Manicomio Centrale Veneto di San Servolo, Venezia (ante 1800)
Ospedale Giustinianeo (XIX sec.)
nuovo impianto
Nel 1901 (seduta del 28 Giugno) il Consiglio provinciale di Padova decreta l’erezione di un manicomio cittadino, iniziativa a cui viene dato grande impulso dalla “Legge sui manicomi e gli alienati” (Legge n. 36, emanata nel 1904), che prevede il manicomio quale struttura cardine dell’assistenza. Il manicomio è inaugurato nel 1907, ma nel 1906 Ernesto Belmondo, già ordinario di Psichiatria a Padova, ne era stato nominato direttore; è per suo volere che l’ospedale viene basato sul programma del no-restraint, di cui Belmondo è uno dei più noti sostenitori in Italia, con il divieto di usare qualsiasi mezzo contentivo.
I fase: 1899-1912
architetti/ingegneri: Francesco Sansoni
alienisti/psichiatri: Ernesto Belmondo
Il progetto di massima presentato al Consiglio provinciale in data 18 ottobre 1899 dall’ingegner Francesco Sansoni mostra un ospedale capace di 600 posti in tutto, equamente divisi tra uomini e donne: principio alla base della progettazione è l’applicazione delle teorie del no-restraint secondo il quale si devono evitare segni evidenti di segregazione, quali inferriate e muri di cinta continui, pur introducendo chiusure di precauzione, come gli scuri a chiave delle finestre dei dormitori. Prudentemente anche nei cortili, non completamente circondati da mura che impediscono ogni vista dell’esterno, alcuni lati vengono chiusi con rete metallica, in modo da non negare del tutto l’allargamento delle visuali ai pazienti.
Nell’organizzazione complessiva [PD_4_2_1; PD_4_2_2], l’ospedale presenta tipologia intermedia tra manicomio a padiglioni riuniti e manicomio a padiglioni sparsi: l’ingegnere rinuncia a bloccare la comunicazione tra i padiglioni, per dotare gli ambienti di una maggiore aerazione e illuminazione e al fine di meglio collocare gli ammalati; nello stesso tempo evita l’isolamento completo dei padiglioni temendo che ciò possa impedire un efficace funzionamento della struttura.
La pianta è strutturata, sotto il profilo distributivo, su un doppio asse centrale d’attraversamento: quello della Direzione e dei servizi, con orientamento sud-nord, che incrocia l’asse dei due gruppi di padiglioni per i malati, allineati lungo viali alberati (sezione maschile a sinistra e sezione femminile a destra). Tale asse centrale ha inizio dal palazzo della Direzione [PD_4_3_4; PD_4_3_5], che fronteggia la strada pubblica, in cui sono collocati gli uffici amministrativi al pianterreno e le abitazioni del direttore e dei medici nei due piani superiori; al centro del lotto si trova l’edificio a corte dei Servizi generali [PD_4_3_6; PD_4_3_7] in cui sono ospitati, a pianterreno guardaroba, cucina e dispensa, cantina, farmacia; al piano superiore, gabinetti scientifici, biblioteca, un ampio salone per le ricreazioni e gli alloggi per le suore. In fondo al lotto, verso nord, un altro gruppo di fabbricati accoglie lavanderia, generatori del vapore, macchine per la produzione della luce elettrica, officina meccanica, magazzini del carbone.
Per gli alloggi dei pazienti [PD_4_3_8; PD_4_3_9] sono invece previsti quattro distinti gruppi edilizi, ognuno dei quali comprende tre padiglioni divisi tra loro da brevi corpi di fabbrica, in cui si trovano i bagni, e un passaggio coperto, che funge da collegamento. Ai tranquilli – uomini e donne –, ai convalescenti, alle infermerie e ai dozzinanti sono destinati i padiglioni più vicini all’ingresso, a uno o due piani; gli altri padiglioni sono generalmente ad un solo piano. I padiglioni del secondo viale sono destinati ai malati in osservazione e ai più rumorosi: epilettici, alcolisti e deliranti.
Oltre il recinto, verso nord, si trova un fabbricato per servizi necroscopici [PD_4_2_3; PD_4_3_10], che comprende un piccolo vestibolo, la sala delle autopsie, il deposito delle salme, un gabinetto medico, un locale per magazzino e rimessa delle lettighe, e un padiglione d’isolamento per malattie infettive [PD_4_2_4], a un solo piano, costituito da due piccoli dormitori per ammalati, un paio di stanze per infermieri, bagno, cucina e pochi altri ambienti di servizio.
E’ annessa al manicomio, a ovest dei padiglioni, una colonia agricola ampia 17 ettari.
Il Consiglio provinciale approva l’esecuzione del progetto qui sopra descritto nella seduta del 28 giugno 1901, destinando all’avvio della sua realizzazione la cifra di L. 1.500.000 per l’acquisto dell’area e l’inizio delle opere: l’impianto eseguito corrisponde al progetto generale dell’ingegner Sansoni, tranne che per l’eliminazione di alcuni villini ai lati della Direzione, destinati a dozzinanti e tranquilli, ai quali viene invece riservato un numero esiguo di posti nei padiglioni comuni.
