Manicomio Lorenzo Mandalari di Messina
Nuovo Manicomio Pietro Pisani di Palermo (fino al 1930)
Assenti
nuovo impianto
L’esigenza di realizzare una struttura dove curare i malati di mente di Agrigento e della sua provincia è avvertita sin dalla seconda metà dell’Ottocento quando i pazienti sono costretti ad affrontare i numerosi disagi per il ricovero nelle province di Messina e di Palermo. L’amministrazione provinciale avvia i primi studi per la costruzione di un manicomio nel 1907 coinvolgendo l’ingegnere Francesco Paolo Palazzotto, che già vantava l’esperienza della progettazione del manicomio di Palermo. Tuttavia, tale decisione è rimandata sia per la mancanza dei necessari finanziamenti sia per i complessi problemi igienico-sanitari imposti dalla legislazione e dalla manualistica; in particolare, la mancanza di un adeguato quantitativo di acqua rappresenta il principale ostacolo, al momento irrisolvibile. Soltanto nel 1925, avendo trovato soluzione il problema idrico, garantito dal Consorzio del Voltano (1911), è istituita una commissione prefettizia che stabilisce di avviare adeguati studi di adattamento per la messa in opera dell’originario progetto di Francesco Paolo Palazzotto, deceduto però nel 1915, e contemporaneamente di trovare i finanziamenti per costruirlo.
I fase: 1927-1930 [AG_4_1_2]
architetti/ingegneri: Donato Mendolia
alienisti/psichiatri: Bernardo Frisco
Esaurita la lunga trafila burocratica, seguita da dibattiti e proposte, per intervento del commendatore Mannino, direttore del Banco di Sicilia, nel 1926 è concesso alla Provincia un mutuo di £ 7.900.000, somma interamente destinata alla realizzazione del nuovo complesso manicomiale. Nel 1927, a contribuire alla sua reale costruzione è anche l’esproprio da parte della Provincia, e la donazione da parte di privati proprietari, dei terreni su cui insediare il manicomio, appezzamenti distanti circa un chilometro dalla città. Rielaborato il progetto iniziale di Palazzotto nel 1926 dall’ingegner Donato Mendolia, dopo tre anni di lavori diretti da quest’ultimo, nel 1930 avviene l’inaugurazione del nuovo complesso.
Dell’intero insediamento edilizio, in questa fase sono costruiti i primi dieci padiglioni (nove di degenza e uno per la direzione sanitaria e amministrativa), suddivisi in tre aree funzionali collegate da un’unica spina centrale dove sono collocati i servizi generali e la direzione [AG_4_2_1]. Questa spina, che corre lungo l’asse nord-ovest/sud-est, perpendicolarmente all’orientamento del complesso, ha una duplice funzione, aggregativa e di supporto: vi sono sistemate in sequenza tutte le funzioni che rendono autosufficiente il sistema manicomiale, collegato alla città con il viale della Vittoria, l’elegante passeggiata alberata urbana che affaccia sull’area archeologica della Valle dei Templi [AG_4_3_2]. La disposizione planimetrica dei padiglioni segue le curve di livello e, allineandosi parallelamente al viale, gode lo stesso affaccio panoramico di notevole valore paesaggistico.
Verso nord-ovest è costruita la portineria, mentre la cappella e la camera mortuaria sono collocate a sud-est; nell’area intermedia, verso sud, è organizzata la colonia agricola. Per quanto riguarda l’ambiente esterno, particolare cura è stata rivolta al sistema di collegamento dei percorsi che consentono la connessione tra le varie parti dell’intero complesso attraverso puntuali episodi architettonici, riguardanti l’insieme delle scalinate e delle rampe che garantiscono il superamento dei dislivelli fra le quote, a volte notevoli [AG_4_3_3; AG_4_3_4].
