Casa di proprietà dell’Ospedale della Misericordia a Parma (via d’Azeglio), adattata a ricovero dei pazzi (1793)
Nuovo ospedale nell’ex convento di S. Francesco di Paola a Parma o “Spedale centrale pei pazzerelli di tutti i nostri Stati” (1822-1872)
Assenti
recupero con ampliamenti
L’unificazione del Regno e la successiva campagna di standardizzazione normativa sancisce il definitivo passaggio del manicomio all’amministrazione provinciale, cui seguono numerosi dibattiti e propositi per risolvere il problema dei locali da destinare a ricovero dei malati mentali. Con la legge del 20 marzo 1865 con la quale si obbliga ciascuna provincia a provvedere all’assistenza e cura dei propri mentecatti poveri, l’Ospedale di S. Francesco di Paola diviene il manicomio della Provincia di Parma, che ne eredita i numerosi e gravi problemi. Scartate le ipotesi di trasferimento dei malati nel S. Lazzaro a Reggio Emilia, perché troppo popolato, dell’ampliamento dello stesso Ospedale di S. Francesco di Paola, perché non praticabile e, infine, di costruire un nuovo complesso ospedaliero, per mancanza di fondi, la scelta ricade sull’uso di alcuni ambienti dell’ex reggia ducale e dell’attiguo ex convento domenicano a Colorno, distante pochi chilometri dal capoluogo.
I fase: 1873-1950 [PR_4_1_4]
architetti/ingegneri: Gaetano Castelli, Silvio Chierici, G. Bianchi, Marco Cantoni, Socrate Sissa
alienisti/psichiatri: Lorenzo Monti, Camillo Fochi, Umberto Stefani, Ferdinando Ugolotti, Angelo Catalano, Luigi Tomasi
Con l’acquisto del palazzo e del vicino convento nel 1869-70, tra il 1872 e il 1873 l’ingegnere provinciale Gaetano Castelli, sotto la supervisione del medico alienista Lorenzo Monti (futuro primo direttore del manicomio), redige un progetto di trasformazione e arredo degli ambienti dell’ex reggia ducale e dell’attiguo ex convento domenicano. Monti, nel perseguire la sua idea di manicomio, s’ispira ai criteri del sistema francese, prevedendo un’organizzazione funzionale in settori separati per genere, ma legati al tipo di malattia e alla sua curabilità. Dispone le diverse sezioni disseminandole nel vasto spazio a disposizione, collegandole però con gallerie e con gli ambienti destinati all’amministrazione, rendendo più efficiente anche la sorveglianza dei ricoverati.
Varie commissioni si esprimono sul progetto, senza arrivare a conclusioni operative. Tuttavia, lo scoppio di un’epidemia di colera in città costringe il Consiglio d’amministrazione provinciale, nonostante il parere negativo di famosi clinici, a trasferire temporaneamente i pazzi, il 28 luglio 1873, nella prevista sede di Colorno. Nello stesso anno, con l’intento di mettere in relazione personale sanitario, autorità provinciali e famiglie dei ricoverati, e di divulgare presso la popolazione precetti semplici di freniatria, Monti istituisce il Diario del manicomio provinciale di Colorno; le sue vene riformiste (ergoterapia, scuola per malati analfabeti) si scontrano, però, con le ristrettezze economiche, destinando Colorno a rappresentare un’anomalia nella vicenda psichiatrica emiliana.
Dal Diario si evince che già dalla metà di novembre del 1873 sono avviati i lavori di ristrutturazione del complesso edilizio sotto la direzione dell’ingegnere provinciale. Il reparto destinato alle donne è collocato nei locali posti sul retro della parte nord-est dell’ex complesso ducale, mentre l’ex convento domenicano accoglie il reparto uomini e gli uffici [PR_4_2_1; PR_4_3_12]. Il complesso è così diviso in due settori, donne e uomini, e tre sezioni: tranquilli, agitati e deboli, organizzate attorno a cortili di passeggio, distribuendo i malati, scrive Monti, “in una lunga zona di fabbricati, che vengono a formare i lati di un largo e vasto angolo retto, racchiudente una parte del parco, prossima delizia degli infelici ricoverati”.
