La progettazione dell’Ospedale neuropsichiatrico avviene in due fasi distinte con una continuità d’impostazione e alcune varianti significative; il progettista della fase di massima si occupa anche della progettazione dei successivi ampliamenti, realizzati contestualmente alla costruzione del complesso.
L'incarico per la realizzazione del progetto di massima è affidato, nel 1906, all'ingegner Paolo Mussetti, allora capo dell'Ufficio tecnico provinciale, e al medico alienista Augusto Tamburini. L'unica documentazione che possediamo di tale progetto è la planimetria generale [TV_4_2_1], dalla quale si evince che l'ospedale, atto a ospitare solo un centinaio di pazienti, doveva essere costituito da tre edifici: una costruzione centrale con pianta ad U, disposta in posizione avanzata rispetto agli altri due edifici e progettata come sede dei servizi e degli uffici dell'amministrazione ospedaliera, e due padiglioni con planimetria ad H, che dovevano essere adibiti a centri di osservazione dei pazienti (sezione maschile e femminile), prima di essere smistati tra le case di cura distrettuali. Nell’ideazione iniziale, approvata dalla Deputazione provinciale che riteneva indispensabile un ospedale adeguato ad accogliere un numero in crescita di pazienti, il progetto è subito predisposto per essere in seguito ampliato.
I lavori di costruzione iniziano grazie al finanziamento dell’amministrazione provinciale di Treviso; dopo un paio d’anni è richiesto allo stesso ingegnere Mussetti un progetto di variante che prevede l’ampliamento [TV_4_2_12]: i lavori pertanto proseguono parallelamente all’apertura della struttura, nel 1911, fino alla sua inaugurazione nel 1913.
Il complesso manicomiale di S. Artemio viene realizzato con un impianto a padiglioni indipendenti, distribuiti su tre fasce parallele e sviluppati all’interno di una struttura simmetrica di viali alberati e spazi verdi, sistemati a giardino all’italiana, che accolgono i singoli edifici. L’asse centrale è adibito ai servizi e comprende quattro edifici: l’amministrazione [TV_4_2_2], i servizi generali [TV_4_2_7; TV_4_2_8], la lavanderia e il servizio necroscopico; affiancato a quest’ultimo, in posizione arretrata rispetto al complesso, è collocato il padiglione per i malati infettivi [TV_4_2_9].
Gli edifici che si sviluppavano sulle fasce laterali, disposti in modo simmetrico, ospitano pazienti di entrambi i sessi (uomini a sinistra, donne a destra): ai lati dell’amministrazione sono collocati i padiglioni per dozzinanti [TV_4_2_6]; in posizione arretrata, affiancati ai servizi generali, i padiglioni per pazienti tranquilli e le infermerie [TV_4_2_3]; di seguito i padiglioni per l’osservazione e vigilanza dei malati, mentre la terza fascia comprende unicamente gli edifici atti al ricovero dei pazienti “clamorosi”. Gli edifici che compongono l'asse centrale del complesso, i padiglioni per i pensionanti e quelli disposti agli estremi laterali sono progettati con planimetria ad U [TV_4_2_5], mentre gli edifici a due piani destinati ad accogliere i pazienti tranquilli e quelli agitati si presentano con pianta ad H [TV_4_2_4].
La piccola cappella del complesso [TV_4_2_10] a unica navata è disposta a destra del complesso, alla fine del viale d’ingresso. Particolare attenzione è riservata anche agli spazi verdi e alla colonia agricola, che si sviluppa davanti all’ospedale.
La struttura manicomiale trevigiana assume da subito caratteristiche peculiari; il complesso è ideato infatti come luogo di studio, osservazione e cura solo dei pazienti in fase acuta (i malati cronici venivano invece inviati presso le cinque case di cura distrettuali), fatto che ha comportato la messa a fuoco di caratteri innovativi da un punto di vista edilizio e funzionale. Per tale motivo, la distribuzione dei malati fra i padiglioni non segue gli schemi generalmente riscontrabili in altri manicomi italiani, mancando del tutto edifici adibiti a ospitare pazienti semi-agitati, epilettici o infermi. Inoltre la particolare cura nei confronti di alcuni servizi - l’acqua corrente o gli impianti sanitari o il riscaldamento mediante termosifoni, la presenza di gabinetti scientifici, della biblioteca e di un museo antropologico - determina che l’ospedale sia considerato all’inizio del XX secolo uno dei più “tecnologici” in Italia, valendogli anche la vittoria della medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale d’Igiene nel 1912 a Roma.
Da questa data e fino al 1967 all’interno del complesso ospedaliero si attuano esclusivamente lavori di manutenzione ordinaria.
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