Ospedale dei Pazzi (o de’ Pazzarelli) a piazza Colonna (1550-1725)
Manicomio alla Lungara (1726-1910)
Manicomio sul Gianicolo a Roma (1855-1924
Ceccano (Frosinone), succursale (1899)
Ospedale provinciale di malattie nervose e mentali San Francesco di Rieti, succursale (1923-1927)
nuovo impianto
Con l’annessione di Roma al Regno d’Italia e l’entrata in vigore delle leggi unitarie, che delegano alla competenza provinciale l’assistenza dei poveri malati di mente, tra il 1893 e il 1907 la gestione del manicomio di Santa Maria della Pietà, realizzato tra il secondo decennio del Settecento e la fine dell’Ottocento alla Lungara e sul Gianicolo, trasformato in Opera Pia, viene affidata alla Commissione amministrativa provinciale. Nel 1907 la Provincia di Roma, in seguito alla firma di una convenzione, ottiene la consegna dei locali, che diventa definitiva il 26 ottobre 1919, grazie all’emanazione del r.d.l. che le assegna la proprietà dell’intero patrimonio già di pertinenza del manicomio.
Contemporaneamente, iniziati gli espropri e le demolizioni alla Lungara e sul Gianicolo previsti dai piani regolatori della Roma post-unitaria, comincia a farsi strada l’idea dello spostamento dell’antico complesso assistenziale, per il quale un’apposita Commissione nominata nel 1898 ha individuato tre aree extra urbane situate rispettivamente fuori porta San Giovanni e porta San Pancrazio, e a Sant’Onofrio. Il primo aprile 1898 Francesco Azzurri, membro della Commissione e responsabile dell’ampliamento della precedente struttura manicomiale, ultima i rilevamenti nella vasta porzione di terreno scelto a Sant’Onofrio per il nuovo insediamento [RM_4_1_3].
Tra il 1901 e il 1903 gli ingegneri Carlo Tonelli e Giancarlo Gianini presentano un progetto di manicomio a padiglioni per 1000 pazienti, da collocarsi nelle adiacenze delle Mura Aureliane e della basilica di Santa Croce in Gerusalemme, per la quale gli autori, entro un’area di 46 ettari, prevedono un impianto bloccato, impostato su una spina centrale e alcuni edifici a questa perpendicolari, disposti sugli assi trasversali. Il progetto, che riprende una primitiva proposta già avanzata da Tonelli nel 1901 sul modello del manicomio di Herzberg a Berlino, torna su posizioni conservative che prevedono di recludere i malati in reparti autosufficienti e impermeabili tra loro, tradotte formalmente in strutture seriali e ripetitive, contrapponendosi fortemente all’idea del manicomio “a villaggio” realizzato da Azzurri sul Gianicolo, già oggetto di forti critiche da parte dei progettisti italiani suoi contemporanei.
Il 15 agosto 1904, mettendo da parte quanto stabilito in precedenza dalla Commissione in merito alla scelta dell’area di Sant’Onofrio, l’amministrazione provinciale bandisce un primo concorso per la progettazione e costruzione di un manicomio per 1000 degenti, situato nell’area appena acquisita allo scopo dalla Provincia fuori di Porta San Giovanni, compresa fra le vie Appia Nuova, delle Cave e Tuscolana (Cessati Spiriti). La presentazione di un’interrogazione consiliare, seguita alla constatazione del fatto che l’area, fortemente compromessa dal punto di vista geologico, non si riveli adatta alla costruzione della nuova struttura, come pure l’accusa di speculazione promossa in favore di Tonelli e Gianini, in particolare da uno dei Consiglieri provinciali e la conseguente paura dello scoppio di uno scandalo, fanno sì che si abbandoni l’idea di realizzare il nuovo manicomio ai Cessati Spiriti, vendendo immediatamente l’area e stringendo i tempi per una nuova, ormai urgente, soluzione.
Con delibera del 20 dicembre 1906 il Consiglio provinciale approva la proposta avanzata dalla Delegazione per la costruzione dell’ospedale a Monte Mario, nell’area a Sant’Onofrio di proprietà Persi e Ghezzi già sondata nel 1898 da Azzurri, avviandone le pratiche di acquisizione.
