Attuate diverse migliorie tecniche, fino ai primi anni sessanta si discute di un possibile ampliamento dell’ospedale psichiatrico. La dismissione, a seguito della legge Basaglia n. 180, avviene in modo graduale e non ben documentato. Dopo il 1972, al diffondersi di un movimento antipsichiatrico che genera, prima della legge Basaglia, alcune innovazioni, i reparti cessano di essere divisi per patologia: all’interno dei padiglioni sono raggruppati i pazienti provenienti dalle stesse realtà territoriali. Sul territorio inizia anche la costituzione dei primi Centri di Igiene Mentale, che riducono il numero dei pazienti ricoverati (nel 1978 sono 500).
Nel 1985 è avviato un progetto di riconversione, coordinato da Benedetto Saraceno, psichiatra e ricercatore presso l’Istituto Mario Negri di Milano, cui lavorano anche i medici psichiatri Vitale e Guarnieri, e l’architetto Silvano Pezzetti, per gli aspetti edilizi. In esso si prevede che i tre gruppi di pazienti ancora qui ospitati siano distribuiti in tre fasce, su diversi lotti e in edifici in parte preesistenti e in parte di nuova edificazione: una fascia psichiatrica, costituita da 6 comunità terapeutiche (su altrettanti lotti), una fascia di medicina riabilitativa, una fascia assistenziale. Nel 1989, quando si bloccano i lavori, i sei lotti all’interno dei quali erano previsti gli appartamenti per i pazienti, risultano inedificati. La ristrutturazione pertanto riguarda solo modifiche interne all’antico complesso, senza intaccarne la volumetria originaria. Negli anni ottanta-novanta, per l’uso dei padiglioni con pianta a “C”, vi sono realizzati parziali ampliamenti al piano terra del corpo centrale.
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