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II fase

Anno inizio: 
1902 to 1948

Nel 1903, la sezione distaccata di Fermo dell’Ufficio tecnico provinciale di Ascoli Piceno compila un primo “Progetto definitivo per la sistemazione generale del manicomio” le cui soluzioni ricompariranno, anche se solo in parte, nelle proposte progettuali degli anni a seguire. Il progetto, redatto dall’ingegnere Bellucci, contempla diversi interventi: la realizzazione di nuovi fabbricati, con diversa destinazione d’uso (abitazione del direttore e portineria; reparto di osservazione, abitazioni per il vice direttore, l’ispettore, il cappellano e il farmacista; cappella, camera operatoria e obitorio), alcune trasformazioni e adattamenti a nuovi usi di edifici esistenti (il fabbricato a sinistra della facciata della chiesa, ampliato e trasformato in abitazione, ufficio dell’economo e ufficio tecnico provinciale; parte della chiesa adibita a magazzino), la costruzione di muri di cinta e passaggi coperti [FM_4_2_1; FM_4_2_2].

Il 15 gennaio 1909 assume la direzione del manicomio Romolo Righetti, che attuerà provvedimenti di varia natura, funzionali sia al benessere dei malati sia alla gestione e specializzazione del personale. Nel suo progetto di riordino architettonico, Righetti pensa sia alla valorizzazione e all’ammodernamento degli edifici esistenti sia all’ampliamento del complesso originario. Egli ipotizza, perciò, la costruzione di nuovi padiglioni: “1) due padiglioni capaci di contenere 50 malati ciascuno per malati bisognosi di cura e vigilanza continua; 2) due padiglioni per l’osservazione dei nuovi ammessi; 3) due padiglioni per le infermiere con sezioni d’isolamento per le malattie infettive; 4) un padiglione per lavanderia; 5) due fabbricati per la colonia agricola; 6) due padiglioni o villini per pensionanti; 7) un villino per uso di abitazione del direttore e di uno dei medici”.

Allo stesso tempo, però, tra il 1909 e il 1914 un articolato insieme di opere di restauro e trasformazione comporta la modernizzazione di tutti i reparti di degenza già esistenti: reparto degli agitati (padiglione 3A-A); reparto delle semi-agitate (padiglione 3-D); reparto delle tranquille (padiglione 1-B); edificio di recente costruzione (padiglione 5) [FM_4_3_3; FM_4_3_4]. Molti spazi della parte più antica del convento sono adibiti a funzioni fino allora non contemplate, le quali sono direttamente connesse a quella medico-ospedaliera: uffici e biblioteca, laboratorio scientifico e alloggi destinati ai sanitari (padiglione 1-B); alloggio delle suore (padiglione 3A-A); refettori [FM_4_2_3; FM_4_2_4; FM_4_2_5].

Contestualmente a tali interventi si eseguono lavori di carattere generico riguardanti aspetti sia estetici sia funzionali: ingrandimento delle finestre e, se possibile, rimozione delle inferriate; realizzazione di impianti di tinozze da bagno e di latrine in tutti i reparti, nonché rinnovo di tutto l’impianto idrico; restauro della casa colonica. Nelle scelte di Righetti si percepisce con evidenza l’arduo proposito di voler calare l’organizzazione funzionale di un manicomio a padiglioni indipendenti all’interno dell’esistente struttura conventuale.

L’opera di ristrutturazione iniziata da Righetti è portata a compimento dal suo successore, Alberto Rezza, ma il lavoro di Righetti fu ritenuto così impareggiabile che, in una relazione del 15 luglio 1929, la Commissione di Vigilanza si esprimerà con parole di grande elogio per i risultati raggiunti.

Nel 1925, l’ingegnere capo della provincia, Pietro Ulpiani, è incaricato dalla Deputazione provinciale di sviluppare un progetto che trasformi la chiesa dell’Annunziata (padiglione 4-E) in tre nuovi reparti per accogliere la degenza di duecento malati tranquilli [FM_4_2_6; FM_4_2_7]. Si tratta di un intervento invasivo che muta radicalmente l’immagine della chiesa sei-settecentesca progettata da Daretti. La logica che ispira il progetto è quella dell’economicità; la conversione della volumetria esistente, infatti, permette di risparmiare sulla costruzione di un nuovo padiglione. Il caposaldo dell’intervento è la demolizione, fino alla zona del transetto e del presbiterio, di tutta la navata centrale, così da ricavare una vasta corte interna scoperta su cui affacceranno le aperture finestrate dei bassi volumi adibiti a dormitori. Insieme alla navata centrale è abbattuta la facciata monumentale fino al livello della trabeazione [FM_4_2_2; FM_4_3_1; FM_4_3_2; FM_4_3_5; FM_4_3_7]. Sempre a Ulpiani si deve, nel 1927, la realizzazione dell’impianto di illuminazione del nuovo edificio della portineria [FM_4_2_8].

Con la deliberazione n. 37 del 14 febbraio 1928 la Provincia di Ascoli Piceno acquista la casa appartenente alla colonia Vinci e la trasforma in casa colonica dell’azienda agraria dell’Ospedale psichiatrico. Il progetto di trasformazione è redatto nello stesso anno dall’ingegnere Ulpiani. Nei due anni successivi, tra il 1929 e il 1930, buona parte degli edifici sono sottoposti a pesanti interventi di manutenzione straordinaria, volti a ridurre numerosi stati di degrado. In particolare, per il padiglione costruito dalla Congregazione di Carità tra il 1895 e il 1896 (padiglione 5), l’ingegnere delegato dell’Ufficio tecnico provinciale, (?) Cocci, propone pesanti interventi di sottofondazione e opere di risanamento della copertura.

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