Le prime notizie sulla cura dei malati di mente a Imola risalgono al 1775, quando sono attrezzate alcune stanze dell’antico ospedale di Sant’Antonio, annesso a Santa Maria della Scaletta.
Dagli anni ottanta del XIX secolo, dato il notevole aumento di malati mentali, si iniziano a edificare nuovi padiglioni nella sede distaccata del Manicomio Centrale, posta sul sito di pertinenza del vicino convento dell’Osservanza che, a seguito della vendita del Centrale al Comune di Bologna, formalizzata dopo il 1900, è oggetto di uno sviluppo autonomo. Numerosi malati sono dirottati nella sede bolognese dell’Ospedale Sant’Orsola.
recupero con ampliamenti
Nella sede dell’Ospedale di Santa Maria della Scaletta [IMLL_4_3_13] già dal 1803 è attestata la presenza di maniaci, organizzati in sei stanze con due letti ciascuna; qui erano ricoverati i cronici tranquilli, mentre i furiosi, data la complessità della loro malattia, avevano trattamenti di diverso tipo che spesso portavano a una morte precoce. Per ovviare a tali inconvenienti si decide di costruire un nuovo edificio indipendente dall’ospedale e a questo limitrofo, collocato sul lato sud del cortile detto dell’Angelo; contemporaneamente si dà avvio a lavori di miglioramento degli scadenti ambienti esistenti.
I fase: 1842-1868 [IMLL_4_1_4]
architetti/ingegneri ______
alienisti/psichiatri Cassiano Tozzoli, Luigi Lolli
A seguito dell’urgente necessità di riordinare gli ambienti esistenti, e di destinare ai malati di mente uno spazio separato e a loro esclusivamente dedicato, il direttore amministrativo e sanitario dell’ospedale di Santa Maria della Scaletta, Cassiano Tozzoli (1841-1863), fa erigere un nuovo edificio dall’impianto articolato in tre corpi di fabbrica con una capienza di ottanta posti letto; reso autonomo dallo stesso ospedale, anche se a questo contiguo, e posto sul lato sud del cortile detto dell’Angelo, è attivo dal 1844. Nella pianta del complesso manicomiale del 1897 l’edificio realizzato è contrassegnato con i numeri romani XI e XIII [IMLL_4_2_1]. Tozzoli aveva visitato il San Lazzaro di Reggio Emilia e a quel modello avrebbe voluto conformare l’asilo imolese, senza però riuscire nell’impresa. I padiglioni, primi del genere costruiti nella Romagna pontificia, ben presto giungono a saturazione, avendo dovuto accogliere i troppo numerosi malati mentali provenienti da diverse province romagnole, oltre a quelle del comprensorio di Imola. Nel 1862, a Tozzoli succede Luigi Lolli (direttore fino al 1896), che amplierà le possibilità di accoglienza della struttura trasformando gli spazi per ospitare ulteriori alienati. L’anno successivo, a causa delle eccessive richieste di ammissione al manicomio ricevute dall’amministrazione, s’inizia a discutere della necessità di ampliare l’esistente struttura asilare per ottenere una capienza ottimale, valutata limitatamente al territorio servito. Deciso di estendere l’area verso monte, a tal fine nel 1867 è acquistato l’Orto Barbacina, posto a sud del complesso esistente, fino a lambire l’area della Rocca Sforzesca [IMLL_4_2_1; IMLL_4_3_8; IMLL_4_3_11; IMLL_4_3_12].
2.4.2. II fase: 1869-1898 [IMLL_4_1_4]
architetti/ingegneri Antonio Cipolla, Ernesto di Sambuy, Felice Orsini, Giuseppe Giachi, Antonio Zannoni
alienisti/psichiatri Luigi Lolli
Alla lungimiranza del nuovo direttore, Luigi Lolli, e alla Congregazione di carità locale si deve l’incarico dato al noto architetto napoletano Antonio Cipolla (1822-1874) per la progettazione ed esecuzione del nuovo vasto manicomio imolese, destinato a divenire un vero e proprio modello insediativo, esempio notevole di disposizione funzionale interna degli spazi e soprattutto di organizzazione sul piano amministrativo; a questo modello faranno riferimento numerosi manicomi italiani, tra i quali si possono ricordare quelli di Brescia, Voghera, Ancona e, in parte, Bergamo.
