Ospedale Civile della SS. Annunziata
Ospedale psichiatrico “Monserrato” (1977-1998)
nuovo impianto
Prima dell’istituzione del manicomio nel fondo Rizzeddu, gli ammalati psichici della provincia di Sassari erano ricoverati in parte in città, presso l’Ospedale civico, e, nella maggioranza dei casi considerati clinicamente gravi, presso il grande nosocomio cagliaritano denominato San Giovanni di Dio (se ne rilevavano 112 nel 1901). Altri ricoveri di “alienati” provenienti da Sassari si registravano anche nei manicomi di Torino, Palermo, Napoli, Roma, Aversa e Marsiglia.
La situazione di Sassari in realtà rifletteva una condizione assai diffusa nelle province italiane. Agli inizi del Novecento, infatti, soltanto 36 delle 69 province istituite dopo l’Unità d’Italia, erano in possesso di un proprio manicomio, ma dovevano farsi carico del ricovero degli ammalati provenienti dalle rimanenti province, in taluni casi al di là della loro effettiva capacità ricettiva.
La costruzione di un manicomio a Sassari era divenuta nel tempo una necessità inderogabile, tenuto conto delle spese annualmente affrontate dalla Deputazione provinciale per il mantenimento degli alienati ricoverati fuori sede, e a fronte delle pressioni esercitate dal manicomio cagliaritano, indisponibile ad accogliere nuovi degenti sassaresi e ad assicurare la permanenza di quelli già presenti ammontanti a oltre centocinquanta.
Con due delibere del Consiglio Provinciale, rispettivamente del 30 novembre 1893 e del 30 agosto 1894, che facevano seguito a quelle dell’Amministrazione dell’Ospedale della SS. Annunziata, del 19 settembre 1893 e del 29 ottobre 1894, è sottoscritto un contratto per la costruzione di un complesso manicomiale, localizzato nel fondo agricolo denominato Rizzeddu o Codinei, non distante dalla città, ma opportunamente isolato. Della predisposizione dello studio di un’ipotesi progettuale è dato incarico all’ingegnere Eugenio Manunta Bruno, con la consulenza del professore Federico Rivano, assistente e vice direttore del Laboratorio clinico del manicomio di Torino, e dal 1895 medico ordinario anziano e direttore del Laboratorio clinico della Casa di Collegno. Redatto a Torino nell’agosto 1894, il progetto è inviato alla Deputazione Provinciale di Sassari nel marzo dell’anno successivo e trasmesso all’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale, Domenico Cordella, perché se ne “avvalesse nel suo progetto definitivo” [SS_4_2_1], così come recita la relazione redatta da Manunta Bruno e Rivano, dal titolo Progetto di un Manicomio da costruirsi a Sassari, edita nel 1895.
I fase: 1896-1905 [SS_4_1_5]
architetti/ingegneri: Domenico Cordella, Eugenio Manunta Bruno
alienisti/psichiatri: Federico Rivano, Gian Battista Pellizzi
Il 26 marzo 1896, nella sala delle adunanze delle Deputazione Provinciale di Sassari, con la stipula del primo contratto per l’Esercizio del Manicomio della città, si stabilisce che la Provincia costruirà a proprie spese un complesso manicomiale nel podere denominato Rizzeddu, precedentemente acquistato dalla stessa Provincia. Alla stesura del contratto sono presenti, per l’Amministrazione Provinciale, i deputati Giuseppe Meloni, con le funzioni di Presidente, Pietro Moro, Antonio Vincentelli, Giovanni Zirolia; per l’Amministrazione dell’Ospedale, il presidente Giovanni Luigi Porqueddu e il segretario Pietro Colombo. Il nuovo ospedale psichiatrico assumerà il titolo di “Manicomio Provinciale esercitato dall’Ospedale Civile di Sassari”. Evidentemente, sin dalla scelta della denominazione del nuovo manicomio, si intende ribadire come l’amministrazione provinciale, a lavori di costruzione ultimati, pur mantenendo la proprietà degli immobili, ne trasferirà l’intera gestione all’Ospedale Civico. Alla provincia spetterà anche l’onere del mantenimento dei ricoverati indigenti, nonché il costo delle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria.