Disposti su più terrazzamenti, simmetrici e speculari rispetto all’asse nord-est/sud-ovest, lungo cui sono collocati la direzione sanitario-amministrativa e il padiglione di ricovero centrale, sono realizzati gli altri otto fabbricati destinati alla degenza.
Un discorso a parte va fatto per l’antica (e attuale) sede della direzione generale; sia nell’impianto planimetrico sia nella concezione architettonica ha caratteristiche che non si riscontano in nessuno degli altri edifici, poiché assume aspetti figurativi diversi con una cauta esaltazione del linguaggio che la differenzia architettonicamente dagli altri padiglioni [AG_4_2_2; AG_4_2_3; AG_4_3_5]. Il manufatto si articola in un corpo centrale con orientamento nord-est/sud-ovest e due corpi trasversali di dimensioni minori. Ha quattro piani fuori terra con un’estensione di 400 metri quadrati ciascuno, a eccezione del piano terra, dov’è collocato l’ingresso principale affacciato sul largo viale, che occupa un’area di soli 200 metri quadrati, a causa della notevole differenza di quota del terreno. L’altro fronte, infatti, ha solo tre piani, poiché la strada di accesso si trova a una quota molto più alta rispetto al viale principale, coincidente all’incirca con quella del secondo piano. I due ingressi simmetrici, evidenziati da importanti portali, sono posti sui corpi trasversali e permettono l’accesso direttamente dalla strada al terzo piano attraverso passerelle. Sempre su questo lato una scala di tufo, paragonabile per fattezze a un vero e proprio scalone, conduce al cortile interno, più basso rispetto alla strada, dove sono presenti gli ingressi secondari decorati da lesene. Questo spazio interno, compreso tra la parete di calcarenite e la parte nord dell’edificio, è arricchito dalla presenza di aiuole ed elementi decorativi, tra cui una lapide dedicata a Umberto De Giacomo, illustre psichiatra e direttore dell’istituto negli anni che seguiranno alla sua inaugurazione (1930).
Lungo lo stesso asse nord-est/sud-ovest della direzione, ma sul terrazzamento superiore è il padiglione di degenza centrale; ha una pianta a forma di “C” e si articola su due piani fuori terra e uno interrato. Le facciate, completamente prive di elementi decorativi, hanno basamento in pietra, infissi di legno (recenti) e balconi con mensole di marmo nella facciata sud-ovest; connotato da un’evidente diversità architettonica rispetto agli altri padiglioni fa pensare a una sua ricostruzione a seguito dell’ultimo conflitto bellico.
Ai lati di questo padiglione centrale, ma arretrati rispetto al viale che li mette in comunicazione, e dunque posti a una quota più alta data la particolarità del terreno, sono altri quattro padiglioni di degenza, due alla sua sinistra e due alla sua destra. I due più vicini al padiglione centrale hanno due piani fuori terra e si compongono di un corpo longitudinale orientato lungo l’asse nord-est/sud-ovest e di tre corpi trasversali, due laterali e uno centrale, che interseca quello longitudinale; in entrambi i padiglioni è presente il basamento in pietra e un portico d’accesso. Sia quello a sinistra (ora ospita la Comunità Terapeutica Assistita) [AG_4_2_4; AG_4_2_5; AG_4_3_6] sia quello a destra (dove ora è la Residenza Sanitaria Assistita) hanno tra loro molte somiglianze, ma anche alcune evidenti differenze, esito di lavori eseguiti negli anni precedenti la dismissione.
I due ex padiglioni di degenza più lontani rispetto al centrale hanno un solo piano e sono costituiti da un corpo centrale e due laterali, perpendicolari al primo, coperti con tetto a falde inclinate. La loro architettura si caratterizza per la presenza del basamento, dei cantonali, del portico centrale con pilastri e di un oculo in ciascun corpo trasversale. Oggi fanno parte dell’Azienda Sanitaria Provinciale e sono, rispettivamente, la sede del Servizio Aziendale di Sociologia [AG_4_2_6; AG_4_2_7; AG_4_3_7] e della RSA H [AG_4_2_8; AG_4_2_9; AG_4_3_8].
