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II fase

Anno inizio: 
da 1869 a 1898
Alienisti: 

Alla lungimiranza del nuovo direttore, Luigi Lolli, e alla Congregazione di carità locale si deve l’incarico dato al noto architetto napoletano Antonio Cipolla (1822-1874) per la progettazione ed esecuzione del nuovo vasto manicomio imolese, destinato a divenire un vero e proprio modello insediativo, esempio notevole di disposizione funzionale interna degli spazi e soprattutto di organizzazione sul piano amministrativo; a questo modello faranno riferimento numerosi manicomi italiani, tra i quali si possono ricordare quelli di Brescia, Voghera, Ancona e, in parte, Bergamo.

Nonostante fosse impegnato in numerosi cantieri in diverse città italiane, nel 1868 Cipolla garantisce il proprio impegno di progettista, mettendosi subito al lavoro con la predisposizione dei disegni preliminari della sua proposta. Un interessante carteggio documenta i suoi contatti con Lolli, avvenuti fra il 1868 e il 1869, alcuni sopralluoghi a Imola e lo scambio di informazioni tra l’architetto e l’alienista utili al completamento del progetto, del quale il primo s’impegna a inviare al più presto i disegni. Disegni in gran parte non reperiti, ma che devono essere effettivamente pervenuti se già dal 1869 è stato possibile redigere un primo capitolato d’appalto, pubblicato in un opuscoletto a stampa, per l’attribuzione dei lavori all’impresa edilizia secondo il progetto Cipolla; nel luglio dello stesso anno è aperto il cantiere per eseguire il primo lotto di lavori. Dai documenti sappiamo, inoltre, che l’architetto Cipolla ha spedito i disegni del suo progetto per Imola all’Esposizione internazionale di Vienna del 1873.

L’area a disposizione per la costruzione del nuovo manicomio si configura come un ampio rettangolo ed è racchiusa, a nord, dall’ospedale, a sud e a ovest, dal canale dei Molini e a est dalle mura della Rocca Sforzesca, da cui è separata da una piccola strada. La rete dei canali crea una sorta di cordone di sicurezza intorno al manicomio, già circondato da muri perimetrali, divenendo un aggiuntivo sistema di protezione per evitare fughe o intrusioni dall’esterno. L’ingresso principale alla struttura manicomiale è situato all’estremo sud dell’area ed è preceduto da un ameno giardino, progettato nel 1877 da Ernesto di Sambuy, il quale nel piccolo disegno tracciato nella scala 1:500 sul retro della carta intestata di un albergo romano, oltre a indicare le linee lungo le quali eseguire i movimenti di terra per ottenere un ingrandimento artificiale dello stesso, annota anche le diverse essenze dei cespugli e il tipo di alberi da piantare per realizzare un folto boschetto lungo il confine sud dell’area: querce, pioppi, ontani, tuie, ippocastani, lauri, platani, wellington, magnolie, faggi, cercis siliquaster, acacie ecc. [IMLL_4_2_2; IMLL_4_3_9]

Se non sono state finora rinvenute planimetrie generali che illustrano il progetto originario complessivo redatto da Cipolla, del noto architetto napoletano sopravvivono alcuni disegni: il portale d’ingresso; una porzione di planimetria in scala 1:100, firmata e datata 1872, che descrive presumibilmente il padiglione dei “succidi ed epilettici” (una legenda a fianco, datata e firmata, spiega come la configurazione delle aperture deve ottemperare simultaneamente alle esigenze della più efficace distribuzione interna senza perdere, al contempo, la simmetria in facciata) [IMLL_4_2_3]; una pianta, anch’essa firmata ma datata 28 aprile 1874, che mostra, a una scala maggiore (rapporto 1:20), una porzione di fabbricato con un’ampia scala (nessuna legenda rinvia all’oggetto della rappresentazione, che potrebbe riguardare l’edificio della direzione) [IMLL_4_2_4]. L’unico prospetto redatto da Cipolla che ci è pervenuto, come gli altri disegni anch’esso di grandi dimensioni e piuttosto deteriorato, inquadra il piano terra di un corpo edilizio trattato a bugne lisce con finestre ad arco a tutto sesto e ghiere bugnate, come il grande portale all’estremità sinistra del disegno; anche in assenza di titolo, il prospetto non può che essere quello dell’attuale fronte architettonico principale su via Aurelio Saffi, ex padiglione della direzione che troviamo descritto in una relazione di Felice Orsini (successivo professionista responsabile dei lavori eseguiti sia su questo complesso manicomiale come su quello dell’Osservanza) con le seguenti parole: “Il fabbricato della Direzione è più ricco degli altri in ogni suo dettaglio, e la facciata dal piano terra al marcapiano spiccatamente di stile toscano, elegantissima: nell’interno meritano speciale distinzione l’atrio d’entrata, lo scalone, la sala dei divertimenti, nonché gli appartamenti della Divisione Sanitaria, il tutto decorato con gusto fine e con lusso [...]. Il nome del celebre architetto che diede i criteri e i dettagli di tutta la costruzione basta a confermarmi la complessiva bellezza” (BIM, Archivio Storico Comunale, Archivio Ospedale. Manicomio, b. 40/28) [IMLL_4_2_5; IMLL_4_3_4].

