Gli anni della deistituzionalizzazione sono particolarmente critici per l’edilizia manicomiale di Udine: malgrado la direzione locale avesse instaurato rapporti di interscambio con molteplici strutture analoghe (Trieste, Gorizia, Treviso), non si limita in questo frangente con le loro decisioni e non attiva reale operatività sino alla metà degli anni novanta. Per risolvere il problema della gestione degli ammalati e del riutilizzo delle architetture, la Regione Friuli Venezia Giulia predispone una delibera di “superamento” dell’ospedale psichiatrico connotandolo come residenza sanitaria, ma senza predisporre un vero piano di trasformazione.
A seguito degli interventi legislativi del 1996, invece, Udine e la succursale di Sottoselva divengono oggetto di una sperimentazione significativa, promossa dall’Azienda per i Servizi Sanitari, finalizzata alla riconversione della spesa per l’assistenza sanitaria residenziale in progetti di salute personalizzati. Parallelamente è avviato un processo di riqualificazione architettonica, paesaggistica e botanica e di valorizzazione delle cooperative sociali, situate anche all’interno delle strutture ex-manicomiali. Nel 2006, infatti, l’architetto Massimo Asquini redige un’Agenda per il recupero e la valorizzazione giardinistico paesaggistica del sito dell’ex ospedale psichiatrico provinciale.
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