Udine dal 1945; progetto di riordino e di ampliamento)
A causa degli eventi bellici s’impone un nuovo ciclo di risistemazione degli ambienti e di potenziamento delle strutture esistenti. Nel 1945 si decide, ad esempio, di ampliare i laboratori, anche per la necessità di non licenziare gli infermieri, assunti durante il periodo bellico per far fronte alla partenza del personale maschile chiamato alle armi. A questo periodo risale l'introduzione di nuovi macchinari nei laboratori artigianali e la realizzazione di una nuova tipografia-legatoria, che negli anni successivi stipulerà interessanti contratti con l’amministrazione provinciale. Sono poi risistemati 14 padiglioni in accentuato stato di degrado, con coperture giudicate "prossime a crollare".
Un fervore edilizio investe dunque tutto il manicomio che, nel 1954, presenta un solo padiglione sul quale non si era ancora intervenuti: quello dell’infermeria e del ricovero delle donne tranquille [UD_4_3_7]. Tale rinnovamento diviene occasione per adeguare tutto il complesso alle nuove prescrizioni della scienza psichiatrica, che impone il miglioramento dei servizi e l’eliminazione delle murature che circondano i due padiglioni per l’isolamento degli agitati [UD_4_3_8; UD_4_3_9; UD_4_3_10] e delle reti metalliche giudicate ormai obsolete.
Dalla fine della guerra è sottoposto a verifica tutto il patrimonio edilizio manicomiale, che comporta il controllo dei valori cromatici e la proposta di tinte più confortevoli per i ricoverati, con tonalità calde e chiare, talvolta scelte a imitazione di materiali pregevoli e duraturi quali il marmo.
Sono inoltre sopralzati alcuni padiglioni (infettive donne e infettivi uomini), un nuovo progetto è redatto per sistemare e ampliare la lavanderia. S’interviene anche con un rinnovamento generalizzato dell'attrezzatura medico-sanitaria, si realizzano un nuovo gabinetto radiologico e un ambiente per la psico-chirurgia. Poiché il laboratorio radiologico avvia una ricerca estesa a tutti i pazienti ricoverati per la prevenzione tubercolare, diviene evidente la necessità di strutture dedicate al ricovero degli infettivi, con conseguente riattivazione degli interventi di modifica architettonica.
Negli anni quaranta, Bellavitis riattiva anche l'esperienza del “teatro all'aperto”, voluta da Pantalone, e del "teatro pilota", voluto da Antonini all'interno del padiglione delle donne paganti.
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