Ospedale di Marocco presso Mogliano Veneto
Reparto presso Ospedale Civile di Venezia dedicato ai Santi Giovanni e Paolo
recupero
Prima di divenire sede dell’ospedale psichiatrico, l’isola di San Servolo ha ospitato strutture monasteriali, in seguito adattate alle esigenze di un ospedale militare.
Il primo nucleo del monastero e della chiesa dedicata a San Servolo (guaritore e martire triestino del III secolo) è edificato dai benedettini, insediatisi sull’isola agli inizi del IX secolo. Gli insediamenti monastici continuano in seguito con l’arrivo sull’isola, poco dopo l’inizio del XII secolo, delle monache benedettine provenienti dal convento di Malamocco, distrutto da un incendio: la loro presenza si protrae fino al 1615, dopodiché l’isola rimane disabitata e viene utilizzata per depositi di granaglie e come ricovero degli appestati durante l’epidemia del 1630. Nel 1647 approdano da Candia, attaccata dai turchi, circa 200 suore (benedettine, francescane e domenicane), che progressivamente sono trasferite su disposizione del Senato, che nel 1716 decide di riutilizzare i locali del convento come sede del nuovo Ospedale Militare.
Per prestare attività di assistenza sono chiamati sull’isola i Padri ospedalieri di San Giovanni di Dio, noti in Italia dalla fine del XVI secolo come Fatebenefratelli: presenti a San Servolo con una delegazione che comprendeva anche uno speziale e un medico-chirurgo, gestiscono l’ospedale e la spezieria destinata al rifornimento delle milizie. Presso tale ospedale trovano accoglienza anche un numero limitato di folli, soprattutto nobili, in quanto il ricovero è a pagamento: nel 1725 viene inviato il primo pazzo per ordine del consiglio dei Dieci.
Le prime forme di custodia e cura di alienati convivono quindi con la prevalente attività ospedaliera, tuttavia ben presto la funzione manicomiale prende il sopravvento: nel 1797, caduta la Repubblica, la Municipalità provvisoria stabilisce il ricovero dei folli poveri presso la struttura di San Servolo a spese dell’erario. Nel 1804 la struttura è ufficialmente dichiarata “Manicomio centrale, per entrambi i sessi, di tutte le Province Venete, della Dalmazia e del Tirolo” e accoglie i pazzi poveri da tutte le province venete e una cospicua percentuale proveniente anche da altre province dell’Italia nord-orientale; in particolare vi sono destinati i “clamorosi” mentre i pazzi “tranquilli” sono accolti presso l’ospedale civile dedicato ai Santi Giovanni e Paolo.
I fase: 1733-1821
architetti/ingegneri: Giovanni Scalfarotto, Tommaso Temanza (chiesa)
alienisti/psichiatri: dato non accertato
L'istituto manicomiale occupa le strutture monasteriali antiche che vengono negli anni sottoposte a graduali modifiche. La struttura complessiva [VE_SS_4_2_1] è data dall’aggregazione di diversi edifici, secondo schemi generalmente a corte: i locali conventuali e i servizi generali (forno, cucina, farmacia, laboratorio chimico, camposanto) sono localizzati verso ovest lungo i cortili antistanti la chiesa, dall’impianto a schema centrale. Il corpo di fabbrica dietro la chiesa costituisce l’ospedale dei piagati di entrambi i sessi, che usufruiscono di ingressi separati. Infine i corpi verso est formano il manicomio, diviso per sessi (gli uomini negli edifici a sud-est, le donne in quelli a nord-est). La chiesa è connessa al monastero per mezzo di un quadriportico ed entrambi gli edifici si articolano lungo lo stesso asse di simmetria, impostato durante le ristrutturazioni settecentesche.
Quando l’isola è ceduta ai Fatebenefratelli con decreto del Senato della Repubblica datato 27 giugno 1733, su commissione dei religiosi vengono realizzati interventi volti a conferire maggiore monumentalità all’istituto: tra questi si colloca la completa ricostruzione dell’edificio della chiesa, attribuita a Giovanni Scalfarotto e Tommaso Temanza, che ha termine nel 1761. Il portico antistante la chiesa funge da collegamento con la “manica lunga”, lungo corpo che congiunge le due estremità dell’isola; addossato ad esso vi è un edificio di carattere utilitario, in seguito demolito, che ospitava alcuni servizi generali come le cucine.
