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I fase

Anno inizio: 
1873 to 1876

Il progetto di massima degli ingegneri Monti e Savoldi comprende venti tavole originali a colori e in fotografia e un’ampia relazione che illustra i principi architettonici, sanitari e sociali cui si erano ispirati, aggiornati alle più moderne concezioni psichiatriche e al dibattito sulla funzione del manicomio nell’Italia postunitaria. Dal carteggio tra i due emerge, inoltre, in maniera evidente il desiderio di corrispondere esattamente, nel disegno degli spazi e dei reparti, alle aspettative e ai desiderata del professor Lombroso, il quale nel settembre 1873, risulta “associato” al loro progetto, in qualità di consulente per gli aspetti medici.

In particolare, poiché il requisito essenziale richiesto dal Programma è la netta separazione dei reparti dei vari malati, i due progettisti rinunciano a disseminare i padiglioni nell’area, secondo la tipologia innovativa “a cottage” (realizzata a Mombello, Reggio Emilia, Perugia), ma mantengono inalterata l’indipendenza dei singoli corpi collegando i fabbricati – situati a modesta distanza l’uno dall’altro – tramite una galleria di disimpegno. Lambendo tutti i distinti quartieri nel lato interno prospettante il giardino, essa rende agevole il lavoro a medici e sorveglianti e consente ai maniaci, in inverno e in estate, il passeggio coperto [VO_4_3_1; VO_4_3_11]. La galleria, escludendo il tratto corrispondente al palazzo centrale della Direzione, è a un solo piano fuori terra. L’ossatura generale è il risultato dell’intersezione ortogonale di due rettangoli, che formano una croce simmetrica a bracci diseguali: i due bracci maggiori comprendono i comparti destinati ai malati (a destra gli uomini, a sinistra le donne), mentre quelli formanti l’asse minore, i locali intermedi e di separazione destinati ai servizi generali [VO_4_2_1; VO_4_2_2; VO_4_2_3]. Poiché ciascun comparto è composto di due corpi paralleli, in mezzo si aprono i cortili destinati a esclusivo uso dei malati [VO_4_3_1; VO_4_3_12], mentre le ali libere dei corpi di fabbrica s’immergono negli spaziosi giardini [VO_4_3_2].

Percorrendo l’asse centrale est-ovest, il progetto ha all’ingresso (fronte a ponente) due casini isolati per il portinaio e per il giardiniere-ortolano [VO_4_2_4], cui seguono il palazzo della direzione [VO_4_2_5; VO_4_3_3; VO_4_3_13], gli uffici amministrativi, l’accettazione, i parlatori, la cappella (poi non realizzata) e gli alloggi per gli impiegati; più oltre la farmacia (non realizzata), il gabinetto anatomico e la sezione per criminali (non realizzata), l’infermeria di sequestro per malattie contagiose e, all’estremo posteriore, altre due casine separate, la camera anatomica e il deposito dei cadaveri, tra cui si apre l’uscita posteriore.

Percorrendo, invece, dal centro alla periferia i due bracci laterali, si hanno in ciascuno nove padiglioni – quattro a est, quattro a ovest e uno finale che li collega, a emiciclo – la cui distribuzione, in rapporto al tipo di malati cui sono destinati, è studiata in modo che possano essere collocati verso il centro i malati più tranquilli e verso gli estremi i più agitati. I quattro padiglioni della fila anteriore (a ovest) sono riservati a convalescenti, tranquilli (due reparti) e sucidi (incontinenti); quelli della fila posteriore (a est) a fanciulli, semiagitati, agitati ed epilettici. L’ultimo padiglione semicircolare, che chiude il comparto, è destinato ai furiosi, la cui sezione è costituita da piccole stanze separate, con possibilità di essere sorvegliate da un corridoio comune e fornite ciascuna di un proprio cortiletto esterno all’edificio; per questo reparto i progettisti pensano a tre tipi di celle: d’isolamento, d’osservazione e di forza, in forma ovale e alcune dotate fino all’altezza di 1,80 metri di imbottitura “a cautchout” (caucciù) [VO_4_2_6; VO_4_2_7].

Al centro di ogni comparto è posto un edificio a un solo piano destinato ai bagni [VO_4_3_4], al quale i malati di ciascuna sezione accedono separatamente, per mezzo di quattro tratti di galleria. Grande rilievo è attribuito alla nuova tecnica idroterapica, il mezzo ritenuto più efficace per la cura dell’alienazione: oltre ai bagni ordinari, con tinozze dotate di adeguati coperchi snodati a ribalta, sono previste docce speciali e bagni di vapore [VO_4_2_11; VO_4_2_12; VO_4_2_13].

Il piano terreno è destinato al solo soggiorno diurno, e il superiore a uso di dormitori, in modo da favorire anche la sorveglianza. Al piano terreno sono collocati, in entrambi i comparti (maschile e femminile), i laboratori [VO_4_3_5; VO_4_3_6; VO_4_3_7], le officine, la scuola e i refettori [VO_4_3_8]. Al piano superiore sono gli ampi dormitori, la maggior parte a otto letti, distanti un metro tra loro e posti in corrispondenza di ampie finestre, di cui due a tutta altezza dotate di speciali serramenti [VO_4_2_8; VO_4_2_9]: in questo modo si ottengono la necessaria esposizione alla luce solare e la più ampia ventilazione degli ambienti [VO_4_2_10], prerogative richieste come essenziali nel dibattito tra gli igienisti. Si riservano i sotterranei, che percorrono tutto l’edificio, ai servizi; qui sono sistemati: cucine [VO_4_3_9], panificio, lavanderia e asciugatoio, caloriferi, fogne, legnaia, cantina e ghiacciaia; tutto il sotterraneo è percorso dai binari di una piccola ferrovia per il trasporto delle provvigioni [VO_4_3_10], collegata a un sistema di montacarichi collocati lungo il percorso, in corrispondenza dei reparti [VO_4_2_14].

Una caratteristica della proposta Monti-Savoldi è, inoltre, quella di eliminare visivamente ogni connotazione di violenza e di reclusione nella struttura architettonica, in linea con il sistema del non-restraint: a questo scopo si vuole che il muro di cinta dei giardini sia poco elevato, quasi un parapetto d’affaccio sulla campagna aperta, e difeso solo da una siepe, a mascheratura della fossa “a salto di lupo” per impedire le evasioni [VO_4_3_15].

Se per ragioni economiche i due progettisti devono rinunciare a utilizzare materiali di pregio, essi però prediligono la semplicità delle linee, l’armonia del disegno, il gioco dei volumi e il disegno planimetrico, per dar piacevolezza all’edificio, affidando la caratterizzazione estetica alla sola tinteggiatura delle murature esterne a fasce di due colori [VO_4_2_15].

Dal 1874, il complesso architettonico è realizzato dall’Ufficio tecnico provinciale sotto la direzione dell’ingegnere capo, Cesare Cattaneo, il quale apporta arbitrarie modifiche al progetto vincitore del concorso, nonostante le proteste dei due progettisti, Monti e Savoldi, appoggiati pubblicamente dal loro maestro Camillo Boito in una lettera del 22 agosto 1874. Entro l’inverno del 1876, il nuovo manicomio provinciale, per quanto ancora non ultimato, inizia a ospitare i primi pazienti, ovvero gli 89 malati di sesso maschile lì trasferiti dal fatiscente ex convento pavese in cui erano ricoverati.

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