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I fase

Anno inizio: 
da 1914 a 1930

Il progetto di massima è presentato per l’approvazione della deputazione provinciale nel febbraio 1914: propone un manicomio di 580 posti letto, di cui trenta per dozzinanti, tipologicamente organizzato a padiglioni isolati nel verde, con annessa colonia agricolo-industriale; criterio fondamentale è la rigida distinzione dei sessi e degli alienati in base alla pericolosità [MN_4_2_1].

L’ospedale è a pianta simmetrica e il padiglione dei servizi generali è posto sull’asse centrale; a questo sono affiancati i diversi padiglioni, cui si aggiungono il laboratorio, il padiglione degli infettivi, la colonia agricola e la sala comune. I corpi di fabbrica sono 18: un padiglione della direzione-amministrazione, cinque padiglioni per uomini (accettazione-osservazione [MN_4_2_2; MN_4_2_3; MN_4_2_4; MN_4_2_5], agitati e criminali, cronici [MN_4_2_6], tranquilli, lavoratori) e cinque per donne con le stesse destinazioni; due padiglioni per paganti uomini e donne, il padiglione per le malattie infettive, quattro padiglioni destinati ai servizi generali [MN_4_2_7; MN_4_2_8] e speciali (cucina, servizi centrali, cappella e camera mortuaria).

Negli anni seguenti, il progetto viene verificato su tre diversi terreni nei pressi della città, nel territorio di Goito e in quello di Volta Mantovana; infine, il Consiglio provinciale di Mantova ne delibera la costruzione nell’area del fondo Bigattera, con la convinzione che la quiete della campagna agevoli il recupero degli ammalati sconvolti dalla vita cittadina.

L’ingresso principale si apre sulla strada di Montanara: varcato il cancello, si accede all’edificio dell’Amministrazione attraverso un vasto spiazzo disegnato ad aiuole. L’asse longitudinale dell’impianto passa attraverso l’atrio di questo edificio principale. A ciascun lato del parco, separati tra loro da giardini, vi sono tre padiglioni per parte (uno per i tranquilli, uno per i cronici e uno per lavoratori), destinati a uomini e donne, mentre sull’altra estremità dello stesso sorge l’edificio della cucina e dietro il padiglione macchine-lavanderia con il relativo camino, alto 30 metri. In fondo è collocata la torre contenente i serbatoi dell’acqua potabile, in cemento armato. Alle due estremità, est e ovest, in posizione appartata, sono collocati il padiglione per gli affetti da malattie infettive e quello per il servizio necroscopico, collegato a un’uscita indipendente a poche centinaia di metri dal cimitero; in fondo vi sono le stalle. Ogni padiglione è dotato di ambulatori, sala di soggiorno con cucina e acquaio, e bagni. Nel progetto le finestre sono aperte fino a terra e non più alte di un metro, protette da inferriate, mentre i pavimenti sono in legno, cemento, asfalto, linoleum; l’arredamento non è di bassa qualità.

Approvato nel 1914, il progetto è realizzato parzialmente; quando l’ospedale è inaugurato, il 28 ottobre 1930, lo stato di fatto del complesso è molto diverso dall’ideale progettato. Dei 18 corpi di fabbrica previsti sono realizzati solo: il padiglione della direzione [MN_4_3_1]; due padiglioni per uomini (uno per tranquilli e lavoratori [MN_4_3_2] e uno per osservazione e agitati [MN_4_3_3; MN_4_3_4]) e i due corrispettivi per le donne; l’edificio per le cucine e i retrostanti Servizi generali; le stalle, a ovest, e il servizio necroscopico, a est. Il manicomio non è delimitato da cinta muraria, ma da reti metalliche, e all’interno l’edificato è circondato da giardini e prati, attraversati da viali di collegamento tra i padiglioni [MN_4_3_5]. La palazzina centrale costituisce il cuore del sistema: qui hanno origine due viali di tigli lunghi 260 m, che portano ai servizi comuni e all'ingresso del complesso, intersecati da viali laterali di robinie sui quali sono disposti i reparti.

La prima fase dei lavori è compresa tra il 1915 e il 1922 circa, fino a quando la questione manicomiale diviene prerogativa dell’Amministrazione provinciale fascista che, nel 1925, la giudica non più urgente. In seguito, con delibera provinciale (23 settembre 1927), si delibera la ripresa immediata dei lavori e la realizzazione di una nuova parte del progetto del 1914: il cambiamento è dovuto ai problemi sociali e di ordine pubblico scaturiti dalla crisi economica che, dalla seconda metà degli anni venti, investe la realtà agricola mantovana spingendo indigenti e vagabondi verso la città.

La mancanza di fondi necessari per il completamento del manicomio spinge il presidente della provincia a stipulare una convenzione con la Congregazione di Carità, che gestisce Castiglione delle Stiviere dal 16 luglio 1929: l’accordo prevede di affidare alla Congregazione sia il servizio di assistenza agli alienati sia i lavori necessari all’apertura della nuova struttura, mentre l’amministrazione provinciale si riserva di completare l’esecutivo ed esercitare la vigilanza nei confronti dell’ente. La convenzione stabilisce quindi che l’ospedale psichiatrico provinciale sia formato dalle due sezioni congiunte: solo nel marzo del 1940 la gestione del manicomio ritornerà a essere in toto della Provincia di Mantova.

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