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II fase

Anno inizio: 
da 1929 a 1952
Alienisti: 

In ragione del continuo aumento dei ricoverati, in tempi rapidi sono sopraelevati di un piano diversi padiglioni (degenti e laboratori) e realizzate nuove connessioni e aggiunte tra gli edifici in linea. Nel 1929 risulta che sono già raddoppiati in altezza i padiglioni dei paralitici e degli agitati, secondo un progetto dell’ingegnere Fermo Terzi che propone anche migliorie tecniche di tipo edilizio quali, ad esempio, il rafforzo dei soffitti in incannicciato tramite legature di filo zincato o nuovi pavimenti in getto di segatura di legna con silicati (ditta Berna di Bergamo), perché meno freddi di quelli in cemento armato, senza connessure e facilmente lavabili.

Nel 1934 l’Ufficio tecnico dell’ospedale progetta ex novo l’impianto idrico e tre anni dopo (1937) quello di riscaldamento [BG_4_2_14]; contemporaneamente sono sopraelevati e unificati i laboratori maschili (i disegni di progetto sono presenti nell’archivio provinciale). Nel 1939 è acquistata una grossa macchina asciugatrice e, in data imprecisata, sono aperti i due manicomi sussidiari di Almenno San Salvatore e di Vertova. Lo stato del complesso ospedaliero bergamasco è riportato in una mappa catastale del 1940 [BG_4_2_15].

A seguito di migliorie diverse di tipo tecnologico (potenziamento degli impianti fognari, di riscaldamento ad aria calda, elettrici), nell’ospedale psichiatrico si registra una rapida crescita del numero dei ricoverati, divenuti più di 1.000 all’inizio degli anni cinquanta [BG_4_2_16]. Poiché i padiglioni sono insufficientemente riscaldati per la popolazione di circa 1.060 malati e più di 300 addetti alla cura (nel 1952 i malati ad Almenno San Salvatore sono 100 e 80 a Vertova), il direttore Alberto Rostan fa redigere un progetto di riscaldamento centrale a termosifone; si prevede allora l’istallazione di tre nuove caldaie. S’ipotizza anche un ampliamento del complesso manicomiale, oltre il recinto, con tre nuovi padiglioni: neurologico, infanzia anormale e quartiere del lavoro.

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