Tra ottobre e novembre 1874 iniziano i lavori di adattamento della sezione agitate e sono restaurati i due grandi refettori della sezione tranquilli, i cui lavori sono eseguiti da infermieri e un ricoverato, ed è ingrandito e abbellito il piccolo teatro ubicato a piano terra dell’ex convento. Il piano superiore è trasformato in un vasto dormitorio e si realizza un corridoio sopraelevato per collegare il fabbricato già occupato dagli alienati e il cosiddetto “conventino”, oltre a un corpo appoggiato alla chiesa di S. Liborio. Dalla stessa fonte si evince la distribuzione dei locali: il primo fabbricato (ex convento) a piano terra accoglie gli uffici della direzione e amministrazione, i parlatori, i servizi generali, il refettorio dei tranquilli, il teatrino, le sale riunioni dei tranquilli e i reparti degli agitati, deboli e sudici; al piano primo sono i dormitori dei tranquilli [PR_4_3_1], dei dozzinanti, l’infermeria e le officine. Oltre la chiesa di S. Liborio e all’interno del complesso dell’ex palazzo ducale, a piano terra è la sezione agitate e al primo piano il dormitorio delle tranquille [PR_4_3_2].
Durante il 1875 proseguono i lavori di riordino del complesso e si avanza una proposta per installare una colonia agricola nel giardino appartenuto alla residenza ducale, ma bisognerà aspettare la fine della Grande Guerra per dare corso effettivo alla sua realizzazione. Tra le opere di restauro, compiute da alienati e infermieri, figurano l’imbiancatura e coloritura dei refettori delle tranquille, della sezione dei dozzinanti e degli agitati, i lavori alla scala dei dozzinanti, il completamento della sezione agitate (con sette camere d’isolamento, affacciate da un lato su un lungo corridoio e dall’altro sul giardino del palazzo) e di un ampio refettorio: ogni ambiente è igienicamente pulito, ben areato e illuminato. Con il procedere dei lavori, si restaurano i parlatori e il grande atrio; inoltre si erige un muro nel vasto giardino interno per dividere gli uomini dalle donne e consentire loro il libero passeggio. Nel 1876 si conducono i lavori per l’ampliamento delle cucine, si terminano la sezione delle dozzinanti e la costruzione di un andito tra la sezione agitate e quella delle tranquille lungo il fianco destro della cappella di S. Liborio. L’anno successivo il Consiglio provinciale stabilisce che il complesso di edifici temporaneamente occupati siano definitivamente adibiti a manicomio provinciale, senza tener conto dell’inadeguatezza degli ambienti, poco consoni ai progressi della scienza e della tecnica psichiatriche. Con tale provvedimento si decide di mantenere le strutture esistenti, di riorganizzarle funzionalmente e distributivamente, aggiungendovi nel tempo nuovi edifici.
Nella prima metà del Novecento si tendono a realizzare lavori di sistemazione seguendo le esigenze del momento. Nel 1903 è elaborato un nuovo progetto di recupero e trasformazione dell’ex palazzo ducale, senza tuttavia riuscire a eliminare i numerosi problemi dovuti alla particolarità della stessa struttura architettonica, che impediva soluzioni radicali di rinnovamento, tanto più dopo l’entrata in vigore della nuova normativa sui manicomi e della legge sulla tutela di antichità e belle arti (1909), vincolativa sul possibile ampliamento del manicomio sul giardino. Non restava che realizzare piccole opere di adeguamento, rese necessarie dall’urgenza di accogliere nuovi malati, ma prive di lungimiranza; la Grande Guerra impedisce, poi, di costruire a due chilometri da Parma un nuovo manicomio (composto di due edifici per osservazione e vigilanza e cinque fabbricati sussidiari: direzione, cucina, guardaroba, lavanderia, colonia agricola, camera mortuaria, portineria), di cui l’ufficio tecnico aveva redatto nel 1915 il progetto con la collaborazione del direttore Ferdinando Ugolotti. A Colorno sono tuttavia rinnovati gli impianti di riscaldamento (sezioni delle agitate e agitati, alloggio delle suore) e attuate opere edilizie minori; inoltre, si avvia il rinnovo degli arredi. Nonostante ciò, in un resoconto sullo stato del manicomio, il direttore fa presenti le molte inadeguatezze ancora esistenti.
