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I fase

Anno inizio: 
1931 to 1935

Sistemata la Colonia agricola nel fondo acquisito nel 1931, situato all’ingresso della vasta area destinata a ospitare la futura struttura manicomiale, dal 1933 si provvede alla nuova costruzione.

Il progetto definitivo redatto da Giovanni Battista Milani e dal giovane Nicola Novelletto recupera sostanzialmente la prima proposta di Milani, aumentando il numero dei padiglioni da 15 a 25 e accogliendo le obiezioni della Commissione di concorso che ha considerato inaccettabile dal punto di vista tecnico-sanitario e della praticità di esercizio la proposta originaria, lodandone tuttavia il pregio formale. Se variano così numero, grandezza e organizzazione dei padiglioni, disposizione e tipologia dei reparti, distribuzione interna degli edifici, fruizione dei locali, e, parzialmente, la rete dei percorsi, nel progetto approvato viene recuperata a pieno la scelta di un impianto considerato all’avanguardia, che sfrutta il notevole dislivello del terreno (che sale velocemente da quota 400 a 460 metri), mediante una sistemazione a terrazze degradanti aperte verso il mare, sulle quali si dispongono, secondo assi di parziale simmetria e in posizione sfalsata, gli edifici del complesso manicomiale [RI_4_2_3].

Memore delle suggestioni a lui derivate dallo studio degli esempi tedeschi e ferrarese, dalla giovannoniana città-giardino di Montesacro a Roma, ma soprattutto sulla scia dell’esperienza del manicomio romano di Santa Maria della Pietà, che si propone addirittura di “superare”, Milani, e Novelletto con lui, allestiscono una coreografia movimentata, secondo la quale la posizione reciproca dei fabbricati, sfalsati tra di loro, permette a ciascuno la libera visuale sulla vallata reatina e una migliore illuminazione, mentre, come ribadito da Milani, la distribuzione apparentemente casuale restituisce all’insieme un senso dinamico, ordinato secondo il principio ritmico preordinato che ha informato le scelte progettuali.

Qualche lieve variazione presenta il piano attuativo, nel quale cambia la destinazione di alcuni padiglioni, vengono eliminati i due fabbricati posizionati ai lati del grande piazzale di ingresso che inquadrano scenograficamente l’edificio della Direzione, sono collegati tra di loro in un corpo unico i padiglioni Osservazione-Infermerie, e spostati dalla sommità del bosco nel terreno di pertinenza di Villa Focaroli – nuovamente acquisita dalla Provincia il 19 dicembre 1933 – il padiglione Tubercolotici e gli alloggi per i Medici e il Direttore [RI_4_2_4]. Soddisfacendo all’esigenza economica di movimentare il minor quantitativo di terra possibile, il progetto dispone nella parte a valle, più pianeggiante e direttamente fruibile dall’ingresso, gli edifici di maggior rappresentanza pubblica e di prima accoglienza – Direzione e Amministrazione, Osservazione-Infermeria Uomini e Donne –, distribuiti da un percorso semi-anulare con tracciati radiali e affacciati scenograficamente su un largo piazzale collegato alla strada e all’ingresso principale, architettonicamente definito, tramite un lungo viale alberato.

L’elemento ordinatore è costituito da un doppio asse rettilineo con andameno NE-SO, lungo il primo dei quali, in posizione centrale, si dispongono, oltre alla Direzione, l’Infermeria-Osservazione, i Servizi Generali, la Cappella, e ai cui lati, simmetricamente, trovano posto i padiglioni Tranquilli Uomini e Donne, Lavanderia, Isolamento e Semiagitati-Sudici Donne. Ai lati del secondo asse rettilineo, compreso tra i reparti Semiagitati-Sudici Donne e Semiagitati-Sudici Uomini, si collocano gli edifici degli Agitati Uomini e Donne e dei Tubercolotici. Più a valle, sulla sinistra del complesso, sono le Colonie Industriale e Agricola e il Necroscopico, serviti da un accesso secondario, mentre sulla destra del complesso, sulla sommità dell’altura, in posizione più isolata e contigua a Villa Focaroli, ora adibita a dimora delle Suore-infermiere, sono gli alloggi per il Direttore, i Medici e i Dirigenti, serviti da un accesso privato; poco più in basso, ancora in posizione laterale ma elevata, sono i fabbricati per Pensionanti Uomini e Donne.

