Ospizio per i pazzi o Carcere de’ pazzi (1770-1799), nel torrione di Porta S. Giuliano, abbattuto nel 1817
Ospedale dei pazzi, poi Conservatorio o Reclusorio dei Pazzi, via Armaroli (1811-1822)
Stabilimento de’ mentecatti o Ospizio de’ mentecatti, quartiere della Cocolla (1822-1871)
Villa Lauri (località Montalbano), succursale destinata ai "malati cronici, apatici, malpropri e clamorosi" (1906-1924)
recupero con ampliamenti
L’antefatto della costruzione del manicomio maceratese ha inizio negli anni quaranta-cinquanta dell’Ottocento, quando, valutato l’eccessivo degrado della struttura esistente, anche se ampliata e ristrutturata nel 1834, e deciso di rispettare le nuove concezioni psichiatriche, si preferisce dotare la città di uno spazio espressamente concepito per il ricovero e la cura dei malati mentali. Scelto un luogo fuori Porton Pio immediatamente esterno all’ingresso ovest alla città, si decide di realizzare la proposta dell’ingegnere provinciale Camillo Prosperi con la supervisione dell’alienista Giovanni Gualandi, elaborata tra il 1852 e il 1859, anno in cui iniziano i lavori di fondazione. Il progetto prevede la realizzazione di un sistema edilizio compatto, articolato in un blocco centrale a pianta quadrata e due ali laterali terminanti con corpi avanzati [MC_4_2_1].
Costituitosi il Regno d’Italia, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi, alla confisca dei beni e al trasferimento delle proprietà alle pubbliche amministrazioni, la Deputazione provinciale acquisisce dal Comune l’area e il convento dei Frati Minori Osservanti di S. Croce, zona ritenuta più consona alle direttive della nuova medicina psichiatrica, situata a circa un chilometro a sud-ovest di Porton Pio tra la strada di Pollenza e quella di Sforzacosta, alla quota di 320 metri s.l.m. [MC_4_1_1; MC_4_1_2; MC_4_1_3]. Il nuovo progetto di Prosperi (31 maggio 1861) nasce da un adeguamento di quello già approvato alla nuova situazione edilizia e utilizza parte dei fabbricati del convento, che è in gran parte demolito.
I fase: 1863-1871 [MC_4_1_7]
architetti/ingegneri: Camillo Prosperi, Domenico Mariotti, Virginio Tombolini
alienisti/psichiatri: Filippo Cardona, Giuseppe Girolami (consulenza e supervisione al progetto)
Acquisiti il fondo e il convento di S. Croce nel 1863, la Deputazione provinciale di Macerata affida la direzione dei lavori all’Ingegnere Primario Domenico Mariotti che rielabora il progetto di Prosperi del 1861, prolungando verso sud-ovest il corpo centrale con un edificio a forma di U e rialzando di un piano i due avancorpi laterali del braccio lungo. Il 4 maggio 1863 consegna il cantiere all’appaltatore Francesco Belli e lo stesso giorno è posta la prima pietra. I lavori proseguono l’anno successivo con il livellamento del terreno e, per circa un triennio, con la demolizione di gran parte del vecchio fabbricato conventuale, compresi la facciata porticata della chiesa, l’edificio addossato nel suo fronte sud e il campanile [MC_4_2_2]. Nel dicembre 1867 si ratifica la costruzione della portineria d’ingresso e di una “fabbrica di leggera e svelta architettura”, concepita per coprire l’informe parete creatasi sul lato sud della chiesa; nel 1868 si autorizza la costruzione del muro di cinta lungo la strada di Pollenza (ora viale dell’Indipendenza). Man mano che i lavori procedono, l’Ufficio tecnico provinciale redige i disegni esecutivi, sotto la direzione di Mariotti e del collaboratore Virginio Tombolini, che lo sostituisce alla sua morte (1869) [MC_4_2_6; MC_4_2_7; MC_4_2_8 ; MC_4_2_9; MC_4_2_10]. Alla fine del 1869 i lavori sono in uno stato talmente avanzato che s’inizia a parlare della prossima apertura del manicomio, tanto che nel maggio 1870 il Consiglio provinciale discute sul modo di provvedere alla direzione e al personale necessario per il suo funzionamento. Nel frattempo, dopo aver sentito il parere dell’alienista Filippo Cardona, s’incarica il direttore del manicomio di S. Maria della Pietà di Roma, Giuseppe Girolami, di dare gli indirizzi medici e organizzativi per la messa in funzione di quello maceratese, e di compilare sia il Regolamento organico sia lo Statuto.
