Case di salute; Ospedali psichiatrici di San Servolo e San Clemente di Venezia; Reparto dell’Ospedale di San Bortolo; Ospedali di Noventa Vicentina, Marostica e Montecchio maggiore
Casa di Salute di Lonigo, di Montecchio (per cronici maschi) e di Noventa e Marostica (femminile)
Istituto medico pedagogico “Nordera” di Thiene (dal 1909)
nuovo impianto
La prima occasione in cui a Vicenza si discute dell’opportunità di realizzare un ospedale per i malati di mente risale al 1775, in una Commissione voluta dalla Deputazione sopra i Luoghi Pii, istituto all’origine dell’Ospedale di San Bortolo; la proposta resta tuttavia inevasa; i pazienti psichiatrici sono raccolti nel reparto di psichiatria dell’ospedale oppure mandati a Venezia, negli ospedali psichiatrici di San Servolo e San Clemente. Nel 1878 la direzione dell’ospedale San Bortolo avvia la costruzione di un nuovo reparto per maniaci grazie al quale i letti, dai 20 esistenti, aumentarono a 42. La maggior parte dei malati di mente, tuttavia non è qui accolta, poiché la situazione vicentina è caratterizzata da un forte decentramento dell’assistenza in questo settore medico, tramite numerosi istituti privati denominati Case di salute.
I “Regolamenti pel servizio dei mentecatti poveri nella provincia di Vicenza”, deliberati tra dicembre 1886 e febbraio 1887 dall’Amministrazione provinciale, stabiliscono infatti che i matti possono restare presso l’Ospedale civile di Vicenza solo per il periodo di osservazione, per poi essere trasferiti presso Case di salute già esistenti o da istituire nel territorio provinciale, o in manicomi di altre provincie: sono quindi stilate convenzioni, dal 1890 al 1893, con gli ospedali di Noventa Vicentina, Marostica e Montecchio maggiore.
Solo quasi vent’anni dopo, nel 1894, la Deputazione provinciale vicentina decide di costruire un manicomio distinto e autonomo rispetto al San Bortolo, a causa del continuo aumento del numero dei malati: il 22 aprile 1896 è approvato il suo statuto, il primo agosto entra in funzione la Casa di salute di San Felice con 57 ammalati ritirati dall’ospedale civile, che divengono in poco tempo 152. L’urgenza di nuovi spazi impone l’acquisto della proprietà detta Tomba di San Felice, ex monastero benedettino: costruito nell’VIII sec. e riedificato nel X sec., dopo l’abbandono per l’attacco degli Ungari diviene, durante il XIX sec., dapprima magazzino e poi edificio d’uso privato fino all’acquisto da parte dell’Amministrazione provinciale. L’insediamento dell’ospedale trasforma radicalmente l’ex monastero, conservandone parte del chiostro porticato di origine settecentesca [VI_4_3_1] e alcuni vani attigui, tra cui la chiesa dei SS. Felice e Fortunato [VI_4_3_2], esclusa però dal perimetro dell’ospedale e ancora oggi aperta al culto.
I fase: 1902-1910
architetti/ingegneri: Giovanni Carraro, Eugenio Ferrante
alienisti/psichiatri: Ettore Cordera
A causa del continuo aumento dei pazienti, il 25 giugno 1902 l’Amministrazione provinciale decide la costruzione di un nuovo impianto manicomiale secondo il progetto redatto dall’ingegner Giovanni Carraro e rivisto dall’ingegner Eugenio Ferrante, nella sua qualità di capo dell’Ufficio tecnico provinciale, in accordo con il direttore dell’istituto, il medico alienista Ettore Cordera.
La proposta prevede un ospedale a padiglioni indipendenti separati da cortili interni, arricchiti da un disegno di aiuole, così composto: un edificio per la direzione, le sezioni maschili e femminili di 250 posti letto ciascuna (per un totale di 650 posti letto), un reparto per contagiosi e uno per i dozzinanti, un pellagrosario, i servizi (lavanderie, centrale termica), una chiesetta, la cella mortuaria e una colonia agricola. Il chiostro antico e una parte del monastero, compresi alcuni edifici a ovest, sono recuperati e destinati alla sezione osservazione-vigilanza dei tranquilli, ai dozzinanti maschi, a magazzino e cucina [VI_4_2_1].
L’edificio dell’amministrazione è situato all’ingresso del complesso, allineato al corso dei SS. Felice e Fortunato [VI_4_3_3]. Il fabbricato, di cospicue dimensioni, sviluppato su tre piani fuori terra e con un basso piano attico, ha una pianta rettangolare con due avancorpi sul fronte meridionale, mentre quello principale è tripartito da lesene bugnate lievemente rigonfie nella parte centrale [VI_4_3_4].
All’estremo opposto del lotto, lontano dalla strada – in aree adeguate a isolare agitati e semi-agitati uomini (a sinistra) e donne (a destra) – sono collocati due grandi edifici con pianta a H, [VI_4_3_5; VI_4_3_6], contenenti le stanze per l’isolamento (a ciascun posto letto è riservato uno spazio di 75 m3) e altre stanze singole.