Nonostante fosse impegnato in numerosi cantieri in diverse città italiane, nel 1868 Cipolla garantisce il proprio impegno di progettista, mettendosi subito al lavoro con la predisposizione dei disegni preliminari della sua proposta. Un interessante carteggio documenta i suoi contatti con Lolli, avvenuti fra il 1868 e il 1869, alcuni sopralluoghi a Imola e lo scambio di informazioni tra l’architetto e l’alienista utili al completamento del progetto, del quale il primo s’impegna a inviare al più presto i disegni. Disegni in gran parte non reperiti, ma che devono essere effettivamente pervenuti se già dal 1869 è stato possibile redigere un primo capitolato d’appalto, pubblicato in un opuscoletto a stampa, per l’attribuzione dei lavori all’impresa edilizia secondo il progetto Cipolla; nel luglio dello stesso anno è aperto il cantiere per eseguire il primo lotto di lavori. Dai documenti sappiamo, inoltre, che l’architetto Cipolla ha spedito i disegni del suo progetto per Imola all’Esposizione internazionale di Vienna del 1873.
L’area a disposizione per la costruzione del nuovo manicomio si configura come un ampio rettangolo ed è racchiusa, a nord, dall’ospedale, a sud e a ovest, dal canale dei Molini e a est dalle mura della Rocca Sforzesca, da cui è separata da una piccola strada. La rete dei canali crea una sorta di cordone di sicurezza intorno al manicomio, già circondato da muri perimetrali, divenendo un aggiuntivo sistema di protezione per evitare fughe o intrusioni dall’esterno. L’ingresso principale alla struttura manicomiale è situato all’estremo sud dell’area ed è preceduto da un ameno giardino, progettato nel 1877 da Ernesto di Sambuy, il quale nel piccolo disegno tracciato nella scala 1:500 sul retro della carta intestata di un albergo romano, oltre a indicare le linee lungo le quali eseguire i movimenti di terra per ottenere un ingrandimento artificiale dello stesso, annota anche le diverse essenze dei cespugli e il tipo di alberi da piantare per realizzare un folto boschetto lungo il confine sud dell’area: querce, pioppi, ontani, tuie, ippocastani, lauri, platani, wellington, magnolie, faggi, cercis siliquaster, acacie ecc. [IMLL_4_2_2; IMLL_4_3_9].
Se non sono state finora rinvenute planimetrie generali che illustrano il progetto originario complessivo redatto da Cipolla, del noto architetto napoletano sopravvivono alcuni disegni: il portale d’ingresso; una porzione di planimetria in scala 1:100, firmata e datata 1872, che descrive presumibilmente il padiglione dei “succidi ed epilettici” (una legenda a fianco, datata e firmata, spiega come la configurazione delle aperture deve ottemperare simultaneamente alle esigenze della più efficace distribuzione interna senza perdere, al contempo, la simmetria in facciata) [IMLL_4_2_3]; una pianta, anch’essa firmata ma datata 28 aprile 1874, che mostra, a una scala maggiore (rapporto 1:20), una porzione di fabbricato con un’ampia scala (nessuna legenda rinvia all’oggetto della rappresentazione, che potrebbe riguardare l’edificio della direzione) [IMLL_4_2_4]. L’unico prospetto redatto da Cipolla che ci è pervenuto, come gli altri disegni anch’esso di grandi dimensioni e piuttosto deteriorato, inquadra il piano terra di un corpo edilizio trattato a bugne lisce con finestre ad arco a tutto sesto e ghiere bugnate, come il grande portale all’estremità sinistra del disegno; anche in assenza di titolo, il prospetto non può che essere quello dell’attuale fronte architettonico principale su via Aurelio Saffi, ex padiglione della direzione che troviamo descritto in una relazione di Felice Orsini (successivo professionista responsabile dei lavori eseguiti sia su questo complesso manicomiale come su quello dell’Osservanza) con le seguenti parole: “Il fabbricato della Direzione è più ricco degli altri in ogni suo dettaglio, e la facciata dal piano terra al marcapiano spiccatamente di stile toscano, elegantissima: nell’interno meritano speciale distinzione l’atrio d’entrata, lo scalone, la sala dei divertimenti, nonché gli appartamenti della Divisione Sanitaria, il tutto decorato con gusto fine e con lusso [...]. Il nome del celebre architetto che diede i criteri e i dettagli di tutta la costruzione basta a confermarmi la complessiva bellezza” (BIM, Archivio Storico Comunale, Archivio Ospedale. Manicomio, b. 40/28) [IMLL_4_2_5; IMLL_4_3_4].
