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I fase

Anno inizio: 
da 1907 a 1926

Nel 1907, durante la direzione Mingazzini del manicomio alla Lungara e al Gianicolo (1905-1923), vengono avviate le operazioni per la delimitazione dell’area per la nuova costruzione, stabilita con esattezza nel marzo 1908, in concomitanza con la nomina di Negri ad associato, nella direzione dei lavori, all’ingegnere Saverio Guidi, capo dell’Ufficio tecnico provinciale. L’ingegnere Negri – nipote di Giulio Podesti, esponente di spicco della Scuola Romana, vicino a Gustavo Giovannoni – dirigerà la redazione degli esecutivi, affidati agli architetti Angelo Buzzatti, Enrico Buratti, Giuseppe Beccafumi, e altri tecnici interni allo stesso ufficio provinciale. L’ingegnere Chiera, in qualità di agente della Société Hennebique, proprietaria del brevetto del cemento armato, curerà la realizzazione delle parti strutturali, utilizzando l’allora materiale innovativo nella costruzione del nuovo complesso manicomiale. Nell’ottobre successivo il Consiglio affida a trattativa privata l’appalto del primo lotto dei lavori, assegnandolo alla ditta Domenico Vitali & Co, che si aggiudica l’incarico per la somma di 4.300.000 lire, stipulando il relativo contratto nell’aprile 1909.

Si decide di situare il complesso manicomiale vero e proprio nella parte più elevata dell’area, in prossimità della via Trionfale e della stazione ferroviaria di Sant’Onofrio, sulla linea Roma-Viterbo. Parte integrante del progetto sono un raccordo stradale e un cavalcavia sistemati tra il piazzale di ingresso al manicomio e la via Trionfale. Lo schema distributivo del manicomio è suggerito dalla naturale conformazione del terreno. Elemento ordinatore del piano è l’asse principale, che, con andamento Nord-Est/Sud-Ovest si dispone quasi perpendicolarmente al tracciato della ferrovia; su di esso vengono disposti gli edifici e le aree di rilevanza collettiva. Il medesimo asse costituisce anche l’elemento di divisione tra i reparti destinati agli uomini e quelli destinati alle donne e ai fanciulli, disposti nelle zone laterali. I padiglioni per i degenti vengono divisi in base al tipo di attività medica prevista e alla patologia degli assegnatari, mentre nella zona periferica sono sistemati i piccoli ospedali per i contagiosi e, in prossimità dell’ingresso principale, l’edificio della Necroscopia. Tutti gli edifici, distanti reciprocamente circa 50 metri, si dispongono asimmetricamente rispetto all’asse principale, sul quale si aprono anche larghi piazzali. L’elemento ordinatore vero e proprio è costituito dal grande percorso anulare che, con i suoi 1060 metri lineari di lunghezza costituisce la maggiore arteria del complesso; all’interno dell’area individuata dall’anello viario e in posizione eccentrica rispetto a esso, è un grande piazzale di 240 metri di diametro che rappresenta il cuore dell’intero impianto, con valore di spazio aggregativo; dal raccordo anulare hanno inizio una serie di collegamenti secondari dall’andamento irregolare che formano il tessuto viario connettivo tra gli edifici del sistema, perimetrando gli spazi verdi che circondano ciascun padiglione o elemento di servizio. Nell’insieme, fatta propria la lezione di Azzurri, con il quale il più giovane Negri ha condiviso la formazione accademica e la comune militanza nell’Associazione artistica fra i cultori d’architettura, l’intera area restituisce visivamente l’idea del villaggio adagiato naturalmente su un’area di notevole interesse paesistico, all’interno della quale gli edifici, dalla sobrie forme architettoniche, sembrano disporsi altrettanto naturalmente come un sistema aperto, facendo sì che, come dichiarato dagli stessi progettisti, si allontani “sempre più per i poveri reclusi l’idea del reclusorio”.

