Con l’acquisto del palazzo e del vicino convento nel 1869-70, tra il 1872 e il 1873 l’ingegnere provinciale Gaetano Castelli, sotto la supervisione del medico alienista Lorenzo Monti (futuro primo direttore del manicomio), redige un progetto di trasformazione e arredo degli ambienti dell’ex reggia ducale e dell’attiguo ex convento domenicano. Monti, nel perseguire la sua idea di manicomio, s’ispira ai criteri del sistema francese, prevedendo un’organizzazione funzionale in settori separati per genere, ma legati al tipo di malattia e alla sua curabilità. Dispone le diverse sezioni disseminandole nel vasto spazio a disposizione, collegandole però con gallerie e con gli ambienti destinati all’amministrazione, rendendo più efficiente anche la sorveglianza dei ricoverati.
Varie commissioni si esprimono sul progetto, senza arrivare a conclusioni operative. Tuttavia, lo scoppio di un’epidemia di colera in città costringe il Consiglio d’amministrazione provinciale, nonostante il parere negativo di famosi clinici, a trasferire temporaneamente i pazzi, il 28 luglio 1873, nella prevista sede di Colorno. Nello stesso anno, con l’intento di mettere in relazione personale sanitario, autorità provinciali e famiglie dei ricoverati, e di divulgare presso la popolazione precetti semplici di freniatria, Monti istituisce il Diario del manicomio provinciale di Colorno; le sue vene riformiste (ergoterapia, scuola per malati analfabeti) si scontrano, però, con le ristrettezze economiche, destinando Colorno a rappresentare un’anomalia nella vicenda psichiatrica emiliana.
Dal Diario si evince che già dalla metà di novembre del 1873 sono avviati i lavori di ristrutturazione del complesso edilizio sotto la direzione dell’ingegnere provinciale. Il reparto destinato alle donne è collocato nei locali posti sul retro della parte nord-est dell’ex complesso ducale, mentre l’ex convento domenicano accoglie il reparto uomini e gli uffici [PR_4_2_1; PR_4_3_12]. Il complesso è così diviso in due settori, donne e uomini, e tre sezioni: tranquilli, agitati e deboli, organizzate attorno a cortili di passeggio, distribuendo i malati, scrive Monti, “in una lunga zona di fabbricati, che vengono a formare i lati di un largo e vasto angolo retto, racchiudente una parte del parco, prossima delizia degli infelici ricoverati”.
Tra ottobre e novembre 1874 iniziano i lavori di adattamento della sezione agitate e sono restaurati i due grandi refettori della sezione tranquilli, i cui lavori sono eseguiti da infermieri e un ricoverato, ed è ingrandito e abbellito il piccolo teatro ubicato a piano terra dell’ex convento. Il piano superiore è trasformato in un vasto dormitorio e si realizza un corridoio sopraelevato per collegare il fabbricato già occupato dagli alienati e il cosiddetto “conventino”, oltre a un corpo appoggiato alla chiesa di S. Liborio. Dalla stessa fonte si evince la distribuzione dei locali: il primo fabbricato (ex convento) a piano terra accoglie gli uffici della direzione e amministrazione, i parlatori, i servizi generali, il refettorio dei tranquilli, il teatrino, le sale riunioni dei tranquilli e i reparti degli agitati, deboli e sudici; al piano primo sono i dormitori dei tranquilli [PR_4_3_1], dei dozzinanti, l’infermeria e le officine. Oltre la chiesa di S. Liborio e all’interno del complesso dell’ex palazzo ducale, a piano terra è la sezione agitate e al primo piano il dormitorio delle tranquille [PR_4_3_2].
Durante il 1875 proseguono i lavori di riordino del complesso e si avanza una proposta per installare una colonia agricola nel giardino appartenuto alla residenza ducale, ma bisognerà aspettare la fine della Grande Guerra per dare corso effettivo alla sua realizzazione. Tra le opere di restauro, compiute da alienati e infermieri, figurano l’imbiancatura e coloritura dei refettori delle tranquille, della sezione dei dozzinanti e degli agitati, i lavori alla scala dei dozzinanti, il completamento della sezione agitate (con sette camere d’isolamento, affacciate da un lato su un lungo corridoio e dall’altro sul giardino del palazzo) e di un ampio refettorio: ogni ambiente è igienicamente pulito, ben areato e illuminato. Con il procedere dei lavori, si restaurano i parlatori e il grande atrio; inoltre si erige un muro nel vasto giardino interno per dividere gli uomini dalle donne e consentire loro il libero passeggio. Nel 1876 si conducono i lavori per l’ampliamento delle cucine, si terminano la sezione delle dozzinanti e la costruzione di un andito tra la sezione agitate e quella delle tranquille lungo il fianco destro della cappella di S. Liborio. L’anno successivo il Consiglio provinciale stabilisce che il complesso di edifici temporaneamente occupati siano definitivamente adibiti a manicomio provinciale, senza tener conto dell’inadeguatezza degli ambienti, poco consoni ai progressi della scienza e della tecnica psichiatriche. Con tale provvedimento si decide di mantenere le strutture esistenti, di riorganizzarle funzionalmente e distributivamente, aggiungendovi nel tempo nuovi edifici.
