Fino al 1934 il ricovero dei pazienti avveniva nei manicomi di Messina e Palermo
Non presenti
nuovo impianto
Con il prolungamento della via Fardella fino alla contrada Raganzili, ideato prima da Francesco La Grassa e poi da Gaspare Di Maggio, è anticipata la volontà di valorizzare le confinanti aree interessate, in accordo con il Comune di Monte San Giuliano. Contemporaneamente è posta la questione dell’urgenza di edificare un nuovo complesso ospedaliero destinato ai malati di mente, da localizzare in una delle zone periferiche della città; a tal proposito il Comune aveva deciso di alienare ai privati il vecchio Palazzo Lucatelli e di lanciare una grande lotteria nazionale (o regionale) per riscuotere i fondi necessari alla nuova edificazione.
Nel 1906, in seguito all’acquisto di un terreno in contrada Reganzili, posta ai piedi del massiccio Monte Erice e comprendente la casa colonica Fallucca, di fatto la Provincia dichiara l’intenzione di voler edificare il manicomio ai limiti del territorio comunale di Trapani, confinante con quello di Monte San Giuliano. Il sito, la cui denominazione è di origine araba, comprende l’area compresa tra il convento dei Padri Minimi di San Francesco, dei quali la leggenda narra dei tenebrosi Beati Paoli, e le cave dell’Argenteria. Il terreno demaniale è in parte di proprietà del convento dell’Annunziata: orti pervenuti all’asse ecclesiastico da lasciti di devoti patrizi. A indicare poi l’esistenza, in questo luogo, di un antico nucleo abitativo, è la testimonianza di resti di una necropoli fenicia, rinvenuti durante i lavori di scavo per la costruzione dell’Ospedale psichiatrico.
Nello stesso anno 1906 è indetto un concorso che vedrà vincitore l’ingegnere Giuseppe Manzo; il progetto architettonico di massima redatto da quest’ultimo proveniva da un suo precedente studio iniziato nel 1893, quando il Consiglio provinciale aveva per la prima volta espresso l’intenzione di costruire un manicomio. Tuttavia, il lungo e complesso iter burocratico del progetto del 1906, con il conseguente superamento di quello approntato, richiederà una serie di aggiornamenti tecnici e diverse integrazioni dello stesso, tra cui l’istituzione di una Colonia agricola, che necessitava l’acquisto di nuovi terreni (ha 134,477). Fra il 1929 e il 1931 il progetto è completato dall’Ufficio tecnico provinciale, diretto dall’ingegnere Gaspare Di Maggio, mantenendo però il precedente sistema insediativo a padiglioni indipendenti.
I fase: 1926-1931 [TP_4_1_3]
architetti/ingegneri: Giuseppe Manzo, Gaspare di Maggio, Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: Bernardo Frisco
È apparso alquanto difficoltoso risalire alle proposte originarie redatte dall’ingegnere Giuseppe Manzo, a cominciare dai primi studi del 1893. Probabilmente al gennaio 1926 risale l’edificazione del Laboratorio di Igiene e Profilassi, da considerarsi parte integrante del progetto originario; è ancora oggi ubicato sul lato destro rispetto alla Direzione, ai limiti del confine meridionale. Solo nel 1929, con il completamento del primitivo programma edilizio di Manzo realizzato dall’ingegnere Gaspare Di Maggio, appare leggibile il sistema insediativo generale.
Il progetto è approvato nello stesso anno, con gli ampliamenti e le modifiche redatte dall’Ufficio tecnico provinciale. Dalle restituzioni, planimetrica e plano-volumetrica [TP_4_2_3; TP_4_2_4], si possono evincere le peculiarità dell’aggiornamento e completamento del progetto del 1929, redatto in linea con la legge italiana (1904) e con le terapie mediche acquisite e praticate nei più moderni manicomi del territorio nazionale. In rapporto alle quattro classificazioni che regolavano le nuove progettazioni o l’adeguamento di vecchie strutture, il complesso trapanese si può classificare come “Manicomio completo” per la cura di tutte le malattie mentali, destinato a un numero limitato di degenti.
II fase: 1931-1939 [TP_4_1_3]
architetti/ingegneri: Giuseppe Manzo, Gaspare di Maggio
alienisti/psichiatri: Bernardo Frisco
Il nuovo complesso manicomiale sorge, così, in località Raganzili, ai piedi del Monte Erice. L’appalto dei lavori viene aggiudicato, a mezzo di trattativa privata, all’impresa romana Romeo Cametti per una spesa complessiva di £ 7.805.000. I lavori iniziati nel 1931 sono completati meno di tre anni dopo. Al gennaio 1934 appaiono già costruiti i tre edifici centrali del sistema (Direzione sanitaria, Amministrazione, Servizi Generali), i nove padiglioni di degenza, di cui sei divisi tra uomini e donne, e altri edifici di servizio.