La cerimonia d’apertura del manicomio avviene il 3 luglio 1871, dopo aver apportato le modifiche suggerite da Girolami. Alla data sono realizzati gli edifici dell’ingresso-portineria, il fabbricato principale e la neviera-ghiacciaia; ancora in costruzione sono l’edificio porticato a due livelli sul fronte sud della chiesa, il muro di cinta ovest e i due padiglioni distaccati, Pinel e Chiarugi, che saranno completati nel 1878 [MC_4_1_4; MC_4_2_3; MC_4_2_5]. Il nucleo cardine del nuovo impianto è inserito in un’area pressoché quadrangolare cinta da basse mura, oltre le quali, verso levante, il manicomio ha una vista panoramica di Macerata [MC_4_3_1] e verso ponente, come aveva suggerito la scuola alienista romana, si stava mettendo in funzione una colonia agricola. L’ingresso al manicomio è caratterizzato da due piccoli edifici sormontati dalle statue dei fiumi Chienti e Potenza [MC_4_3_2]. Tra l’ingresso e l’edificio principale è un parco da cui, tramite i giardini e i passeggi per le tranquille e i tranquilli, si accede alle due sezioni, femminile e maschile; dall’ingresso, un breve viale conduce al fabbricato centrale dall’impianto a T, unito al fianco della chiesa tramite un portico a due piani destinato a soggiorno e passeggio degli uomini [MC_4_3_3]. Il lungo edificio frontale si articola in tre avancorpi su tre piani, congiunti da due bracci a due piani. Su quello centrale s’innesta il corpo edilizio a forma di U con un’ampia corte interna; quest’ultimo è organizzato lungo l’asse nord-est/sud-ovest e contiene i servizi generali, mentre i corpi laterali sono destinati ai ricoverati uomini (parte nord) e donne (parte sud). Nell’insieme occupa una superficie di mq. 3.696,19 esclusi i cortili interni.
Il fabbricato ha un piano di sotterranei con magazzini, dispense, cantine, legnaie, pagliai, grotte, latrine e una cisterna d’acqua piovana [MC_4_2_6]. Distribuiti da ampie corsie, al piano terra sono gli ambienti di soggiorno, la cucina, i refettori, le sale da bagno e i dormitori per i malati agitati, alti 5 m. e coperti con volte laterizie [MC_4_2_4]. Al primo piano sono le sale di osservazione, i guardaroba, le infermerie e i dormitori per i malati tranquilli, i cui ambienti sono alti m. 4,90 e coperti con volte laterizie. Nell’area centrale sono gli uffici della Deputazione provinciale, l’archivio, l’appartamento del medico, una sala di ricevimento, la farmacia con laboratorio, un gabinetto di studio per il medico direttore e una cappella con piccola sacrestia per gli addetti allo stabilimento, per i tranquilli e le tranquille; nelle sezioni per gli uomini e per le donne si ripete pressoché identico lo schema del piano terra. Al secondo piano gli ambienti sono alti m. 4,50, coperti con volte “a cameracanna” o soffitti alla maceratese; si tratta di tre corpi tra loro non comunicanti, ciascuno accessibile dal piano inferiore. Nell’avancorpo centrale sono i vani dei servizi generali, con la sala del teatro e l’appartamento del medico-direttore. Nell’avancorpo sinistro è il “Quartiere per la Ispettrice ed inferme sotto cura speciale”, in quello destro è il “Quartiere per i tranquilli” con una terrazza scoperta per il passeggio. Al di sopra è il piano delle soffitte con ambienti per gli inservienti, vani di sgombro e di deposito, oltre a una terrazza coperta.
Nella parte posteriore, tra alberi d’alto fusto e prati, trovano spazio le latrine, la neviera-ghiacciaia e, nel folto del bosco di querce secolari e in posizione tra loro diametralmente opposta (angoli nord-ovest e sud-ovest), i due padiglioni destinati ai ricoverati paganti: donne (Pinel) [MC_4_2_9; MC_4_3_4] e uomini (Chiarugi) [MC_4_3_5]; a quest’ultimo, oltre il muro di confine a ovest, è annesso un orto da coltivare, al quale è previsto di aggiungere una colonia agricola [MC_4_2_3; MC_4_2_5]. Ambedue comunicano tramite viali con lo stabilimento principale e hanno libero accesso dall’esterno per consentire ai degenti pensionanti di conservare la dignità del proprio status sociale: una formula ibrida fra ospedale psichiatrico e casino di villeggiatura.