I diversi padiglioni sono collegati tra di loro dal sistema stradale concentrico che segue la naturale disposizione dei terrazzamenti del terreno, intersecato da assi radiali e da una serie di percorsi pedonali secondari (“scorciatoie”, costituite da cordonate e piccole scalee). Tutti gli edifici, con piano seminterrato e uno o due piani fuori terra, è previsto che siano costituiti da corpi parallelepipedi, movimentati dall’aggiunta di elementi a geometria differenziata a questi aggregati, che movimentano la partitura dei prospetti nei quali è evidenziata la zona centrale; il forte sviluppo longitudinale è accentuato dalla ripartizione orizzontale delle facciate in corrispondenza dei diversi piani e dall’alternanza del rivestimento in intonaco e in mattoni; tutti i fabbricati, con coperture piane, sono caratterizzati dal sobrio trattamento architettonico dei prospetti, scanditi dalla successione ritmica delle aperture, e dalla riduzione all’essenziale del trattamento decorativo. La composizione, informata dalle più moderne concezioni tecnico sanitarie, oltre che nell’impianto “aperto”, nella disposizione libera degli edifici e nella cura della distribuzione e dell’organizzazione gerarchica degli spazi interni, nell’utilizzazione di grandi superfici vetrate, restituisce quell’idea di libertà nella cura del malato psichiatrico che ha informato le scelte progettuali di Giovanni Battista Milani.

La consistente spesa da affrontare – stimata in 10 milioni e mezzo di lire –, determinata anche dalla scelta di utilizzare i più moderni sistemi costruttivi, come pure di dotare il complesso di macchinari e impianti tecnologicamente all’avanguardia, fa sì che la Provincia decida di comprendere nel primo lotto dei lavori solo i 7 padiglioni considerati fondamentali: Direzione-Amministrazione, Osservazione-Infermerie Uomini e Donne, Servizi generali, Tranquilli Donne, Lavanderia, Colonia agricola, nonché l’ingresso principale dotato di guardianie.

L’inizio dei lavori di costruzione, nel maggio 1933 – inizialmente affidati alla Società Anonima Cooperative Imprese edilizie e affini (per le strutture) e alla ditte Tudini-Talenti e Cassinelli-Guercini –, viene rallentato da alcuni problemi riscontrati nello scavo delle fondazioni e nelle sistemazioni dei percorsi, anche a causa della scarsità di manodopera specializzata, tutta impiegata nei lavori di sistemazione della nuova strada per il Terminillo voluta dal Regime. Il 28 ottobre 1935, in un clima di approvazione generale, vengono inaugurati i primi due padiglioni destinati ai Tranquilli Donne [RI_4_2_5; RI_4_2_6; RI_4_3_1] e alla Colonia Agricola [RI_4_2_7; RI_4_2_8; RI_4_3_2], che la Provincia ha avuto fretta di realizzare, sebbene i lavori per il loro completamento (infissi, porte, impianti, ecc.) proseguiranno ancora in primavera, dopo la sospensione invernale. Così come voluto anche da Alessandrini, per evitare l’idea di “reclusione”, la recinzione consiste in un muretto basso (un solo metro) con sovrapposta rete. Mentre Milani appresta i disegni dal suo studio romano di via Balbo, Novelletto dirige di fatto i lavori nel cantiere, rendicontando puntualmente e rispettosamente al vecchio professore che, solo, ha avuto formalmente l’incarico della direzione.

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