Per l’insediamento manicomiale trapanese è scelto un impianto a padiglioni indipendenti, con annessa colonia agricola [TP_4_3_3; TP_4_3_10]; ancora oggi è leggibile l’ordine simmetrico della concezione planimetrica, regolata dall’asse principale (E-O) che si sviluppa dall’ingresso tramite la Direzione (sanitaria e amministrativa) per attraversare il vasto spazio verde, geometrizzato in grandi aiuole, e finire sul fondale dei padiglioni destinati ai servizi generali, a lavanderia e centrale termica [TP_4_2_1].
Nel progetto predisposto, la cui realizzazione è mantenuta nel tempo, la sequenza delle aree libere e delle fabbriche è scandita dalla regolarità della rete viaria dimensionata sugli spazi di pertinenza secondo un uso gerarchico dei percorsi. In tale senso va interpretata la tipologia adottata dei “padiglioni distaccati”, in genere molto diffusa per i manicomi di ridotta dimensione (535 sono i ricoverati a Trapani nel 1934). Mantenendo lo schema della graduale penetrazione, adattata alla griglia d’impianto, l’ingresso alla struttura è organizzato attraverso il filtro di due distinte portinerie (uomini-donne) ubicate in piccoli edifici lungo il muro di recinzione, ai due lati della Direzione, preceduta dal tipico elemento di decoro rappresentato da una zampillante vasca circolare.
L’edificio della Direzione ha una pianta rettangolare allungata e tre ali trasversali di differente profondità, una copertura piana e un apparato stilistico di coronamento a timpano nella parte centrale della facciata principale, evidenziato da una statuaria e dallo stemma urbano, e a timpano spezzato nelle parti laterali della stessa [TP_4_2_6; TP_4_3_3]. Le due elevazioni fuori terra sono accentuate orizzontalmente da una fascia basamentale e da un marcapiano che scandisce la corrispondenza verticale delle finestrature interrompendo il rinforzo metrico degli spigoli. Nel gioco chiaroscurato degli aggetti e delle rientranze volumetriche, si percepisce la cauta intenzione di attribuire un differente valore estetico all’architettura simbolo dell’istituzione manicomiale. Ancorata agli schemi dell’architettura sociale ottocentesca, è così esaltata la filantropica attenzione pubblica per le fasce deboli della collettività.
Le due portinerie, ubicate nelle strette adiacenze dell’ingresso principale e simmetricamente opposte alla Direzione, presentano, rispetto a quelle dell’intero impianto, un’atipica copertura a padiglione e una pianta quadrangolare allungata con una distribuzione interna in quattro locali e un solo servizio [TP_4_2_5; TP_4_3_2]. Inserite nella recinzione e con un proprio ingresso autonomo simboleggiavano il primo e unico rapporto con il mondo esterno. Allo stesso modo anticipavano, nell’impaginato delle contenute facciate, la ricorrente sobrietà estetica dell’intero complesso edilizio – dalla parte basamentale in pietra agli spigoli, alla cornice di coronamento e al telaio delle finestrature –, esaltata dalla componente cromatica dell’intonaco rosato.
Il doppio controllo, soprattutto visivo, esercitato dal centro direzionale come garanzia sociale e fulcro della custodia terapeutica, in senso fisico consentiva di scandire la simmetrica impostazione per fasce parallele al lineare svolgimento dell’edificio. Dal lungo affaccio stradale (viale della Provincia) al confine dell’area manicomiale perimetrata dalla colonia agricola si distinguono tre fasce: la prima corrisponde ai padiglioni per l’osservazione e l’infermeria [TP_4_2_10], al centro, e alla chiesa e falegnameria, ai lati. Cambiando l’orientamento di 90°, generato dalla preesistenza del laboratorio di igiene e profilassi, nella seconda fascia – quella centrale – si sviluppano, in reciproca simmetria, i padiglioni intermedi del percorso terapeutico. Nella terza fascia, rispetto alla centralità degli edifici destinati ai servizi generali, a centrale termica, a lavanderia e cucina, sono presenti i reparti di degenza [TP_4_2_9; TP_4_3_4; TP_4_3_8, TP_4_3_9], divisi per pericolosità e contagio secondo la classificazione della prassi trattata; da notare che dei sei padiglioni previsti, in realtà ne sono stati costruiti solo cinque. All’estremo nord di questa fascia è il piccolo padiglione per la necroscopia [TP_4_2_2].
Il padiglione dei servizi generali, collocato in asse con la direzione, attraverso un razionale sistema distributivo articolato su una pianta quadrangolare con corte interna, garantiva lo svolgimento delle molte funzioni contenute, dislocandole nei vari locali affaccianti sulla corte interna e sui fronti perimetrali esterni [TP_4_2_8]. Nell’impaginato del suo prospetto principale, di particolare interesse è il timpano di coronamento dell’edificio, utilizzato quale fondale dell’asse visivo lungo il viale principale. Allo stesso modo la lavanderia retrostante completava la scelta progettuale di accentrare i servizi facilitando la convergenza dei collegamenti [TP_4_2_7]; articolata su due piani, con l’ampia terrazza-stenditoio, prevista su metà di quello superiore, e con la moderna cucina assicurava la convergenza distributivo-funzionale del vitto e dell’igiene in regime di autosufficienza gestionale.