La posa della prima pietra e l’immediato avvio del cantiere risalgono al 20 novembre 1902: si inizia dalle fondazioni del palazzo della Direzione. L’intero ospedale viene costruito in quattro anni circa, eccettuato il padiglione d’isolamento, la cui esecuzione ritarda di qualche mese in conseguenza delle trattative occorse per ottenere, mediante permuta, un appezzamento di terreno in cui edificarlo. L’11 luglio 1904 viene posata la prima pietra anche per la costruzione della chiesa [PD_4_3_1], situata all’estremità del primo viale a est, tra due filari di tigli: realizzata in stile neoromanico e distrutta, è in seguito sostituita da un’altra chiesa.
La progettazione del complesso manicomiale non si ferma a questo periodo: dalla relazione della Deputazione provinciale di Padova del 20 Aprile 1906 si desume infatti che in tale occasione vengono stanziati fondi per realizzare nuovi padiglioni e fabbricati per i servizi, per l’arredamento interno e la fornitura di attrezzature scientifiche, nonché per la sistemazione di strade interne e piantagioni. I relativi progetti vengono realizzati da Sansoni nel febbraio dello stesso anno: il progettista predispone anche la costruzione di un forno, con locali e macchinari relativi, per l’impianto di panificio e pastificio [PD_4_2_5], sulla cui costruzione la Deputazione provinciale decide di soprassedere a causa dell’ingente spesa che esso richiede, confidando di poter assolvere alle stesse necessità senza un apposito fabbricato.
Tutti i lavori sono condotti in economia, tranne alcune costruzioni e impianti speciali eseguiti in appalto o a cottimo: la spesa totale risulta di L. 2.238.000 circa, escluso l’arredamento e compreso il valore del terreno acquistato, degli impianti di riscaldamento e illuminazione, dei lavori per le strade, le fognature, le condutture dell’acqua, i grandi utensili della cucina centrale e della lavanderia, degli apparecchi idroterapici, dei telefoni. L’inaugurazione dell’istituto avviene il 16 giugno 1907 (Decreto apertura manicomio 24.5.1907 n. 3100/8894). Tra questa data e il 1912 si procede solo con lavori di manutenzione ordinaria.
II fase: 1912-2012
architetti/ingegneri: Francesco Sansoni (1912), Marco Zaccaria (1933)
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Dagli anni successivi all’inaugurazione e fino alla seconda metà degli anni ’50 l’Istituto è oggetto di numerosi ampliamenti e varie modificazioni, con responsabilità, a livello progettuale ed esecutivo, degli ingegneri dell’Amministrazione provinciale.
Al 1912 risale la costruzione di un fabbricato su due piani per laboratori, magazzini e alloggio personale su disegno di Sansoni, che presenta un apparato decorativo particolarmente ricco [PD_4_2_6; PD_4_2_7; PD_4_2_8].
Nella seduta del 4 febbraio 1933, il Rettorato dell’Amministrazione provinciale segnala che la capienza dell’ospedale risulta ormai insufficiente, in particolar modo lo sono le sezioni per gli agitati, uomini e donne, che prevedono rispettivamente 50 posti letto. L’ospedale, previsto al momento della fondazione per ricevere al massimo 650 pazienti, sostiene invece l’onere di circa 1300 malati, di cui circa 680 ricoverati presso l’Ospedale provinciale e il resto (i più tranquilli) presso ospedali mandamentali, con cui sono state stipulate speciali convenzioni; insufficiente è anche la colonia agricola. Urge inoltre la sistemazione di un padiglione per ammalati comuni, fino a quel momento accolti nell’edificio costruito a ovest della Direzione, perché funzioni come Regia Clinica Psichiatrica, quindi con criteri prevalentemente rieducativi.
Il progetto sommario d’ampliamento, realizzato dall’ufficio tecnico provinciale [PD_4_2_9] e inviato all’Amministrazione provinciale nel gennaio 1933, prevede di realizzare l’ampliamento spostando il padiglione per l’osservazione dei malati in ingresso nella seconda fila dei padiglioni tranquilli e realizzando, nella sua sede precedentemente prevista, due nuove ali ad allungamento della prima fila dei padiglioni agitati, sul secondo viale. In questo modo si sarebbero aumentati i posti letto per agitati e semi-agitati, ma se ne sarebbero persi nel padiglione dei tranquilli, dovendo collocare in questa sede il reparto d’osservazione. Risultano inoltre in progetto due ali ad ampliamento della Clinica che consentono di passare da 30 letti a 90 (divisi a metà tra maschi e femmine), fino a giungere al numero complessivo di 100, ricavando altri letti dall’aggiunta di fabbricati agricoli.