La scelta del terreno più idoneo alla costruzione del nuovo manicomio, individuato in località Rizzeddu, è resa pubblica dal presidente della Deputazione provinciale di Sassari nella seduta del 30 agosto 1894 insieme alla illustrazione del progetto redatto dall’ingegnere capo Domenico Cordella. L’acquisto del terreno è perfezionato con atto stipulato il 25 marzo 1895, da Proto Secchi, nella duplice veste di notaio e Segretario capo dell’Amministrazione provinciale. Si tratta di un vasto fondo, appartenente alla famiglia Madau, esteso per circa sette ettari, delimitato dalla strada consortile e da due strade interpoderali poste a confine con i terreni del conte di Sant’Elia e delle famiglie Gadau e Manca. La natura particolarmente fertile del terreno, adatto alla coltivazione di alberi da frutto, ma anche di cereali e di leguminose, e soprattutto la presenza di 280 piante d’ulivo, ne rende alto il valore d’acquisto che è stabilito nella considerevole cifra di circa tredicimila lire.
Cordella ha reso esecutivo il progetto di massima redatto da Eugenio Manunta Bruno e da Federico Rivano [SS_4_2_1; SS_4_2_2; SS_4_2_3], improntato alla massima economicità e consistente in un sistema di sei distinti padiglioni, disposti secondo un doppio sistema assiale [SS_4_2_4]. Lungo l’asse principale, in direzione nord-ovest/sud-est, sono ubicati l’edificio dell’Amministrazione [SS_4_2_5; SS_4_2_9] e il padiglione dei servizi comuni (cappella, cucina, casa delle suore) [SS_4_2_6; SS_4_2_7; SS_4_2_8], mentre lungo il secondo asse sono distribuiti, opportunamente distanziati, i quattro padiglioni per i degenti, due per ciascun sesso, suddivisi per gli internati “tranquilli” e per quelli “agitati”. Le ristrettezze economiche hanno impedito la realizzazione, prevista da Manunta Bruno, della “tettoia in zinco sostenuta da colonnine in ghisa” che aveva lo scopo di collegare l’intero sistema degli edifici “senza far uso di porticati, troppo costosi, o di gallerie, le quali dovrebbero essere assolutamente bandite in queste costruzioni” (Manunta Bruno, Rivano, 1895, p. 8). L’impianto generale sembra essere allusivo di una dimensione urbana fortemente gerarchizzata attorno all’asse gravitazionale composto dalla duplice polarità chiesa-casina dell’amministrazione. Allo stesso modo, il disegno del parco non costituisce un mero episodio collaterale al sistema architettonico, ma diviene elemento fondamentale della qualità dell’intervento. L’insieme dei padiglioni destinati agli internati appare estremamente castigato nelle forme espressive dei singoli edifici che risultano scevri da qualunque apparato decorativo. Le piante degli edifici, a sviluppo rettilineo, presentano un lieve aggetto del blocco centrale stretto tra le due ali dei dormitori e destinato ai servizi. Il tema compositivo uniforme delle facciate è costituito da possenti paraste bugnate che incorniciano teorie di slanciate finestre rettangolari con sopraluce. Il piano generale di edificazione del manicomio è suddiviso in quindici lotti di appalto realizzati tra il 1896 e il 1904, anno della sua inaugurazione (Archivio di Stato di Sassari, Atti Notarili Sassari Copie, bb. 223, 225, 229, 234, 237, 287: contengono i contratti d’appalto per la realizzazione del manicomio, con allegate 20 tavole di grande formato).