L’edificio con pianta a H più piccolo, in posizione centrale, è destinato a servizi di lavanderia e alla centrale termica [VI_4_3_7]; ai due lati di tale padiglione, sono gli edifici per malati in osservazione, tranquilli e dozzinanti: a destra (in edifici nuovi) le donne [VI_4_3_8], a sinistra (nei vani recuperati del convento) gli uomini, insieme alla cucina e all’alloggio suore. Gli edifici per le donne tranquille e in osservazione hanno una pianta a L, e si articolano su due piani fuori terra.
Sul fondo del complesso, accanto al reparto agitate, si sviluppa un’altra area che comprende il fabbricato per i contagiosi, le celle mortuarie, la chiesa e, notevolmente distanziato, l’edificio per i pellagrosi con la capacità di 200 posti letto. Alle spalle degli edifici degli agitati si estende la colonia agricola.
II fase: 1910-1960
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Per venticinque anni, dal 1910 al 1935, nell’ospedale psichiatrico i lavori edilizi effettuati riguardano esclusivamente la manutenzione ordinaria degli stabili. Nel quindicennio successivo, attraverso l’analisi delle mappe catastali tra il 1935 [VI_4_1_2] e il 1950 [VI_4_1_3], è possibile ricostruire le nuove realizzazioni, le demolizioni e le modifiche intervenute nell’intero complesso. Un nuovo corpo di fabbrica a pianta rettangolare è costruito tra i due padiglioni per agitati, per essere utilizzato come magazzino e officina [VI_4_3_9]. Cambi di volumetrie interessano diversi edifici: le ali a sud del convento, l’edificio collegato alla cella mortuaria e i padiglioni con impianto a H, subiscono evidenti ampliamenti. È invece scomparso il reparto infettivi, mentre nuove consistenti edificazioni interessano l’area del pellagrosario, verso ovest. Con ogni probabilità, alla seconda guerra mondiale risale la definitiva distruzione della chiesetta, di cui oggi è visibile solo il portale ridotto a rudere [VI_4_3_10].
III fase: 1960-2012
architetti/ingegneri: dato non accertato
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Nonostante la predisposizione di un progetto di massima all’inizio del 1960 per realizzare il nuovo Ospedale psichiatrico di Vicenza in località Bertesina [VI_4_2_2], la sua edificazione non ha luogo. L’attuale planimetria catastale [VI_4_1_4] e la mappa dell’odierna Azienda ULSS [VI_4_2_3] dimostrano che, rispetto agli anni sessanta, non sono intervenute evidenti trasformazioni volumetriche del complesso, né modifiche esterne degli edifici: gli uffici del Dipartimento di Salute mentale di Vicenza (ULSS 6) occupano l’antica palazzina della Direzione, restaurata tra il 1996 e il 1999; rimane identico il nucleo composto dai padiglioni e dalla centrale termica, mentre una nuova recinzione separa l’area dove sorgeva la chiesa fino al lebbrosario, oggi destinato a funzioni diverse. Altri recenti restauri hanno interessato gli ex padiglioni femminili con pianta a L [VI_4_3_11] e l’ex monastero, mentre in stato di maggior degrado versano i fabbricati esclusi dal perimetro dell’ULSS.
impianto
a padiglioni distanziati
corpi edilizi
Padiglioni su due e tre piani fuori terra, con pianta rettangolare, pianta a “H” e pianta a “L”
strutture
strutture in elevazione: muratura tradizionale, strutture in cemento armato
orizzontamenti: volte e solette piane
coperture: tetti con struttura in legno e falde rivestite in coppi
medio: ex padiglioni femminili e parte conventuale
cattivo: padiglioni non adibiti all’Azienda ULSS 6
rovina: ex chiesetta
Relazione della Deputazione al Consiglio Provinciale sulla contrattazione di due mutui colla Cassa Depositi e Prestiti, l'uno a riscatto del Prestito in obbligazioni 1894 e del mutuo 1902 colla Cassa Civica di Risparmio di Verona, l'altro per completare i lavori del Manicomio Provinciale e per l'erezione del Pellegrosario Umberto I, Stab. Tipografia a motore F.lli Pastorio, Vicenza 1907
F. Passarelli, Il manicomio di Vicenza, Arti Grafiche Vicentine, Vicenza 1909
E. Nordera, Il manicomio provinciale di Vicenza, Rumor, Vicenza 1910
Case di Salute in Veneto, Atti del Convegno - Marostica 16 novembre 1991, a cura di F. Garonna, Grafiche novesi, Nove 1992
O. Bullato, Archivio ritrovato. Un millennio di storia nei documenti della Carità Vicentina, La Serenissima, Vicenza 2001
Luoghi della solidarietà nel Vicentino, a cura di M.V. Nodari, Edizioni Rezzara, Vicenza 2002
G. Ronconi, La storia dell’Ospedale psichiatrico provinciale San Felice di Vicenza, in L’Ospedale San Bortolo verso il terzo millennio, a cura di G. Ronconi, L. Gregoris, Editrice veneta, Vicenza 2006, pp. 119-142
A. Simioli, Manicomio provinciale di Vicenza, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 154-155
Archivio della Provincia di Vicenza
Archivio Tecnico Azienda ULSS 6 di Vicenza
Theme by Raniero Carloni Luca Montecchiari and Andrea Orlando inspired by Danetsoft