Nella prima metà del Novecento si tendono a realizzare lavori di sistemazione seguendo le esigenze del momento. Nel 1903 è elaborato un nuovo progetto di recupero e trasformazione dell’ex palazzo ducale, senza tuttavia riuscire a eliminare i numerosi problemi dovuti alla particolarità della stessa struttura architettonica, che impediva soluzioni radicali di rinnovamento, tanto più dopo l’entrata in vigore della nuova normativa sui manicomi e della legge sulla tutela di antichità e belle arti (1909), vincolativa sul possibile ampliamento del manicomio sul giardino. Non restava che realizzare piccole opere di adeguamento, rese necessarie dall’urgenza di accogliere nuovi malati, ma prive di lungimiranza; la Grande Guerra impedisce, poi, di costruire a due chilometri da Parma un nuovo manicomio (composto di due edifici per osservazione e vigilanza e cinque fabbricati sussidiari: direzione, cucina, guardaroba, lavanderia, colonia agricola, camera mortuaria, portineria), di cui l’ufficio tecnico aveva redatto nel 1915 il progetto con la collaborazione del direttore Ferdinando Ugolotti. A Colorno sono tuttavia rinnovati gli impianti di riscaldamento (sezioni delle agitate e agitati, alloggio delle suore) e attuate opere edilizie minori; inoltre, si avvia il rinnovo degli arredi. Nonostante ciò, in un resoconto sullo stato del manicomio, il direttore fa presenti le molte inadeguatezze ancora esistenti.
Negli anni successivi si avviano diversi interventi minori, utili al funzionamento quotidiano del manicomio: lavori all’impianto di acqua potabile, installazione degli impianti (telefonico ed elettrico), sistemazioni della lavanderia con l’acquisto di nuovi macchinari per fare fronte alla crescita del numero dei ricoverati e allo sviluppo di alcune malattie; tra gli arredi, si acquistano numerosi altri letti. Nel 1923, l’inderogabile necessità di nuovi spazi induce il presidente della Commissione Reale a concedere al manicomio diversi locali del palazzo, dove si ricavano circa diciotto ambienti da adattare ad alloggi per gli infermieri. Quindici anni dopo, nel 1938, è il direttore dell’ospedale psichiatrico a chiedere all’amministrazione provinciale di trasformare il locale del forno, con l’intenzione di ricavarne nuovi spazi; si preferisce, però, abbattere i locali e utilizzarne il materiale per la costruzione di un nuovo reparto.
Con la dislocazione delle truppe tedesche nel palazzo e nel giardino ex ducale (1944) sono presi provvedimenti per prevenire possibili incendi dovuti alla presenza di benzina nel parco. I numerosi bombardamenti che danneggiano il giardino e le mitragliate che compromettono la sezione uomini, con la perforazione dei muri esterni, comportano lo spostamento dei servizi degli artigiani e della camera mortuaria, prima ubicati nel parco. Altri bombardamenti nel 1945 colpiscono il prolungamento del fabbricato verso il naviglio, con la conseguente distruzione della facciata sul cortile degli agitati. Terminata la guerra, iniziano i lavori di ricostruzione e riordino del complesso manicomiale, che ha subito notevoli danni. Da maggio a settembre 1945 si procede con diverse opere e nel 1948 si affidano i lavori per completare le opere di risistemazione, terminate lo stesso anno.
La situazione dell’ospedale psichiatrico di Colorno tra il 1931 e il 1947 è descritta in una relazione del medico alienista Angelo Catalano, che propone anche la riorganizzazione sia della sezione uomini, da completare dando a ogni reparto un soggiorno e un refettorio, sia della sezione donne, con la costruzione di un reparto tessitoria; suggerisce, inoltre, il trasferimento degli artigiani in locali più comodi e accoglienti nel giardino.
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