I lavori iniziano nel 1896 con la costruzione del padiglione dei servizi comuni G (chiesa, alloggi delle suore e cucine), della Casa dell’amministrazione (A) e del padiglione dei tranquilli (H), per continuare l’anno successivo con l’edificazione dei padiglioni delle tranquille, degli agitati e delle agitate (F, I, E). Tra il 1901 e il 1902 le opere sono completate con lavori di falegnameria e di pavimentazione dei padiglioni (in cemento a getto), oltre alla realizzazione degli impianti idrico-sanitari e del gas, per concludersi con la realizzazione dei muri di recinzione e dell’ingresso su via Rizzeddu.
Come in altre occasioni, Cordella conferisce all’intervento un rigore formale che amplifica i caratteri distintivi, identitari e funzionali dell’opera, rivelando la sua formazione culturale e professionale di ingegnere “sabaudo”. Alla realizzazione del manicomio concorrono soprattutto maestranze locali che adoperano sistemi costruttivi tradizionali: murature in conci e solai a volte laterizie (realine). In taluni casi, come nelle sale di notevole ampiezza, destinate ai refettori e al soggiorno dei degenti, si introducono orizzontamenti in voltine di mattoni, tra profilati in acciaio e colonne in ghisa [SS_4_3_4].
Completati i lavori, lo stesso Federico Rivano riceve la nomina a direttore provvisorio del manicomio provinciale. All’ormai noto alienista spetta il gravoso compito di occuparsi dell’apertura del Rizzeddu, dell’assunzione del personale medico, paramedico e del trasferimento degli alienati originari di Sassari ricoverati in altri nosocomi. A Rivano succede nella direzione del manicomio il reggiano Gian Battista Pellizzi (1865-1950), incaricato sin dal 1900 dell’insegnamento di Clinica psichiatrica all’Università di Sassari, e dal 1902 libero docente di Clinica delle malattie nervose e mentali. La sua permanenza, per quanto breve (alla fine del 1906 lascia Sassari per l’Università di Pisa), è decisiva nella predisposizione di un organico programma medico-sanitario della struttura e coincide con la fase dei suoi studi anatomo-patologici fondamentali sull’idiozia, che avranno grande risonanza nella comunità scientifica nazionale. Nella relazione annuale sullo stabilimento manicomiale sassarese, Pellizzi sottolinea come esso risulti assai carente negli spazi destinati al ricovero degli ammalati. Predisposto per ricevere circa 200 degenti, già a un mese dall’entrata in funzione ne ospita 146 (93 uomini e 53 donne) e, alla fine del 1904, raggiunge i 155. Nel 1905 il numero dei ricoverati sale a 172 (101 uomini e 71 donne).
II fase 1906-1924 [SS_4_1_5]
architetti/ingegneri: Eugenio Manunta Bruno
alienisti/psichiatri: Ernesto Lugaro
Nel 1906 la Deputazione affida all’ingegner Eugenio Manunta Bruno – subentrato a Cordella nella direzione dell’Ufficio tecnico provinciale – l’elaborazione del progetto di ampliamento del manicomio, secondo le indicazioni innovative predisposte dal nuovo direttore, il palermitano Ernesto Lugaro, chiamato anche alla docenza della cattedra di Clinica psichiatrica dell’Ateneo sassarese.
Si conferma la necessità della costruzione di nuovi reparti di degenza per i “criminali” e per gli “osservati”, un uso terapeutico dei luoghi, il miglioramento complessivo della condizione igienica dell’intero manicomio, dove si riscontrano un’insufficienza nell’approvvigionamento d’acqua e il cattivo funzionamento dell’impianto fognario (Manunta Bruno, 1907).
