Ospedale Civico di Mantova, sezione manicomiale (fino al 1919)
Manicomio di Castiglione delle Stiviere (dal 1890)
nuovo impianto
Il dibattito sulla costruzione di un manicomio unico provinciale a Mantova ha una storia travagliata che si sviluppa nell’arco di diversi decenni compresi tra gli anni sessanta dell’Ottocento e il 1910, anno in cui viene decisa l’attuale ubicazione del complesso in zona Dosso del Corso.
Le prime notizie relative l’internamento dei pazzi furiosi presso l’Ospedale grande di Mantova (Ospedale Civico) risalgono al 1756, mentre i matti innocenti vi sono ricoverati già dal 1642; dopo numerosi trasferimenti di sede, nel 1811 l’ospedale è collocato presso il convento di Sant’Orsola e con la riapertura della sezione manicomiale i dati relativi ai ricoveri diventano più precisi e documentati, anche grazie al “Piano provvisorio per l’assistenza e custodia dei pazzi accolti nell’Ospedale Civico di Mantova” del 1818. In considerazione però delle pessime condizioni igienico-sanitarie di tale sezione manicomiale, nel 1867 inizia la discussione sulla creazione di un nuovo ospedale esclusivamente psichiatrico: la costruzione è rinviata, l’ufficio centrale di assistenza rimane presso l’Ospedale Civile, mentre solo i bisognosi di cure speciali sono inviati al manicomio di S. Lazzaro a Reggio Emilia.
La questione manicomiale mantovana è nuovamente affrontata nel 1872: il 20 aprile la Deputazione istituisce una commissione di cui fanno parte l’ingegnere capo della provincia Gaetano Martinelli, due esperti di amministrazione, Antonio Pernetti e Cesare Bonoris, e due medici, Vincenzo Giacometti e Achille Sacchi. Nel settembre dello stesso anno interviene nel dibattito anche il noto alienista Carlo Livi, il quale suggerisce di non costruire un nuovo manicomio ma di stipulare una convenzione con l’ospedale di Reggio Emilia; di parere opposto sono però i due medici della commissione, che si fanno promotori di un nuovo istituto provinciale da costruire in località esterna alla città, prevedendo allo stesso tempo interventi per migliorare le condizioni dei malati psichici all’interno dell’ospedale civile mantovano. Anche in quest’occasione non è trovata una soluzione; il ruolo dell’Ospedale Civile è riconfermato con cambio di denominazione in “Manicomio di Mantova” il 14 dicembre 1874.
Nel 1887 è costituita una nuova commissione speciale, composta dal medico alienista Giuseppe Viterbi e dagli ingegneri Gaetano Martinelli e Luigi Turchetti. Si assiste però a una nuova interruzione del dibattito fino al 1900, quando la deputazione riprende a studiare il problema, supportata da Augusto Tamburini, direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Roma, che propone per la localizzazione il Comune di Goito (fondo Cinquefabbriche). Nel frattempo, nel 1890 è edificato il manicomio giudiziario di Castiglione delle Stiviere, gestito dalla Congregazione di Carità locale.
Una commissione composta dallo stesso Tamburini, dai direttori dei manicomi di Bergamo e Brescia e dall’architetto Giovanni Giachi di Milano, nel 1901 definisce i principi fondamentali di un progetto di massima per l’ospedale, con tipologia a padiglioni separati e capacità di 400 posti letto, ma la Deputazione non ne è soddisfatta; trascorso qualche anno, decide di interpellare tutti i direttori di manicomi italiani e diversi professori universitari, ai quali sono richiesti pareri intorno alle caratteristiche principali del manicomio. La gran parte degli alienisti sostiene che il manicomio deve essere unico, per necessità economiche e di vigilanza; dal punto di vista tipologico raccomanda la pianta a padiglioni indipendenti (il riferimento per i singoli padiglioni è la casa, perlopiù colonica a corte), in modo da poter ottenere una maggiore libertà dei ricoverati e l’isolamento dei diversi “morbi”; infine, è opinione condivisa la necessità di annettervi una colonia agricola sia per esigenze ergo-terapiche sia per migliorare le finanze dell’istituto. Le diverse opinioni trovano sintesi nella relazione presentata alla deputazione dal relatore Settimio Magrini, segretario-capo dell’amministrazione provinciale, nel 1912, anno in cui è deliberata la costruzione del nuovo manicomio: dopo aver osservato vari istituti in Italia e all’estero, e forte dei pareri di numerosi psichiatri, il relatore prende a modello il manicomio di Gorizia, ritenuto il più moderno.
