Ospedale psichiatrico di San Giacomo in Tomba (1880-1962)
Villa provinciale di S. Floriano di Valpolicella (VR)
Ospedale di Ponton, frazione di S. Ambrogio di Valpolicella (VR)
Padiglione a gestione provinciale all’interno del Policlinico Rossi, Verona
nuovo impianto
Il primo manicomio della città di Verona è costruito nel 1880 sfruttando le preesistenze del più antico ospedale di Verona, dedicato ai Santi Giacomo e Lazzaro in “basso Acquar”, in origine edificato nel 1179 in località Tomba e poi dalla Serenissima trasferito (1518) nella zona di San Giacomo (attuale Borgo Roma) [VR_4_2_1]. I nuovi edifici restano sostanzialmente intatti fino all’Ottocento, quando sono integrati nei grandi reparti costruiti grazie all’acquisizione di nuovi terreni per l’ampliamento dell’area manicomiale; la vita dell’istituto termina tuttavia all’inizio degli anni ’60 del Novecento, quando viene edificato il nuovo ospedale psichiatrico in località Marzana, mentre il lotto in via San Giacomo, nella seduta del 5 dicembre 1962, è ceduto agli Istituti Ospitalieri di Verona per la costruzione del secondo ospedale civile cittadino [VR_4_3_1;VR_4_3_2].
Il primo aprile 1963 la Direzione dell’Ospedale psichiatrico di Verona (manicomio di S. Giacomo in Tomba) presenta il progetto per un piano di riordino dell’organizzazione psichiatrica in città: il nuovo assetto prevede la costituzione di due ospedali ognuno di 600 posti, situati nelle frazioni di Marzana e di S. Floriano, e di un reparto di 130 posti presso il nuovo Policlinico Rossi. Gli ospedali di Marzana e di S. Floriano sono previsti con struttura a padiglioni autonomi, polivalenti, per maschi e femmine e diverse categorie di malati; a S. Floriano è previsto inoltre un servizio d’isolamento per infettivi e un padiglione per i “gigli neri” o “giovani ragazze a tendenza immorale”, come riporta la Relazione sul riordino presentata dalla direzione dell’ospedale. Il reparto adiacente al nuovo Policlinico ha invece per scopo l’integrazione di servizi specialistici quali pronto soccorso, degenza per malati psichiatrici, che abbiano necessità di accertamenti e cure extra-psichiatriche o per degenti dell’ospedale civile aventi necessità di trattamenti o custodia psichiatrica.
Gli ospedali previsti precorrono la riforma legislativa del 1980, poiché in essi è considerata superata la concezione di reparti specializzati: ogni reparto, grazie alla propria organizzazione polivalente, risulta al contempo luogo di osservazione, di custodia e di cura; inoltre grande rilievo viene dato al nucleo per la socializzazione, composto da chiesa, campo da calcio, teatro, uffici, botteghe artigianali e luoghi di ritrovo, in grado di consentire relazioni tra ospedale e paese, con possibilità di apertura e chiusura degli accessi. L’area prescelta per il primo ospedale è adiacente al vecchio nucleo di Marzana, in luogo della vecchia scuola agraria, ove sono già sono presenti una villa e un parco, che vengono a questo scopo parzialmente riutilizzati [VR_4_2_2; VR_4_2_3].
I fase: 1963-1969
architetti/ingegneri: Daniele Calabi
alienisti/psichiatri: Serafino Trabucchi
Il progetto di massima, affidato all’architetto Daniele Calabi in collaborazione con il medico-alienista Serafino Trabucchi, è approvato dal Consiglio Provinciale di Verona nella seduta del 3 marzo 1963. Quanto al dimensionamento, esso si attiene alla proposta di legge appoggiata dall’Unione delle Province per il nuovo ordinamento dell’assistenza psichiatrica: è progettato secondo una ripartizione in cinque divisioni, da 120 posti letto ciascuna; ogni divisione è, a sua volta, anche costruttivamente, articolata in quattro sezioni di 30 letti ciascuna, per un ammontare di 600 posti letto totali; la spesa complessiva prevista è di 2.200.000.000 lire.
Il complesso ha una struttura a villaggio diffuso [VR_4_3_3], con unità a carattere autonomo, e percorsi attentamente studiati: alla base della composizione viene assunta una divisione tipo, costituita da quattro sezioni di degenza e dalle serie di locali di soggiorno, di cura, di servizi, ad essa relativi. Tali corpi sono disposti in modo che l’area centrale, non edificata ma prevista a verde e occupata da un campo da gioco, dia accesso e smisti i vari percorsi all’interno dell’agglomerato [VR_4_2_4; VR_4_2_5].
I vari nuclei di abitazione [VR_4_2_9; VR_4_2_10] fanno capo funzionalmente al “centro sociale” [VR_4_2_7; VR_4_2_8; VR_4_3_6], determinato dai principali edifici per la vita associata e per l'assistenza spirituale o ricreativa, tutti raccolti attorno alla piazzetta porticata e all'antica villa esistente [VR_4_2_6; VR_4_3_4; VR_4_3_5].
Qui è organizzato il nucleo della direzione, dei servizi di entrata e accettazione, delle stanze di visita e di studio del direttore e degli assistenti, degli ambulatori e consultori. Qui vengono anche attrezzati gli ambulatori specialistici di ginecologia, di oculistica, di otorinolaringoiatria, i gabinetti odontoiatrico e radiologico, un posto di pronto soccorso a piccola chirurgia e i laboratori di analisi e di ricerca.