Il 29 gennaio 1907 vengono approvate le norme dettagliate del secondo concorso, e nominata la relativa Commissione. Dei quindici concorrenti provenienti da diverse regioni italiane, presentatisi al concorso ma pressoché tutti ritiratisi prima di procedere alla gara, rimarranno in lizza solo i due gruppi formati rispettivamente dagli ingegneri Negri e Chiera di Roma e Cuomo e Almirante di Napoli, i secondi dei quali verranno tuttavia esclusi per inosservanza delle norme concorsuali, avendo presentato un manicomio a impianto bloccato, lontano dalle prescrizioni della Commissione. Il progetto scelto è dunque quello presentato l’11 maggio 1907 dagli ingegneri Silvio Chiera e Edgardo Negri, che, pur accogliendo il consenso della Commissione, era stato inizialmente annullato per la mancata presentazione dell’offerta finanziaria richiesta nel bando. Tuttavia, l’urgenza di trovare una soluzione al problema dello sgombero dell’edificio alla Lungara spinge l’Amministrazione a chiedere alla Commissione di prendere comunque in esame la proposta presentata e, in caso affermativo, di richiederne l’acquisizione diretta agli autori. Il 19 giugno la Commissione, composta dai vertici provinciali, da tecnici e da psichiatri, analizza nuovamente il progetto, giudicandolo favorevolmente a meno di alcune piccole varianti, che i progettisti accettano di eseguire, a patto di riservarsi la direzione dei lavori.
Fallito il tentativo per motivi formali, le istanze venute alla luce dall’analisi effettuata trovano immediatamente chiara esplicitazione nel terzo bando di concorso, deliberato il 25 giugno, pubblicato il primo luglio 1907 e limitato alla partecipazione dei soli due gruppi presentatisi per la gara di secondo grado. In questo terzo bando, con scadenza il successivo 5 novembre, sempre nella medesima area, si prevede la realizzazione di un manicomio del tipo a villaggio per non meno di 1000 degenti, provvisto di tutti i padiglioni necessari, con annessa colonia agricola, e rispondente “alle più moderne esigenze della igiene e della tecnica manicomiale”. Il 25 novembre la Commissione dichiara vincitori del concorso gli ingegneri Chiera e Negri, unici ad aver partecipato all’ultima selezione con un progetto, illustrato attraverso ben 127 tavole e 231 disegni (a tuttoggi questo imponente materiale grafico non è stato reperito), consistente in realtà nella rielaborazione della proposta precedente sulla base delle indicazioni ricevute dalla medesima Commissione [RM_4_2_1; RM_4_2_2].
Il sito assegnato per la realizzazione del nuovo manicomio provinciale ha un’estensione di 150 ettari e un’altitudine di 120 metri sul livello del mare. Il piano prevede la costruzione di 34 edifici per una superficie complessiva di 20.000 metri quadrati.
I fase: 1907-1926 [RM_4_1_6]
architetti/ingegneri: Edgardo Negri, Silvio Chiera, Saverio Guidi, Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: Giovanni Mingazzini, Augusto Giannelli
Nel 1907, durante la direzione Mingazzini del manicomio alla Lungara e al Gianicolo (1905-1923), vengono avviate le operazioni per la delimitazione dell’area per la nuova costruzione, stabilita con esattezza nel marzo 1908, in concomitanza con la nomina di Negri ad associato, nella direzione dei lavori, all’ingegnere Saverio Guidi, capo dell’Ufficio tecnico provinciale. L’ingegnere Negri – nipote di Giulio Podesti, esponente di spicco della Scuola Romana, vicino a Gustavo Giovannoni – dirigerà la redazione degli esecutivi, affidati agli architetti Angelo Buzzatti, Enrico Buratti, Giuseppe Beccafumi, e altri tecnici interni allo stesso ufficio provinciale. L’ingegnere Chiera, in qualità di agente della Société Hennebique, proprietaria del brevetto del cemento armato, curerà la realizzazione delle parti strutturali, utilizzando l’allora materiale innovativo nella costruzione del nuovo complesso manicomiale. Nell’ottobre successivo il Consiglio affida a trattativa privata l’appalto del primo lotto dei lavori, assegnandolo alla ditta Domenico Vitali & Co, che si aggiudica l’incarico per la somma di 4.300.000 lire, stipulando il relativo contratto nell’aprile 1909.
