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II fase

Anno inizio: 
da 1884 a 1905
Alienisti: 

Stante l’aumento dei ricoverati e quindi la necessità di realizzare un nuovo corpo di fabbrica, nel 1883 dalla direzione del manicomio si avanza la proposta di acquisto della proprietà Belvederi, sita su via Frassinago, e la stessa richiede che sia costruito un nuovo corpo di fabbrica che corra per tutta la lunghezza del lato est del grande cortile, appoggiandosi al muro di cinta esistente.

Il progetto, redatto dall’ingegnere capo della Provincia, G. Bernardoni, è presentato l’11 maggio 1894 [BO_4_2_7; BO_4_2_8]. Al piano terra, si prevedono otto nuove stanze per “malati furiosi” e una sala comune. Ai piani superiori, per un accesso più praticabile, si aggiunge una scala a ovest di quella già esistente e si adeguano alcuni locali da adibire a nuove funzioni, come infermerie e dormitori. Nelle adiacenze del muro di cinta, deve smantellarsi parte del magazzino dell’ospedale, per far posto a locali nuovi, destinati a dormitori e bagni; nella realizzazione, questi ultimi devono essere conformi al “sistema Oppi”, rispondente alle esigenze del servizio interno dell’Istituto.

Sempre del 1894, è il progetto di ampliamento e di restyling dell’ingresso principale al manicomio in via Sant’Isaia n. 90 [BO_4_2_9]. A tal fine, si richiede una parziale demolizione del fabbricato posto sull’androne, per innestare due archi a tutto sesto: uno all’ingresso, l’altro al termine dell’androne stesso. Intanto, nella parte interna, s’ispessiscono i muri laterali perimetrali perché siano paralleli fra loro; sono tamponati i vani in essi praticati e i restanti sono disposti simmetricamente e ornati di stipiti. Sul fronte anteriore, quello prospiciente la via pubblica, si colloca un cancello di ferro a due ante, alto tre metri e munito di portello; l’altro ingresso è chiuso da serramenti in ferro e dotato di un portello. Seguono, nei due anni successivi, la ricostruzione del terrazzo, collocato sui locali dell’infermeria femminile (1895) e la realizzazione dell’impianto fognante e dei bagni nella “sezione donne sudice”(1896).

Il 26 maggio 1897, si redige un aggiuntivo progetto di ampliamento, destinato a un braccio di fabbricato sopraelevato, da adibirsi a dormitorio femminile. Sono già trascorsi trent’anni dall’arrivo dei malati mentali in via S. Isaia, ma il manicomio è ancora insufficiente a contenere le esuberanti richieste di ricovero, tanto che un gruppo di degenti sono trasferiti presso la struttura di Imola. Ai primi del Novecento, l’esubero dei degenti rende critica la situazione e Roncati chiede di annettere al manicomio alcuni terreni incolti e una serie di abitazioni private, ubicate in via Sana. Il problema degli spazi non trova adeguate soluzioni e si dà inizio a un nuovo trasferimento di malati nella struttura psichiatrica di Imola, dove la Provincia di Bologna, dal 1898, aveva acquistato l’edificio del manicomio Centrale, contiguo all’Ospedale della Scaletta.

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