Ospedale Civile di Brescia
Ex convento di San Domenico (inizio XIX sec.)
Assenti
nuovo impianto
Nel 1887 la Deputazione provinciale di Brescia dà inizio al dibattito per la costruzione di un nuovo manicomio provinciale, all’interno del quale devono confluire i malati di mente della provincia fino al momento ospitati sia presso l'ex convento di San Domenico sia all’interno dei reparti psichiatrici dell'Ospedale civile bresciano.
Il 30 aprile 1889 il Consiglio provinciale delibera che la redazione del progetto di massima sia affidata all’ingegnere Luigi Gadola, dell’Ufficio tecnico provinciale, e all’alienista Giuseppe Seppilli, indicando come modello di riferimento e confronto il manicomio Centrale di Imola, fondato e diretto da Luigi Lolli, che segue personalmente la redazione del progetto bresciano. L’ospedale emiliano è apprezzato per le sue caratteristiche tipologiche di semplicità ed efficienza e per i costi di realizzazione relativamente contenuti. Per la scelta insediativa, la Deputazione richiede che il complesso sorga in un’area di almeno 15/20 ettari, in modo che buona parte del terreno libero dall’edificato sia occupato dalla colonia agricola. È ritenuto adatto allo scopo un terreno posto a tre chilometri a sud della città, al di fuori di Porta Montana.
I fase: 1889-1906
architetti/ingegneri: Luigi Gadola (progetto di massima), Ferdinando Zanardelli (progetto esecutivo)
alienisti/psichiatri: Giuseppe Seppilli, Luigi Lolli (progetto di massima)
La progettazione del manicomio provinciale avviene in due fasi successive, distinte ma con forte continuità d’impostazione, anche se alcune varianti introdotte comportano alcune sostanziali differenze; gli autori del progetto di massima, infatti, non sono gli stessi di quello della fase esecutiva, la cui redazione è affidata a un altro ingegnere provinciale.
Il progetto di massima dell’ingegnere Luigi Gadola e dell’alienista Giuseppe Seppilli prevede che il complesso manicomiale sia costituito, all’interno di un terreno pressoché rettangolare di 60.900 mq, da edifici disposti secondo la tipologia a padiglioni indipendenti, allineati lungo tre fasce edilizie parallele e tra loro connessi da gallerie e portici coperti. I fabbricati della fascia centrale sono adibiti ad attività di servizio: il primo, alle funzioni di direzione e amministrazione, biblioteca, gabinetti scientifici, dispensario farmaceutico, parlatorio, al piano terra, e abitazioni del direttore e vice-direttore, al primo piano; il secondo, ai servizi generali di cucina, dispensa e guardaroba, con dormitori e refettorio per il personale; il terzo, alle sale per bagni, cure idroterapiche e locali per il divertimento; il quarto, al servizio necroscopico e alla scuderia. La cappella, posta nell’area tra l’edificio dei servizi generali e quello dei bagni, è collocata sullo stesso asse centrale.
Lungo le fasce laterali sono collocati i padiglioni per i pazienti di ambo i sessi (donne a ponente e uomini a levante) e le infermerie. Il primo gruppo di padiglioni, articolati su due piani, è destinato ai pazienti convalescenti e a quelli agiati; quelli successivi, organizzati su un solo piano, ai malati cronici, epilettici e vecchi; la terza coppia di edifici, sviluppati su due piani, ai malati tranquilli. Seguono i padiglioni per i semi-agitati, anche questi su due piani, ma dotati di un reparto speciale per maniaci in osservazione, e le infermerie. I padiglioni per i malati agitati sono collocati nell’area retrostante alle infermerie, allo scopo di tenerli il più lontano possibile dai padiglioni degli altri pazienti, evitando così di sentirne le urla. I due padiglioni per malati furiosi sono, in base al progetto di Gadola, distanziati fra loro mediante altre strutture di servizio, come il panificio, la legnaia e la ghiacciaia. Il progetto prevede inoltre che i singoli padiglioni siano tutti dotati di un ampio refettorio, di passaggi coperti, di camerini d’isolamento, di camere per infermieri, con lavabo, latrine e ripostiglio; i dormitori non devono ospitare più di dodici letti ciascuno.
