi tutt’ora ben conservati. Anche quest’ultimo padiglione è autonomo dagli altri, separato dalla strada e corredato da un giardino con fontana racchiuso da un muro di cinta con ringhiere in ferro PT_4_3_7; PT_4_3_12. 2.4.3. III fase: 1898-1951 PT_4_1_7 architetti/ingegneri non accertati alienisti/psichiatri Giunio Casanova Agostino Sbertoli muore nel 1898 lasciando la conduzione del complesso al figlio Nino che persegue l’opera di accrescimento dei padiglioni rialzando di un piano i due villini per “agitati” e costruisce la dispensa, la falegnameria, gli uffici-ambulatori e vari magazzini PT_4_3_16; PT_4_3_18; PT_4_3_19; PT_4_3_20; PT_4_3_10. Nel 1901 sono altresì realizzati l’officina elettrica per consentire al complesso una maggiore autonomia energetica e un corridoio coperto collegante la direzione con i principali edifici posti a mezzogiorno, al fine di permettere gli spostamenti riservati di medici e infermieri. Nel 1906 Nino Sbertoli fissa la propria residenza al di fuori della proprietà acquistando la vicina Villa Douglas posta ai piedi di Collegigliato, dimora nota anche come “la Falconera”, che mantiene fino al 1920, garantendosi la possibilità di un costante rapporto di vigilanza sulla conduzione dell’ospedale che conserva un indirizzo privatistico. All’inizio del secolo lo stesso Sbertoli favorisce l’associazione con un’altra casa di cura privata fiorentina, dando così vita al cosiddetto “Grande Sanatorium Toscano”: grazie alla fusione delle strutture di Ville Sbertoli, la cui direzione è assunta dal dottor Giunio Casanova, con quelle delle Ville Casanova a Firenze viene così a nascere un’importante struttura a livello territoriale con una gestione unificata che prosegue fino al 1919. Negli anni precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale le Ville Sbertoli avevano ormai assunto un assetto pressoché definitivo che sarebbe rimasto a lungo inalterato, cioè quello di un ospedale psichiatrico costituito da ville e padiglioni separati e immersi nel verde. Tutto l’insieme si caratterizzava per uno stile eclettico: due ville settecentesche e vari edifici di fine secolo immersi in giardini piantumati con essenze esotiche, laghetti e fontane, voliere, viali alberati, un edificio per il biliardo, il lawn tennis e il pallaio. Il linguaggio architettonico si rivolgeva a un pubblico scelto che nelle forme e negli spazi dei padiglioni ritrovava le suggestioni dei quartieri borghesi cittadini e lo stile di vita caratteristico del ceto medio-alto, con il valore aggiunto dato dalla quiete e dal paesaggio delle colline pistoiesi. Dopo appena quaranta anni, su Collegigliato si era costituita una vasta proprietà formata da quindici edifici di elevato pregio e valore, con un grande parco formato da cipressi, pini marittimi, cedri, querce, lecci, piante del sottobosco, siepi e una tenuta agricola con tre case coloniche ove si pratica l’allevamento e le tradizionali colture toscane di olivo, vite e graminacee. Si tratta di una vera e propria impresa, con un sistema polifunzionale di edifici autosufficienti. Tale risultato è documentato in un grande quadro ad acquerello che celebra l’opera compiuta e da una campagna fotografica commissionata nel 1911-1912 dalla proprietà ai Fratelli Alinari di Firenze che realizzano 46 foto degli edifici e di parti del giardino destinate a una pubblicazione promozionale e alla stampa di cartoline PT_4_2_1; PT_4_2_2. Nel 1920 Nino Sbertoli interrompe la propria attività (morirà nel luglio del 1938) vendendo il complesso a un gruppo di privati pistoiesi che assume la direzione delle ville in un rapporto sempre più stretto con l’Amministrazione Provinciale di Pistoia, con la quale inizia una collaborazione in regime di convenzione. La Provincia di Pistoia è costituita solo nel 1927, ma anche dopo tale data l’amministrazione fascista non ritenne di investire le proprie risorse nell’istituzione di una struttura manicomiale autonoma pubblica accessibile a tutti i cittadini (in quegli anni i