Quando il numero dei degenti ricoverati è di 278, nel 1909, si acquistano i terreni di proprietà Garau e Sant’Elia estesi per circa dodici ettari, e si dà avvio al piano di ampliamento del manicomio previsto da Manunta Bruno che comprende: la colonia agricola, costituita da un edificio a due piani, capace di ospitare 34 ammalati, con bagni terapeutici, refettorio e laboratorio al piano terra, e dormitori al primo piano; il grande padiglione degli ammalati in osservazione, immaginato come vera e propria clinica psichiatrica autonoma, comprendente reparti di ambo i sessi, opportunamente separati, ma con dormitori di diversa capacità e cortili in grado di ospitare ammalati di varia natura (tranquilli e agitati). L’edificio contiene anche, al primo piano, tutti gli ambienti necessitanti alla clinica medica (scuola, laboratori, biblioteca, stanze per gli assistenti e direzione); il padiglione dei “criminali”, capace di ospitare una decina di ammalati, composto di stanze d’isolamento, dormitorio comune, refettorio e servizi; un piccolo padiglione per i pensionati paganti dotato di due reparti (maschile e femminile) con stanze singole.
Inoltre, il progetto contempla il rifacimento della rete idrica e del sistema fognario, l’ampliamento della via Rizzeddu, la costruzione della nuova cinta muraria a delimitazione delle nuove aree acquisite, la realizzazione dell’impianto di illuminazione elettrica.
Per le ristrettezze economiche dell’amministrazione provinciale, in realtà il progetto di ampliamento previsto da Manunta Bruno troverà effettiva attuazione soltanto nei decenni successivi. Nell’immediato, tra il 1908 e il 1909, le nuove opere dirette dallo stesso Manunta sono limitate alla costruzione del sesto padiglione maschile semiagitati (N), inizialmente pensato come ulteriore padiglione per tranquille [SS_4_2_10; SS_4_2_11; SS_4_2_12],alla sopraelevazione e ampliamento dell’edificio destinato all’amministrazione e alla realizzazione della conigliera [SS_4_2_13].
III fase 1925-1953 [SS_4_1_5]
architetti/ingegneri: G.T. Serra
alienisti/psichiatri: dato non reperito
Tra il 1925 e il 1929 sono edificati il terzo padiglione femminile semiagitate (M), quello destinato all’osservazione dei degenti uomini e donne (B) [SS_4_1_3; SS_4_3_8] e il terzo padiglione maschile “sudici” (P). Si devono attendere gli anni trenta per dare corpo al progetto di ampliamento dell’annessa colonia agricola (1932) [SS_4_2_14] e ai lavori per la realizzazione di quattro nuovi padiglioni: il padiglione utilizzato come Colonia lavorativa per pazienti stabili (Q), nel 1933; il sesto padiglione femminile per tubercolotiche (D), nel 1936; il settimo padiglione maschile destinato ai pensionati paganti (C) [SS_4_3_9] e il padiglione destinato a panificio (R), nel 1938. Nello stesso anno si attuano i lavori di sopraelevazione dei padiglioni femminile semiagitate (E) e III maschile agitati (I).
Nel 1942, al fine di migliorare il sistema di approvvigionamento idrico, è realizzato un serbatoio a torre in cemento armato su progetto dell’ingegnere Serra. Una planimetria generale restituisce lo stato dell’Ospedale psichiatrico al 1950 [SS_4_1_4].
(I lavori di ampliamento sono documentati in Archivio Storico della Provincia di Sassari, b. 1, Manicomio Economato, 1909-1943; b. 2, Manicomio Economato, 1944-1953).
IV fase 1954-1990 [SS_4_1_5]
architetti/ingegneri: dato non reperito
alienisti/psichiatri: Luigi Ruju
Nel dopoguerra, con la costruzione del nuovo padiglione tubercolotici (O), comprendente le due sezioni, maschile e femminile (1954-57) [SS_4_2_15; SS_4_2_16; SS_4_3_10], la sopraelevazione del sesto padiglione femminile agitate, ex tubercolotiche (Archivio Storico della Provincia di Sassari, b. 77, Contratti originali, 1954) e la realizzazione dell’edificio destinato alla portineria (U), ambedue del 1958, e l’ampliamento e ristrutturazione del padiglione dei tranquilli (1960) si completa lo scenario dell’area manicomiale che nella sua massima espansione raggiunge sedici distinte strutture immerse in un vasto parco in cui spiccano grandi alberi bagolari, cedri, dracene, pioppi e viali di cipressi e pini. Gli anni sessanta e settanta sono segnati dalla direzione del manicomio da parte del professor Luigi Ruju, noto psichiatra dell’ateneo sassarese. Per l’aumento esponenziale degli internati, nel 1977, al Rizzeddu si aggiunge un secondo ospedale psichiatrico, il Monserrato.