Il progetto esecutivo, redatto nel 1892 [BS_4_2_1; BS_4_2_2; BS_4_2_3], è firmato dall’ingegnere Ferdinando Zanardelli, capo dell’Ufficio tecnico provinciale: non discostandosi sostanzialmente dalla prima soluzione prevista, propone uno schema planimetrico a padiglioni isolati, collegati tra loro da gallerie e porticati coperti [BS_4_3_1; BS_4_3_2; BS_4_3_3] distribuiti sull'area in modo da formare una sorta di grande “T”. Sulla fascia centrale, orientata lungo l’asse nord-nord-est/sud-sud-ovest e destinata ai servizi, si dispongono quattro edifici: direzione, cucine e servizi generali, bagni e servizio idroterapico, servizio necroscopico; nell’intervallo tra questi edifici sono realizzati i giardini all’italiana. Come nel progetto di massima i padiglioni sono collocati in posizione simmetrica ai lati della fascia centrale, separando così quelli che ospitano le donne da quelli destinati agli uomini.
Rispetto al progetto di massima di Gadola, in quello esecutivo di Zanardelli si riscontrano evidenti differenze nella mancanza della chiesa (in seguito, in fase di realizzazione, collocata sulla fascia a est) e nello spostamento della portineria e dell’edificio dell’amministrazione sul lato ovest del sistema insediativo [BS_4_3_4; BS_4_3_5]; in questo modo l’ingresso principale al manicomio non si trova più sull’asse ordinatore centrale.
La costruzione del complesso manicomiale avviene nell’arco di due anni, dal 1892 al 1894. La Deputazione provinciale stabilisce di organizzare il cantiere in cinque fasi successive, corrispondenti ad altrettanti lotti di lavori. Del primo fanno parte i padiglioni delle infermerie [BS_4_3_6] e dei semi-agitati [BS_4_3_7]. Il secondo lotto prevede la costruzione degli edifici della direzione [BS_4_3_8], dell’amministrazione e dei due padiglioni per convalescenti e agitati, destinati alle due sezioni, maschile e femminile [BS_4_3_9]. Nel terzo lotto rientrano i lavori per l’edificio dei servizi generali [BS_4_3_10], i due padiglioni – maschile e femminile – per i malati tranquilli [BS_4_3_11] e altri due padiglioni per malati sudici, epilettici, cronici e paralitici [BS_4_3_12]. Il quarto lotto comprende la costruzione dei padiglioni per gli agitati, mentre l’ultimo riguarda l’edificazione di cinque fabbricati: i servizi dei bagni idroterapici [BS_4_3_13] e il teatro, il servizio necroscopico e la scuderia, la ghiacciaia (con pianta circolare), la lavanderia e, infine, il panificio, la falegnameria e la cantina. Conclusi i lavori nel 1894, fino al 1906 nel complesso manicomiale si svolgono esclusivamente lavori di manutenzione ordinaria.
II fase: 1906-2012
architetti/ingegneri: Paolo Peroni, Giacomo Lanfranchi, Mario Dabbeni, Sam Quilleri, Giovanni Minelli
alienisti/psichiatri: dato non accertato
A seguito dell’aumento dei pazienti, nel 1906 la Deputazione provinciale chiede al proprio ufficio tecnico un progetto d’ampliamento del manicomio che prevede il prolungamento del padiglione destinato alle pazienti agitate. L’edificio, originariamente composto di due corpi di fabbrica uniti sui lati con corridoi coperti, è ampliato di 12,40 m. verso nord dopo aver acquistato l’area adiacente al confine settentrionale del complesso. Poiché presto il complesso manicomiale si mostra insufficiente alle necessità di ricovero in costante crescita, nel 1910 il direttore chiede lo stanziamento di fondi per la costruzione di un nuovo padiglione. A causa della scarsezza delle risorse ottenute, l’Ufficio tecnico provinciale propone la riduzione del terreno adibito a colonia agricola, l’ampliamento della struttura edilizia a essa annessa e il trasferimento in quella sede di una parte dei pazienti. L’ipotesi è approvata il 12 luglio 1913, consentendo l’aggiunta di 50 posti letto a quelli esistenti. Al piano terra lo spazio è diviso fra la sala comune, la stanza per bagni e le docce, la cucina e i dormitori; il primo piano è invece occupato dal guardaroba e da più sale da bagno.
Nel 1934 il fabbricato per i servizi e le cure idroterapiche è riadattato per ospitare ricoverate lavoratrici e convalescenti; sfortunatamente, non si possiede documentazione che riveli la natura delle modifiche subite dall’edificio, per l’occasione intitolato a Giuseppe Seppilli, primo direttore del manicomio di Brescia.