II fase: 1871-1921 [MC_4_1_7]
architetti/ingegneri: Virginio Tombolini, Nicola Ciarapica, Antonio Bianchi, Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: Giovanni Tonino, Enrico Morselli, Giandidimo Angelucci, Giovanni Esposito, Luigi Lugiato
Durante la direzione di Giovanni Tonino (1871-1876) si eseguono opere di adeguamento dell’esistente, ma è con l’innovativa direzione di Enrico Morselli (1877-1880) che si realizzano sostanziali modifiche funzionali e distributive, attuate avendo come modelli il manicomio di S. Lazzaro a Reggio Emilia e i principi psichiatrici dell’alienista Carlo Livi. Il manicomio maceratese – definito “a sistema germanico” e “primo Asilo dei pazzi edificato in Italia di sana pianta e ispirato ai principi della medicina mentale” – è reso più efficiente nel 1877 con l’attivazione della Colonia agricola Esquirol (7 ha. di podere, con stalla, porcile, colombaia, ovile e conigliera-modello) e l’istituzione di una Colonia industriale nel casino Pinel, ex villa per pensionanti donne trasformata in “Casa di lavoro libero e regolare”. Sono realizzate nuove vie di comunicazione interna, migliorato il sistema igienico generale, edificato un magazzino per il forno, rinnovata la cucina, costruiti nuovi locali (dispensa e lavatoio), impiantato il guardaroba, migliorate le strutture idroterapiche, realizzate nuove cisterne e aumentati gli ambienti per i bagni [MC_4_2_5]. Inoltre, Morselli fonda la “Gazzetta del Manicomio” (1878), istituisce il Museo craniologico e l’Osservatorio meteorologico, e apre un archivio clinico e una piccola biblioteca.
A Morselli succede Giandidimo Angelucci (1881-1907). Fino agli anni novanta non sono molti i lavori edilizi attuati, ma si costruisce un nuovo magazzino per le biancherie sudice (1882-83) e si modifica il soggiorno delle malate agitate (1886). Tema centrale è la ricostruzione della facciata della chiesa di S. Croce attigua al manicomio, realizzata nel 1881 sotto la direzione di Virginio Tombolini. In concomitanza con questi lavori si acquista l’area per ampliare il piazzale antistante, sistemato a verde su progetto dell’Ufficio tecnico, e si costruisce la nuova cucina dietro la curva dei bagni. Nell’ultimo decennio del secolo l’attività edilizia è concentrata nella parte occidentale del complesso manicomiale, dove si attuano più opere: consolidamento dell’edificio della cucina (1890-91), modifiche nella colonia Esquirol (1891), costruzione di una moderna lavanderia presso la colonia (1895-97), del padiglione industriale per i tranquilli (1895-98, poi Lombroso; realizzato su progetto di Antonio Bianchi) [MC_4_2_11] e del capannone per le pompe (1897-99). Oltre a eseguire opere di sistemazione esterna (viali di collegamento tra i diversi edifici), si completano gli impianti elettrici e si riconverte il villino Pinel (rinominato Morselli) all’uso di pensionato femminile. Inoltre, è ampliata la cinta muraria inglobando al suo interno i padiglioni Chiarugi e Morselli [MC_4_2_5], ma si lamenta la mancanza di un padiglione per il ricovero di agitati e sudici.
A fine secolo la situazione è la seguente: area totale impegnata dai fabbricati, mq. 7.710,94; capacità complessiva degli ambienti occupati da alienati, mc. 7.801,37; estensione dei locali di passeggio scoperti per alienati, mq. 24.191,45. La colonia agricola esistente (mq. 40.908,13) è composta di un fabbricato isolato, vari annessi, un laboratorio, un rustico, la concimaia, le stalle di bovini e suini, l’apiario, il pollaio ecc.; ha, inoltre, una vasta area per l’orto (con depositi d’acqua e un efficiente sistema d’irrigazione), due vigneti, vari appezzamenti di terreno per cereali e foraggio, più altri terreni e due fornaci per produrre mattoni.