Negli anni successivi si avviano diversi interventi minori, utili al funzionamento quotidiano del manicomio: lavori all’impianto di acqua potabile, installazione degli impianti (telefonico ed elettrico), sistemazioni della lavanderia con l’acquisto di nuovi macchinari per fare fronte alla crescita del numero dei ricoverati e allo sviluppo di alcune malattie; tra gli arredi, si acquistano numerosi altri letti. Nel 1923, l’inderogabile necessità di nuovi spazi induce il presidente della Commissione Reale a concedere al manicomio diversi locali del palazzo, dove si ricavano circa diciotto ambienti da adattare ad alloggi per gli infermieri. Quindici anni dopo, nel 1938, è il direttore dell’ospedale psichiatrico a chiedere all’amministrazione provinciale di trasformare il locale del forno, con l’intenzione di ricavarne nuovi spazi; si preferisce, però, abbattere i locali e utilizzarne il materiale per la costruzione di un nuovo reparto.
Con la dislocazione delle truppe tedesche nel palazzo e nel giardino ex ducale (1944) sono presi provvedimenti per prevenire possibili incendi dovuti alla presenza di benzina nel parco. I numerosi bombardamenti che danneggiano il giardino e le mitragliate che compromettono la sezione uomini, con la perforazione dei muri esterni, comportano lo spostamento dei servizi degli artigiani e della camera mortuaria, prima ubicati nel parco. Altri bombardamenti nel 1945 colpiscono il prolungamento del fabbricato verso il naviglio, con la conseguente distruzione della facciata sul cortile degli agitati. Terminata la guerra, iniziano i lavori di ricostruzione e riordino del complesso manicomiale, che ha subito notevoli danni. Da maggio a settembre 1945 si procede con diverse opere e nel 1948 si affidano i lavori per completare le opere di risistemazione, terminate lo stesso anno.
La situazione dell’ospedale psichiatrico di Colorno tra il 1931 e il 1947 è descritta in una relazione del medico alienista Angelo Catalano, che propone anche la riorganizzazione sia della sezione uomini, da completare dando a ogni reparto un soggiorno e un refettorio, sia della sezione donne, con la costruzione di un reparto tessitoria; suggerisce, inoltre, il trasferimento degli artigiani in locali più comodi e accoglienti nel giardino.
II fase: 1950-1955 [PR_4_1_4]
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico provinciale, G. Visioli
alienisti/psichiatri: Luigi Tomasi
La guerra e l’attesa per l’elaborazione di un idoneo piano di riammodernamento del complesso portano negli anni cinquanta a un completo ripensamento dello stesso, pur continuando i lavori per l’impianto di nuove cucine, per le opere di ripristino e parziale ricostruzione dei muri divisori e del magazzino. Nel 1950 si fa avanti l’idea di una risistemazione funzionale del reparto femminile [PR_4_2_2]. Tra questa data e la redazione del progetto si avviano diverse opere, che pongono le condizioni ideali per l’inizio dei lavori veri e propri: impianti di riscaldamento nei dormitori agitate, osservazione e infermeria donne; adattamento dei locali al piano secondo del corpo centrale a uso dormitorio dei tranquilli; lavori nella lavanderia [PR_4_3_3]; costruzione di un alloggio per il custode dell’acquedotto; riparazioni di scale, grondaie e pluviali; ripristino di servizi igienici; lavori per l’impianto radiologico.