I fase: 1914-1930
architetti/ingegneri: F. Bonfiglio, Antonio Rotter
alienisti/psichiatri: Giuseppe Santangelo
Il progetto di massima è presentato per l’approvazione della deputazione provinciale nel febbraio 1914: propone un manicomio di 580 posti letto, di cui trenta per dozzinanti, tipologicamente organizzato a padiglioni isolati nel verde, con annessa colonia agricolo-industriale; criterio fondamentale è la rigida distinzione dei sessi e degli alienati in base alla pericolosità [MN_4_2_1].
L’ospedale è a pianta simmetrica e il padiglione dei servizi generali è posto sull’asse centrale; a questo sono affiancati i diversi padiglioni, cui si aggiungono il laboratorio, il padiglione degli infettivi, la colonia agricola e la sala comune. I corpi di fabbrica sono 18: un padiglione della direzione-amministrazione, cinque padiglioni per uomini (accettazione-osservazione [MN_4_2_2; MN_4_2_3; MN_4_2_4; MN_4_2_5], agitati e criminali, cronici [MN_4_2_6], tranquilli, lavoratori) e cinque per donne con le stesse destinazioni; due padiglioni per paganti uomini e donne, il padiglione per le malattie infettive, quattro padiglioni destinati ai servizi generali [MN_4_2_7; MN_4_2_8] e speciali (cucina, servizi centrali, cappella e camera mortuaria).
Negli anni seguenti, il progetto viene verificato su tre diversi terreni nei pressi della città, nel territorio di Goito e in quello di Volta Mantovana; infine, il Consiglio provinciale di Mantova ne delibera la costruzione nell’area del fondo Bigattera, con la convinzione che la quiete della campagna agevoli il recupero degli ammalati sconvolti dalla vita cittadina.
L’ingresso principale si apre sulla strada di Montanara: varcato il cancello, si accede all’edificio dell’Amministrazione attraverso un vasto spiazzo disegnato ad aiuole. L’asse longitudinale dell’impianto passa attraverso l’atrio di questo edificio principale. A ciascun lato del parco, separati tra loro da giardini, vi sono tre padiglioni per parte (uno per i tranquilli, uno per i cronici e uno per lavoratori), destinati a uomini e donne, mentre sull’altra estremità dello stesso sorge l’edificio della cucina e dietro il padiglione macchine-lavanderia con il relativo camino, alto 30 metri. In fondo è collocata la torre contenente i serbatoi dell’acqua potabile, in cemento armato. Alle due estremità, est e ovest, in posizione appartata, sono collocati il padiglione per gli affetti da malattie infettive e quello per il servizio necroscopico, collegato a un’uscita indipendente a poche centinaia di metri dal cimitero; in fondo vi sono le stalle. Ogni padiglione è dotato di ambulatori, sala di soggiorno con cucina e acquaio, e bagni. Nel progetto le finestre sono aperte fino a terra e non più alte di un metro, protette da inferriate, mentre i pavimenti sono in legno, cemento, asfalto, linoleum; l’arredamento non è di bassa qualità.
Approvato nel 1914, il progetto è realizzato parzialmente; quando l’ospedale è inaugurato, il 28 ottobre 1930, lo stato di fatto del complesso è molto diverso dall’ideale progettato. Dei 18 corpi di fabbrica previsti sono realizzati solo: il padiglione della direzione [MN_4_3_1]; due padiglioni per uomini (uno per tranquilli e lavoratori [MN_4_3_2] e uno per osservazione e agitati [MN_4_3_3; MN_4_3_4]) e i due corrispettivi per le donne; l’edificio per le cucine e i retrostanti Servizi generali; le stalle, a ovest, e il servizio necroscopico, a est. Il manicomio non è delimitato da cinta muraria, ma da reti metalliche, e all’interno l’edificato è circondato da giardini e prati, attraversati da viali di collegamento tra i padiglioni [MN_4_3_5]. La palazzina centrale costituisce il cuore del sistema: qui hanno origine due viali di tigli lunghi 260 m, che portano ai servizi comuni e all'ingresso del complesso, intersecati da viali laterali di robinie sui quali sono disposti i reparti.