In assenza dei disegni originali dell’impianto generale del complesso manicomiale, è possibile farsene un’idea grazie a una planimetria a stampa, databile al 1892, nel corso delle ricerche rinvenuta in più copie e in diverse collocazioni archivistiche [IMLL_4_2_6]. Situato su un’area di oltre 40.000 mq, l’impianto insediativo è razionalmente concepito, e “consta di edifici disposti simmetricamente su tre linee parallele, ciascuna della lunghezza di m. 250 e della larghezza di m. 40” (Tamburini, Ferrari, Antonini 1918); ha una distribuzione “a padiglioni avvicinati”, tra loro collegati da portici, aperti verso i cortili o in forma di corsie chiuse, come esemplificherà Renato Fabbrichesi nel capitolo dedicato ai Manicomi all’interno della più ampia dissertazione sugli Stabilimenti sanitari nel celeberrimo Manuale dell’Architetto redatto da Daniele Donghi (1927). I corpi di fabbrica sono inframmezzati da giardini e da cortili di pertinenza per consentire la necessaria ricreazione ai degenti, senza che le varie categorie di malati interferiscano fra loro [IMLL_4_3_1; IMLL_4_3_2; IMLL_4_3_3].

Il complesso è organizzato su un asse di simmetria lungo il quale si dispongono, verso l’ingresso, l’edificio della direzione e le abitazioni del direttore e dei medici [IMLL_4_3_4]: il corpo centrale, che si apre su un ampio ambiente passante verso il primo cortile, al piano terra ospita la portineria, la farmacia e gli uffici della direzione, al primo piano l’alloggio del direttore e una sala per concerti, al secondo piano gli alloggi degli impiegati. Lungo l’asse di simmetria, al suo centro sono posti gli edifici dei servizi generali, la cucina e il guardaroba (al piano superiore); verso il fondo, è collocato l’edificio destinato ai bagni e ai laboratori scientifici; più oltre sono la cappella e la camera mortuaria. Ai lati e perpendicolarmente all’asse si articolano i diversi padiglioni di degenza, destinati da una parte alle donne e dall’altra agli uomini, tutti disimpegnati da un loggiato che contorna le due ampie corti alberate che separano i primi tre edifici centrali [IMLL_4_3_13; IMLL_4_3_14]. I padiglioni sono sistemati rispettando una sequenza legata alla progressiva gravità della malattia e alla relativa necessità di cure. Una vasta colonia agricola completa il complesso manicomiale.

Grazie a una vertenza risalente al 1892 è stato possibile ricostruire con esattezza i tempi degli stadi realizzativi della prima fase costruttiva del complesso, edificato in base al progetto di Cipolla. Tali informazioni sono riportate, mediante segni a matita rossa, anche su una delle numerose copie a stampa della planimetria generale allegata alla causa legale.

Il primo lotto di lavori (1869-1872) riguarda la costruzione dei quattro padiglioni che corrispondono a quelli segnati con i numeri romani III e IV, nella duplice destinazione: tranquilli e semiagitati, uomini e donne [IMLL_4_2_6]. Si tratta di corpi di fabbrica a due piani con il vano delle scale alloggiato in una nicchia absidata estradossata, posta al centro di uno dei due lati lunghi dell’edificio [IMLL_4_3_5]. A questa data potrebbe risalire una grande planimetria a china e acquerello su carta telata, senza data né firma. Nel titolo riporta la dizione nuovo Manicomio, il che fa propendere per una sua precocità, ma l’indizio fondamentale è vergato in piccolo in basso a destra: “in nero esistente / in rosso da eseguirsi” [IMLL_4_2_7]. Osservando il disegno ci si rende conto che gli unici edifici delineati in nero, oltre alle parti di pertinenza dell’ospedale vero e proprio, sono i quattro padiglioni dei tranquilli e dei semiagitati, mentre un segno rosso indica semplicemente solo i contorni dei corpi di fabbrica destinati a essere costruiti. Nel disegno si nota fra l’altro, rispetto a quanto poi eseguito, una difformità nel progetto degli edifici destinati a vecchi, cronici ed epilettici che qui compaiono, al pari di quelli costruiti, con il corpo scala ospitato in un elemento absidato. Anche la parte più a nord è differente rispetto alla planimetria a stampa, che accentra e normalizza gli spazi delle infermerie e della cappella.