V fase 1991-2012
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico della provincia di Sassari, Domenico Canu
alienisti/psichiatri: dato non reperito
Come accade alla maggioranza dei manicomi italiani, quello di Sassari rimane in funzione sino al 1998, ma già nel 1982 le competenze sull’ospedale psichiatrico sono trasferite dall’Amministrazione provinciale all’Asl locale che, oggi, ne mantiene la proprietà insieme all’Ersu (Ente regionale per il diritto allo studio universitario). Entrambe le istituzioni hanno avviano un piano di recupero e riutilizzazione degli edifici e degli spazi aperti di relazione, individuando due distinte zone destinate a contenere attività amministrative e sanitarie, residenze e servizi per gli studenti universitari. Ulteriori spazi sono legati ad attività dell’associazionismo e socio-assistenziali ed è realizzato un campo sportivo con servizi annessi.
I lavori di ristrutturazione, recupero e riconversione d’uso, iniziati negli anni novanta, hanno interessato: il padiglione A, ex Direzione generale dell’Ospedale psichiatrico, destinato a Centro di salute mentale [SS_4_3_2]; il padiglione B, ex reparto osservazione maschile e femminile, destinato a Centro medico screening [SS_4_3_8]; il padiglione C, ex reparto VII maschile pensionati paganti, destinato a Direzione del settore consultori [SS_4_3_9]; il padiglione F, ex padiglione I femminile, trasformato per ospitare gli Uffici amministrativi del distretto di Sassari [SS_4_3_4]; il padiglione H, ex padiglione I maschile tranquilli, designato a Dipartimento di Salute Mentale e Archivio storico dell’Ospedale psichiatrico [SS_4_3_5]; il padiglione M, ex reparto III femminile, dove trova collocazione l’Archivio delle cartelle cliniche; il padiglione N, ex reparto agitati, destinato a Comunità protetta “Ginestre”; il padiglione O, ex reparto tubercolotici maschile e femminile, trasformato in laboratorio teatrale, di ceramiche e di artigianato [SS_4_3_10]; il padiglione P, ex reparto sudici, destinato ad accogliere la sede della Comunità protetta “Mandorli”; il padiglione Q, ex colonia lavorativa per pazienti stabili, ristrutturato come sede della Comunità protetta “Ulivi”; il padiglione R, ex panificio, destinato a Direzione Dipartimento per la Salute Mentale dell’Azienda Sanitaria Locale n. 1 di Sassari; il padiglione U, ex portineria, a sede dell’Unità operativa di patologia forense.
Attualmente sono in fase di ristrutturazione: la Casa delle suore ed ex cucine, locali da trasformare in Centro progetto diabete; il padiglione I, ex reparto II maschile agitati, da destinare ad asilo nido, ludoteca e biblioteca per bambini; il padiglione D, ex reparto VI femminile agitate, già assegnato all’Afarp, Associazione familiari per l’attuazione della riforma psichiatrica. Risulta in abbandono solo il padiglione E, ex reparto II femminile agitate.