Il piano di sistemazione organica del reparto donne è ampiamente spiegato dallo stesso ingegnere capo, Visioli, attraverso la descrizione dei vari lotti di lavoro: I° lotto, opere murarie dei reparti osservazione e infermeria donne; II° lotto, sistemazione nell’ala del teatro, tra cui demolizione del tetto, dei pavimenti e dei solai del secondo piano; III° lotto, lavori alla sala bagni e docce nella sezione pensionate; IV° lotto, lavori nell’angolo sud-est del “quadrilatero”, nel punto di collegamento con il palazzo, nella parte che ospitava le agitate, le tranquille e le suore; V° lotto, sistemazione di strade e vie d’accesso; VI° lotto, lavori in due reparti (croniche e semi-agitate) e nell’alloggio suore; VII° lotto, opere nel locale guardaroba.
I lavori comprendono anche la sistemazione dell’ala del teatro lungo il Parma, dei servizi igienici, oltre alle rifiniture nella sezione pensionate e della relativa scala di servizio, delle ali sud-est del palazzo e lo spostamento del guardaroba in corrispondenza della lavanderia.
Tra il 1952 e il 1954 si completano i lavori ai dormitori per le pazienti agitate e quelli di riparazione dell’impianto di riscaldamento dei settori femminili, del servizio lavanderia, dell’impianto idrico e dell’atrio, e anche di quelli previsti nel piano organico per la risistemazione dei bagni femminili nei fabbricati delle pensionate, oltre alle opere nell’ala Paradiso e Galleria, nei fabbricati dell’infermeria, nel teatro e servizi, che concludono di fatto la sistemazione del reparto femminile.
Da una relazione dello psichiatra Luigi Tomasi si ha un’idea della situazione dell’intero complesso manicomiale tra il 1948 e il 1955: problemi sono dovuti a inefficienze negli impianti (idrico, sanitario, fognario) compresi quelli elettrico, di cui non esiste nemmeno una pianta della rete, e di riscaldamento, per lo più funzionante a stufe. Inadeguatezze appaiono chiare nel complesso dei servizi: la camera mortuaria è relegata in un piccolo edificio nel parco, privo di attrezzature, mentre la lavanderia, i laboratori e le officine sono strutture inadeguate. Così, ultimati i lavori nei reparti femminili (salvo quelli nelle sezioni croniche, epilettiche e isolamento infermeria), l’ufficio tecnico redige un progetto di risistemazione anche della parte maschile per ovviarne le deficienze [PR_4_2_3], realizzando subito il primo stralcio di lavori nel reparto tranquilli: ampliamento del soggiorno e del dormitorio, sistemazione del mezzanino e del cortile interno, collegamento coperto con il refettorio. Applicando un piano organico di riordinamento che tenga conto di tutti i progressi della tecnica e della scienza ospedaliera, si interviene principalmente sull’esistente, con la livellazione di piani, il rifacimento di scale e la riorganizzazione dei reparti [PR_4_2_4].
III fase: 1955-2012 [PR_4_1_4]
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico provinciale, G. Visioli
alienisti/psichiatri: Marcello Urbani, Franco Basaglia, Ferruccio Giacanelli, Vincenzo Bagnasco
Dalla seconda metà degli anni cinquanta si procede con la sistemazione dei cortili, della lavanderia [PR_4_2_5], del guardaroba; è ampliato il soggiorno tranquilli e si sistemano due alloggi nell’ex forno [PR_4_2_6], ma resta da attuare un vero e proprio piano di rinnovo globale nel reparto maschile, sulla falsariga di quello già realizzato in quello femminile. Si dà così il via all’esecuzione del secondo stralcio di lavori, che prevede la copertura del canale Naviglio fino a via Roma, sia per allontanare i miasmi sia per poter disporre di una vasta area ove sviluppare nuovi padiglioni [PR_4_2_7]. Il programma edilizio prevede le seguenti costruzioni: un’ala di fabbricato parallela a quella esistente degli agitati, a sviluppo nord-sud; un’ala di collegamento, con sviluppo est-ovest; un edificio a “T”, collegato ai precedenti e con sviluppo est-ovest; un nuovo locale da adibire a forno e cucina; inoltre, prevede il completamento edilizio nell’area dell’ex forno con la creazione di un sistema di smistamento dei reparti e la sistemazione e adattamento dell’esistente: a piano terra, agitati e semi-agitati con ampi cortili [PR_4_3_4] e refettorio, e soggiorno tranquilli; al primo piano, osservazione, infermeria, sala cura, isolamento infermeria, servizi RX, EEG, ECG, cronici, epilettici e pensionati; a piano secondo dormitori infermieri, tranquilli e lavoratori.
