La direzione di Augusto Tamburini (1877-1907) è uno spartiacque nella storia costruttiva del complesso, sia per il suo impegno nel definire un programma di interventi di lungo respiro sia per la sua gestione trentennale; per la prima volta, una netta distinzione del genere e della gravità della malattia informerà le azioni da intraprendere nell’ammodernamento di spazi e strutture. Al suo insediamento il complesso manicomiale occupa una vasta area trapezoidale tra la linea ferroviaria Bologna-Milano a nord e la via Emilia a sud, articolata in tre parti: lo “stabilimento centrale”, attestato sulla via Emilia, e due gruppi di costruzioni isolate, dislocate a ovest e a est del nucleo centrale. L’area ovest accoglie: i padiglioni collegati Esquirol e Conolly; probabilmente l’edificio Pinel, riservato agli agitati uomini [4.2.1]; il piccolo edificio della fabbrica delle stuoie; il casino Daquin; il villino Livi o “pompeiano”. La struttura a più ali dello stabilimento centrale accoglie le camere di degenza per le donne e i “servizi generali”. A nord dello stabilimento è la tenuta agricola e nella zona est sono due fabbricati: il casino Guislain e la villa Chiarugi.
Nel 1878, con la costruzione dei bagni per soli uomini tra i padiglioni Esquirol e Conolly – dal 1871 destinati ad accogliere “malati poveri tranquilli e agiati di 1a e 2a classe” –, è realizzato un più ampio complesso adibito al personale tecnico-amministrativo e medico, e successivamente ai degenti [4.3.4, 4.3.5, 4.3.7]. Nel 1880 il nuovo corpo di fabbrica dei bagni è citato per la sua efficienza funzionale e il suo elegante portico sul giardino.
Intorno al 1880, con i disegni di Angelo Spallanzani sono avviate la ristrutturazione del casino Pinel e la costruzione di nuovi fabbricati ad esso connessi, destinati agli agitati e ai furiosi, opere realizzate in due tempi (1881-82 e 1887-88); nell’aprile del 1882 il casino è occupato da cinquanta malati, fra agitati e sudici. In epoca successiva l’originario impianto a C si completa con un corpo di fabbrica che chiude il lato aperto [4.3.8] (Grasselli 1897). Nella descrizione del manicomio che ne farà Tamburini nel 1900, il comparto centrale accoglie ancora, nei corpi di fabbrica orientali, la direzione, gli uffici e i laboratori scientifici, mentre nei settori occidentali sono ospitate le donne affette da malattie. Per fare fronte alle continue richieste, nel 1882 è inoltre avviata la costruzione del villino svizzero, posto in aperta campagna, e costruito su progetto di Spallanzani per servire a una o a due pazienti.
Nell’estate del 1891, a fronte del crescente numero di malati, la Direzione decide di costruire un nuovo padiglione, affidando l’incarico al figlio di Angelo Spallanzani, Domenico. Il casino Galloni, dimensionato e organizzato per 50 pazienti “cronici tranquilli”, è eseguito in economia e in tempi brevi; di forma parallelepipeda, articolato su due livelli in altezza e munito di portico sul fronte, l’edificio conserva i caratteri originari fino al 1907, quando sarà ampliato [4.3.9 e 4.3.13].
Fino alla fine dell’Ottocento la tenuta agricola accoglie sia le attività dirette alla coltivazione del fondo, all’allevamento del bestiame e all’immagazzinaggio delle derrate alimentari sia quelle svolte nelle officine e nei laboratori, per poi trovare una nuova sistemazione. L’ultima costruzione del secolo è il padiglione Charcot (poi Villa Rossi), destinato a infermeria uomini. Il progetto di Domenico Spallanzani (1896) articola il padiglione in due volumi gemelli, alti due piani e a pianta rettangolare, disposti in parallelo, vicini tra loro e collegati da un corpo più basso terrazzato a un solo piano, sopraelevato nel 1906.
Nel primo settennio del Novecento sono eretti quattro nuovi padiglioni: il Guicciardi e il Verga (poi Biffi e, in seguito, Bertolani), entrambi destinati ai cronici tranquilli; il Marchi (poi Golgi); e infine il Vassale.
Theme by Raniero Carloni Luca Montecchiari and Andrea Orlando inspired by Danetsoft