corpi edilizi
edifici a pianta rettangolare su uno/due/tre piani (padiglioni A, F, H, I, P); edifici con pianta a “C” su uno/due piani (padiglioni B, E, O); edificio con pianta a “L” su due/quattro piani (padiglione C); edificio con pianta a “T” su due piani (padiglione D); edifici con pianta ad “H” su due piani (padiglioni M, N, Q); edifici con pianta quadrangolare su un piano (padiglioni R, U); edificio a pianta rettangolare con cappella e portici laterali, su uno/due piani (padiglione G)
strutture
strutture in elevazione: muratura in pietra “scapola” (grezza e irregolare), muratura in pietra “squadrata”, muratura in mattoni di “Livorno”, stipiti, cantonali e paraste in mattoni a “sei buchi”, pilastri in ghisa
orizzontamenti: volte a botte a sesto ribassato in pietra e mattoni (piano terra), volte “realine” a padiglione a tre strati di mattoni della “mandra” (piani intermedi), solai con struttura in profilati di ferro e impalcato in tavelle laterizie o voltine in mattoni “alla romana”
coperture: tetti a doppio spiovente e a padiglione, con orditura lignea a capriate leggere a cavalletti, manto "alla romana" in coppi ed embrici; coperture piane realizzate con solai con struttura in profilati di ferro, impalcato in tavelle laterizie e caldana armata di completamento
ottimo Padiglione A (ex Direzione Generale e casa del Direttore), Padiglione B (ex Osservazione maschile e femminile); Padiglione C (ex Padiglione VII maschile Pensionati); Padiglione F (ex Padiglione I femminile, Tranquille); Padiglione H (ex Padiglione I maschile, Tranquilli); Padiglione I (ex Padiglione II maschile, Agitati); Padiglione N (ex Padiglione VI maschile, Semiagitati); Padiglione Q (ex Colonia maschile); Padiglione R (Ex Panificio); Padiglione U (Portineria e Patologia Forense); G (Edificio chiesastico con annesse Cucine e Casa delle suore)
buono Padiglione M (ex Padiglione III femminile, Semiagitate); Padiglione P (ex Padiglione III maschile)
medio Padiglione D (ex Padiglione VII femminile, T.B.C.); Padiglione E (ex Padiglione II femminile, Agitate); Padiglione O (ex Padiglione Tubercolotici sezioni maschile e femminile)
E. Manunta Bruno, F. Rivano, Progetto di un Manicomio da costruirsi a Sassari, Stabilimento tipografico G. Dessì, Sassari 1895
E. Manunta Bruno, Relazione sul progetto del Manicomio di Sassari, Stabilimento tipografico G. Dessì, Sassari 1907
A. Ruju, Il funzionamento del Manicomio provinciale di Sassari durante il 1907. Rilievi statistico-sanitari, Tipografia Gallizzi, Sassari 1908
G. Murro Sotgiu, Notizie storiche dell'Ospedale civile di Sassari, Tipografia Gallizzi, Sassari 1912
A. Pacifico, Discorso celebrativo del cinquantenario dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Sassari, in Annali 1945-1954, Tipografia Gallizzi, Sassari 1954
D. Cossu, Gli ospedali civili in Sardegna, in Atti del primo congresso europeo di storia ospitaliera, Reggio Emilia, 6-12 giugno 1960
L. Ruju, Relazione sulle condizioni edilizie dell’ospedale psichiatrico e rilievi tecnico-sanitari per l’anno 1962, Tipografia Moderna, Sassari 1962
G. Dodero, Storia della medicina e della sanità pubblica in Sardegna. Medici, malati, medicine attraverso i secoli, Aipsa, Cagliari 1999
Cose … da matti! Storia e storie del Manicomio di Sassari, a cura di M. R. Lai, catalogo della mostra documentaria, Sassari 27-28 settembre 2008
G. Di Benedetto, Manicomio Rizzeddu di Sassari, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 324-327
Archivio di Stato di Sassari, Atti Notarili Sassari Copie
Archivio Storico della Provincia di Sassari, Manicomio Economato, Beneficenza Pubblica, Contratti originali, Deliberazioni originali del Consiglio provinciale di Sassari, Delibere della Deputazione riguardanti il Manicomio
Archivio Storico Rizzeddu Sassari, Varie
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