In assenza dei disegni originali dell’impianto generale del complesso manicomiale, è possibile farsene un’idea grazie a una planimetria a stampa, databile al 1892, nel corso delle ricerche rinvenuta in più copie e in diverse collocazioni archivistiche [IMLL_4_2_6]. Situato su un’area di oltre 40.000 mq, l’impianto insediativo è razionalmente concepito, e “consta di edifici disposti simmetricamente su tre linee parallele, ciascuna della lunghezza di m. 250 e della larghezza di m. 40” (Tamburini, Ferrari, Antonini 1918); ha una distribuzione “a padiglioni avvicinati”, tra loro collegati da portici, aperti verso i cortili o in forma di corsie chiuse, come esemplificherà Renato Fabbrichesi nel capitolo dedicato ai Manicomi all’interno della più ampia dissertazione sugli Stabilimenti sanitari nel celeberrimo Manuale dell’Architetto redatto da Daniele Donghi (1927). I corpi di fabbrica sono inframmezzati da giardini e da cortili di pertinenza per consentire la necessaria ricreazione ai degenti, senza che le varie categorie di malati interferiscano fra loro [IMLL_4_3_1; IMLL_4_3_2; IMLL_4_3_3].
Il complesso è organizzato su un asse di simmetria lungo il quale si dispongono, verso l’ingresso, l’edificio della direzione e le abitazioni del direttore e dei medici [IMLL_4_3_4]: il corpo centrale, che si apre su un ampio ambiente passante verso il primo cortile, al piano terra ospita la portineria, la farmacia e gli uffici della direzione, al primo piano l’alloggio del direttore e una sala per concerti, al secondo piano gli alloggi degli impiegati. Lungo l’asse di simmetria, al suo centro sono posti gli edifici dei servizi generali, la cucina e il guardaroba (al piano superiore); verso il fondo, è collocato l’edificio destinato ai bagni e ai laboratori scientifici; più oltre sono la cappella e la camera mortuaria. Ai lati e perpendicolarmente all’asse si articolano i diversi padiglioni di degenza, destinati da una parte alle donne e dall’altra agli uomini, tutti disimpegnati da un loggiato che contorna le due ampie corti alberate che separano i primi tre edifici centrali [IMLL_4_3_13; IMLL_4_3_14]. I padiglioni sono sistemati rispettando una sequenza legata alla progressiva gravità della malattia e alla relativa necessità di cure. Una vasta colonia agricola completa il complesso manicomiale.
Grazie a una vertenza risalente al 1892 è stato possibile ricostruire con esattezza i tempi degli stadi realizzativi della prima fase costruttiva del complesso, edificato in base al progetto di Cipolla. Tali informazioni sono riportate, mediante segni a matita rossa, anche su una delle numerose copie a stampa della planimetria generale allegata alla causa legale.