All’interno del piano di trasformazione del reparto maschile [PR_4_3_5; PR_4_3_6] si realizzano numerosi altri lavori, come la costruzione di un nuovo edificio su via Roma da destinare ad alloggio per i dipendenti e di un deposito per cicli e motocicli (nell’area ex guardaroba). Si realizzano servizi igienico-sanitari nell’ex palazzo ducale per nuovi reparti ospedalieri, si adattano a dormitorio uomini i locali nel fabbricato sud, si sistemano i cortili centrali; inoltre, si attuano opere di manutenzione (riparazione tetti) e riorganizzazione dei servizi igienici nei reparti femminili, croniche e alloggio suore. Sono previste anche opere di ammodernamento del fabbricato centrale (ex convento), attuate tra fine anni cinquanta e decennio successivo, e la costruzione di un’ala destinata ai cronici, che si stacca ad angolo retto verso est dal reparto agitati; la prosecuzione dei lavori in quest’area sarà successiva al completamento della copertura del canale [PR_4_2_8; PR_4_2_9].
Da un resoconto del 1961 si evince che sono in corso di esecuzione i lavori nel reparto lavoratori (a piano terra soggiorno e refettorio e al primo e secondo i dormitori), conclusi nel luglio 1962, e nella sezione degli agitati. Tra le opere in attesa di finanziamento figurano il progetto di ridimensionamento dei reparti maschili [PR_4_2_10] e il progetto di costruzione dei padiglioni per paganti [PR_4_2_11], gli alloggi per il direttore, per l’economo e per quattro medici esterni; tra i lavori in studio sono il fabbricato centrale, quello sud e il padiglione delle donne paganti. Nel 1963 sono completati i lavori dell’ala est del fabbricato, compresa la centrale termica e il sistema di riscaldamento a termosifoni. Per la realizzazione delle opere nel fabbricato centrale (servizi) sono previsti due stralci di lavori, conclusi nel 1969. Parallelamente iniziano i lavori di sistemazione dei servizi elettrodiagnostici, conclusi due anni dopo.
Negli anni successivi si sistemano alcuni cortili interni dei reparti femminili e la camera mortuaria, si riparano tetti e terrazzi, si eseguono lavori per la sistemazione dei servizi igienici dei tranquilli e si collocano le vasche per epilettiche e croniche; inoltre, si attuano piccole opere (cucina delle suore, sala cura dell’ala sud, sala guardia degli agitati), si sistemano facciate, cortili, muri di cinta e si realizza un nuovo cortile per le agitate [PR_4_2_12]; e, ancora, lavori alla fognatura, agli impianti di riscaldamento nei reparti agitate, infermeria e dormitori tranquille. Gli ultimi lavori di rilievo riguardano la costruzione di un edificio prefabbricato nel piazzale della lavanderia per le tecniche ergoterapiche e di un altro per il soggiorno, il refettorio e i relativi servizi. Un nuovo riadattamento del reparto donne è previsto nel 1970.
Nella piena “stagione dei movimenti” il manicomio di Colorno diventa il punto di riferimento delle nuove istanze riformatrici, sostenute dal direttore Franco Basaglia (1970-71) e l’emblema della lotta contro le istituzioni totali. Proprio qui Basaglia inizia l’opera di rinnovamento del servizio psichiatrico, ma ben presto, per dissidi politici e impedimenti burocratici, sarà costretto a dimettersi.
