Manicomio provvisorio di Santa Maria dell’Arco (1871-1882)
Manicomio di Santa Maria dell’Arco (1882-1888) poi Asilo della Madonna dell’Arco (1888 -1906), Regio ospizio SS. Pietro e Gennaro extra moenia a Capodimonte (1871 - n.a.), San Francesco Saverio alle Croci, detto dei Miracolilli di proprietà degli Istituti Riuniti di educazione professionale femminile (1871 - n.a.)
recupero
A causa del sovraffollamento e dell’inadeguatezza del manicomio provvisorio presso il convento di Santa Maria dell’Arco nel comune di Sant’Anastasia, la Provincia di Napoli nel 1873 propone di acquisire l’ex monastero di San Francesco di Sales come sede definitiva. Il complesso sorgeva a ridosso dell’abitato, sulla fascia collinare a monte della recente arteria del corso Vittorio Emanuele e precisamente lungo la salita detta dell’Infrascata, vicino alla chiesa di Santa Maria della Pazienza, e confinava, all’epoca, con un’ampia area di campagna retrostante l’edificio [NA_SAL_4_1_4].
Di origini secentesche e destinato a suore di clausura forestiere, il monastero era stato soppresso nel 1814 e aggregato al Reale Albergo dei Poveri, divenendo inizialmente ospizio per fanciulle povere e successivamente stabilimento per rachitiche. Nei secondi anni Venti, durante il breve regno di Francesco I di Borbone, si era già profilata l’ipotesi di trasformare il Sales in manicomio, ma l’iniziativa rimase priva di seguito per il parere contrario espresso dalla Facoltà Medica in considerazione dell’eccessiva ventilazione della zona, ritenuta nociva per la cura della follia. Nel 1839 Ferdinando II lo assegnava nuovamente al Reale Albergo dei Poveri, istituendovi una casa di correzione, e successivamente (nel 1844) un conservatorio per giovani donne diretto dalle suore della Carità, su progetto di Alfonso Bologna [NA_SAL_4_2_7].
Agli inizi degli anni Settanta l’individuazione del Sales con l’adiacente giardino come sede del manicomio provinciale – preferita rispetto alle proposte alternative dell’ex Collegio Cerusico negli Incurabili e di Sant’Aniello a Caponapoli – è motivata sia dalla vicinanza all’Ospedale clinico di Gesù e Maria (comunemente detto la Cesarea), sia dall’estensione dell’edificio, ritenuta adeguata al numero di folli da ospitare, sia infine dal valore, mediamente esiguo, dei terreni circostanti, che garantiva un futuro ampliamento a prezzi convenienti. Tuttavia, a partire dal 1873 si sviluppa un acceso dibattito sull’acquisto della struttura che divide i membri del Consiglio di Sanità dell’Accademia medico-chirurgica, vedendo schierati su opposti versanti celebri alienisti del tempo. Numerose le critiche sollevate contro la scelta, riguardanti l’altitudine della zona, la collocazione troppo interna all’abitato, la distanza dalla stazione ferroviaria, l’eccessiva prossimità a un ospedale civile, e soprattutto lo sviluppo su quattro piani dell’edificio, dannoso per i folli e non funzionale ai fini di una netta separazione tra le varie patologie psichiatriche. Inoltre, si obietta fondatamente che il Sales sorgeva adiacente a una strada pubblica, affiancata da edifici di civile abitazione, e che il terreno alle sue spalle non risultava abbastanza esteso da consentire future espansioni e la creazione di spazi verdi e di una colonia agricola, prerogative negative alle quali si aggiungeva la scarsezza dell’acqua potabile. Tra i più convinti detrattori, l’alienista Biagio Miraglia continua, anche in seguito, a rimarcare come, nonostante le trasformazioni più accurate e le ingenti spese, mancassero le condizioni basilari richieste dalla scienza e dalla pratica per l’istituzione di un manicomio modello. Ciò nonostante, l’intervento favorevole dell’alienista Giuseppe Buonomo – che, contrastando le obiezioni mosse, sostiene con convinzione l’adeguatezza del Sales – unitamente all’impellente problema di stabilire un alloggio definitivo per i folli, ormai ammassati dal 1871 a Santa Maria dell’Arco e il cui numero cresce costantemente, inducono il 6 febbraio del 1873 il Consiglio provinciale a porre fine alle interne polemiche e a stabilire nel Sales la sede del Manicomio provinciale di Napoli autorizzandone, con successiva delibera del 16 luglio 1874, l’acquisto e la redazione degli studi necessari per l’adattamento dei locali.
I fase: 1873-1909 [NA_SAL_4_1_6]
architetti/ingegneri: Francesco Saverio Suppa, Domenico Vania, Marfuggi, Maya, Mezzatesta, Emery
alienisti/psichiatri: Giuseppe Buonomo, Leonardo Bianchi
Nel febbraio del 1875 l’ingegnere dell’Ufficio tecnico provinciale, Francesco Saverio Suppa, viene incaricato di redigere un progetto di trasformazione generale e ampliamento del Sales, con relativo computo metrico, e nel frattempo di studiare un provvisorio adattamento della parte meno malandata del complesso al fine di potervi alloggiare quanto prima alcuni dei mentecatti ricoverati all’Arco. Nell’aprile successivo, il Reale Albergo dei Poveri concede l’occupazione dell’edificio, consentendo l’esecuzione dei lavori indispensabili per il trasferimento dei primi 240 folli.
