Casa di Cura distrettuale di Montebelluna, Casa di Cura distrettuale di Crespano Veneto, Casa di Cura distrettuale di Oderzo, Casa di Cura distrettuale di Valdobbiadene, Casa di Cura distrettuale di Serravalle
Ospedale di Marocco presso Mogliano Veneto, Casa di Cura distrettuale di Montebelluna, Casa di Cura distrettuale di Crespano Veneto, Casa di Cura distrettuale di Oderzo, Casa di Cura distrettuale di Valdobbiadene, Casa di Cura distrettuale di Serravalle
nuovo impianto
Sul finire del XIX secolo la provincia di Treviso non è dotata di un ospedale psichiatrico centrale. La gestione della malattia mentale avviene attraverso un ramificato sistema che, partendo dal reparto psichiatrico dell'Ospedale civile della stessa città – dove i pazienti sono ricoverati in un primo momento per definire la natura del loro male –, si sviluppa attraverso la loro collocazione presso cinque Case di cura distrettuali, localizzate nei pressi del centro cittadino; i casi più gravi sono invece inviati ai manicomi centrali di San Servolo e San Clemente a Venezia. All’inizio del XX secolo i membri della Deputazione provinciale di Treviso si rendono conto della necessità di un ospedale psichiatrico per la provincia e ne decidono la costruzione nel 1904. L’istituzione del nuovo complesso non sostituisce tuttavia la funzione delle case di cura distrettuali, che sono utilizzate per accogliere i pazienti dimessi dal polo psichiatrico centrale.
L’11 maggio 1904 il Consiglio di Amministrazione degli Istituti Pii, Ospedale Civile e Casa degli Esposti cede un’area di sua proprietà, che possiede tutte le caratteristiche considerate essenziali per l’erezione del nuovo manicomio. Isolato rispetto al centro cittadino, perché collocato a circa tre chilometri a nord-est di Treviso, questo spazio di quattordici ettari, è in aperta campagna, con ampi spazi verdi che i pazienti avrebbero potuto coltivare, ed è dotato della presenza di un corso d'acqua, lo Storga, che avrebbe permesso una maggiore indipendenza rispetto alla situazione precedente. Nonostante l’approvazione del progetto di massima, avvenuta nel 1906, la Prefettura di Treviso autorizza l’acquisto del terreno un anno più tardi, nel 1907; pertanto la costruzione del complesso manicomiale ha inizio solo nel 1908.
I fase: 1906-1967
architetti/ingegneri: Paolo Mussetti (progetto di massima e di dettaglio)
alienisti/psichiatri: Augusto Tamburini (progetto di massima)
La progettazione dell’Ospedale neuropsichiatrico avviene in due fasi distinte con una continuità d’impostazione e alcune varianti significative; il progettista della fase di massima si occupa anche della progettazione dei successivi ampliamenti, realizzati contestualmente alla costruzione del complesso.
L'incarico per la realizzazione del progetto di massima è affidato, nel 1906, all'ingegner Paolo Mussetti, allora capo dell'Ufficio tecnico provinciale, e al medico alienista Augusto Tamburini. L'unica documentazione che possediamo di tale progetto è la planimetria generale [TV_4_2_1], dalla quale si evince che l'ospedale, atto a ospitare solo un centinaio di pazienti, doveva essere costituito da tre edifici: una costruzione centrale con pianta ad U, disposta in posizione avanzata rispetto agli altri due edifici e progettata come sede dei servizi e degli uffici dell'amministrazione ospedaliera, e due padiglioni con planimetria ad H, che dovevano essere adibiti a centri di osservazione dei pazienti (sezione maschile e femminile), prima di essere smistati tra le case di cura distrettuali. Nell’ideazione iniziale, approvata dalla Deputazione provinciale che riteneva indispensabile un ospedale adeguato ad accogliere un numero in crescita di pazienti, il progetto è subito predisposto per essere in seguito ampliato.
I lavori di costruzione iniziano grazie al finanziamento dell’amministrazione provinciale di Treviso; dopo un paio d’anni è richiesto allo stesso ingegnere Mussetti un progetto di variante che prevede l’ampliamento [TV_4_2_12]: i lavori pertanto proseguono parallelamente all’apertura della struttura, nel 1911, fino alla sua inaugurazione nel 1913.
Il complesso manicomiale di S. Artemio viene realizzato con un impianto a padiglioni indipendenti, distribuiti su tre fasce parallele e sviluppati all’interno di una struttura simmetrica di viali alberati e spazi verdi, sistemati a giardino all’italiana, che accolgono i singoli edifici. L’asse centrale è adibito ai servizi e comprende quattro edifici: l’amministrazione [TV_4_2_2], i servizi generali [TV_4_2_7; TV_4_2_8], la lavanderia e il servizio necroscopico; affiancato a quest’ultimo, in posizione arretrata rispetto al complesso, è collocato il padiglione per i malati infettivi [TV_4_2_9].