Il progetto definitivo, del 12 maggio 1933 [PD_4_2_10; PD_4_2_11], è opera dell’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale, Marco Zaccaria, che rivede il precedente schema e ritiene di mantenere concentrate e contigue le celle, vecchie e nuove per agitati, prolungando l’ultima fila dei padiglioni, simmetricamente nelle due sezioni maschile e femminile. Ulteriori ampliamenti sono realizzati mediante sopralzi [PD_4_2_12].
Il primo lotto, relativo all’ampliamento dei reparti agitati maschili e femminili, della colonia agricola e del padiglione ex clinica viene realizzato e quindi collaudato in data 22 luglio 1935 (costo L. 740.000; ditta esecutrice dei lavori: Eugenio Grassetto di Padova). Il secondo lotto dei lavori, per ampliamento e sistemazione del reparto agitate e di un reparto degli ammalati comuni, è invece ultimato nel settembre 1935 e collaudato in data 18 febbraio 1936 (i lavori sono eseguiti dalla Ditta Minozzi Girolamo e figli di Padova).
Al 1943 risale la costruzione di tre ricoveri antiaerei entro il recinto dell’ospedale: sulla base di una spesa complessiva, prevista di L. 220.000, si decide di stabilire concorsi in appalto dei lavori per la cifra di L. 185.000, concessa mediante trattativa privata all’Impresa Grassetto Eugenio di Padova.
Nel 1950-51 un nuovo progetto dell’Ufficio tecnico provinciale contempla la sistemazione e l’ampliamento del fabbricato adibito a laboratori per gli operai addetti all’ospedale (falegnami, fabbri, muratori, pittori, materassai), collocato a nord del complesso e addossato al muro di cinta. Dell’edificio preesistente sono utilizzati il piano terra e parte dei locali al primo piano, viene costruito davanti a esso un porticato con soprastante terrazza scoperta e posteriormente altri vani in ampliamento del piano terra. Rispetto a questo progetto sono apportate dalla Direzione alcune modifiche: la sopraelevazione del coperto del vecchio fabbricato e la sostituzione della terrazza in c.a., antistante ai laboratori con tettoia. La cifra complessiva dei lavori ammonta a L. 8.600.00, delle quali 7.819.900 per lavori da appaltarsi per licitazione privata (affidati all’impresa di costruzioni S.A.E. Ing. Ugo Zillo & C. con sede in Padova).
Risale agli anni cinquanta anche la costruzione della nuova chiesa [PD_4_3_2; PD_4_3_3] che sostituisce il primo edificio in stile neoromanico lombardo. Mentre la prima sorgeva a est del lotto, al termine del primo viale alberato, la nuova chiesa viene edificata in posizione diversa, a ovest del complesso, al termine del secondo viale e in posizione arretrata; non è stata ritrovata documentazione che ne motivi l’abbattimento. Il nuovo edificio, con tetto a doppia falda, si distingue nel fronte per l’ampio uso di vetrate, che caratterizzano anche l’interno: nell’aula i muri in cemento armato sono traforati da oculi con vetri gialli attraverso i quali filtrano raggi luminosi, con grande effetto emotivo specie nell’abside la cui forma a calotta evoca la curva del firmamento.
Dopo questi lavori, conclusi nel 1955, all’interno dell’ospedale psichiatrico si attivano solo opere di manutenzione ordinaria e parziale rifunzionalizzazione; oggi (2012) vi si registra uno stato di parziale abbandono.
impianto
a padiglioni collegati e a padiglioni indipendenti
corpi edilizi
edifici a pianta mistilinea, a uno o due piani fuori terra
strutture
strutture in elevazione: muratura tradizionale
orizzontamenti: solai piani
coperture: a falde, in coppi
buono: padiglioni per ammalati, asse dei servizi
cattivo: edifici in posizione periferica, cella mortuaria
E. Belmondo, Ancora sul "no-restraint". Replica al Dott. Pieraccini, in “Giornale di Psichiatria clinica e Tecnica manicomiale”, n. 33, 1905, pp. 494-497
Progetto di regolamento organico per il manicomio provinciale di Padova, s.n., s.l., 1905
E. Belmondo, Relazione sul V° Tema generale “Problemi urgenti di tecnica manicomiale”, in “Rivista sperimentale di freniatria e medicina legale delle alienazioni mentali”, vol. XXXI, 1905, pp. 254-285
Manicomio provinciale di Padova – ricordo inaugurale giugno 1907, Prosperini, Padova 1907
T. Corrado, Vicende dell'Ospedale psichiatrico provinciale di Padova nel periodo della Guerra mondiale (1915-1918), Tipografia del seminario, Padova 1938
P.F. Peloso, Il problema della contenzione meccanica in psichiatria: la posizione abolizionista di Ernesto Belmondo (1904), in “Atti dell'Accademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti”, n. 107 parte II, 1995, pp. 55-84
L. Baccaro, V. Santi, Dai non luoghi all'esserci-con: storia e testimonianze del Manicomio di Padova a cento anni dalla costruzione 1907-2007, La Galiverna, Padova 2007
A. Simioli, Manicomio provinciale di Padova, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 156-157
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