Un corpo di fabbrica articolato, vicino all'entrata, corrisponde ai servizi generali e tecnologici del complesso e comprende la cucina con le relative dispense e i locali annessi: lavanderia con stireria, guardaroba e centrale termica con piccola officina di manutenzione. Tali servizi, grazie alla loro posizione marginale all’interno del complesso, hanno accesso agevole dall'esterno, per gli approvvigionamenti, e immettono direttamente nell'anello interno di collegamento, per la distribuzione alle successive unità di abitazione.
I differenti nuclei abitativi [VR_4_3_7; VR_4_3_8; VR_4_3_9] sono distanziati tra loro da fasce alberate; altre aree verdi sono destinate a floricultura, orticoltura e a generali attività agricole concepite in funzione ergoterapica. Per la separazione dei sessi, il progetto non prevede la completa divisione del complesso in due gruppi: la separazione, infatti, può essere ottenuta nell'ambito di ciascuna divisione, consentendo la necessaria indipendenza, ma anche la possibilità di maggiore elasticità negli sviluppi dei metodi di terapie di gruppo.
Il consiglio provinciale di Verona, nella seduta del 6 marzo 1963, approva il progetto di massima avanzando alcune osservazioni; gli elementi che poco convincono sono la collocazione del campo di calcio al centro del lotto (si ritiene infatti che ne possa derivare chiasso per l’intero complesso), la posizione laterale della chiesa e del centro sociale, la poca ampiezza del parco e la sua accessibilità al pubblico. Inoltre si segnala che la grande dispersione dei corpi di fabbrica causa una spesa giudicata eccessiva, impedendo anche di concentrare i servizi in un asse centrale. Poiché l’architetto Daniele Calabi respinge tali osservazioni sostenendo che non esistono rilevanti differenze di costi rispetto a un ospedale più accentrato e che, per quanto riguarda la collocazione del centro sociale e della cappella, si è proceduto in accordo con l’alienista Serafino Trabucchi, si decide di non apportate modifiche al progetto.
Anche il Consiglio superiore di Sanità approva il progetto di massima ma ne vincola l’esecuzione ad alcune modifiche riguardanti la riduzione del numero di posti letto in alcune stanze, la sistemazione degli spazi fra i corpi di fabbrica, per il miglioramento dell’areazione e illuminazione dei corridoi, lo spostamento di alcuni locali nell’area delle cucine; altre piccole modifiche riguardano gli ambienti destinati ai servizi interni all’istituto. Del progetto esecutivo, approvato dal consiglio provinciale in data 3 marzo 1964, non è stata rinvenuta documentazione che consenta di verificare se tali modifiche siano state effettivamente apportate. I principi base del progetto di Calabi, deceduto nello stesso 1964, sono rispettati in fase costruttiva, fatte salve alcune modifiche nella disposizione delle unità da lui disegnate, che hanno comportato un maggior distacco tra i padiglioni.
La costruzione dell’ospedale viene appaltata all’impresa cav. Aldo Marchesini di Verona (per le opere murarie) mediante trattativa privata; la posa della prima pietra avviene il 25 ottobre 1964, dopo il necessario sgombero e trasferimento di un’officina ivi preesistente (febbraio 1965). L’ospedale entra pienamente in funzione nel settembre del 1969.
II fase: 1969-2012
architetti/ingegneri: dato non accertato
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Dall’entrata in funzione dell’ospedale (1969), per i dieci anni successivi vi si attuano solo opere di manutenzione ordinaria. In ragione della breve vita del complesso come ospedale psichiatrico, terminata nel 1980, le maggiori modifiche avvengono nella fase della sua de-istituzionalizzazione, in anni recenti. In particolare si evidenzia la costruzione di un nuovo edificio, destinato a Hospice [VR_4_1_4; VR_4_3_10], la cui ubicazione in posizione centrale diminuisce lo spazio destinato alla socializzazione, vanificando uno dei concetti-chiave del progetto di Daniele Calabi.
É avvenuto inoltre il recupero parziale delle strutture da parte dell’ULSS di Verona; di particolare difficoltà risulta la manutenzione degli spazi verdi e dei campi da gioco, usati in maniera molto limitata dal personale.
impianto
a villaggio, con unità a carattere autonomo costruite intorno a un campo da gioco
corpi edilizi
padiglioni su due piani fuori terra, a pianta mistilinea e a pianta a “L”
strutture
strutture in elevazione: muratura tradizionale, strutture in cemento armato
orizzontamenti: solai piani
coperture: tetti a falde molto ribassate
medio: attuali strutture dell’Azienda ULSS
cattivo: spazi verdi e campi da gioco
Consiglio ospitaliero di Verona, Manicomio con colonia agricola in S. Giacomo di Tomba: istruzioni interne, Stab. Tipografia Lit. Di Gaetano Franchini, Verona 1887
R. Lambranzi, L’ospedale psichiatrico provinciale di Verona. 1880-1929, La Tipografia Veronese, Verona 1930
R. Fianco, L'asilo della maggior sventura: origini e sviluppo del manicomio veronese di S. Giacomo di Tomba, 1880, Cierre, Verona 1992
A. Pastore, G.M. Varagnini, P. Marini, G. Marini, L’Ospedale e la città. Cinquecento anni d’arte a Verona, Cierre, Verona 1996
J. Phillips, Fotografo (Catalogo della mostra Verona, 28 novembre 2010-30 gennaio 2011), Silvana, Milano 2010
A. Simioli, Ospedale psichiatrico di Verona a Marzana, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 180-181
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