Gli edifici che si sviluppavano sulle fasce laterali, disposti in modo simmetrico, ospitano pazienti di entrambi i sessi (uomini a sinistra, donne a destra): ai lati dell’amministrazione sono collocati i padiglioni per dozzinanti [TV_4_2_6]; in posizione arretrata, affiancati ai servizi generali, i padiglioni per pazienti tranquilli e le infermerie [TV_4_2_3]; di seguito i padiglioni per l’osservazione e vigilanza dei malati, mentre la terza fascia comprende unicamente gli edifici atti al ricovero dei pazienti “clamorosi”. Gli edifici che compongono l'asse centrale del complesso, i padiglioni per i pensionanti e quelli disposti agli estremi laterali sono progettati con planimetria ad U [TV_4_2_5], mentre gli edifici a due piani destinati ad accogliere i pazienti tranquilli e quelli agitati si presentano con pianta ad H [TV_4_2_4].
La piccola cappella del complesso [TV_4_2_10] a unica navata è disposta a destra del complesso, alla fine del viale d’ingresso. Particolare attenzione è riservata anche agli spazi verdi e alla colonia agricola, che si sviluppa davanti all’ospedale.
La struttura manicomiale trevigiana assume da subito caratteristiche peculiari; il complesso è ideato infatti come luogo di studio, osservazione e cura solo dei pazienti in fase acuta (i malati cronici venivano invece inviati presso le cinque case di cura distrettuali), fatto che ha comportato la messa a fuoco di caratteri innovativi da un punto di vista edilizio e funzionale. Per tale motivo, la distribuzione dei malati fra i padiglioni non segue gli schemi generalmente riscontrabili in altri manicomi italiani, mancando del tutto edifici adibiti a ospitare pazienti semi-agitati, epilettici o infermi. Inoltre la particolare cura nei confronti di alcuni servizi - l’acqua corrente o gli impianti sanitari o il riscaldamento mediante termosifoni, la presenza di gabinetti scientifici, della biblioteca e di un museo antropologico - determina che l’ospedale sia considerato all’inizio del XX secolo uno dei più “tecnologici” in Italia, valendogli anche la vittoria della medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale d’Igiene nel 1912 a Roma.
Da questa data e fino al 1967 all’interno del complesso ospedaliero si attuano esclusivamente lavori di manutenzione ordinaria.
II fase: 1967-2005
architetti/ingegneri: dato non accertato
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Al 1967 risale il progetto di ampliamento della chiesa dell’ex complesso manicomiale, approvato dalla Commissione edilizia del comune nel mese di gennaio 1968. L’edificio è allungato posteriormente sul lato dell’abside, che è demolita e ricostruita [TV_4_3_1].
Fino al 2005, in seguito al passaggio di proprietà del complesso ospedaliero all’ULLS n. 9 della Regione Veneto, al suo interno si svolgono solo opere di manutenzione ordinaria e parziale ristrutturazione.
III fase: 2005-2012
architetti/ingegneri: Toni Follina
alienisti/psichiatri: dato non accertato
Il complesso, attualmente sede della Provincia di Treviso, è stato trasformato dall’intervento di ristrutturazione che ha avuto luogo dopo la cessione dell’ex manicomio all’Amministrazione provinciale, nel maggio 2004.
L’intervento, progettato dall’ingegner Toni Follina e approvato dalla Giunta provinciale e dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio del Veneto orientale, ha comportato l’ampliamento di quasi tutti gli edifici [TV_4_3_2; TV_4_3_3; TV_4_3_8; TV_4_3_9], sul retro dei quali è stato aggiunto un corpo realizzato all’esterno con materiali differenti rispetto agli originali [TV_4_3_4; TV_4_3_5; TV_4_3_6; TV_4_3_7], in maniera tale da consentirne un immediato riconoscimento. L’intero complesso è stato recuperato con radicali adeguamenti funzionali dei singoli edifici; nel 2005 si sono realizzati percorsi di collegamento fra i padiglioni tramite un sistema di passerelle sopraelevate e di passaggi coperti [TV_4_3_10]; si sono inoltre demoliti alcuni edifici del complesso costruiti in epoche successive alle fasi originarie.
impianto
a padiglioni indipendenti, separati da viali alberati e giardini
corpi edilizi
edifici su uno e due piani, a pianta rettangolare e mistilinea, a U e a H
strutture
strutture in elevazione: murature tradizionali, mattoni a vista, pareti vetrate, pareti in lamiera
orizzontamenti: capriate lignee e in acciaio
coperture: tetto a falde, tetto in lamiera metallica
buono intero complesso
A. Tamburini, G. C. Ferrari, G. Antonini, L’assistenza degli alienati in Italia e nelle varie nazioni, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Milano-Napoli-Palermo-Roma 1918
L. Tosi, R. Frattini, P. Bruttocao, S. Artemio: storia e storie del manicomio di Treviso, Grafiche Bernardi, Pieve di Soligo 2004
V. Raimondo, Manicomio provinciale di Treviso, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 171-173
FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano
Theme by Raniero Carloni Luca Montecchiari and Andrea Orlando inspired by Danetsoft