Il primo lotto di lavori (1869-1872) riguarda la costruzione dei quattro padiglioni che corrispondono a quelli segnati con i numeri romani III e IV, nella duplice destinazione: tranquilli e semiagitati, uomini e donne [IMLL_4_2_6]. Si tratta di corpi di fabbrica a due piani con il vano delle scale alloggiato in una nicchia absidata estradossata, posta al centro di uno dei due lati lunghi dell’edificio [IMLL_4_3_5]. A questa data potrebbe risalire una grande planimetria a china e acquerello su carta telata, senza data né firma. Nel titolo riporta la dizione nuovo Manicomio, il che fa propendere per una sua precocità, ma l’indizio fondamentale è vergato in piccolo in basso a destra: “in nero esistente / in rosso da eseguirsi” [IMLL_4_2_7]. Osservando il disegno ci si rende conto che gli unici edifici delineati in nero, oltre alle parti di pertinenza dell’ospedale vero e proprio, sono i quattro padiglioni dei tranquilli e dei semiagitati, mentre un segno rosso indica semplicemente solo i contorni dei corpi di fabbrica destinati a essere costruiti. Nel disegno si nota fra l’altro, rispetto a quanto poi eseguito, una difformità nel progetto degli edifici destinati a vecchi, cronici ed epilettici che qui compaiono, al pari di quelli costruiti, con il corpo scala ospitato in un elemento absidato. Anche la parte più a nord è differente rispetto alla planimetria a stampa, che accentra e normalizza gli spazi delle infermerie e della cappella.
Il secondo lotto di lavori (1872-1874) è attuato nella parte di terreno limitrofo, a sud dei primi quattro padiglioni costruiti, dove sono eretti gli edifici di ricovero per i “sucidi” (nella planimetria a stampa al numero relativo, II, la legenda riporta la definizione Vecchi, Cronici, Epilettici) e quello per i Servizi Generali (nella planimetria contrassegnato dal numero VII), “con annessi portici, ingresso, accessori e muri di cinta a norma dei tipi del Commendatore Cipolla” [IMLL_4_2_6]. Questi lavori sono ultimati nel maggio 1874, anno nel quale proprio a Imola si tiene il Primo Convegno nazionale di freniatria.
Con il terzo lotto di lavori prosegue l’ampliamento verso sud con la costruzione dei quartieri per i Convalescenti e le Classi distinte (contrassegnati con il numero I), oltre all’edificio centrale della Direzione (numero VI), coincidente con l’ingresso al manicomio, sempre realizzato sul progetto dell’architetto Cipolla. Le ali laterali del lungo fabbricato tripartito sono articolate su due piani, mentre la Direzione è l’unico edificio del complesso a essere ideato su tre livelli; la stipulazione del contratto d’appalto di queste opere, affidate all’impresa Galeotti, avviene nel 1874. Con una cadenza quasi regolare dall’inizio dei lavori, due anni più tardi, è stipulato l’ultimo contratto d’appalto per il completamento di tutto il complesso manicomiale. L’area interessata è quella di sutura con l’antico Ospedale di Santa Maria della Scaletta, a nord di quanto già eseguito [IMLL_4_3_6]. Si procede, infine, con l’edificio destinato ai bagni e all’idroterapia (numero VIII della planimetria a stampa) che separa i due corpi destinati ad Agitati e Furiosi (numero V), uomini e donne, e, sempre lungo l’asse centrale dell’impianto, con il blocco edilizio che contiene la cappella e le infermerie (numero IX).
Fra il 1877 e il 1881 si procede con i numerosi lavori di installazione o adeguamento degli impianti tecnologici e di servizio, come a esempio caloriferi, un asciugatoio, una lavanderia a vapore e una cucina economica; nei due anni successivi si prevede l’installazione di apparecchi telefonici per cui si richiede un progetto alla Ditta Fornioni di Milano.