Si decide di situare il complesso manicomiale vero e proprio nella parte più elevata dell’area, in prossimità della via Trionfale e della stazione ferroviaria di Sant’Onofrio, sulla linea Roma-Viterbo. Parte integrante del progetto sono un raccordo stradale e un cavalcavia sistemati tra il piazzale di ingresso al manicomio e la via Trionfale. Lo schema distributivo del manicomio è suggerito dalla naturale conformazione del terreno. Elemento ordinatore del piano è l’asse principale, che, con andamento Nord-Est/Sud-Ovest si dispone quasi perpendicolarmente al tracciato della ferrovia; su di esso vengono disposti gli edifici e le aree di rilevanza collettiva. Il medesimo asse costituisce anche l’elemento di divisione tra i reparti destinati agli uomini e quelli destinati alle donne e ai fanciulli, disposti nelle zone laterali. I padiglioni per i degenti vengono divisi in base al tipo di attività medica prevista e alla patologia degli assegnatari, mentre nella zona periferica sono sistemati i piccoli ospedali per i contagiosi e, in prossimità dell’ingresso principale, l’edificio della Necroscopia. Tutti gli edifici, distanti reciprocamente circa 50 metri, si dispongono asimmetricamente rispetto all’asse principale, sul quale si aprono anche larghi piazzali. L’elemento ordinatore vero e proprio è costituito dal grande percorso anulare che, con i suoi 1060 metri lineari di lunghezza costituisce la maggiore arteria del complesso; all’interno dell’area individuata dall’anello viario e in posizione eccentrica rispetto a esso, è un grande piazzale di 240 metri di diametro che rappresenta il cuore dell’intero impianto, con valore di spazio aggregativo; dal raccordo anulare hanno inizio una serie di collegamenti secondari dall’andamento irregolare che formano il tessuto viario connettivo tra gli edifici del sistema, perimetrando gli spazi verdi che circondano ciascun padiglione o elemento di servizio. Nell’insieme, fatta propria la lezione di Azzurri, con il quale il più giovane Negri ha condiviso la formazione accademica e la comune militanza nell’Associazione artistica fra i cultori d’architettura, l’intera area restituisce visivamente l’idea del villaggio adagiato naturalmente su un’area di notevole interesse paesistico, all’interno della quale gli edifici, dalla sobrie forme architettoniche, sembrano disporsi altrettanto naturalmente come un sistema aperto, facendo sì che, come dichiarato dagli stessi progettisti, si allontani “sempre più per i poveri reclusi l’idea del reclusorio”.
Ciascun edificio, realizzato in muratura, con copertura prevalentemente piana, simula nelle sobrie linee architettoniche il consueto palazzo cittadino ad appartamenti, con impianto simmetrico, robuste fasce marcapiano, finestre modanate e a edicola ai piani nobili. Particolare cura è nella definizione degli edifici insistenti sull’asse principale, caratterizzati da una maggiore attenzione ai dettagli e alla scarna decorazione, dalla partizione verticale, e dall’accentuazione dell’ingresso e del corpo centrale, spesso in aggetto o rientrante rispetto alle porzioni laterali e sormontato da un timpano curvilineo o triangolare.
Compiuti gli espropri e acquisito definitivamente il terreno nell’agosto 1909, si prosegue con le operazioni necessarie ad assicurare al nuovo complesso la fornitura dell’Acqua Marcia, Pia e Paola, e alla sistemazione del relativo sistema idrico. Contemporaneamente, già nei primi mesi del 1908 viene messa a punto la convenzione per la realizzazione di un binario di raccordo con la stazione ferroviaria già esistente, per il trasporto di mezzi e materiali. Nell’aprile 1909 viene avviata dall’impresa Vitali la costruzione del cavalcavia già approvata dal Ministero dei Lavori Pubblici, in convenzione con la Società italiana per le strade ferrate del Mediterraneo, concessionaria della linea Roma-Ronciglione-Viterbo [RM_4_2_3; RM_4_2_4]. Allo stesso tempo la Commissione invita Edgardo Negri ad apportare piccole modifiche al progetto originario, che prevedono, tra l’altro, la revisione della distribuzione di alcuni ambienti interni e l’ampliamento delle superfici dei padiglioni [RM_4_2_5].