Come assetto definitivo, si richiede di ipotizzare un manicomio per 1200 malati di entrambi i sessi, dotato di tutti i relativi servizi, oltre le cliniche, la biblioteca, gli alloggi e il pensionato per diverse categorie, progetto del quale vengono incaricati, congiuntamente, Suppa e Buonomo. Anzi, al fine di indirizzarne al meglio le soluzioni progettuali, la Deputazione finanzia il viaggio d’istruzione medica del tecnico e dell’alienista presso i principali manicomi italiani ed europei. Nel 1877 l’ingegnere Suppa presenta al Consiglio provinciale il progetto di massima del nuovo manicomio provinciale di Napoli, che consiste planimetricamente in un edificio a pianta rettangolare con due grandi corti interne, a servizio, rispettivamente, quella a ovest della sezione uomini, e quella a est della sezione donne. Le due corti sono separate centralmente da un corpo mediano che ospita tutti i servizi comuni, quali la chiesa, la cucina, la lavanderia, la segreteria, l’amministrazione, le sale di ricevimento, gli alloggi dei medici ecc. Sulla parte retrostante dell’edificio è previsto un corpo staccato destinato a locale per le autopsie e gabinetto anatomico. In alzato l’edificio si sviluppa su tre piani con l’aggiunta di un piano ammezzato e di un piano interrato; entrambe le corti sono delimitate al piano terreno da un porticato chiuso a ferro e vetro. Oltre alla divisione dei sessi, viene applicata anche la suddivisione in singoli reparti in base alle differenti patologie psichiatriche [NA_SAL_4_2_1; NA_SAL_4_2_2; NA_SAL_4_2_3; NA_SAL_4_2_4].
La scelta del modello a blocco (o “a grande compreso”) e “a più piani sovrapposti” adottato per il Sales viene motivata da Buonomo in base ai condizionamenti imposti dall’edificio storico e dal sito (“Trattandosi di ridurre un locale in parte esistente, su di un suolo pregevole”), difendendone comunque la validità sull’esempio autorevole dei manicomi di Bologna, Milano, Venezia, e di Königsfelden a Brugg presso Zurigo.
La grandiosa visione comportava comunque lavori molto gravosi, la cui ingente spesa, sommata a quella già sostenuta per l’acquisto dell’immobile dall’Albergo dei Poveri e per il riadattamento dei locali, suscita le perplessità della Provincia e rinfocola le polemiche, accreditando i dubbi già sollevati da Biagio Miraglia. Peraltro, nel 1878 l’ospedale di Gesù e Maria connesso con il Sales, a causa di carenze locative viene trasferito negli ex conventi di Santa Patrizia e di Sant’Andrea delle Dame, vanificando la motivazione scientifica dell’ubicazione prescelta, mentre il rapido inurbamento della zona prossima alla nuova arteria del corso Vittorio Emanuele fa incrementare il valore dei suoli e minaccia di soffocare la struttura, precludendone le future espansioni.
A fronte di queste condizioni, inizia a farsi strada l’ipotesi di abbandonare l’adattamento del Sales e di affrontare piuttosto l’edificazione ex novo di un moderno manicomio in altra zona di Napoli, in linea alle direttive degli alienisti Biagio Miraglia, fautore, nel suo “Programma di Manicomio Modello Italiano” (impresso nella tipografia del manicomio di Aversa nel 1861) dell’insediamento dei manicomi in zone appartate e salubri, e Leonardo Cera, autore insieme all’architetto Francesco Paolo Capaldo di un “Progetto di un ospedale cinico per le malattie della mente” previsto nella zona di Capodimonte, pubblicato a Napoli nel 1868.
Nel 1878 muore Suppa e gli succede come direttore dei lavori il suo collaboratore, l’ingegnere Domenico Vania, il quale, tuttavia, abbandona ben presto l’incarico a causa del non adeguato compenso. In sostituzione vengono nominati altri quattro ingegneri dell’Ufficio tecnico provinciale (Marfuggi, Mayo, Mezzatesta, Emery), ai quali si assegna preliminarmente il compito di ricalcolare i costi futuri e rivedere le spese già affrontate per i lavori di adattamento. L’entità sia del consuntivo che del preventivo aggiornato, insieme ai timori per le condizioni statiche dell’edificio e alla constatazione delle rapide modifiche del contesto, non più congeniale alla destinazione asilare, inducono la Deputazione provinciale a esprimersi negativamente sull’ipotesi del completamento del Sales e a indirizzare le proprie risorse finanziarie verso l’edificazione di un nuovo manicomio. Intanto il Sales – senza grandi modifiche strutturali, ma solo con parziali interventi di consolidamento e manutenzione – entra in funzione a partire dal marzo del 1882, alleviando il carico di Santa Maria dell’Arco, che a sua volta ne diviene succursale [NA_SAL_4_2_5].