Nel 1885 è licenziato il progetto dell’ingresso principale su strada, eseguito secondo l’idea di Antonio Cipolla, come testimoniano sia un disegno su carta lucida (ridotto letteralmente in pezzi e consultabile tramite una fotocopia), firmato dall’architetto napoletano e datato 1871, sia una cianografia su carta blu [IMLL_4_2_8], senza data né firma, che differisce dal lucido frammentato solo per i dettagli decorativi e la presenza di un imponente cancello in luogo del portone a doppio battente. Autore di una proposta per un cancello da porsi all’ingresso principale è anche l’architetto milanese Giuseppe Giachi [IMLL_4_2_9], il medesimo che firma, nel 1886, il progetto per un piccolo ponte da erigersi all’ingresso del manicomio per superare il cosiddetto canale dei Molini, oggi non più visibile poiché sotterrato [IMLL_4_2_10; IMLL_4_3_10].
I lavori al complesso continuano fino al 1896 (anno della morte di Luigi Lolli), allorché si rendono necessarie opere di risanamento, eseguite a cura dell’ingegnere provinciale Felice Orsini, a seguito di una perizia dell’ingegnere Antonio Zannoni, docente dell’Università di Bologna. Il tecnico imolese, incaricato dalla Congregazione di Carità, esegue lavori di consolidamento nel fabbricato all’estremità nord del complesso e cioè “nei fabbricati Cappella, Infermerie, Corsie e Logge annesse e consiste in n. 13 piloni posti alla distanza media da asse ad asse di m. 3 […] collegati ad archi con monta di 0,50, corda di m. 2 con spessore alla chiave di m. 0,60”, come si evince dal disegno allegato alla relazione [IMLL_4_2_11].
2.4.3. III fase: 1899-2012 [IMLL_4_1_4]
architetti/ingegneri Felice Orsini
alienisti/psichiatri Raffaele Brugia, Giulio Cesare Ferrari, Luigi Baroncini
Questa frazione cronologica illustra il periodo nel quale le strutture del manicomio Centrale entrano a far parte delle proprietà della Provincia di Bologna [IMLL_4_2_12], che le detiene fino alla cessazione dell’Ente Ospedale Psichiatrico, formalmente con la Legge Basaglia del 1978, ma nella realtà fin oltre la metà degli anni novanta. Ora le strutture ospitano sedi ospedaliere sottoposte alla giurisdizione dell’Ausl.
Intorno agli ultimi anni del secolo, periodo coincidente con la direzione di Raffaele Brugia (1896-1907), si registra la presenza di un cospicuo nucleo di materiale documentario, in special modo cartografico, prodotto a seguito della febbrile attività istruttoria per la vendita del manicomio imolese alla Provincia di Bologna, dopo la morte di Lolli e a causa del progressivo appesantirsi della gestione economica dello stesso. Relazioni, inventari e descrizioni sono sovente accompagnati da documentazione grafica che consente di conoscere l’assetto del manicomio al momento della transazione. Si segnalano in particolare alcune planimetrie generali e un dossier in cui è riportato un dettagliatissimo rilievo, fabbricato per fabbricato, delle condizioni di manutenzione degli edifici e delle operazioni necessarie per il loro ripristino [IMLL_4_2_13; IMLL_4_2_14].
Nel lungo arco temporale novecentesco non si annoverano mutamenti edilizi e formali importanti, salvo nel 1902 la realizzazione del padiglione delle autopsie su progetto dell’Ufficio tecnico della Provincia di Bologna. Sotto la direzione di Ferrari (1908-1923) si riscontra un generale miglioramento funzionale delle strutture, ma l’aspetto più notevole riguarda l’abbattimento sia dei muri perimetrali di confine, sostituiti con basse ed eleganti cancellate, sia la demolizione di quelli ritenuti inutili. Vi sono piccole ristrutturazioni, demolizioni o nuove modeste costruzioni di cui si percepisce l’entità attraverso il confronto della cartografia, ma di cui non restano, al momento, testimonianze documentarie [IMLL_4_3_7; IMLL_4_3_11]. Perlopiù si tratta di lavori di ampliamento e modernizzazione dei servizi igienico-sanitari e termici (nuovi impianti di acqua potabile, di luce elettrica, di riscaldamento), di sostituzione di pavimenti, di adeguamento degli ambienti di vita dei malati mentali e del loro comfort generale.