Il 29 giugno 1909 Vittorio Emanuele III posa in opera la prima pietra dell’edificio della Direzione, dando il via ai lavori di costruzione [RM_4_3_1], che si prolungheranno fino alla metà degli anni venti.
Ai primi di gennaio 1910 sono compiuti i lavori per il raccordo ferroviario e la strada di accesso al complesso; il cavalcavia viene inaugurato il 25 gennaio successivo; si procede quindi alla sistemazione del serbatoio e del sistema di approviggionamento idrico [RM_4_3_2].
La costruzione dei padiglioni viene avviata nel febbraio 1910. Entro il 1913 una parte dei fabbricati è compiuta [RM_4_2_6; RM_4_2_7; RM_4_2_8; RM_4_2_9; RM_4_2_10; RM_4_2_11], tanto che nell’estate del 1914 si completa con gli infissi [RM_4_2_12], mentre il nuovo ospedale inizia formalmente la sua attività il 28 luglio dello stesso anno, dopo esservi stato trasferito il primo gruppo di pazienti donne dalla sede della Lungara, durante la direzione di Augusto Giannelli (1913-1938), che ha fatto attivamente parte della Commissione per la sua realizzazione. I lavori proseguiranno anche dopo l’inaugurazione. Come ci informa il senatore Alberto Cencelli – delegato all’amministrazione della struttura e forte sostenitore del suo spostamento a Monte Mario –, che lo descrive in un’apposita pubblicazione, nel 1914 l’aspetto del complesso è già imponente: il progetto prevede la costruzione di 41 fabbricati (7 in più rispetto al progetto vincitore), ovvero di 24 padiglioni destinati a ospitare i malati e 17 edifici destinati ai servizi [RM_4_3_3; RM_4_3_4; RM_4_3_5]. Il termine dei lavori è previsto per il 1915. Tuttavia, già il 31 maggio 1914, ancora il re d’Italia, dopo aver visitato con cerimonia solenne la nuova struttura manicomiale [RM_4_2_13], la inaugura unitamente alla Scuola pratica di agricoltura.
Nel 1917 viene siglato un secondo contratto con la ditta Vitali per il completamento dell’opera. Nel 1924 l’ospedale è compiuto [RM_4_3_6; RM_4_3_7]; l’ultimo edificio realizzato è tra quelli inizialmente da adibire a servizio della colonia agricola, che tuttavia non risulta ancora essere costruito nella pianta IGM datata 1924 [RM_4_1_4]. E’ stato nominato lo staff responsabile della sua gestione e sono stati trasferiti in loco 300 pazienti. In corso d’opera il progetto (presentato nel 1907 e messo a punto nel 1909) ha subito lievi modifiche in particolare relative alla forma e alla diposizione dei fabbricati insistenti sull’angolo nord orientale del complesso, mantenendo inalterata la coerenza dell’insieme così come era stato originariamente ideato da Edgardo Negri e Silvio Chiera [RM_4_2_17]. Ciascun padiglione per i malati è stato pensato come organismo quasi autosufficiente accogliendo in sé diverse funzioni, non essendo in comunicazione diretta con gli altri edifici e beneficiando, grazie alla riduzione dell’altezza a due piani e all’eliminazione dei cortili interni, dell’aria e della luce garantiti dall’esistenza del parco circostante. Sono stati costruiti in numero doppio i padiglioni destinati all’osservazione, all’infermeria, ai semiagitati, ai sorvegliati e agli agitati, realizzati padiglioni singoli per i delinquenti, per i tubercolotici e per i contagiosi, e infine cinque padiglioni per i tranquilli, tre per i sudici e gli edifici della colonia agricola.
