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II fase

Anno inizio: 
da 1895 a 1929

Le diverse ispezioni svoltesi durante la gestione degli eredi Ricco, morto nel 1887, rimarcano la necessità di ampliare lo stabilimento per il continuo afflusso di malati che aveva reso necessaria l’apertura di ben sei succursali distribuite su un territorio a scala sovracomunale. Un primo progetto di ampliamento è presentato, su richiesta del direttore Giovannangelo Limongelli, nel 1890, ma viene subito scartato per gli elevati costi di realizzazione.

Nell’ottobre 1894, si incarica l’ingegnere Luigi De Seta di procedere a un’accurata visita della struttura per verificare le effettive condizioni del complesso e individuare le esigenze improrogabili; nella relazione presentata il 5 gennaio 1895, De Seta stigmatizza che la costruzione di nuovi corpi di fabbrica addossati al vecchio fabbricato di Monteoliveto ha alterato il sistema misto voluto dalla Commissione del 1884 e suggerisce di ampliare l’area del manicomio apportando sostanziali modifiche sia nella distribuzione che nella destinazione dei fabbricati esistenti.

Accogliendo tali osservazioni, i concessionari incaricano l’ingegnere nocerino Francesco Ferrajoli – già noto per aver presentato nel 1888 una domanda di concessione per impiantare e gestire un manicomio civile e criminale nella città di Avellino – di redigere un progetto di ampliamento della struttura. Questo, presentato il 28 ottobre 1898, prevede: la demolizione del quartiere delle celle addossate alla sezione Nicotera; la demolizione dei corridoi nella sezione Ricco; la costruzione di una nuova sezione per agitati; un edificio per colonia agricola; due padiglioni per malattie infettive; due piccoli edifici per il servizio di disinfezione e cucina.

Il progetto di massima è sottoposto al giudizio di un collegio arbitrale composto dagli alienisti Giuseppe Albini, Enrico De Renzi e Leonardo Bianchi che, nel maggio 1900, approvano il progetto, salvo lievi modifiche. Ben più dirompente, invece, il parere dell’ingegnere Giovanni Albino, direttore dell’Ufficio tecnico della Provincia di Caserta, interpellato dal Consorzio, le cui osservazioni critiche innescano un contraddittorio con Ferrajoli protrattosi per ben sei anni, dal quale scaturiscono, però, notevoli migliorie e perfezionamenti dei dettagli tecnici. Nella Relazione del Progetto per lo Ampliamento del Manicomio “Vittorio Emanuele II” in Nocera Inferiore del 1904 si legge, infatti, che “Il concetto informatore fu innanzitutto il provvedere mercé conveniente ampliamento ai bisogni dell’oggi e di quelli possibili a verificarsi. […] si ritenne provvedere gli infermi di spazi liberi, adatti non solo allo esplicamento necessario delle loro funzioni fisiche, ma ancora allo immeglimento delle loro condizioni psichiche”.

Ancora nel 1907 Ferrajoli propone un nuovo progetto [SA_4_2_1] approvato nel gennaio successivo, che comprende, oltre alle demolizioni già previste, la creazione di: una sezione di sorveglianza per uomini agitati [SA_4_2_3]; una di sorveglianza per donne [SA_4_2_3]; una sezione per lavoratori; un’infermeria per uomini; un’infermeria per donne; sala anatomica, cella mortuaria, locali per disinfezione, sezione agricola [SA_4_2_3] e una sezione per malattie infettive [SA_4_2_4]. Anche questa volta, però, il progetto è sottoposto a una Commissione di Vigilanza composta dal prefetto di Salerno, dal medico provinciale e dal professore Andrea Grimaldi, che stabilisce di: modificare il padiglione dei lavoratori realizzando officine nelle sale terrene; costruire un edificio per colonia agricola della capacità di 40-50 addetti e, conseguentemente, trasformare un’ala del padiglione lavoratori per destinarla al ricovero dei coloni; eliminare la sproporzione tra aree libere e aree fabbricate, spostare la lavanderia nel lotto nord orientale dell’area per problemi di igiene e realizzare un reparto osservazione.

Le proposte costringono l’ingegnere Ferrajoli a un’ennesima modifica del progetto, mentre con decreto prefettizio del gennaio 1910 vengono espropriati i suoli necessari all’ampliamento, la cui occupazione inizia nel settembre 1911. Non cessano, tuttavia, le discussioni tra Consorzio, concessionari e Direzione sanitaria conclusesi solo nel 1914 con il progetto finale, che prevede: un padiglione per osservazione uomini; uno per osservazione donne; uno di sorveglianza donne; uno di sorveglianza uomini; uno per artigiani e coloni; infermerie per uomini e donne; deposito per attrezzi agricoli; lavanderia; sala anatomica; serbatoio d’acqua e cucina.

Pur nelle differenti varianti, tutti i progetti Ferrajoli si sviluppano nell’area a nord di Monteoliveto e, in accordo con il direttore Ventra successo a Limongelli, allievo di Bianchi e Buonuomo e attento alle più recenti esperienze nazionali, come il manicomio di Arezzo del Pieraccini, riflettono uno schema “a villaggio”: infatti, si contempla sempre la rimozione dei corpi addossati al complesso storico e la costruzione di padiglioni distanziati e dislocati nel verde.

L’8 marzo 1914 viene posta la prima pietra delle nuove costruzioni. In realtà, si porta a compimento solo il padiglione di sorveglianza donne, realizzato nel 1914-15 e occupato nel 1917, mentre il padiglione del lavoro viene intrapreso, ma lasciato incompleto a causa dello scoppio della guerra.

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