All’inizio del Novecento il manicomio raggiunge il massimo dello sviluppo e grande notorietà, tanto da essere citato come esempio da imitare per organizzazione funzionale e razionale sistemazione complessiva; tuttavia, l’eccessivo affollamento impone un urgente ampliamento. Dopo aver scartato l’ipotesi di costruire un nuovo padiglione nel recinto del manicomio, tra il 1902 e il 1906 si acquista allo scopo Villa Lauri (località Montalbano) che, opportunamente ristrutturata, può alloggiare sessanta malati [MC_4_1_2; MC_4_3_6]. Alla fine del 1903, a causa di numerose lesioni, l’edificio principale della colonia Esquirol è fatto sgombrare; ritenendo inutile qualsiasi restauro, si redige il progetto di ricostruzione di uno stabile a due piani, terminato nel 1907 [MC_4_2_12; MC_4_3_7] e, accanto, nel 1910, demolito il vecchio porcile ne è realizzato uno nuovo. Tenendo presenti i modelli già in funzione nei manicomi provinciali di Aversa, Perugia, Lucca e altri, già prima si era rinnovata la cucina economica, e ampliato e sopraelevato il fabbricato del guardaroba tessitoria [MC_4_2_13; MC_4_3_10].
Dall’agosto 1908 è direttore Giovanni Esposito; nella relazione sull’andamento del manicomio (1910), cita i rinnovati Statuto e Regolamento e, tra i miglioramenti apportati, segnala la lavanderia-modello e l’innovativo servizio di guardaroba. Essendo passati oltre quarant’anni dalla costruzione del manicomio, la direzione chiede fondi per attuarvi le opportune riforme, anche sul piano edilizio; si parla di aggiornamenti soprattutto tecnici, ma anche di ristrutturazioni, di nuove costruzioni e dell’acquisto di altri terreni. Tra 1913 e 1915 si avviano opere di riordinamento generale; demoliti gli stabili della vecchia lavanderia dietro la rotonda del corpo principale, vi sono costruiti il nuovo forno e gli ambienti accessori. Altri progetti riguardano la costruzione di un nuovo padiglione per sudici e la trasformazione di edifici esistenti, ma l’avvento della guerra e le conseguenti difficoltà economiche ne interrompono l’esecuzione.
III fase: 1921-1980 [MC_4_1_7]
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: Gaetano Martini, Luigi Balietti, Enzo Corradini
Tra il 1922 e il 1927 il complesso si amplia nuovamente dovendo rispondere alla richiesta sempre più numerosa di ricoveri conseguenti al riconosciuto orientamento moderno che l’istituto si era dato [MC_4_1_5]. Sono costruiti due grandi padiglioni pressoché identici, destinati al soggiorno di malati mentali a lunga degenza, intitolati a Leonardo Bianchi (riservato alle donne) [MC_4_3_13] e a Eugenio Tanzi (adibito agli uomini). Il primo, dislocato nella parte sud dell’area e con l’asse maggiore orientato a nord-ovest/sud-est, è un blocco edilizio compatto a forma di parallelepipedo, gemello dell’altro, che si trova nella parte nord, ma con un orientamento nord-est/sud-ovest; ambedue hanno un impianto rettangolare e si sviluppano su un solo piano con forme architettonico-decorative simili e assai semplici. Nel frattempo (1923) l’amministrazione provinciale delibera di destinare Villa Lauri a sanatorio, cessando nel 1924 la sua funzione di sede distaccata del manicomio.
Nel novembre 1933 si approva il progetto per la costruzione di un padiglione per adulti agitati (Mingazzini), da realizzare all’interno dell’area manicomiale e capace di ospitare sessantacinque malati. Iniziati alla fine dello stesso anno, i lavori proseguono fino al 1938, ma in corso d’opera i lavori subiscono diverse interruzioni, ripensamenti e varianti di progetto. Il padiglione ha un impianto di forma quadrilatera con una grande corte centrale e si articola su due piani, sfruttando il dislivello del terreno [MC_4_2_14; MC_4_3_14].