Nell’angolo sud-ovest, in corrispondenza della corte situata a sinistra dell’ingresso principale, negli anni 1733-1766 è edificato il nuovo convento.
Tra il 1803 e il 1805 è costruita una prima palazzina per le degenze, a due piani fuori terra, in area confinante con la colonia agricola, che poi sarà sistemata nell’estremità est dell’isola.
II fase: 1822-1936
architetti/ingegneri: Angelo Contin, Marco Torres e Angelo Costa (impresa)
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Durante tutto il secolo XIX si registrano continui lavori di adattamento e ampliamento del complesso, perlopiù su edifici sui quali s’interviene in genere non ampliando la volumetria esistente ma sopraelevando in varie fasi i fabbricati. Un cambiamento è effettuato anche nella tipologia di pazienti: dal 1834, nell’ospedale sono ricoverate anche pazienti donne, che però dal 1874 verranno trasferite nell’apposito stabilimento manicomiale edificato sull’isola di San Clemente.
Tale è l’elenco delle modifiche edilizie documentate presso la Fondazione San Servolo durante il XIX secolo:
- 1822-24: lavori d’ampliamento dell’isola; inizio dell’accrescimento della capacità ricettiva del complesso tramite la sopraelevazione dei due corpi destinati alle alienate (corrispondenti all’attuale accesso principale [VE_SS_4_3_1] e ai vani attigui): si raggiunge la capacità di 260 posti letto, a fronte di una media di 332 ricoverati;
- 1844-48: costruzione dell’alloggio suore in posizione adiacente alla chiesa e riduzione del refettorio per i maniaci; ampliamento e innalzamento del morocomio, in particolare dell’edificio a sud della “manica lunga”;
- 1851-52: lavori di riassetto al refettorio dei pazzi al piano terra;
- 1864-67: riduzione delle vecchie officine per uso d’infermeria [VE_SS_4_2_3] e prolungamento dello stabilimento dalla parte prospicente il lido;
- 1869-75: lavori vari nell’atrio principale del complesso, sua ripavimentazione e decorazione del soffitto, costruzione di una nuova sala sopra l’atrio, intonacatura della facciata del cortile d’ingresso principale;
- 1875-1881: erezione di un nuovo fabbricato capace di 80 posti letto [VE_SS_4_2_4; VE_SS_4_2_5], in continuazione del reparto furiosi; tale fabbricato è costruito parallelamente al muro di cinta a levante dell’isola verso il Lido, congiunto a quello esistente mediante un braccio di fabbrica in modo che il vecchio e il nuovo reparto siano collegati da un camminamento coperto;
- 1879-1883: progetto di costruzione del nuovo asciugatoio e relativo calorifero; l’asciugatoio è costruito nel luogo del preesistente magazzino per gli attrezzi da muratore e la tettoia attigua alla lavanderia. Il sistema è lo stesso già adottato per gli impianti dell’Ospedale di Milano, del manicomio di San Lazzaro a Reggio Emilia, dell’ospedale e del manicomio di Imola;
- 1882-85: costruzione di un magazzino nel cortile della lavanderia (in linea con il nuovo asciugatoio) e di un locale per consegna, divisione e macerazione biancheria [VE_SS_4_2_7]. Riparazione grondaie; lavori di “robustamento” del fabbricato a uso dei cronici tranquilli; ampliamento del nuovo asciugatoio [VE_SS_4_2_6] e collocamento del nuovo idroestrattore; realizzazione di un laboratorio e di 12 stanzini per agitati (ricavati demolendo le vecchie latrine) [VE_SS_4_2_8];
- 1884-85: realizzazione di nuove terrazze, coperta e scoperta, sulla lavanderia [VE_SS_4_2_9]; si registra la demolizione della terrazza esistente sulla lavanderia e la successiva costruzione di una tettoia di comunicazione tra il fabbricato delle officine e il nuovo asciugatoio, con coperto praticabile, per stendere la biancheria;
- 1884-1886: nuovo corpo di fabbrica nel reparto dei “clamorosi”; pavimentazione nel refettorio dei clamorosi, nella sala maggiore a uso dormitorio [VE_SS_4_3_5], nel reparto dei suicidi, nell’atrio d’accesso a ponente (con lastre di pietra di Verona) e nel piazzale esterno;
- 1887-88: urgenti lavori di riparazione nei tre dormitori del reparto clamorosi, allo scopo di completare il riordino di detto reparto; sono inoltre risarcite lacune dovute a infiltrazioni nel soffitto e nelle pareti della sala refettorio a uso di agitati e clamorosi;
- 1888-1889: lavori vari, tra cui il pavimento del reparto dei pericolosi e del refettorio dei lavoranti; servizi accessori della cucina [VE_SS_4_3_4]; sgombero di terra e ossa nel vecchio cimitero;
- 1892-93: costruzione dell’asciugatoio.
