Tra il 1922 e il 1927 il complesso si amplia nuovamente dovendo rispondere alla richiesta sempre più numerosa di ricoveri conseguenti al riconosciuto orientamento moderno che l’istituto si era dato [MC_4_1_5]. Sono costruiti due grandi padiglioni pressoché identici, destinati al soggiorno di malati mentali a lunga degenza, intitolati a Leonardo Bianchi (riservato alle donne) [MC_4_3_13] e a Eugenio Tanzi (adibito agli uomini). Il primo, dislocato nella parte sud dell’area e con l’asse maggiore orientato a nord-ovest/sud-est, è un blocco edilizio compatto a forma di parallelepipedo, gemello dell’altro, che si trova nella parte nord, ma con un orientamento nord-est/sud-ovest; ambedue hanno un impianto rettangolare e si sviluppano su un solo piano con forme architettonico-decorative simili e assai semplici. Nel frattempo (1923) l’amministrazione provinciale delibera di destinare Villa Lauri a sanatorio, cessando nel 1924 la sua funzione di sede distaccata del manicomio.
Nel novembre 1933 si approva il progetto per la costruzione di un padiglione per adulti agitati (Mingazzini), da realizzare all’interno dell’area manicomiale e capace di ospitare sessantacinque malati. Iniziati alla fine dello stesso anno, i lavori proseguono fino al 1938, ma in corso d’opera i lavori subiscono diverse interruzioni, ripensamenti e varianti di progetto. Il padiglione ha un impianto di forma quadrilatera con una grande corte centrale e si articola su due piani, sfruttando il dislivello del terreno [MC_4_2_14; MC_4_3_14].
Nonostante le difficoltà della guerra e del periodo postbellico, sotto la direzione di Luigi Balietti, durata ventidue anni (1944-1966), sono rinnovati i servizi di necroscopia, la lavanderia e la cucina; è costruito un nuovo padiglione per le malate agitate, dedicato a Ugo Cerletti (circa 1955): tra quelli destinati ai malati mentali, è l’edificio di più recente costruzione e l’ultimo a mantenere fino alla chiusura del manicomio la funzione originaria [MC_4_1_6]. In questo periodo è presa in considerazione l’eventualità di ricostruire il padiglione Lombroso, in cattive condizioni statiche, operazione poi non realizzata, anche se vi sono apportati lavori di rinforzo alle strutture per ovviare agli evidenti dissesti dell’edificio. Nel corso degli anni, inoltre, al mutare delle necessità funzionali conseguenti al rinnovamento delle terapie psichiatriche, i padiglioni subiscono opere di consolidamento strutturale e, soprattutto, di adeguamento e razionalizzazione degli spazi per permettere l’inserimento di nuove attività terapeutiche. Tra 1972 e 1975 al padiglione Lombroso sono apportate alcune modifiche (demolizione della mansarda e rifacimento del solaio di copertura). Il padiglione Chiarugi è sgomberato dai malati nel 1975, poiché richiede urgenti lavori di consolidamento, peraltro mai eseguiti [MC_4_3_12]. È aggiunto, probabilmente tra gli anni sessanta e settanta, un garage nei pressi della curva dell’edificio centrale.
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