I criteri di costruzione utilizzati sono stati conformi all’allora moderna edilizia sanitaria, particolare attenzione è stata rivolta alla parte impiantistica, mediante l’utilizzazione di sistemi e macchinari all’avanguardia [RM_4_3_7], avendo chiamato a partecipare a ciascuna gara d’appalto anche ditte straniere e in particolare tedesche [RM_4_2_14; RM_4_2_15; RM_4_2_16]. Il complesso manicomiale, conformemente al progetto vincitore di concorso redatto da Chiera e Negri, con qualche piccola modifica, sistemato al centro di una tenuta di 53 ettari, viene ad essere dotato di strutture di eccellenza, e vi è annessa l’azienda agricola che deve soddisfare parte del fabbisogno interno con 23 edifici distribuiti su un’area di 93 ettari. Può dare alloggio a 1300 malati (numero ampliato rispetto ai 1063 iniziali), a oltre 200 infermieri a fianco delle suore dell’Ordine di San Carlo di Nancy, che gestiscono l’ospedale, e a 50 dipendenti, arrivando a contenere complessivamente ben oltre le 1500 persone.
Illustri esponenti della cultura ospedaliera europea visitano il manicomio appena compiuto, ribadendone il primato, non solo rispetto al territorio italiano, ma anche a confronto con analoghe esperienze europee.
Grazie alla facilità dei collegamenti, alla presenza della Regia Scuola Agricola, alla volontà di costruire un quartiere residenziale per ospitare il personale addetto all’ospedale nelle immediate adiacenze del cavalcavia, il complesso servirà da volano alla realizzazione del nuovo quartiere Trionfale a Monte Mario, nonostante il fallimento del progetto, lungamente accarezzato, di collegare il centro di Roma con la sommità dell’altura [RM_4_2_18].
Già all’indomani del suo completamento il nuovo ospedale psichiatrico, sotto la guida del direttore Giannelli, che ne cura personalmente l’arredamento, viene giudicato dai visitatori italiani e stranieri “il più moderno come concezione ed esecuzione e perciò fra i primi in Europa”, secondo le parole dello stesso ideatore Edgardo Negri.
In pochi anni di attività il numero dei pazienti del nuovo complesso manicomiale aumenta notevolmente, anche come conseguenza della definitiva chiusura, nel 1924, della sede di via della Lungara, e nonostante la disponibilità, dal 1899, della sede succursale di Ceccano.
II fase: 1927-1999 [RM_4_1_6]
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: Augusto Giannelli, Francesco Bonfiglio, Umberto De Giacomo, Gerlando Lo Cascio, Massimiliano Bartoloni, Antonino Iaia, Ferdinando Pariante, Tommaso Losavio
Al progetto originario viene aggiunto un ulteriore edificio. Nell’aprile 1933 viene inaugurato l’Istituto psico-pedagogico intitolato ai Principi del Piemonte (poi, nel 1947, a Sante De Sanctis), realizzato al di fuori dell’area omogenea del complesso, perimetrata dalla recinzione. Il nuovo padiglione diventa di fatto un reparto dell’ospedale dedicato alle cure dei minori di 14 anni recuperabili (sarà chiuso nel 1975). Nel 1937 risultano presenti nella struttura manicomiale 2300 pazienti.
Sotto la guida di Augusto Giannelli, prima, e di Francesco Bonfiglio, poi (1938-1955), l’ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà diviene uno tra i più prestigiosi d’Italia. Alla sua direzione si succedono Umberto De Giacomo (1955-1967), Gerlando Lo Cascio (1967-1970), Massimiliano Bartoloni (1970-1974).
In virtù della legge 431/1969, che, considerando inadeguate le grandi strutture manicomiali, le obbliga a strutturarsi in divisioni non eccedenti le 625 degenze giornaliere, l’ospedale viene a essere così diviso in due distinte unità – Ospedale I e Ospedale II –, mantenendo alcuni servizi in comune, ma due autonome strutture direttive e amministrative, condotte dal 1974 al 1980 rispettivamente da Antonino Iaia e Ferdinando Pariante. Durante questa fase, la legge 180/1978, nota come Riforma Basaglia, dispone a livello nazionale la chiusura dei manicomi e il rifiuto dell’accettazione di nuovi pazienti, mentre l’istituzione del Servizio Sanitario nazionale (con legge 833/1978), delega alle USL le relative competenze.