Nonostante le difficoltà della guerra e del periodo postbellico, sotto la direzione di Luigi Balietti, durata ventidue anni (1944-1966), sono rinnovati i servizi di necroscopia, la lavanderia e la cucina; è costruito un nuovo padiglione per le malate agitate, dedicato a Ugo Cerletti (circa 1955): tra quelli destinati ai malati mentali, è l’edificio di più recente costruzione e l’ultimo a mantenere fino alla chiusura del manicomio la funzione originaria [MC_4_1_6]. In questo periodo è presa in considerazione l’eventualità di ricostruire il padiglione Lombroso, in cattive condizioni statiche, operazione poi non realizzata, anche se vi sono apportati lavori di rinforzo alle strutture per ovviare agli evidenti dissesti dell’edificio. Nel corso degli anni, inoltre, al mutare delle necessità funzionali conseguenti al rinnovamento delle terapie psichiatriche, i padiglioni subiscono opere di consolidamento strutturale e, soprattutto, di adeguamento e razionalizzazione degli spazi per permettere l’inserimento di nuove attività terapeutiche. Tra 1972 e 1975 al padiglione Lombroso sono apportate alcune modifiche (demolizione della mansarda e rifacimento del solaio di copertura). Il padiglione Chiarugi è sgomberato dai malati nel 1975, poiché richiede urgenti lavori di consolidamento, peraltro mai eseguiti [MC_4_3_12]. È aggiunto, probabilmente tra gli anni sessanta e settanta, un garage nei pressi della curva dell’edificio centrale.
IV fase: dal 1980 [MC_4_1_7]
architetti/ingegneri: Studio tecnico Gruppo Marche, Enrico Rinaldesi, Marco Dezzi Bardeschi
Dopo l’emanazione della L. 180/1978 l’ospedale psichiatrico diviene proprietà dell’Azienda Sanitaria Locale, per essere trasformato in Cras-Centro riabilitativo assistenziale e sanitario (L.R. 27/1985). Il fabbricato principale è ristrutturato per essere adeguato a ospitare i nuovi uffici amministrativi: il corpo centrale è riservato ai servizi comuni, per poi essere adibito agli uffici direzionali, mentre l’ala a fianco della chiesa mantiene la destinazione originaria di ricovero dei malati fino al 1998, quando l’ex ospedale neuropsichiatrico è definitivamente sgomberato e l’ASL decide di alienare quella parte del complesso che ritiene di non utilizzare.
Nello stesso anno (1998), su incarico dell’Asur Marche - Zona territoriale 9 Macerata, per l’intera area è redatto un “Progetto di Riqualificazione urbanistico-edilizia ex Cras” (Studio tecnico Gruppo Marche). La maggior parte dell’area rimane all’ASL per essere adibita ad attrezzature sanitarie e assistenziali, salvo alcune parti destinate a verde pubblico (giardino e parco). Il padiglione centrale accoglie gli uffici, il distretto di base e il poliambulatorio [MC_4_3_8; MC_4_3_9], mentre il padiglione Bianchi, che aveva mantenuto la sua funzione (reparto donne) fino al 1984, nel 1998 è ristrutturato per consentirne il cambio di destinazione d’uso (Servizio di veterinaria) [MC_4_3_13]. Nel padiglione Morselli sono realizzate opere di consolidamento statico e di rifunzionalizzazione per ospitare un Centro diurno per tossicodipendenti; il padiglione Mingazzini è destinato a ospitare i Servizi multizonali di sanità pubblica, l’ex cucina invece accoglie la sede del Centro di riabilitazione (fisioterapia) con garage al piano interrato e l’adiacente ex guardaroba tessitoria è destinato a magazzino e deposito [MC_4_3_10].
Tutto il comparto ovest (32.000 mq e circa 25.300 mc: padiglioni Chiarugi, Tanzi, Cerletti, Lombroso, oltre all’ex lavanderia, all’ex obitorio e ad alcuni rustici) – esclusi l’edificio della colonia agricola Esquirol e gli annessi (ora sede della Croce Verde, proprietà Asur) – è ceduto all’Università di Macerata per essere trasformato in campus residenziale. I padiglioni Tanzi e Cerletti sono stati oggetto di opere di consolidamento (1980 e 1998), per evitare cedimenti dovuti al costante movimento del terreno.
Alla parrocchia di Santa Croce è ceduta una porzione di fabbricato contiguo alla chiesa, per realizzare un oratorio, alcuni servizi e uno spazio all’aperto (circa 1.500 mq).
A seguito del sisma del 1997 e nell’ambito della L. 61/1998, dal 2002 si eseguono opere di restauro e miglioramento sismico al padiglione Morselli, che nel 2012 risulta inutilizzato [MC_4_3_11], e nei padiglioni Bianchi e Mingazzini [MC_4_3_14]; nel 2003, lavori di restauro e miglioramento sismico sono attuati anche nel padiglione Centrale-ex Cras.