Analizzando la planimetria di San Servolo nei primi anni del Novecento [VE_SS_4_2_10] si notano alcune novità sostanziali tra cui la demolizione di numerosi fabbricati addossati alla “manica lunga” e al quadriportico antistante la chiesa, sul lato destro. Negli anni 1903-1905 l’istituto è, infatti, oggetto di un ampio rinnovamento che modifica la volumetria degli immobili e ridefinisce la suddivisione degli spazi interni. A seguito di tali riforme il complesso antico assume una pianta semplificata, organizzata intorno alla corte d’ingresso [VE_SS_4_3_3], al portico antistante la chiesa [VE_SS_4_3_2] e ai due grandi cortili a lato della “manica lunga”. L’isola ha raggiunto l’estensione attuale, e nelle zone di recente addizione si sviluppa un lungo fabbricato che partendo dal complesso antico segue il perimetro di un margine precedente. È inoltre eretto un nuovo grande fabbricato al centro dell’area, il primo padiglione isolato, mentre un nuovo corpo sorge a est dell’isola, anche qui lungo un precedente margine.
III fase: 1930-1978
architetti/ingegneri: Antonio Spandri
alienisti/psichiatri: Luigi Cappelletti
Dal 1930 viene disposta una riforma generale dell’assetto psichiatrico provinciale che conduce alla trasformazione dei due complessi di San Servolo e San Clemente, da manicomi maschile e femminile a stabilimenti destinati a malati curabili e incurabili: a San Servolo, il maggiore tra i due stabilimenti, si vogliono accentrare i mezzi assistenziali e di vigilanza per i pazienti recuperabili di entrambi i sessi, limitati al numero di 500. Il progetto complessivo di riordino, comprendente i locali di degenza e soggiorno dei malati e i servizi generali, è redatto dall’ingegner Antonio Spandri in data 30 luglio 1930, in due versioni: entrambe le soluzioni devono trovare il modo di distanziare gli uomini dalle donne e le principali categorie di malati – agitati, semi-agitati, in osservazione – tra loro.
Per le donne è stabilita la sistemazione nel nucleo monumentale a ovest dell’isola, poiché una riforma totale della struttura risulterebbe troppo dispendiosa; si prevede quindi di risanare gli immobili tramite demolizione di parte delle strutture.
Le due soluzioni divergono invece per quanto riguarda la sezione maschile. La prima soluzione prevede la conservazione del padiglione preesistente d’inizio secolo parzialmente sopraelevato di un piano per adattarlo a padiglione d’osservazione e infermeria, costruendo invece ex novo i padiglioni per agitati e semi-agitati. A favore di tale soluzione, che consente una netta separazione tra semi-agitati, agitati e pazienti in osservazione, si esprime il direttore del manicomio in data 8 dicembre 1933. La seconda soluzione invece prevede la conservazione del vecchio padiglione, così da raccogliere in un unico edificio malati in osservazione, infermeria e pazienti semi-agitati, costruendo un padiglione nuovo per gli agitati.