Ciascun edificio, realizzato in muratura, con copertura prevalentemente piana, simula nelle sobrie linee architettoniche il consueto palazzo cittadino ad appartamenti, con impianto simmetrico, robuste fasce marcapiano, finestre modanate e a edicola ai piani nobili. Particolare cura è nella definizione degli edifici insistenti sull’asse principale, caratterizzati da una maggiore attenzione ai dettagli e alla scarna decorazione, dalla partizione verticale, e dall’accentuazione dell’ingresso e del corpo centrale, spesso in aggetto o rientrante rispetto alle porzioni laterali e sormontato da un timpano curvilineo o triangolare.

Compiuti gli espropri e acquisito definitivamente il terreno nell’agosto 1909, si prosegue con le operazioni necessarie ad assicurare al nuovo complesso la fornitura dell’Acqua Marcia, Pia e Paola, e alla sistemazione del relativo sistema idrico. Contemporaneamente, già nei primi mesi del 1908 viene messa a punto la convenzione per la realizzazione di un binario di raccordo con la stazione ferroviaria già esistente, per il trasporto di mezzi e materiali. Nell’aprile 1909 viene avviata dall’impresa Vitali la costruzione del cavalcavia già approvata dal Ministero dei Lavori Pubblici, in convenzione con la Società italiana per le strade ferrate del Mediterraneo, concessionaria della linea Roma-Ronciglione-Viterbo [RM_4_2_3; RM_4_2_4]. Allo stesso tempo la Commissione invita Edgardo Negri ad apportare piccole modifiche al progetto originario, che prevedono, tra l’altro, la revisione della distribuzione di alcuni ambienti interni e l’ampliamento delle superfici dei padiglioni [RM_4_2_5].

Il 29 giugno 1909 Vittorio Emanuele III posa in opera la prima pietra dell’edificio della Direzione, dando il via ai lavori di costruzione [RM_4_3_1], che si prolungheranno fino alla metà degli anni venti.

Ai primi di gennaio 1910 sono compiuti i lavori per il raccordo ferroviario e la strada di accesso al complesso; il cavalcavia viene inaugurato il 25 gennaio successivo; si procede quindi alla sistemazione del serbatoio e del sistema di approviggionamento idrico [RM_4_3_2].

La costruzione dei padiglioni viene avviata nel febbraio 1910. Entro il 1913 una parte dei fabbricati è compiuta [RM_4_2_6; RM_4_2_7; RM_4_2_8; RM_4_2_9; RM_4_2_10; RM_4_2_11], tanto che nell’estate del 1914 si completa con gli infissi [RM_4_2_12], mentre il nuovo ospedale inizia formalmente la sua attività il 28 luglio dello stesso anno, dopo esservi stato trasferito il primo gruppo di pazienti donne dalla sede della Lungara, durante la direzione di Augusto Giannelli (1913-1938), che ha fatto attivamente parte della Commissione per la sua realizzazione. I lavori proseguiranno anche dopo l’inaugurazione. Come ci informa il senatore Alberto Cencelli – delegato all’amministrazione della struttura e forte sostenitore del suo spostamento a Monte Mario –, che lo descrive in un’apposita pubblicazione, nel 1914 l’aspetto del complesso è già imponente: il progetto prevede la costruzione di 41 fabbricati (7 in più rispetto al progetto vincitore), ovvero di 24 padiglioni destinati a ospitare i malati e 17 edifici destinati ai servizi [RM_4_3_3; RM_4_3_4; RM_4_3_5]. Il termine dei lavori è previsto per il 1915. Tuttavia, già il 31 maggio 1914, ancora il re d’Italia, dopo aver visitato con cerimonia solenne la nuova struttura manicomiale [RM_4_2_13], la inaugura unitamente alla Scuola pratica di agricoltura.

