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I fase

Anno inizio: 
da 1898 a 1906
Alienisti: 

Alla decisione di erigere una nuova struttura manicomiale centrale si giunge dopo un acceso dibattito, nel quale interviene anche un’apposita commissione che individua nel Brefotrofio provinciale l’edificio idoneo per essere ampliato e adattato al nuovo uso. Scartata quest’ipotesi è progettata una prima struttura manicomiale della capacità di 286 pazienti, caratterizzata da padiglioni sparsi su una superficie verde di 50 “campi friulani” (oltre 175.000 mq), successivamente portata a 90 (315.526 mq).

Scartata anche questa ipotesi, l’idea progettuale di massima per un nuovo manicomio è studiata dall’avvocato Ignazio Reiner (personalità di spicco della società udinese oltre che Presidente della Deputazione provinciale) insieme a Papinio Pennato e a Giuseppe Antonini, già direttore del manicomio di Pavia. Nella seduta del 16 dicembre 1901 del Consiglio provinciale essi propongono la realizzazione di una cittadella della salute mentale, della capacità di 360 pazienti, proposta poi trasformata in progetto esecutivo dall’Ufficio tecnico provinciale, a firma dell’ingegnere capo Gian Battista Cantarutti.

Datato 14 aprile 1902, è planimetricamente molto semplice; si basa sulla distribuzione su un’imponente area quadrangolare, secondo precise regole geometrico-distributive, di 17 padiglioni isolati [UD_4_2_1]. L’impianto risente di un’impostazione rigidamente simmetrica, con la spina dei servizi [UD_4_2_6; UD_4_2_7; UD_4_2_8; UD_4_2_9; UD_4_2_14; UD_4_2_15] quale elemento portante, che funge anche da asse di separazione tra sezione femminile (a destra) e maschile (a sinistra). Ispirato a modelli già introdotti in altri manicomi (Bergamo), esso presenta tre macro aree funzionali, separate da ampi viali alberati e spazi verdi, frammisti ad aree a specifica funzionalità medico-sanitaria, la cui sequenza coincide con i differenti stadi della malattia: tranquilli [UD_4_2_4; UD_4_2_5], furiosi [UD_4_2_10; UD_4_2_11] e dozzinanti [UD_4_2_12; UD_4_2_13]. Il progetto prevede anche una spina alberata ortogonale a quella principale, ai margini della quale sono collocati due accessi secondari. Si evidenziava pertanto un impianto cruciforme irregolare che delimita le quattro aree destinate alla cura [UD_4_2_2].

Al manicomio si giunge attraverso una strada carrabile, collocata a nord-ovest, grazie alla quale la struttura manicomiale, immersa nel verde, risulta quasi occultata alla vista delle persone dirette in città.

Per decisione dell’Antonini è il primo manicomio italiano a essere privo di alte mura perimetrali di contenimento, sostituite da una cancellata continua [UD_4_2_3], il cui già scarso impatto percettivo è ulteriormente affievolito dalla presenza in posizione avanzata di alberi ad alto fusto. Analoga soluzione è adottata per suddividere tra loro i singoli padiglioni, separati da piccoli muriccioli basamentali, cancellate “uso villa” e “leggere reti metalliche”: elemento enfatizzato all’epoca ma già impiegato da altri alienisti. L’Ospedale psichiatrico di Udine, quindi, nelle suddivisioni interne reinterpreta in chiave unitaria le soluzioni già parzialmente adottate in altre analoghe strutture (Reggio Emilia e Ancona). La scelta di eliminare una muratura perimetrale compatta comporta numerosi problemi alla direzione del manicomio udinese, inaugurato nel 1904, poiché nei primi anni si verificano fughe di pazienti, di criminali prosciolti per infermità mentale o di pazienti accusati di crimini e sottoposti a preliminare periodo di osservazione peritale.

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