pistoiesi bisognosi di cure psichiatriche non in grado di permettersi un soggiorno alle Ville Sbertoli erano dirottati nei manicomi di Firenze e di Lucca), limitandosi a instaurare un rapporto di convenzione con l’unica struttura privata presente sul territorio. Nel dopoguerra la gestione del complesso diviene sempre più onerosa e anche per la stessa amministrazione pubblica risulta difficile sostenere i continui aumenti di retta richiesti dalla gestione dell’istituto. Comincia così a prendere corpo l’idea dell’acquisto dell’intera struttura da parte della Provincia anche perché la città, a differenza di altre città toscane, non era ancora dotata di un ospedale psichiatrico pubblico. Il definitivo passaggio di proprietà è attuato nel 1950, grazie a un lascito del dottor Pier Luigi Mattani, comproprietario della casa di cura, vincolato appunto a questo scopo: l’inizio della gestione pubblica sancisce per le Ville Sbertoli la fine del lungo periodo di conduzione privata durato circa ottanta anni durante i quali erano stati curati poco più di tremila pazienti (3265 malati dal 16/03/1868 al 31/12/1959). 2.4.4. IV fase: 1951-1984 PT_4_1_7 architetti/ingegneri Giampaoli, ingegnere capo della Provincia alienisti/psichiatri Cesare Mattioli Foggia L’Ospedale psichiatrico passato sotto il controllo della Provincia di Pistoia inizia la sua attività il 1° gennaio 1951 con la direzione di Cesare Mattioli Foggia. Al momento della riapertura quale struttura pubblica il complesso ospedaliero può accogliere circa cento letti ma, cresciuti rapidamente i ricoveri, è avviato un radicale intervento di ristrutturazione dell’intero complesso. Tutti gli edifici subiscono profonde trasformazioni sia nell’aspetto esteriore, soprattutto a seguito dei rialzamenti cui vengono sottoposti numerosi fabbricati, sia nell’assetto planimetrico e funzionale degli interni per essere adeguati alle mutate esigenze sanitarie PT_4_3_21; PT_4_3_22; PT_4_3_23; PT_4_3_24; PT_4_3_25. Anche gli edifici storici sono sottoposti a significativi adeguamenti e nell’occasione intitolati a famosi medici del passato: così la Villa Franchini Taviani poi de’ Rossi diviene “Cerletti e Perusini” PT_4_3_8, la Villa Giovacchini Rosati è intestata a “Tanzi e Lugaro” PT_4_3_9 e la residenza per le signore acquisisce il nome di “Villa Serena” PT_4_3_12. Anche quest’ultima viene notevolmente accresciuta nel 1975, mentre in una casa colonica del complesso trova spazio la sede di un’azienda agricola a uso dei degenti intitolata ad Aldo Bertolani PT_4_3_17. Inoltre, sono costruite due nuove strutture: la Villa Mario Zalla nel 1951-1956 e la Villa Pietro Grocco nel 1968-1973. Gli interventi apportati nella Villa Cerletti Perusini sono così descritti: “allorquando le Ville divennero Ospedale Neuropsichiatrico della provincia di Pistoia si prospettò urgente il problema di sistemare i locali secondo un assetto più razionale e più consono alle esigenze della nuova istituzione. Pertanto dall’Ing. Capo della Provincia Giampaoli fu redatto un progetto che prevedeva la creazione di locali più ampi per i dormitori da sistemarsi ai due piani superiori, corridoi spaziosi e illuminati, servizi igienici proporzionati alla capienza, creazione dei locali di refezione e ricreazione al piano terreno allo scopo di rendere più agevole ed economica la sorveglianza e nel contempo dare ai ricoverati la possibilità di usufruire durante il giorno di locali spaziosi in comunicazione con il giardino annesso alla Villa. I lavori furono attuati secondo le previsioni del progetto con alcune varianti utili per la sistemazione definitiva e la Villa pressoché completamente rinnovata presenta oggi caratteristiche di razionalità per quanto attiene alla funzionalità e massima comodità per i malati che dispongono di locali sani ed accoglienti, ben disimpegnati da ampi corridoi e corredati dei necessari servizi igienici”. L’inaugurazione della struttura rinnovata avviene nel 1957. Nel caso della Villa Tanzi Lugaro le relazioni del 1962 