In seguito alla dismissione imposta dalla Legge del 1978, il complesso edilizio è parzialmente interessato da opere di riqualificazione, fra cui la destinazione ad Archivio Storico del Manicomio (dal 2004) e a sede dell’ALMA-Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Oggi, tuttavia, è in gran parte defunzionalizzato e in stato di abbandono (in particolare gli ambienti interni dell’ex convento) [PR_4_1_3; PR_4_3_7; PR_4_3_8; PR_4_3_9; PR_4_3_10; PR_4_3_11], ma in attesa che sia reso operativo il Piano particolareggiato (dicembre 2012), teso a ricostruire la sua identità di settore urbano contrassegnato da notevoli caratteristiche posizionali e valori figurali di emergenza monumentale di qualità [PR_4_3_12].
impianto
blocchi articolati disimpegnati da corti e padiglioni indipendenti
corpi edilizi
blocco ducale articolato intorno a corti su tre/quattro piani; blocco conventuale a pianta rettangolare su due/quattro piani disimpegnato da due corti; blocco a pianta mistilinea su due/tre piani con corti; blocchi a “L” su due e su tre piani; edificio rettangolare su due piani addossato al blocco a pianta mistilinea
strutture
strutture in elevazione: muratura di mattoni e mista, cemento armato
orizzontamenti: volte a botte, volte a vela, solai in laterocemento
coperture: tetto a falde, copertura piana
buono: ex palazzo ducale, ex forno, ex reparto lavoratori
medio/cattivo: ex convento domenicano, sezione uomini, lavanderia
Diario del manicomio provinciale di Colorno, poi Diario del Manicomio provinciale di Parma in Colorno, 1873-
F. Ugolotti, L’assistenza degli alienati e i loro Ospedali di ricovero in quel di Parma. Studio medico-storico, Tip. Operaia Adorni-Ugolotti e C., Parma 1907
Id., L’assistenza degli alienati ed i loro ospedali di ricovero nel territorio di Parma. Studio storico, Stab. D’arti grafiche G. Federici, Pesaro 1933
A. Catalano, L’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Parma dal 1931 al 1947 ed il problema dell’organizzazione Psichiatrica della Provincia di Parma, in «Rassegna di studi psichiatrici», vol. XXXVI, 1947
L’Ospedale Psichiatrico Provinciale dal 1948 al 1955. Relazione del Prof. Luigi Tomasi Direttore all’On.le Giunta Provinciale, a cura dell’Amministrazione Provinciale di Parma, Tip. G. Ferrari e figli, Parma 1956
F. Asioli, Parma e le vicende del suo manicomio negli ultimi decenni del secolo scorso, in L’emarginazione psichiatrica nella storia e nella società, Atti del Convegno nazionale organizzato dagli Istituti ospedalieri neuropsichiatrici San Lazzaro di Reggio Emilia, 11-12 aprile 1980, AGE, Reggio Emilia 1980, pp. 1127-1151
M. Moreni, Storia dell’Ospedale Psichiatrico di Colorno, in L’alienazione mentale nella memoria storica e nelle politiche sociali. “Chisà che metira fuori un calchedun da sto manicomio”, a cura di L. Contegiacomo, E. Toniolo, Minelliana, Rovigo 2004, pp. 67-70
G. Berni, Ex Ospedale di Colorno: rilievo, immagine e problematiche di modellazione, Parma 2005
I. La Fata, Il manicomio ritrovato. L’archivio dell’Ospedale psichiatrico di Colorno, in «Zapruder», V, n. 14, 2007, pp. 122-125
E. Iori, Manicomio provinciale di Parma in Colorno, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 249-250
Archivio dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Parma in Colorno, Ufficio Tecnico, Serie Miscellanea, Serie Progetti e Manutenzioni; Fotografie
Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Sanità, 1910-1920, b. 606
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