Domenico Meli, laureato in chirurgia a Roma e in medicina a Pavia, ex-ufficiale medico dell’esercito napoleonico, con cui partecipa alla campagna di Russia, è il primo medico direttore del San Benedetto. Pur impedendo ai custodi l’utilizzo di maniere forti nei riguardi dei malati, non esclude l’uso di strumenti repressivi, a patto che siano utilizzati da “chi fa studio delle aberrazioni dello spirito”.
Meli chiede alla Deputazione Provinciale che siano intrapresi provvedimenti urgenti per aumentare il numero di spazi liberi per il passeggio (i due cortili sono insufficienti) e ampliare la superficie utile destinata ai folli così da dividerli in base al tipo di disagio mentale.
La Deputazione, in linea con quanto si sta facendo negli altri stati italiani ed europei, accoglie le richiesta del nuovo direttore in merito al finanziamento dei lavori di ristrutturazione e ampliamento del San Benedetto. Il 25 settembre 1834, “essendo stata riconosciuta di assoluta e positiva necessità un’ampliazione di locale”, il marchese Antaldo Antaldi, consigliere governativo, e il capo mastro muratore pesarese Alessandro Bacchiani, sottoscrivono il contratto di appalto relativo alla “costruzione di tutte quelle opere da muratore, scalpellino, falegname da eseguirsi nel surriferito ospizio di San Benedetto, per suo ampliamento di locale e da darsi perfettamente compite nel termine di sei mesi dal giorno della consegna del lavoro», per una spesa complessiva di 2.207 scudi, 74 baiocchi e 6 decimi. La scrittura privata è accompagnata da pianta e “scandaglio stimativo per l’ampliamento del locale destinato alle mentecatte, e di alcune sale terrene”. La responsabilità del progetto architettonico è affidata all’ingegner Pompeo Mancini in stretta collaborazione con il medico-direttore [PU_4_1_4; PU_4_2_1; PU_4_2_2; PU_4_2_3]. La perizia di stima dei lavori di costruzione del “nuovo braccio di fabbrica che si destina alle mentecatte” porta la data del 22 agosto 1834 ed è identificata, sia nel frontespizio sia nella scrittura privata, con la lettera “A”. Firmata dal sostituto del sotto ispettore ingegnere direttore, l’ingegnere della delegazione provinciale E. Salmi [sic.], essa fa riferimento “all’unito disegno” marcato invece con la lettera “B” purtroppo andato perduto. Per risalire alle caratteristiche del progetto di ampliamento ci si deve quindi affidare alla descrizione dell’ingegnere provinciale contenuta nella suddetta perizia. Il nuovo corpo di fabbrica si articola su due piani. Al piano terra trovano posto: la nuova chiesa; il locale destinato a magazzino, lo stenditoio e, al livello sotterraneo, il luogo di raccolta della spazzatura; le latrine “a comodo di tutto lo stabilimento”; una cameretta per le dementi; un ingresso a loggia dal lato del belvedere; la serie di camere per le dementi. Il secondo piano, raggiungibile salendo due rampe di scale, si compone invece di ottantasette camere per le degenti e di due “camerioni” ad uso comune.
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