Gli ultimi quattro padiglioni di degenza che fronteggiano i quattro precedenti e affiancano la Direzione, sono anch’essi prospicienti il viale alberato, ma più arretrati rispetto alla sede direttiva, e collocati sullo stesso terrazzamento simmetricamente a questa, ma a una quota più alta; hanno tipologie pressoché simili, pur presentando alcune piccole differenze sia nella pianta sia nell’aspetto figurativo. Gli edifici più vicini alla direzione (uno è ora destinato a Medicina di base, l’altro è in disuso) sono a un solo piano, hanno un corpo principale disposto secondo l’asse longitudinale e tre corpi trasversali che s’intersecano al primo, uno nella parte centrale e gli altri due nelle parti terminali, inquadrati da cantonali bugnati; sono caratterizzati da un basamento in pietra, da un portico scandito da pilastri con capitello e base che affaccia sul viale principale e da una copertura a tetto a falde inclinate [AG_4_2_10; AG_4_2_11]. Gli altri due padiglioni, i più lontani (ora Ambulatorio immigrati e Farmacia territoriale), pur avendo un impianto tipologico simile [AG_4_2_12], medesima copertura a falde, stesso basamento in pietrame e portico con pilastri, si articolano in gran parte su due piani e hanno un balcone centrale con parapetto in muratura al primo piano.
In mancanza di elaborati grafici originali, solo con l’osservazione diretta e il rilievo della realtà presente è stato possibile leggere l’architettura di questo complesso manicomiale, che denuncia l’attenzione del progettista Palazzotto per l’apparato decorativo. Se la ricerca figurativa ha una maggiore definizione negli edifici d’affaccio, come la Direzione, diminuendo d’intensità a vantaggio di quella funzionale nei padiglioni di degenza e servizi generali, non va comunque sottovalutata la presenza di un’espressione linguistica contenuta, connessa al contesto urbano di provincia minore.
II fase: 1930-1978 [AG_4_1_2]
architetti/ingegneri: Donato Mendolia, Nicola D’Alessandro
alienisti/psichiatri: Umberto De Giacomo, Gabriele Tripi, Mario La Loggia
Negli anni successivi all’inaugurazione (1930), l’ospedale psichiatrico subisce varie e vaste ristrutturazioni; una delle più importanti è quella della ricostruzione parziale di alcuni edifici gravemente danneggiati dai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale. Nel 1957, dopo il completamento dell’assetto ospedaliero in cui sono aggiunti gli ultimi tre fabbricati, ubicati nella fascia di terreno a quota più alta, è approntato e portato a termine un ampio programma di ammodernamento e riorganizzazione dell’intero complesso. Il Delegato regionale già due anni prima (1955) aveva disposto che fosse redatto un progetto completo per portare la ricettività dell’ospedale da 660 a 900 posti, e aveva deciso di adottare una serie di provvedimenti per rimboscare la zona, al fine di migliorarne le condizioni di vita; trasformazioni indiscutibilmente positive che hanno risonanza nazionale.
La dislocazione dei tre nuovi edifici è oggettivamente condizionata dall’orografia del sito in forte declivio che, se da un lato valorizza l’immagine panoramica dell’insieme, di fatto rende assai difficoltosa l’articolazione del sistema distributivo generale [AG_4_3_9]. Posti al livello di quota più alta, due padiglioni sono destinati ai reparti di isolamento e il terzo, quello centrale, alla lavanderia. I primi due padiglioni hanno il medesimo impianto (corpo longitudinale e tre ali perpendicolari di ridotte dimensioni) e distribuiscono le funzioni su due piani [AG_4_2_13], mentre la lavanderia, posta al centro degli altri due fabbricati, si compone di un corpo centrale su due piani e di due ali laterali perpendicolari a un solo piano [AG_4_2_14; AG_4_2_15].