Con la precedente amministrazione dei manicomi, era già stata attuata la riforma dei Servizi generali, completata entro il marzo 1931: l’intervento era consistito nell’innalzamento di un piano del fabbricato adibito agli alloggi dei lavoratori, con la trasformazione del piano terra in modo da ricavare in esso le officine (fabbriceria, falegnameria, etc.) e dei vani atti a diventare il refettorio degli ammalati e degli operai. Erano stati inoltre costruiti il nuovo edificio a uso forno, pastificio, molino e deposito di grano; un secondo fabbricato per magazzini, casa degli ortolani, laboratori per materassai e per il lavoro del vimini [VE_SS_4_3_10]; un piccolo edificio per la sala anatomica [VE_SS_4_3_12], la cella mortuaria e i locali per la disinfezione, nonché i laboratori anatomo-patologici, con al primo piano il reparto per malattie infettive.
Il 7 agosto 1934 l’Amministrazione provinciale di Venezia delibera la prosecuzione dei lavori divisi in tre lotti, il primo dei quali risulta concluso già nel settembre 1935:
- costruzione del padiglione osservazione e agitati e adattamento di quello per semi-agitati [VE_SS_4_3_12];
- ampliamento dell’area dell’isola con muro di cinta e una nuova banchina;
- sistemazione del reparto femminile nel gruppo dei vecchi edifici.
Dall’esecutivo [VE_SS_4_3_11] emerge che si è scelto il primo progetto di Spandri ma, in seguito a ulteriori studi, i nuovi fabbricati vengono infine destinati uno all’osservazione e l’altro agli agitati [VE_SS_4_3_9], in modo tale che il corpo d’osservazione funga da divisione dei reparti maschili dall’area delle donne, mentre il reparto agitati risulti il più isolato, confinando solo con l’area della colonia agricola.
La sistemazione degli edifici femminili comporta la demolizione dei reparti 1, 2 e 7, ovvero del secondo tratto del corpo parallelo alla “manica lunga” verso est e del vano di collegamento al centro dei due bracci. La stessa manica lunga è divisa in due segmenti di minor estensione, in modo da ricavare compartimenti separati per donne in osservazione e semi-agitate (provvedimento che non sarà attuato); il progetto destina infine il corpo a est della “manica lunga” ai dozzinanti [VE_SS_4_3_11].
Tra gli edifici realizzati e le tavole di progetto di Antonio Spandri si riscontrano alcune significative differenze, sia in riferimento alla mancata demolizione del tratto della “manica lunga” sia riguardo lo schema planimetrico dei nuovi padiglioni in progetto: in particolare la pianta del padiglione d’osservazione [VE_SS_4_2_12] assume nella realizzazione una forma semplificata a sviluppo semi-circolare. Il fabbricato [VE_SS_4_3_8], terminato nel 1936, aveva in origine copertura piana, ma negli anni immediatamente successivi sarà riconvertita nella copertura a falde inclinate.
IV fase: 1978-2012
architetti/ingegneri: Claudio Carlon (riconversione d’uso), Barbara Accordi (museo)
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Dal 1979, anno successivo alla chiusura del manicomio in virtù della legge 180/78 il complesso ospita la Fondazione San Servolo I.R.S.E.S.C. (Istituto Ricerche e Studi sull’Emarginazione Sociale e Culturale) all’interno della quale sono inventariati e ricollocati gli archivi e le biblioteche dei manicomi di San Servolo e di San Clemente. Al centro studi sono affiancate altre istituzioni dedicate alla formazione, il V.I.U. (Venice International University) e il Centro Europeo di Venezia per i Mestieri della conservazione del Patrimonio architettonico.
Nell’ambito della fondazione, è allestito un “Museo del Manicomio di San Servolo”: i reperti sono collocati in alcuni piccoli ambienti al primo piano dell’edificio che si sviluppa intorno alla chiesa settecentesca; l’accesso al museo avviene dalla scala interna posizionata a sinistra rispetto all’ingresso della chiesa. Il percorso espositivo inizia con una sezione storica sul manicomio per proseguire con le sezioni dedicate alle terapie, tramite reperti e testimonianze riferiti all’idroterapia, agli strumenti di contenzione, all’ergoterapia, elettroterapia, farmacoterapia, musicoterapia. Viene quindi esposta la strumentazione di laboratorio e ambulatorio. Al piano terra, in un locale adiacente alla chiesa, è ricostruita l’antica sala anatomica con il tavolo autoptico; sono inoltre visitabili all’interno del complesso l’antica farmacia del manicomio e le biblioteche di San Servolo e San Clemente.
