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I fase

Anno inizio: 
1888 to 1928
Alienisti: 

Il progetto generale redatto da Elia Fornoni tra il 1888 e il 1891 è ridisegnato con leggere varianti dall’Impresa Edoardo Lenmann, che poi lo realizza in tempi rapidi, tanto che già nel 1892, chiuso completamente quello di Astino (attivo dal 1833), i degenti sono spostati nel nuovo complesso manicomiale in via Borgo Palazzo [BG_4_2_1]. È adottato un impianto simmetrico e gerarchico, con padiglioni in parte avvicinati e interconnessi e in parte indipendenti, rispondenti sia a criteri funzionali e igienico-sanitari sia a principi architettonici miranti a conferire nobiltà al sito. Recintato da un muro non alto, il sistema si organizza per “quartieri indipendenti”, con raggruppamenti omogenei per sesso, età e malattia, con una rigorosa distribuzione di servizi e alloggi per direttori e inservienti; nei padiglioni destinati ai malati, al piano terra sono i locali di soggiorno e lavoro, e i refettori, mentre al primo sono i dormitori con stanze a più letti.

La spina centrale dei servizi, ortogonale a via Borgo Palazzo dov’è l’ingresso, è composta da una serie di padiglioni paralleli alla strada, raccordati tra loro e con i corpi trasversali tramite gallerie, in modo da formare ampie corti interne; l’imponenza della prima, quella d’onore, si deve anche all’uso del bugnato nel fronte principale del padiglione dei servizi generali e alla sequenza di arcate a tutto sesto su colonne in pietra arenaria dei portici, al cui piano superiore sono le ampie terrazze utilizzabili dai degenti per il passeggio. Nella fascia centrale seguono in successione i padiglioni con le seguenti funzioni: gli uffici e l’alloggio del direttore, con affiancate le case dei medici [BG_4_2_2; BG_4_2_3; BG_4_3_1; BG_4_3_2; BG_4_3_3]; i servizi generali, con sala spettacoli, guardaroba, cucina e altre funzioni al piano terra e l’alloggio delle suore al primo piano [BG_4_2_4; BG_4_3_4]; il servizio idroterapico [BG_4_2_5]. In posizione opposta all’ingresso e isolata, è la piccola chiesa neogotica [BG_4_3_5; BG_4_3_6]; nell’archivio provinciale si conservano i disegni di due soluzioni: la prima è caratterizzata da una pianta a croce greca e tratti neogotici; la seconda, molto curata nei particolari e coincidente con quella poi costruita, è a pianta ottagonale e con decori neogotici sia all’esterno sia all’interno [BG_4_2_6; BG_4_2_7]. Oltre la chiesa, l’edificio contenente i macchinari per l’energia elettrica, i servizi sanitari e un’ampia lavanderia [BG_4_2_8; BG_4_3_7], precede tre piccoli corpi edilizi, destinati ai servizi necroscopici e all’isolamento dei contagiosi (distinti fra uomini e donne) [BG_4_3_8]. Di questa compatta fascia centrale fanno parte, sempre paralleli tra loro, ma ortogonali ai precedenti, i due padiglioni destinati ai laboratori (per gli uomini a sinistra e per le donne a destra) [BG_4_3_9] e i due che ospitano i magazzini, le ghiacciaie, le cantine e, al piano superiore, le infermerie [BG_4_2_9; BG_4_3_10].

A destra e a sinistra della spina centrale sono collocate due fasce edilizie, simmetriche e parallele, che seguono l’usuale distinzione per sesso e ospitano, in sequenza a iniziare dall’ingresso, i malati tranquilli [BG_4_3_11], i semi-agitati e gli agitati, i primi due all’interno di padiglioni con pianta a forma di “C” [BG_4_2_10; BG_4_3_12; BG_4_3_13], gli ultimi in padiglioni con pianta a forma di “H” [BG_4_2_11; BG_4_2_12]. Più esternamente, quasi al margine del muro di confine, sono allineati edifici più piccoli – destinati a paganti, paralitici, adolescenti –, tutti con pianta rettangolare, posti parallelamente all’asse centrale e a un solo piano fuori terra.

L’orientamento dei fabbricati in direzione nord-nord-est/sud-sud-ovest secondo gli igienisti è ritenuto il migliore, mentre tra i padiglioni è volutamente mantenuta la distanza costante di 30 o più metri con un’altezza massima di 10,50, per ottenere una favorevole circolazione d’aria e ampi spazi liberi così da consentire la formazione di vaste aree a verde e piantumate.

Se l’architettura dei padiglioni per le degenze e per i laboratori è semplice e dignitosa, ben più sontuosa e scenografica è la soluzione ambientale della sede direzionale, articolata su tre piani fuori terra. Introdotto da un ingresso con due piccoli padiglioni ai lati (portineria e alloggio del cappellano), separati da una lunga cancellata [BG_4_2_13; BG_4_3_14], l’edificio è arretrato rispetto al perimetro stradale, con il fronte principale preceduto da un’ampia corte d’accesso alberata che valorizza l’imponente prospetto neoclassico.

Come a Voghera, ma senza binari a scartamento ridotto per il trasporto dei materiali, anche qui è realizzato un sistema continuo di cunicoli sotterranei che interessa tutti i padiglioni dell’asse centrale, funzionale anche al controllo delle canalizzazioni degli impianti, risolti mediante sistemi all’avanguardia. Inoltre, su progetto dell’ingegnere Zanchi, è riorganizzato il sistema fognario mentre il riscaldamento è a caldaie a vapore.

Tra 1920 e 1921 si decide di potenziare l’attività del panificio con la produzione del “pan biscotto”, da mettere in vendita anche all’esterno del manicomio. Nel 1921 molti malati, in esubero nella sede bergamasca, sono trasferiti in quella di Mombello (Milano).

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