Nel 1917 viene siglato un secondo contratto con la ditta Vitali per il completamento dell’opera. Nel 1924 l’ospedale è compiuto [RM_4_3_6; RM_4_3_7]; l’ultimo edificio realizzato è tra quelli inizialmente da adibire a servizio della colonia agricola, che tuttavia non risulta ancora essere costruito nella pianta IGM datata 1924 [RM_4_1_4]. E’ stato nominato lo staff responsabile della sua gestione e sono stati trasferiti in loco 300 pazienti. In corso d’opera il progetto (presentato nel 1907 e messo a punto nel 1909) ha subito lievi modifiche in particolare relative alla forma e alla diposizione dei fabbricati insistenti sull’angolo nord orientale del complesso, mantenendo inalterata la coerenza dell’insieme così come era stato originariamente ideato da Edgardo Negri e Silvio Chiera [RM_4_2_17]. Ciascun padiglione per i malati è stato pensato come organismo quasi autosufficiente accogliendo in sé diverse funzioni, non essendo in comunicazione diretta con gli altri edifici e beneficiando, grazie alla riduzione dell’altezza a due piani e all’eliminazione dei cortili interni, dell’aria e della luce garantiti dall’esistenza del parco circostante. Sono stati costruiti in numero doppio i padiglioni destinati all’osservazione, all’infermeria, ai semiagitati, ai sorvegliati e agli agitati, realizzati padiglioni singoli per i delinquenti, per i tubercolotici e per i contagiosi, e infine cinque padiglioni per i tranquilli, tre per i sudici e gli edifici della colonia agricola.

I criteri di costruzione utilizzati sono stati conformi all’allora moderna edilizia sanitaria, particolare attenzione è stata rivolta alla parte impiantistica, mediante l’utilizzazione di sistemi e macchinari all’avanguardia [RM_4_3_7], avendo chiamato a partecipare a ciascuna gara d’appalto anche ditte straniere e in particolare tedesche [RM_4_2_14; RM_4_2_15; RM_4_2_16]. Il complesso manicomiale, conformemente al progetto vincitore di concorso redatto da Chiera e Negri, con qualche piccola modifica, sistemato al centro di una tenuta di 53 ettari, viene ad essere dotato di strutture di eccellenza, e vi è annessa l’azienda agricola che deve soddisfare parte del fabbisogno interno con 23 edifici distribuiti su un’area di 93 ettari. Può dare alloggio a 1300 malati (numero ampliato rispetto ai 1063 iniziali), a oltre 200 infermieri a fianco delle suore dell’Ordine di San Carlo di Nancy, che gestiscono l’ospedale, e a 50 dipendenti, arrivando a contenere complessivamente ben oltre le 1500 persone.

Illustri esponenti della cultura ospedaliera europea visitano il manicomio appena compiuto, ribadendone il primato, non solo rispetto al territorio italiano, ma anche a confronto con analoghe esperienze europee.

Grazie alla facilità dei collegamenti, alla presenza della Regia Scuola Agricola, alla volontà di costruire un quartiere residenziale per ospitare il personale addetto all’ospedale nelle immediate adiacenze del cavalcavia, il complesso servirà da volano alla realizzazione del nuovo quartiere Trionfale a Monte Mario, nonostante il fallimento del progetto, lungamente accarezzato, di collegare il centro di Roma con la sommità dell’altura [RM_4_2_18].

Già all’indomani del suo completamento il nuovo ospedale psichiatrico, sotto la guida del direttore Giannelli, che ne cura personalmente l’arredamento, viene giudicato dai visitatori italiani e stranieri “il più moderno come concezione ed esecuzione e perciò fra i primi in Europa”, secondo le parole dello stesso ideatore Edgardo Negri.

In pochi anni di attività il numero dei pazienti del nuovo complesso manicomiale aumenta notevolmente, anche come conseguenza della definitiva chiusura, nel 1924, della sede di via della Lungara, e nonostante la disponibilità, dal 1899, della sede succursale di Ceccano.

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