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III fase

Anno inizio: 
1935 to 2014

Dopo la partenza di Annibale Puca da Girifalco, non si registrano nel complesso psichiatrico significativi interventi edilizi, al di là della semplice manutenzione ordinaria. Per lo più, durante la direzione di. Vincenzo Fragola (1941-1951), si effettuano sistemazioni interne al padiglione Venturi, all’ex blocco conventuale (scalone d’ingresso, atrio, portineria, camminamenti tangenti il chiostro) e all’appendice comprendente la direzione e gli uffici amministrativi.

Soltanto sul volgere degli anni Sessanta viene ultimato, lungo il limite meridionale dell’area di pertinenza dell’ospedale, il nuovo edificio dei Servizi generali, dotato, al primo piano, dell’appartamento del custode e, al livello terraneo, di cucina, forno meccanico, magazzini con celle frigorifere, lavanderia meccanica, il tutto alimentato da una nuova centrale termica costruita a ridosso della sezione Donne.

Sin dal 1963, tuttavia, s’impone nuovamente all’attenzione dei vertici sanitari la questione del sovraffollamento, cui si tenta di ovviare con la proposta di ampliamento della vecchia struttura mediante nuovi padiglioni. Dopo la breve parentesi della direzione di Luigi Stefanachi (1965-1966), viene chiamato ad affrontare in maniera più radicale la questione dell’inadeguatezza dello storico manicomio Ferdinando Pariante (1967-1971), allorquando nel 1968 l’Amministrazione provinciale bandisce un concorso pubblico per la progettazione di una nuova unità ospedaliera psichiatrica nel comune di Girifalco.

Tra le varie proposte pervenute ed esaminate dalla commissione giudicatrice, vincitrice risulta quella denominata “Psyche Aperta”, elaborata dal gruppo di architetti e ingegneri: Michele e Antonio Capobianco, Giovanni De Franciscis, Maria Raffaela Pessolano, Cesare Ulisse, Daniele Zagaria, Ugo Arpati e Francesco Reale. Il progetto prescelto, che nel lessico architettonico evoca suggestioni razionaliste, non è organizzato in padiglioni o monoblocchi fortemente centralizzati, ma viene configurato come un ambiente urbano strutturato mediante una maglia di percorsi sulla quale s’innestano molteplici funzioni, volta a creare un clima di reciproca fiducia tra i fruitori del complesso sanitario; il tutto completato da attrezzature sportive ed esercizi pubblici.

Il primo sito indicato per l’edificazione del nuovo complesso ospedaliero psichiatrico, al fine di operare un’integrazione funzionale col vecchio, è la località Battendieri, che si estende a ridosso del confine occidentale di quest’ultimo. Tuttavia, viene preferita la contrada Chiusi, a oltre 2 km di distanza dall’abitato di Girifalco, che offre caratteristiche igienico-sanitarie più consone rispetto a quella attigua all’antico nosocomio.

A fronte delle lodevoli intenzioni iniziali, il “villaggio”, terminato nel 1975 durante la direzione di Peppino Spadaro (1974-1988) e tuttora accessibile dalla SS 384 Roccelletta-Curinga, non ha mai svolto le funzioni per cui è stato progettato: ancora nel 1997, infatti, si discute di ciò che dovrà contenere. Nonostante un’ipotesi sia quella di adibirlo a istituto oncologico a carattere regionale, allo stato attuale l’avveniristico polo ospedaliero versa parzialmente in abbandono e solo alcuni stabili sono occupati da uffici ASL, SAUB e da un consultorio [CZ_4_3_12].

Intanto, per effetto della L. 431/1968, nello storico complesso psichiatrico vengono abbattute le recinzioni metalliche e le alte mura perimetrali dei cortili esterni, mentre, all’entrata in vigore della L. 180/1978, la struttura viene sottoposta al controllo della USL di Chiaravalle e, in seguito, della ASL di Soverato.

Nel 1997 l’ottocentesco manicomio, coi suoi successivi ampliamenti, è interessato da un progetto di recupero e adeguamento funzionale messo a punto dagli architetti Pietrantonio Cristofaro, Bruno De Gori e Antonio Vonella, in modo che possa offrire ancora servizi socio-assistenziali, oltre che ospitare la direzione sanitaria e amministrativa. Gli immobili principali del nucleo storico sono già stati ristrutturati [CZ_4_1_3; CZ_4_3_8; CZ_4_3_9; CZ_4_3_10], a differenza di alcuni dei corpi successivi (il “Padiglione”) [CZ_4_3_11], costituendo il cosiddetto “Complesso monumentale”, immerso in un contesto territoriale prevalentemente rurale conservatosi pressoché inalterato da oltre un secolo [CZ_4_3_7].

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