Già nel 1862, Benedetto Monti, docente di Clinica delle malattie mentali del Sant’Orsola, e Francesco Rizzoli avevano commissionato all’ingegner Ignazio Gardella un progetto per il nuovo manicomio di Bologna. Nella seduta del 28 aprile del 1863, tuttavia, il Consiglio provinciale aveva respinto il progetto Gardella per le esose spese di realizzazione (oltre due milioni di lire), tanto che Monti aveva presentato le proprie dimissioni; gli succede Francesco Roncati (1864-1905), che sarà il protagonista indiscusso delle vicende del manicomio bolognese. Passati cinque anni, la Deputazione provinciale non può più differire la soluzione al problema dei malati psichiatrici. Il percorso si era aperto già sul finire del 1866, con una lettera di Roncati al Consiglio amministrativo del Sant’Orsola, perché si avanzasse alla Provincia la richiesta di trasferire i malati psichiatrici nei locali dell’antico monastero di via Sant’Isaia. In risposta, la Deputazione provinciale si era appellata alla L. 3036 del 7 luglio 1866 e aveva chiesto al Governo la cessione di uno degli edifici religiosi soppressi e incamerati dal Demanio. La richiesta è soddisfatta per la reale urgenza certificata e per l’arrivo di un’epidemia di colera.
Infatti, nell’ex monastero di via Sant’Isaia, la sera del 12 settembre del 1867 arrivano i primi malati del reparto psichiatrico del Sant’Orsola. Da parte sua, Roncati aveva già esaminato il monastero, trovandolo funzionale al suo progetto; così, nel maggio del 1868, la Deputazione provinciale dà mandato al suo Ufficio tecnico, con a capo l’ingegnere Domenico Giuseppe Toldi, di redigere il progetto definitivo dei lavori, utili a trasformare il monastero in ospedale; anche se già il 1° aprile 1868, l’Ufficio tecnico, su indicazione di Roncati, aveva presentato un progetto di massima dei lavori da farsi. Il progetto definitivo [BO_4_2_3], posto all’esame della Deputazione provinciale, è approvato il 13 ottobre 1868. Si avviano così i lavori, che dureranno circa due anni [BO_4_2_4; BO_4_2_5], per poi proseguire fino al 1883 con la ristrutturazione, adeguamento e ampliamento dell’ex convento. Sono attuati lavori di sopraelevazione di un piano in alcuni settori, adibiti a locali di degenza, e realizzate numerose micro trasformazioni interne, perlopiù per adeguare i vecchi locali alle nuove funzioni; purtroppo devastanti distruzioni avvengono nella zona dell’ex cucina e soprattutto nella chiesa di San Giovanni Battista, dove sono demolite le grandi arcate e le volte a mattoni, per ottenere tre piani di dormitori.
I tecnici e le maestranze operano sotto la guida di Roncati, cui è affiancato l’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale, che farà di quell’edificio uno dei più moderni manicomi dell’Italia postunitaria. Costante è la sua opera di supervisore e spesso indirizza le scelte del progettista e la mano delle maestranze poiché, secondo il suo pensiero, il manicomio deve qualificarsi come un “luogo” la cui facies deve poggiare su una diversa e più complessa concezione degli spazi architettonici, rispetto a quelli di un altro nosocomio. Bisognava realizzare una struttura abilitata a rieducare i malati, alla comunicazione, alle relazioni sociali, al lavoro e al ritrovare un’identità equilibrata. Nelle sue relazioni tecniche rimarca la necessità di refettori e di sale comuni accoglienti, di ampi dormitori e laboratori per la terapia occupazionale con arredi e corredi per quanto possibile adeguati nella forma e nel colore, che siano di sussidio e di protesi alle cure per il ritorno alla normalità, tutelando l’incolumità anche dei malati pericolosi. Idee che farà poi confluire nel suo scritto del 1891, Ragioni e modi di costruzione ed ordinamento del Manicomio Provinciale di Bologna, una vera e propria metodologia e prassi per l’erezione dei manicomi.
Nel dettaglio, l’esemplare progetto del 1868 restituisce anche i disegni delle diverse tipologie d’impianti tecnologici, tutti all’avanguardia, da realizzarsi nei locali destinati a cucina, bagni, docce, oltre agli impianti di illuminazione e di riscaldamento (caloriferi) e quello idraulico per la conduzione dell’acqua calda e fredda.
Del 24 luglio 1877 è un altro progetto che prevede nuovi lavori di adeguamento all’interno dell’articolato fabbricato edilizio, che inizia a estendersi, aggregando nel 1879 prima tre modesti fabbricati vicini e, l’anno dopo, le rimanenti cinque casette di via Sana [BO_4_2_6]. Del 1880 è il progetto di un condotto fognario, da aprirsi lungo la via Sana per lo smaltimento dei rifiuti provenienti dalle casette acquisite dal manicomio.
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