Quasi vent’anni dopo, nel 1952, gli ingegneri Paolo Peroni e Giacomo Lanfranchi progettano un ampliamento del padiglione destinato alle pazienti agitate, con l’innalzamento parziale di un piano di soli tre corpi dell’edificio dei quattro esistenti [BS_4_2_4].
Al 1960 risale la costruzione dell’ultimo edificio facente parte del complesso manicomiale bresciano, adibito all’accettazione e all’osservazione dei pazienti, intitolato ad Agostino Gemelli e collocato fuori del muro di cinta, su un terreno di proprietà dell’ospedale psichiatrico. La redazione del progetto esecutivo era stata affidata l’anno precedente all’architetto Mario Dabbeni e agli ingegneri Sam Quilleri e Giovanni Minelli. L’edificio, a tre piani fuori terra più uno scantinato, ha una planimetria a “doppia Y”, con un corpo centrale e due ali fra loro simmetriche. Lo scantinato deve ospitare l’autorimessa, un locale per la conservazione dei medicinali, un magazzino e diversi ambienti di servizio [BS_4_2_5]; al piano rialzato si accede dal piazzale esterno mediante un ampio porticato. Nel corpo centrale è previsto un atrio d’ingresso da cui si accede ai corridoi che portano alle ali nord-est e sud-est; in esso sono ospitati la direzione medica, i locali per i medici, l’archivio, l’accettazione e gli uffici amministrativi. Le due ali, invece, svolgono la funzione di veri e propri reparti con i locali per le degenze, i guardaroba, i parlatori, le piccole cucine e i locali per servizi igienici. L’ex padiglione Gemelli è ora trasformato in edificio scolastico [BS_4_3_14].
Tra il 1960 e il 2000 nell’ospedale psichiatrico si svolgono esclusivamente lavori di manutenzione ordinaria [BS_4_1_2], ma nel corso degli ultimi dieci anni buona parte del complesso ospedaliero, ora sede della ASL della Provincia di Brescia, subisce diversi lavori di ristrutturazione, che riguardano tuttavia solo una parte dei padiglioni, mentre altri sono ancora in condizioni di grave degrado.
impianto
a padiglioni indipendenti collegati da gallerie
corpi edilizi
Edifici a pianta rettangolare, a “U”, a “T”, a “doppia Y”, a corte interna porticata, sviluppati su uno o due piani
strutture
strutture in elevazione: murature tradizionali
orizzontamenti: dato non accertato
coperture: tetti a falde inclinate, tetti piani
buono cortili e aree verdi
medio parte dei padiglioni sede ASL
pessimo parte dei padiglioni sede ASL
Dott. Uberti, Di un novello manicomio in Brescia, in “Annali universali di statistica economia pubblica, storia, viaggi e commercio”, vol. 64, fasc. 190, aprile 1840, pp. 89-91
F. Girelli, Prospetto medico-statistico degli spedali dei pazzi e pazze in Brescia, che comprende il quadriennio 1838-1841, in Memorie di autori diversi sulle malattie mentali […] aggiunte alla prima versione italiana sull'ultima edizione francese dell'opera dell'Esquirol, per cura di C. Morelli, Mariano Cecchi, Firenze 1848
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L. Gadola, Relazione tecnica, Stab. Tip. La Sentinella, Brescia 1889
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R. Minetti, V. Tosi, L'ex Ospedale psichiatrico provinciale di Brescia. Proposta di conservazione e riuso (Tesi di laurea in Architettura, Politecnico di Milano, a.a. 1993/94)
A. Radice, D. Radice, Brescia. Riconversione dell'ex-Ospedale Psichiatrico Provinciale e sua integrazione al parco Urbano del Quartiere S. Polo per la realizzazione di una struttura universitaria di Educazione Fisica (Tesi di laurea in Architettura, Politecnico di Milano, a.a. 2000/01)
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A. Tononi, Innesti, connessioni, trame: recupero urbano dell'ex ospedale psichiatrico a Brescia (Tesi di laurea in Architettura, Politecnico di Milano, a.a. 2004/05)
V. Raimondo, Manicomio provinciale di Brescia, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 152-153
Archivio storico della Provincia di Brescia, Ospedale psichiatrico provinciale
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