Durante il periodo bellico l’ospedale psichiatrico è parzialmente requisito; inoltre, per emergenze militari, alcuni padiglioni dell’area (tranquilli, semiagitati e semiagitati pericolosi) sono trasformati per accogliere un complesso chirurgico della Croce Rossa Italiana. Come conseguenza, i ricoverati di sesso maschile sono trasferiti al Pisani di Palermo.
III fase: 1945-2012 [TP_4_1_3]
architetti/ingegneri: Francesco Messina, Francesco Costa, R. Caliò, R. Cusenza
alienisti/psichiatri: Giuseppe Tripi, Giuseppe Ragonese, Angelo Sammartano, Giovanna Mendolia
Alla fine del 1953, dopo le ristrutturazioni avvenute per sanare i danni bellici, nel complesso ospedaliero per malati mentali risultano operativi soltanto 9 padiglioni; gli altri sono chiusi e inutilizzati. Il programma di riorganizzazione condotto negli anni successivi non è soltanto di ricostruzione ambientale ma soprattutto di rinascita per favorire il processo di recupero sociale dei pazienti. Si assiste, infatti, a una vera e propria rifondazione: anticipando (1955) la futura riforma sull’assistenza psichiatrica, è costituito il primo centro provinciale di Igiene Mentale della Sicilia.
Dopo la legge 180 del 1978 anche a Trapani si vive il tramonto dell’ospedale psichiatrico, con la sua successiva trasformazione in Cittadella della Salute [TP_4_3_6; TP_4_3_7]. Il vecchio complesso, ristrutturato e riconvertito, diventa anche sede del Dipartimento di Salute Mentale e di altri servizi secondo un progetto-obiettivo nazionale recepito dalla Regione Sicilia nel 1981. Fra i servizi moderni va segnalata, tra il 1995 e il 1998, l’istituzione del servizio di Psicologia, realizzato su progetto degli architetti R. Cusenza e R. Caliò nella zona nord del complesso, in un’area ancora libera da costruzioni.
impianto
a padiglioni indipendenti
corpi edilizi
padiglione principale (direzione) a forma di doppia T su due piani; padiglioni a pianta pressoché rettangolare su uno e due piani; padiglione quadrangolare con corte su due piani; annessi agricoli
strutture
strutture in elevazione: muratura mista, cemento armato
orizzontamenti: solai piani in cemento armato e collegamento tra nervatura e soletta
coperture: tetti piani con o senza muretto d’attico, tetti a padiglione e rivestimento in coppi
ottimo Direzione; Portinerie; ex edifici lavanderia e servizi generali
buono attuali: ARPA, Ambulatorio veterinario, Psicologia, Medicina legale, Pneumologia, laboratorio multimediale, medicina scolastica, falegnameria
medio attuali: CTA, Unità valutativa geriatrica, edificio assistenza Materno infantile, otorinolaringoiatra, centro diurno adulti, U.O. psicogeriatria
A. Ricevuto, Per il Manicomio della Provincia di Trapani, tip. Aurora F. Lombardo, Trapani 1912
L’assistenza dei malati di mente nell’Ospedale Psichiatrico di Trapani, in ”Bollettino Medico”, Trapani, gennaio 1933, pp. 34-49
L’Ospedale Psichiatrico in piena attività. L’istituzione di un dispensario gratuito, in “Il popolo di Trapani”, 17 marzo 1934
Visita dei sanitari di Trapani all’Ospedale Psichiatrico Provinciale, in “Bollettino Medico”, Trapani, luglio 1934, pp. 194-202
G. Tripi, Relazione tecnico sanitaria sull’Ospedale Psichiatrico di Trapani per gli anni 1954-1955, Trapani 1956
“Igiene Mentale”, organo ufficiale della Lega italiana di Igiene e profilassi mentali, a cura dell’Amministrazione Provinciale di Trapani, Trapani 1956-1966
A. Carpinello, L’attività dell’ambulatorio di neuropsichiatria infantile di Trapani nel triennio 1954-1956, in “Igiene Mentale”, 1957, fasc. II
G. Tripi, L’igiene mentale nell’assistenza geriatrica, in “Igiene Mentale”, fasc. spec. III, Trapani 1959
Id., L’Ospedale Psichiatrico di Trapani nel 30° anno di attività, 1934-1964, Tip. La Combattente, Trapani 1964
S. Tripi, Appunti di psichiatria per operatori di comunità, Arti grafiche Cosentino, Trapani 2001
S. Costanza, E. Tripi, A. Sammartano, La cittadella della salute, L’Epos, Palermo 2003
M
Azienda unità sanitaria locale - AUSL n. 9 di Trapani
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