La prima fase dei lavori è compresa tra il 1915 e il 1922 circa, fino a quando la questione manicomiale diviene prerogativa dell’Amministrazione provinciale fascista che, nel 1925, la giudica non più urgente. In seguito, con delibera provinciale (23 settembre 1927), si delibera la ripresa immediata dei lavori e la realizzazione di una nuova parte del progetto del 1914: il cambiamento è dovuto ai problemi sociali e di ordine pubblico scaturiti dalla crisi economica che, dalla seconda metà degli anni venti, investe la realtà agricola mantovana spingendo indigenti e vagabondi verso la città.
La mancanza di fondi necessari per il completamento del manicomio spinge il presidente della provincia a stipulare una convenzione con la Congregazione di Carità, che gestisce Castiglione delle Stiviere dal 16 luglio 1929: l’accordo prevede di affidare alla Congregazione sia il servizio di assistenza agli alienati sia i lavori necessari all’apertura della nuova struttura, mentre l’amministrazione provinciale si riserva di completare l’esecutivo ed esercitare la vigilanza nei confronti dell’ente. La convenzione stabilisce quindi che l’ospedale psichiatrico provinciale sia formato dalle due sezioni congiunte: solo nel marzo del 1940 la gestione del manicomio ritornerà a essere in toto della Provincia di Mantova.
II fase: 1931-1973
architetti/ingegneri: dato non accertato
alienisti/psichiatri: Giuseppe Santangelo, dato non accertato
Negli anni successivi all’apertura del manicomio sono gradualmente aggiunti altri corpi di fabbrica, rispettando le originarie piante a “H” dei padiglioni per ammalati.
Tra il 1931 e il 1932 si succedono i progetti del padiglione per i malati infettivi e tubercolotici [MN_4_2_9; MN_4_2_10; MN_4_2_11] e, a est, di quello per i malati lavoratori, edificato nel 1935 [MN_4_2_12].
Nell’aprile 1940 la Provincia giudica d’immediata necessità la costruzione di una lavanderia, poiché la Congregazione di carità aveva accentrato i servizi nella sede di Castiglione lasciando l’ospedale di Dosso del Corso privo di un impianto autonomo: la Provincia aveva già da tempo costruito il corpo centrale del fabbricato che, secondo l’originario progetto [MN_4_2_13], doveva adibirsi a sede della lavanderia e dei servizi di acquedotto. Il padiglione è riadattato e completato e gli sono annessi altri servizi similari (impianto gruppo motori per l’acquedotto autonomo e relativa officina).
Si succedono inoltre interventi volti a migliorare le attività della colonia agricola: nel 1945 è registrato l’acquisto di fabbricati colonici nel fondo Bigattera, nel 1948 il progetto di un fabbricato rurale per la colonia ergo-terapica, dotato di impianti interni a carattere industriale quali panificio, tipografia, calzoleria e falegnameria. Nello stesso anno, una commissione della Deputazione provinciale stabilisce di ultimare l’istituto secondo un più ridotto programma rispetto al progetto del 1914: basterà costruire il padiglione a due piani per malati lavoratori ancora mancante [MN_4_2_14], simmetrico a quello delle donne e ultimare il fabbricato destinato a lavanderia e altri servizi generali [MN_4_3_6; MN_4_3_7].
Entro il 1961 è costruita una nuova portineria [MN_4_3_8] che risolve il problema dell’ingresso, permettendo di ricavare locali per il dispensario neuropsichiatrico, per le autorimesse e lo spaccio. Iniziano i lavori per la costruzione di due laboratori (maschile e femminile), al fine di riunire le varie lavorazioni sparse nei diversi edifici del complesso, e sono in corso sia le opere per il sopralzo di un piano dei Servizi generali, onde poter sistemare i locali di degenza, la farmacia interna, il gabinetto odontoiatrico e l’alloggio del personale religioso femminile, sia la costruzione di una rete cunicolare per la distribuzione in tutto il villaggio ospedaliero dei condotti idrici, elettrici e telefonici.
Nel 1953 si redige il progetto per nuova cucina centrale [MN_4_3_9] e nel 1957 quello per la barchessa [MN_4_3_10]. Al 1963-64 risale la costruzione del nuovo padiglione per cronici tranquilli, con pianta a “L” [MN_4_3_11; MN_4_3_12]: questo edificio è l’unica realizzazione di un più generale piano di riforma datato 1962 [MN_4_2_15], che doveva comprendere ampie risistemazioni, la costruzione di un secondo padiglione per cronici tranquilli riservato alle donne, una nuova chiesa, un teatro e un padiglione neurologico con 80 posti letto.