Il secondo lotto di lavori (1872-1874) è attuato nella parte di terreno limitrofo, a sud dei primi quattro padiglioni costruiti, dove sono eretti gli edifici di ricovero per i “sucidi” (nella planimetria a stampa al numero relativo, II, la legenda riporta la definizione Vecchi, Cronici, Epilettici) e quello per i Servizi Generali (nella planimetria contrassegnato dal numero VII), “con annessi portici, ingresso, accessori e muri di cinta a norma dei tipi del Commendatore Cipolla” [IMLL_4_2_6]. Questi lavori sono ultimati nel maggio 1874, anno nel quale proprio a Imola si tiene il Primo Convegno nazionale di freniatria.

Con il terzo lotto di lavori prosegue l’ampliamento verso sud con la costruzione dei quartieri per i Convalescenti e le Classi distinte (contrassegnati con il numero I), oltre all’edificio centrale della Direzione (numero VI), coincidente con l’ingresso al manicomio, sempre realizzato sul progetto dell’architetto Cipolla. Le ali laterali del lungo fabbricato tripartito sono articolate su due piani, mentre la Direzione è l’unico edificio del complesso a essere ideato su tre livelli; la stipulazione del contratto d’appalto di queste opere, affidate all’impresa Galeotti, avviene nel 1874. Con una cadenza quasi regolare dall’inizio dei lavori, due anni più tardi, è stipulato l’ultimo contratto d’appalto per il completamento di tutto il complesso manicomiale. L’area interessata è quella di sutura con l’antico Ospedale di Santa Maria della Scaletta, a nord di quanto già eseguito [IMLL_4_3_6]. Si procede, infine, con l’edificio destinato ai bagni e all’idroterapia (numero VIII della planimetria a stampa) che separa i due corpi destinati ad Agitati e Furiosi (numero V), uomini e donne, e, sempre lungo l’asse centrale dell’impianto, con il blocco edilizio che contiene la cappella e le infermerie (numero IX).

Fra il 1877 e il 1881 si procede con i numerosi lavori di installazione o adeguamento degli impianti tecnologici e di servizio, come a esempio caloriferi, un asciugatoio, una lavanderia a vapore e una cucina economica; nei due anni successivi si prevede l’installazione di apparecchi telefonici per cui si richiede un progetto alla Ditta Fornioni di Milano.

Nel 1885 è licenziato il progetto dell’ingresso principale su strada, eseguito secondo l’idea di Antonio Cipolla, come testimoniano sia un disegno su carta lucida (ridotto letteralmente in pezzi e consultabile tramite una fotocopia), firmato dall’architetto napoletano e datato 1871, sia una cianografia su carta blu [IMLL_4_2_8], senza data né firma, che differisce dal lucido frammentato solo per i dettagli decorativi e la presenza di un imponente cancello in luogo del portone a doppio battente. Autore di una proposta per un cancello da porsi all’ingresso principale è anche l’architetto milanese Giuseppe Giachi [IMLL_4_2_9], il medesimo che firma, nel 1886, il progetto per un piccolo ponte da erigersi all’ingresso del manicomio per superare il cosiddetto canale dei Molini, oggi non più visibile poiché sotterrato [IMLL_4_2_10; IMLL_4_3_10].

I lavori al complesso continuano fino al 1896 (anno della morte di Luigi Lolli), allorché si rendono necessarie opere di risanamento, eseguite a cura dell’ingegnere provinciale Felice Orsini, a seguito di una perizia dell’ingegnere Antonio Zannoni, docente dell’Università di Bologna. Il tecnico imolese, incaricato dalla Congregazione di Carità, esegue lavori di consolidamento nel fabbricato all’estremità nord del complesso e cioè “nei fabbricati Cappella, Infermerie, Corsie e Logge annesse e consiste in n. 13 piloni posti alla distanza media da asse ad asse di m. 3 […] collegati ad archi con monta di 0,50, corda di m. 2 con spessore alla chiave di m. 0,60”, come si evince dal disegno allegato alla relazione [IMLL_4_2_11].

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