È evidente che la soluzione adottata ad Agrigento è stata comunque condizionata dai bassi costi e dalla particolarità orografica dell’area, che ha imposto un impianto d’insieme dei padiglioni a sviluppo lineare lungo le curve di livello dell’area. Pur vantando un incantevole affaccio panoramico sulla Valle dei Templi, tale disposizione non ha, tuttavia, consentito l’inserimento dei cortili all’interno dei padiglioni, intesi come spazi chiusi di pertinenza dei singoli reparti.
Negli anni precedenti la dismissione dell’ospedale psichiatrico sono eseguite, perlopiù, opere di ricostruzione dei padiglioni ubicati sia nella parte alta sia nella zona mediana. Ciò comporta, in particolare in uno dei padiglioni di degenza, modifiche nella forma dell’impianto, nelle altezze del corpo edilizio, nel tipo di copertura (da tetto a padiglione a lastricato piano) e nell’aspetto figurativo, che appare semplificato rispetto a quello degli altri: i fronti sono inquadrati da fasce parietali in leggero rilievo e i pilastri dei portici non hanno né basamento né parte sommitale, mentre le cornici delle aperture hanno tutte le medesime forme.
III fase: 1979-2012 [AG_4_1_3]
architetti/ingegneri: Franco Miccichè
alienisti/psichiatri: Gerlando Taibi, Angelo Mongiovì, Enrico Scifo
L’ultimo periodo di esercizio dell’ex ospedale psichiatrico coincide col passaggio dalla gestione provinciale della struttura all’Azienda USL e alla formazione del Dipartimento di Salute mentale. Ne deriva il successivo svolgimento di lavori per rifunzionalizzare gran parte degli edifici, opportunamente trasformati per accogliere le nuove destinazioni d’uso. Fra gli interventi più evidenti riconducibili a tale periodo è il prolungamento del viale della Vittoria che taglia di fatto in due l’ex colonia agricola. La provincia, proprietaria di questa vasta estensione di terreno, dopo l’abbandono delle pratiche psichiatriche ne dispone la bonifica e, volendo recuperare il patrimonio vegetale già esistente, lo arricchisce e lo integra con la creazione del “Giardino botanico”. Oggi questa splendida realtà conserva gli esemplari più vecchi (pini domestici, gelsi, olivi, carrubi), che sono stati riacquisiti e migliorati, e ne ha impiantati di nuovi; anche il magnifico erbario ha subito un eccellente lavoro di classificazione, così come avvenuto per le grandi varietà di specie autoctone.
Gli interventi operati negli anni per quanto riguarda l’ex complesso dell’ospedale psichiatrico, sono prevalentemente riferiti alla manutenzione ordinaria e straordinaria sia della sede direzionale sia degli ex padiglioni di degenza riconvertiti come uffici e ambulatori dell’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP 1) di Agrigento.
impianto
a padiglioni indipendenti
corpi edilizi
edifici su uno/due/tre/quattro piani con piante a forma di “U”, “C”, “a pettine” e “doppio pettine” variamente articolate
strutture
strutture in elevazione: muratura mista, pilastri in cemento armato
orizzontamenti: solai originari orditi con il sistema “incannucciato”
coperture: tetti lignei a padiglione e a capanna con rivestimenti in coppi, tetti a orditura in cemento armato e rivestimenti in tegole piane del tipo marsigliese
ottimo: ex Direzione sanitaria amministrativa (ora Direzione dell’Azienda Sanitaria Provinciale)
buono: ex Lavanderia, ex Portineria, ex Padiglioni di degenza (ora Servizio Aziendale di Sociologia, Ufficio tecnico, Medicina di base, Farmacia territoriale)
medio: ex Padiglioni di degenza (ora Ambulatorio, Ufficio formazione personale, Residenze Sanitarie Assistite e Consultori: RSA, RSA H, CTA)
pessimo: ex Padiglione di degenza (a est della Direzione)
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