Nel 1967 s’inaugura un nuovo reparto – IV uomini –, che funziona da Osservazione aperta, poiché le porte non sono chiuse e i pazienti possono circolare liberamente: il reparto è soprannominato La Clinica, perché si presenta come una struttura moderna, non detentiva. Continuano inoltre le riorganizzazioni interne all’istituto: nel 1968 sono sistemati i padiglioni I uomini e I donne; parte del sotterraneo del padiglione dei cronici tranquilli è adattato a scuola per infermieri ed è sistemato il padiglioni uffici. Al 1969 è datato il progetto per la sistemazione generale e sopraelevazione del padiglione neurologico.
III fase: 1973-2012
architetti/ingegneri: dato non accertato
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Dal 1973 per l’ospedale del Dosso inizia la riconversione e dal primo gennaio 1980 non vi si attua più alcun ricovero. Dal 2003 il complesso è sottoposto a interventi di ristrutturazione e riuso dei vecchi padiglioni con aggiunta di nuovi edifici adibiti a diverse funzioni [MN_4_1_3; MN_4_2_16]: i padiglioni vincolati dalla Soprintendenza sono stati recuperati senza intaccare le volumetrie originarie, conservando i pavimenti, le altezze degli ambienti e l’aspetto esterno, fatta eccezione per la sostituzione degli infissi ammalorati con altri identici agli originali e per l'aggiunta di rampe per l'accesso ai disabili; la nuova suddivisione degli ambienti è ottenuta mediante pannelli mobili.
Diversi edifici di recente costruzione occupano aree in precedenza di pertinenza del giardino, modificandone il disegno globale; in particolare l’edificio adibito ad asilo nido [MN_4_3_13] sorge sull’asse centrale del manicomio, tra la Direzione e i servizi generali. Altri edifici non appartenenti al complesso originario sono costruiti nella parte est dell’area (edifici 9 e 9A).
impianto
a padiglioni indipendenti, collegati da una viabilità interna geometricamente controllata
corpi edilizi
padiglioni a uno o due piani, con pianta a “H”, a “L”, a “U” e mistilinea
strutture
strutture in elevazione: muratura tradizionale; travi e pilastri di cemento armato
orizzontamenti: solai in cemento armato e laterizi
coperture: capriate in legno; pannelli ondulati; a falde inclinate con tegole marsigliesi.
buono padiglioni di recente costruzione (1A, 9, 9A e 10) e padiglioni ristrutturati (3, 4 e 5)
cattivo padiglione 6 (in ristrutturazione)
pessimo padiglioni 7, 8 e 11
S. Magrini, Per l'istituzione di un manicomio provinciale, relazione alla Deputazione provinciale del segretario generale Avv. Settimio Magrini, Tip. G. Mondovi, Mantova 1912
L. Oliva, Prospetti statistici e cenni storici del manicomio di Mantova, F. Apollonio, Mantova 1914
A. Rotter, Il nuovo manicomio provinciale di Mantova, in “L'edilizia moderna”, XXIII, n. 10 (ottobre), 1914, pp. 64-67
A. Trossarelli, L'assistenza agli alienati nella provincia di Mantova, dalle origini al 1929, s.e., Pesaro 1929
G. Santangelo, Relazione tecnico sanitaria sull'Ospedale psichiatrico provinciale di Mantova per l'anno 1929, primo anno di sua organizzazione, Bignotti, Castiglione 1930
Id., L'ospedale psichiatrico provinciale di Mantova nel secondo anno di vita (relazione statistico sanitaria per l'anno 1930), Officine Grafiche Vecchioni, L'Aquila 1931
Id., Il terzo anno di vita dell'ospedale psichiatrico mantovano (relazione del Direttore al Signor Presidente dell’amministrazione dell’Ospedale, Bignotti, Castiglione 1932
A. Trossarelli, Il primo lustro di vita dell'Ospedale psichiatrico provinciale di Mantova: relazione statistico-sanitaria per l'anno 1934 del dott. Alberto Trossarelli, S. Bernardino, Siena, 1935
L'evoluzione della cura: la riqualificazione dell'ex ONP a nuova sede ASL di Mantova luogo di prevenzione, tutela e servizi alla salute, Azienda sanitaria locale della Provincia di Mantova, Mantova 2005
A. Simioli, Manicomio provinciale di Mantova, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 158-159
Provincia di Mantova, Archivio storico provinciale, Ospedale psichiatrico
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