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IV Fase

Anno inizio: 
1961 to 2015

L’emanazione della legge Basaglia, nel 1978, decreta la dismissione – come nel resto d’Italia – anche di questa struttura manicomiale. L’ospedale psichiatrico di Rieti viene definitivamente chiuso alla fine del 1999 con il trasferimento in altra sede degli ultimi malati.

Nel 1994, per disposizione del Presidente della Giunta Regionale, gli edifici del complesso vengono trasferiti in proprietà alla Azienda Unità Sanitaria Locale di Rieti, costituita nel 1992. Tra il 1993 e il 1997, grazie a un finanziamento regionale, viene ristrutturata e riqualificata Villa Focaroli, nuovamente destinata a comunità terapeutica psichiatrica, mentre la cappella annessa viene trasformata in centro diurno psichiatrico, completato nel 2000.

Tra lo scorcio del Novecento e i primi anni del secolo successivo iniziano i lavori di “riqualificazione” del manicomio provinciale, destinato a diventare la “città sanitaria” reatina, lavori che non sono a tutt’oggi terminati. Nel 1998 viene ristrutturato l’edificio Lavanderia per ospitare l’Ufficio tecnico della ASL. Tra il 2003 e il 2011 si attua la riqualificazione dei 4 padiglioni Direzione, Servizi Generali, Semiagitati-Sudici e Osservazione-Infermerie, all’interno dei quali, grazie a donazioni private, è stata sistemata l’aula conferenze. Tra il 2006 e il 2010 è stato ristrutturato il padiglione Agitati Donne, da destinare a Hospice (centro residenziale per cure palliative).

Attualmente gli edifici del complesso originariamente riservato alla cura della follia hanno o sono destinati a nuove funzioni: nella Direzione è ospitata la Direzione della AUSL di Rieti, nella Colonia agricola, l’Assessorato provinciale alla Viabilità e Lavori Pubblici, mentre i rimanenti padiglioni sono o saranno adibiti a laboratori, ambulatori e uffici del servizio sanitario locale [RI_4_1_4; RI_4_3_13].

Ai margini dell’ex complesso psichiatrico sono sorti edifici di notevoli dimensioni, che, collocandosi in particolare tra la Direzione e la Colonia agricola, hanno sconvolto l’unitarietà dell’insieme; la rete dei percorsi secondari è stata annullata e sopraffatta dal sistema viario principale, asfaltato e collegato direttamente con la viabilità cittadina anche tramite la rimozione della cancellata dal portale di ingresso. L’incompiutezza del piano originario, l’eccessiva semplificazione delle architetture nel corso della costruzione, sacrificate nel tempo a necessità di tipo economico, ma anche e soprattutto l’azzeramento degli ideali confini della cittadella della follia mediante la continuità dei percorsi con quelli urbani, ne hanno stravolto l’identità originaria, così come era stata concepita da Milani, rendendo vano il suo proposito di gareggiare, anzi di “superare” quanto Edgardo Negri aveva fatto a Roma [RI_4_3_14; RI_4_3_15].

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