riportano: “del vecchio Oratorio gentilizio che adornava questa Villa Toscana, non ne abbiamo però voluto distruggere il ricordo anche materiale conservando infatti ciò che di sacro vi si trovava. Le ossa in essa rinvenute durante l’esecuzione del lavoro furono ricomposte e col permesso dell’Autorità sanitaria provinciale e della procura della repubblica sono state quivi nuovamente inumate, ricoperte dalla precedente epigrafe che porta la data del 1797 e riporta la scritta: a Vincentio Tonellio mercante pistoiese, pio ... Julia Cassicoli” (la nuova chiesa risale al 1962). Negli anni Settanta l’ospedale assume l’aspetto odierno potendo contare su 16 fabbricati, di cui 9 adibiti a ville per i degenti e 7 per i servizi generali, assicurando la disponibilità di cinquecentocinquanta letti, una capienza che per circa trenta anni di attività ha permesso di accogliere oltre settemila pazienti. Anche il personale è riorganizzato, ampliato numericamente e riqualificato: dagli iniziali 48 dipendenti del 1950 si passa ai 139 del 1956, ai 160 del 1960 e, infine, ai 260 del 1975. Nel 1953 risultano già stati trasferiti nelle ville tutti gli ammalati pistoiesi ricoverati negli ospedali delle altre città e in particolare quelli provenienti da Lucca. L’Ospedale neuropsichiatrico di Pistoia conosce così una rapida crescita: nuovi edifici, nuove attrezzature e finanziamenti assicurati dall’amministrazione permettono di registrare alte presenze annue di ricoverati e la possibilità di rispondere a situazioni di emergenza come, ad esempio, quella verificatasi nel 1966 quando è necessario ospitare i degenti trasferiti dall’Ospedale fiorentino di San Salvi inagibile a causa della disastrosa alluvione che aveva colpito la città. È inoltre possibile praticarvi metodi di cura alternativi come l’ergoterapia, impiegando i pazienti nell’annessa azienda agricola. L’inizio degli anni Settanta vede anche Pistoia coinvolta nel dibattito in corso a livello nazionale sulla nuova psichiatria e sulla necessità di superare l’istituzione manicomiale sull’onda delle teorie propugnate da Franco Basaglia, direttore dell’Ospedale di Trieste. Convegni, incontri e dibattiti animano la discussione e il complesso delle Ville Sbertoli viene scelto, nel 1971, come set per le riprese del film “L’ospite” di Liliana Cavani incentrato su tali tematiche. Lentamente la struttura è coinvolta in una fase di rinnovamento avvalendosi della partecipazione attiva del personale medico e della collaborazione dell’amministrazione provinciale. In quegli anni sono simbolicamente abbattuti alcuni muri interni che separavano tra loro gli edifici e viene superata la rigida separazione dei degenti per sessi, sono chiusi alcuni reparti inconciliabili con le nuove metodologie di cura e al contempo intraprese nuove attività, tra cui i laboratori di pittura. Nel 1984, in attuazione della nuova legislazione, la Regione Toscana ha deliberato il trasferimento al Comune di Pistoia di tutto il patrimonio della Provincia di Pistoia per quanto concerne l’Ospedale Neuropsichiatrico, comprendente terreni e beni strumentali quali gli edifici. Il complesso di Collegigliato passa così alla USL di competenza (prima USL n. 8 e attualmente Azienda USL n.3) e gradatamente gli edifici sono stati riconvertiti ad altri usi e funzioni, oppure sono rimasti inutilizzati.
impianto a villaggio con padiglioni isolati corpi edilizi ville quadrangolari e rettangolari a 2 e 3 piani, padiglioni di forma regolare a 2 piani, annessi a carattere funzionale a 1 piano strutture strutture in elevazione muratura ordinaria perlopiù in laterizio o in pietrame orizzontamenti solai in legno o in latero-cemento coperture tetti a padiglione e a capanna perlopiù con orditura lignea e manto di rivestimento in laterizio (coppi ed embrici) o con struttura in latero-cemento e copertura in marsigliesi
buono Villa Chiarugi (sede USL 3) medio Villa Serena cattivo la maggior parte degli edifici
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