Con la L. 338/2000 (Cofinanziamento da parte dello Stato in interventi per la realizzazione o il recupero di residenze per studenti universitari e stanziamenti relativi) l’Università degli Studi di Macerata ottiene finanziamenti per “la Ristrutturazione edilizia di Villa Lauri e recupero di alcuni annessi da destinare a residenze universitarie” e per il “Recupero padiglioni Ex Cras per la realizzazione di un centro residenziale universitario di eccellenza”. Nel 2009 l’Università degli Studi di Macerata affida in appalto i lavori di recupero dei padiglioni ex Cras (Studio tecnico Gruppo Marche, arch. Enrico Rinaldesi), ancora in corso [MC_4_3_15]; nell’estate del 2012 è demolito il padiglione Cerletti. Chiuso nel 1982 il sanatorio, con sede dal 1924 a Villa Lauri, quest’ultima è in stato di abbandono, nonostante l’amministrazione provinciale, dopo un concorso d’idee (1996), avesse affidato l’incarico per il suo recupero a un team di progettisti coordinati dall’architetto Marco Dezzi Bardeschi.
impianto
blocco articolato e padiglioni indipendenti
corpi edilizi
padiglione principale a forma di “T” su due e tre piani; padiglioni a uno, due, tre piani; padiglione quadrangolare a corte su due piani; villini a due e tre piani; annessi agricoli
strutture
strutture in elevazione: muratura di mattoni e mista, ferro e ghisa, cemento armato
orizzontamenti: volte laterizie, volte “a cameracanna”, soffitti alla maceratese, solai piani
coperture: tetti a capanna e tetti a padiglione, con orditura lignea e rivestimento in coppi, o con orditura in cemento armato e rivestimento in tegole piane del tipo marsigliese; tetti piani
ottimo (ex padiglioni Morselli, Lombroso e Tanzi; ex cucina)
buono (ingresso, corpo principale, ex padiglioni Bianchi e Mingazzini)
medio (ex guardaroba, ex colonia Esquirol)
cattivo (ex padiglione Chiarugi, villa Lauri)
pessimo (neviera, annesso agricolo)
Iconografie principali del Nuovo manicomio costruito dalla Provincia di Macerata in Sa. Croce, s.n., [Macerata] 1871
G. Tonino, Ricordi del manicomio di Macerata pel Dott. Giovanni Tonino, in Giornale internazionale delle scienze mediche, N. S., II, Enrico Detken Editore, Napoli 1881
E. Morselli, L’assistenza pubblica. Il manicomio provinciale di S. Croce, in L. Borioni, La provincia di Macerata. Cenni storici, amministrativi, statistici, Stab. Tip. F.lli Mancini, Macerata 1906, pp. 195-217
A. Tamburini, G. C. Ferrari, G. Antonini, L’assistenza degli alienati in Italia e nelle varie nazioni, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Milano-Napoli-Palermo-Roma 1918, pp. 157-161
R. Fabbrichesi, Stabilimenti sanitari. II. Manicomi, in Manuale dell’Architetto per cura dell’architetto ing. Daniele Donghi, vol. II, La composizione architettonica. Parte prima. Distribuzione. Sezione terza, UTET, Torino 1927, pp. 667-746 (pp. 700-702)
L. Balietti, L’ospedale neuro-psichiatrico, in Storia di Macerata, a cura di A. Adversi, D. Cecchi, L. Paci, vol. V, Biemmegraf, Macerata 1977, pp. 419-423
R. Ruffini, Note sull’assistenza psichiatrica a Macerata nella prima metà dell’800, in “Studi Maceratesi”, XXII, Macerata 1989, pp. 593-632
G. Caracini, Il padiglione Morselli del manicomio provinciale di Macerata, in L’orientalismo nell’architettura italiana tra Ottocento e Novecento, a cura di M. A. Giusti, E. Godoli, maschietto&musolino, Firenze 1999, pp. 135-146
R. Ruffini, Provvedimenti per i malati di mente nel Maceratese tra seconda occupazione napoleonica e Restaurazione, in “Studi Maceratesi”, XXXVIII, Macerata 2004, pp. 235-295
M. L. Neri, Manicomio provinciale di Santa Croce a Macerata, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 243-246
Archivio di Stato di Macerata, Archivio Amministrazione Provinciale, Primo lotto (1823-1955); Secondo lotto (1880-1950)
Theme by Raniero Carloni Luca Montecchiari and Andrea Orlando inspired by Danetsoft