Nel 1883 al Sales vengono trasferiti i folli maschi, mentre le donne rimangono all’Arco, in attesa di terminare i lavori di adeguamento. Nel 1888 si decide di epurare dal manicomio tutti i malati cronici e di trasferirli all’Arco, che da questo anno diventa Asilo di Mendicità. Nelle more della conclusione dei lavori del nuovo manicomio a Capodichino, l’affollamento della struttura grava pesantemente sull’andamento del nosocomio, sicché tra il 1901 e il 1903 molti malati vengono ricoverati nelle strutture di San Francesco Saverio (detto ai Miracolilli) e dell’attiguo ospedale della Cesarea. Inoltre, per motivi tecnici riguardanti lavori all’ala est e all’ala nord dell’ex convento, si prevedono nuovi trasferimenti, concentrando all’Arco tutti gli incurabili maschi e riunendo tutte le donne al Sales. Nel 1904, per la Provincia di Napoli figurano ricoverati 1245 folli (812 al Sales e 366 all’Arco), numeri eccessivi per entrambe le strutture, ormai non più adeguate. Dopo la chiusura dell’Arco nel 1906 anche il Sales, a seguito dell’entrata in funzione del nuovo manicomio provinciale sulla collina di Capodichino nel 1909, viene completamente dismesso.
II fase: 1910-2013 [NA_SAL_4_1_6]
architetti/ingegneri: Criscuolo
Nel 1910, di fronte al problema di creare un asilo per i folli tranquilli, bisognosi di cure differenti e di una netta separazione dai folli pericolosi, se ne propone nuovamente la sistemazione nel Sales, ma il programma viene abbandonato. Nel 1918 la Provincia cede in enfiteusi al Comune di Napoli i locali del Sales, per i quali inizialmente viene redatto dall’ingegnere Criscuolo un progetto di ampliamento e trasformazione, destinandolo sia ad abitazioni popolari per l’Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra e sia a Istituto per l’educazione dei non vedenti [NA_SAL_4_2_6].
Soltanto nel 1925 l’edificio, completamente smembrato, trasformato e diviso in due corpi separati, [NA_SAL_4_1_5] diventerà sede di due scuole [NA_SAL_4_3_1] attualmente ancora in attività [NA_SAL_4_3_2; NA_SAL_4_3_3; NA_SAL_4_3_4; NA_SAL_4_3_5; NA_SAL_4_3_6; NA_SAL_4_3_7].
impianto
originariamente edificio a blocco unico con corte centrale, dopo il cambio di destinazione d’uso è stato trasformato in due edifici con pianta a “C”
corpi edilizi
attualmente due edifici: uno con pianta a “C” e corte aperta, e l’altro con impianto analogo, ma con aggiunta di un’ala più lunga
strutture
strutture in elevazione: muratura portante e pilastri in cemento armato
orizzontamenti: volte a crociera, a botte e a padiglione, solai piani laterocementizi
coperture: tetti piani
buono: edificio Liceo-Ginnasio “G. Vico”; edificio Scuola primaria e dell’infanzia “M. Schipa - V.Cuoco”
G. Buonomo, I Manicomi d’Europa ed il Sales della Provincia di Napoli. Relazione al Consiglio Provinciale, nella Sessione del Settembre 1877. A proposito del Progetto generale e del completamento dei lavori avviati, Stab. Tipografico di Vincenzo Morano, Napoli 1877
F.S. Suppa, Progetto generale di massima per la costruzione e riduzione dell’edifizio di S. Francesco Sales a manicomio provinciale in Napoli. Memoria esplicativa, in Atti del consiglio provinciale di Napoli. Anno 1877, Tipografia dell’Iride, Napoli 1878
B. Miraglia, I Manicomi della provincia di Napoli, Tipografia dell’Iride, Napoli 1881
C. Carrino, Gli archivi dei manicomi in Campania, in La memoria dei matti. Gli archivi dei manicomi in Campania tra il XIX e XX secolo e nuovi modelli della psichiatria, Atti del Convegno (Napoli , 24 gennaio 2003), a cura di C. Carrino e N. Cunto, Filema edizioni, Napoli 2006, pp. 69-104
A. Casale, Sul Manicomio del Sales, Reale Stabilimento Tip. Comm. G. De Angelis e figlio, Napoli 1885
C. Lenza, Storia e architettura del “Leonardo Bianchi”. Dal progetto di “manicomio modello” alla dismissione, in Folia/Follia: il patrimonio culturale dell’ex Ospedale Psichiatrico “Leonardo Bianchi” di Napoli, a cura di G. Villone e M. Sessa, Editrice Gaia, Salerno 2010, pp. 37-82
G. Pappalardo, Le prime sedi del Manicomio provinciale di Napoli: Santa Maria dell’Arco e San Francesco di Sales, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M. L. Neri, Electa, Napoli 2013, pp. 280-282
Archivio di Stato di Napoli, Regia Prefettura
Archivio Notarile di Napoli, Notaio Luigi Tavassi
Archivio Storico Municipale di Napoli, Fondo Demanio e Patrimonio
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