Dal gennaio 1979 l’ex manicomio di Santa Maria della Pietà è parte di una Unità (poi Azienda) Sanitaria Locale e alcuni padiglioni sono occupati da uffici del Comune di Roma, altri da associazioni. Già dall’anno precedente si era avviato il progressivo svuotamento della struttura dai pazienti; l’ultimo degente viene dimesso nel 1999 e l’ospedale provinciale è definitivamente chiuso nel dicembre dello stesso anno.
III fase: dal 2000 [RM_4_1_5]
Con i fondi destinati al grande Giubileo del 2000 i cinque padiglioni V, IX, XI, XIII e XV divengono oggetto di interventi di ristrutturazione e restauro, per essere destinati a ospitare attività ricettive e culturali . Nell’ambito del programma di riuso e valorizzazione dell’area, iI 6 aprile 2000 è sottoscritto un primo Protocollo d'Intesa tra la Regione Lazio, la Provincia, il Comune l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", che prevede una localizzazione universitaria nell'ex ospedale psichiatrico, spazi destinati al XIX Municipio, all’Ostello per la gioventù e alla ASL Roma E.
Nel luglio 2002 sono assegnati al Municipio di Roma i padiglioni XXIX, XXX, XXXII e XLI ubicati al centro del complesso.
Le previsioni del nuovo Piano Regolatore Generale, che nel 2003 hanno assegnato all’intera area la destinazione di "Centralità metropolitana e urbana" (destinazione urbanistica confermata nel 2006 e nel 2008) e i nuovi indirizzi sostenuti successivamente dalle istituzioni coinvolte stabiliscono che il Piano di Utilizzazione garantisca il fabbisogno della ASL Roma E per le funzioni istituzionali, contemperando le funzioni dell'Università “La Sapienza” per la didattica e la ricerca, le funzioni del Museo della Mente, le funzioni della Regione Lazio Assessorato alla Istruzione, Diritto allo Studio e Formazione per la ricettività degli studenti, le funzioni del Comune e del Municipio per servizi ai cittadini e per attività culturali, nonché quelle della Provincia per le funzioni istituzionali e per le aree di proprietà contigue all'ex ospedale, assicurando che le risorse necessarie alla realizzazione dell'intervento sarebbero state erogate dai soggetti coinvolti.
Il Protocollo d’intesa siglato il 18 aprile 2007 tra le medesime parti decreta la nuova sanitarizzazione dell’ex complesso manicomiale, assegnando 18 padiglioni alla Azienda Sanitaria Locale, 8 all’Università degli studi di Roma “La Sapienza” (padiglioni XVII, XVIII, XIX, XX, XXI, XXIII, XXV, XXVIII), 4 alla Casa dello studente e uno ad attività sociali e culturali. Nel maggio 2010 l’Università rinuncia ad acquisire i padiglioni da destinare a campus universitario, lasciando ancora irrisolto il problema della nuova destinazione dell’ex complesso anicomiale.
Prosegue nel frattempo la sistemazione e il restauro di ulteriori padiglioni del complesso [RM_4_3_10; RM_4_3_11; RM_4_3_12; RM_4_3_13].
L’elevato valore storico sia del complesso architettonico sia di quello botanico e paesaggistico del vasto parco-giardino – basti pensare che vi sono ste censite molte varietà di essenze vegetali, alcune assai rare a Roma (diverse specie di conifere, palme, latifoglie, caducifoglie, arbusti, siepi, rampicanti ecc.) – è stato oggetto di una recente proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico (marzo 2013) da parte del MiBAC e della Regione Lazio.
