L'istituto manicomiale occupa le strutture monasteriali antiche che vengono negli anni sottoposte a graduali modifiche. La struttura complessiva [VE_SS_4_2_1] è data dall’aggregazione di diversi edifici, secondo schemi generalmente a corte: i locali conventuali e i servizi generali (forno, cucina, farmacia, laboratorio chimico, camposanto) sono localizzati verso ovest lungo i cortili antistanti la chiesa, dall’impianto a schema centrale. Il corpo di fabbrica dietro la chiesa costituisce l’ospedale dei piagati di entrambi i sessi, che usufruiscono di ingressi separati. Infine i corpi verso est formano il manicomio, diviso per sessi (gli uomini negli edifici a sud-est, le donne in quelli a nord-est). La chiesa è connessa al monastero per mezzo di un quadriportico ed entrambi gli edifici si articolano lungo lo stesso asse di simmetria, impostato durante le ristrutturazioni settecentesche.
Quando l’isola è ceduta ai Fatebenefratelli con decreto del Senato della Repubblica datato 27 giugno 1733, su commissione dei religiosi vengono realizzati interventi volti a conferire maggiore monumentalità all’istituto: tra questi si colloca la completa ricostruzione dell’edificio della chiesa, attribuita a Giovanni Scalfarotto e Tommaso Temanza, che ha termine nel 1761. Il portico antistante la chiesa funge da collegamento con la “manica lunga”, lungo corpo che congiunge le due estremità dell’isola; addossato ad esso vi è un edificio di carattere utilitario, in seguito demolito, che ospitava alcuni servizi generali come le cucine.
Nell’angolo sud-ovest, in corrispondenza della corte situata a sinistra dell’ingresso principale, negli anni 1733-1766 è edificato il nuovo convento.
Tra il 1803 e il 1805 è costruita una prima palazzina per le degenze, a due piani fuori terra, in area confinante con la colonia agricola, che poi sarà sistemata nell’estremità est dell’isola.
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