Una planimetria generale dell’Ospedale psichiatrico Luigi Lolli nella scala 1:2.000 ci restituisce lo stato complessivo dell’ex manicomio Centrale imolese e dell’annessa colonia agricola alla data del 6 luglio 1945, firmata dall’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale di Bologna, provincia da cui dipende da fine Ottocento [IMLL_4_2_15].
impianto
padiglioni indipendenti disposti in parallelo, collegati da gallerie fuori terra
corpi edilizi
sistema edilizio articolato in padiglioni tra loro connessi, a pianta rettangolare e sviluppati su tre piani (direzione) e su due piani (padiglioni per degenti)
strutture
strutture in elevazione murature di mattoni
orizzontamenti volte laterizie, volte in “arellato”
coperture tetti a padiglione o a due falde con orditura lignea e rivestimento in coppi
ottimo per l’intero complesso
L. Lolli, Il manicomio d'Imola. Relazione presentata dal dottor Luigi Lolli alla Congregazione di carità nella seduta del 1° marzo 1882, Tip. Galeati, Imola 1882
L. Lolli, Il Manicomio d'Imola: monografia presentata all'esposizione emiliana per il 3. Concorso sui manicomi, Tip. d'Ignazio Galeati, Imola 1888
L. Lolli, Origine e fondazione del manicomio d'Imola, Tip. di I. Galeati e Figlio, Imola 1890
Vertenza del dott. Luigi Lolli direttore del manicomio d’Imola colla Congregazione di Carità, Società cooperativa tipografica Azzoguidi, Bologna 1894
Per il manicomio: numero unico: Imola 21 novembre 1897, a cura di V. Ceretti, Tip. Galeati, Imola 1897
Sulla vendita del manicomio centrale alla Provincia di Bologna, Imola, Tip. d’Ignazio Galeati e figlio, Imola 1898
A. Zannoni, Osservazioni critiche al progetto di ampliamento dell'ex convento dell'Osservanza d'Imola a manicomio, tipografia Alighieri, Ravenna 1899
A. Tamburini, G. C. Ferrari, G. Antonini, L’assistenza degli alienati in Italia e nelle varie nazioni, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Milano-Napoli-Palermo-Roma 1918, pp. 121-125
G. Mazzini, Dott. Cassiano Tozzoli 1785-1863: il fondatore del manicomio d'Imola, Coop. tip. ed. Galeati, Imola 1923
La congregazione di carità e i suoi istituti, in Comune di Imola. Rassegna dell’attività comunale in sei anni di regime fascista edita in occasione della visita dei reali d’Italia 13 giugno 1928, Galeati, Imola 1928
Nel VII centenario dell’ospedale civile, Galeati, Imola 1966
N. Galassi, Gli ospedali psichiatrici nella vita imolese, in Imola come Imola, pp. 155-172, Cappelli, Bologna 1968
C. Migani, Per una storia dell'assistenza psichiatrica. Il caso imolese (1862-1900), in “Rivista Sperimentale di Freniatria”, n. 1, 1993, pp. 119-152
La città proibita. Nascita e fine dell’ospedale psichiatrico di Imola (1844-1994), a cura di E. Venturini et al., Grafiche Galeati, Imola 1994
Per un atlante degli ospedali psichiatrici pubblici in Italia, a cura della Fondazione Benetton Studi e Ricerche, Treviso 1999, p. 116
G. Campanini, M. Guarino, G. Lippi, a cura di, Le Arti della Salute. Il patrimonio culturale e scientifico della sanità pubblica in Emilia-Romagna, catalogo della mostra, Skira, Milano 2005
M. B. Bettazzi, Manicomio Centrale di Imola, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 233-235
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