Dalla dismissione fino ad anni recenti l'intero complesso è interessato da interventi di restauro, riqualificazione e riorganizzazione a cura dell'Ufficio tecnico della Provincia di Venezia. Criterio guida del progetto del Settore Edilizia [VE_SS_4_2_13] è stata la considerazione che il complesso monumentale, sia per le condizioni di degrado che per le trasformazioni susseguitesi nella storia della fabbrica, esprime un valore storico ma non il permanere di valori architettonici e artistici stabili, tranne che per la chiesa [VE_SS_4_3_7] (sottoposta a restauro conservativo) e per alcuni elementi strutturali quali murature portanti e strutture di orizzontamento di legno. I criteri generali che hanno guidato l'intervento sono la volontà di mantenere i volumi dei fabbricati e le fonometrie esterne di porte e finestre, di unificare l'aspetto esterno dei padiglioni e del parco [VE_SS_4_3_13], in modo da dare riconoscibilità all'intero complesso. Per quanto possibile si è mantenuta la continuità di funzioni (attività direzionali, residenziali, di laboratorio) e la divisione preesistente degli ambienti.
Per il nucleo monumentale [VE_SS_4_3_6], sono adottati elementi architettonici sia strutturali sia di finitura della tradizione veneziana: murature portanti, travi lignee per i solai, rivestimenti interni ed esterni in malta di coccio pesto con finiture a marmorino o calce rasata, pavimenti in terrazzo alla veneziana o in marmo di Pietra d'Istria e Rosso Verona. Per gli stabili novecenteschi è invece privilegiato l’aspetto funzionale, anche in considerazione del fatto che tali strutture non avevano particolari caratteri di lusso nemmeno nel periodo ospedaliero.
impianto
a tipologia ibrida, con padiglioni indipendenti e corpi aggregati al complesso conventuale preesistente
corpi edilizi
edifici su uno o due piani, a pianta rettangolare, pianta a “T” e pianta mistilinea
strutture
strutture in elevazione: muratura in mattoni pieni
orizzontamenti: strutture lignee; solai latero-cementizi
coperture: tetto a falde inclinate
buono: intero complesso
A. Tamburini, L'inchiesta sui Manicomi della Provincia di Venezia e la legge sui Manicomi, s.e., Milano 1902
L. Cappelletti, L'assistenza psichiatrica in Venezia, Tip. Ospedali Psichiatrici, Venezia 1932
M. Galzigna, M. Terzian, L'archivio della follia: il manicomio di San Servolo e la nascita di una fondazione: antologia di testi e documenti, Marsilio, Venezia 1980
Aa.Vv., Restauro Complesso Monumentale di S. Servolo. Indagine storica, 1980 (c/o Provincia di Venezia).
Psichiatria e nazismo, Atti del convegno (San Servolo 9 ottobre 1998), a cura di D. Fontanari e L. Toresini, Fondazione San Servolo IRSESC, Venezia 2002
Il recupero di San Servolo: vicende storiche dell'isola e progetto generale di restauro, Filippi, Venezia 2004
N. E. Vanzan Marchini, San Servolo e Venezia: un'isola e la sua storia, Cierre, Sommacampagna 2004
I. Calderoni, Fatti e finzioni della venusta isola di San Servolo in Venezia, Grafiche Tintoretto, Venezia 2006 (Catalogo della mostra tenuta a Venezia, Isola di San Servolo, dal 7.10 al 19.11.2006)
Museo del manicomio di San Servolo: la follia reclusa, a cura di M. Calzigna, L’Arsenale, Venezia 2007
C. Lonardi, M. Niero, Racconti di San Servolo: vita e quotidianità in manicomio, CLEUP, Padova 2009
A. Simioli, Manicomio centrale di San Servolo a Venezia, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 134-135
Archivio storico della Provincia di Venezia, Deputazione Provinciale
Fondazione San Servolo IRSESC, Ospedale psichiatrico provinciale di San Servolo
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