impianto
Sistema disseminato o a villaggio
corpi edilizi
Padiglioni a pianta rettangolare con corpi aggiunti di grandezza e posizione variabile (a “C”, “E”, “T”, doppio “T”), a forte (e differente tra di loro) sviluppo longitudinale, generalmente tripartiti con accentuazione della porzione centrale d’ingresso, con piano seminterrato e uno/due/tre piani fuori terra; edificio dei Servizi a blocco con corte centrale; cappella con pianta a croce greca
strutture
strutture in elevazione: muratura continua, muratura mista, cemento armato (ristrutturazioni)
orizzontamenti: solai a voltine di mattoni e putrelle in ferro
coperture: tetti a padiglione, tetti a capanna, tetti piani
ottimo: ex padiglioni I, V, VII, IX, XII, XII, XIV, XV, XXIII, XXVI (ora Direzione amministrativa con annesso Centro studi, Biblioteca e Archivio), XXVII (cappella), XXVIII (Servizi generali), XXIX, XXX, XXXI, XC
buono: parco e giardini
medio: ex padiglioni VI (ora Museo della mente), VIII, XIII, XIX, XXXII
cattivo: ex padiglioni III, IV, X, XVI, XVII, XVIII, XX, XXI, XXIV, XXV
pessimo: ex padiglioni II, XLI
E. Negri, Consorzio in secondo Grado per il progetto e la costruzione del manicomio provinciale di Roma. Relazione esplicativa, Tip. L. Artero, Roma 1907
Id., Terzo concorso per il progetto del manicomio provinciale di Roma. Relazione esplicativa del progetto presentato dagli ingegneri Edgardo Negri e Silvio Chiera, Tip. L. Artero, Roma 1907
E. Negri, S. Chiera, Il Manicomio Provinciale di Roma. Ricordo della posa della prima pietra, s.n., Roma 1909
A. Cencelli, Un Manicomio Moderno. Il Manicomio Provinciale di Roma, Nuova Antologia, Roma [1914]
A. Tamburini, G. C. Ferrari, G. Antonini, L’assistenza degli alienati in Italia e nelle varie nazioni, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Milano-Napoli-Palermo-Roma 1918, pp. 162-173
E. Negri, Lo sviluppo delle costruzioni sanitarie nella Roma moderna, estratto dagli Atti del II Congresso Nazionale di Studi Romani, P. Cremonese, Roma 1931
A. Giannelli, Il nuovo ospedale provinciale S. Maria della Pietà: le malattie mentali dal 1901 al 1936 nella provincia di Roma, Tip. dell’Ospedale S. Maria della Pietà, Roma 1937
Il Comprensorio di Santa Maria della Pietà. Prospettive di valorizzazione e riconversione, a cura di T. Ferrante et al., Nuova Tipografia Loffari, Roma 1996
L’ospedale S. Maria della Pietà di Roma, 1. L’archivio storico – secc. XVI-XX, a cura di A.L. Bonella, N. Pastina, R. Sibbio, Dedalo, Bari 2003
L’ospedale dei pazzi di Roma dai papi al ‘900, 2. Lineamenti di assistenza e cura a poveri e dementi, a cura di F. Fedeli Bernardini, A. Iaria, A. Bonfigli, Dedalo, Bari 2003
L’ospedale dei pazzi di Roma dai papi al ‘900, 3. L’ospedale psichiatrico di Roma: dal manicomio provinciale alla chiusura, a cura di A. Iaria, T. Losavio, P. Martelli, Dedalo, Bari 2003
Tratti e [ri] ritratti di un manicomio: disegni dell’Ospedale di Santa Maria della Pietà di Roma, a cura di F. Fedeli Bernardini, catalogo della mostra (Roma, Padiglione VI, Museo della mente, ex Ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà, 19 maggio -7 giugno 2003), De Luca, Roma 2003
I. Salvagni, Manicomio provinciale di Santa Maria della Pietà a Sant’Onofrio, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri , Electa, Milano 2013, pp. 256-259
Archivio Storico di Santa Maria della Pietà, Roma, Archivio Generale, Sezioni C, D, F
Archivio Storico della Provincia di Roma, Atti della Deputazione Provinciale
Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Sanità, Direzione generale ospedali-Divisione II-Edilizia Ospedaliera (1947-1982); Ministero dell’Interno, Direzione generale sanità pubblica-Affari generali; Direzione generale sanità pubblica-Amministrazione civile
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