Ospedale Sant’Antonio Abate, due stanze (fino al 1858)
Ospedale civile San Giovanni di Dio, sezione per maniaci (1859-1907)
Sezione distaccata di Dolianova (CA)
recupero e nuovo impianto
Fino al 1859, quando è aperta una clinica psichiatrica all’interno dell’ospedale civile San Giovanni di Dio, il territorio di Cagliari è sprovvisto di una struttura sanitaria pubblica atta all’accoglienza dei malati psichiatrici. Già nel 1892, la necessità di nuovi locali per ospitare un numero crescente di ricoverati porta l’amministrazione dell’ospedale a prendere in affitto alcuni edifici in località Is Stelladas e nella vicina tenuta agricola di Monte Claro per trasferirvi i pazienti tranquilli. I pazienti, provenienti dalla province di Cagliari e Sassari, sono accolti nei rustici della tenuta, riadattati a refettorio, dormitorio e altri servizi, mentre la Villa Clara diviene dimora del direttore sanitario [CA_4_3_8].
Con la legge n.2248/1865 per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia, la Provincia di Cagliari è chiamata a sostenere le spese di ricovero dei malati indigenti e nel 1899 delibera la costruzione del nuovo ospedale psichiatrico, per dotare la città di un presidio manicomiale aggiornato ai più avanzati indirizzi terapeutici e modelli spaziali, in grado di accogliere nelle migliori condizioni fino a 500 pazienti ma potenzialmente espandibile per accoglierne fino a 1000. Il sito scelto, la tenuta di Monte Claro, viene preferito alla vicina area di Is Mirrionis, ritenuta poco adatta al ricovero dei malati psichiatrici per l’eccessiva prossimità al poligono di tiro, che ne avrebbe turbato la tranquillità, e allo stagno, che avrebbe reso l’aria insalubre.
Sul sito di Monte Claro vi sono tracce di antiche costruzioni, rinvenute durante i lavori per le fondazioni dell’ospedale: una tomba ipogea del 2500 a.C. con corredo funerario e alcuni tratti di basolato romano riferibili alla strada che collegava Calaris al contado, l’antica via Is Stelladas, toponimo ancora presente in alcune cartografie [CA_4_1_4]. In epoca tardo-romana e alto-medievale la zona è interessata dall'uso agricolo e da un diffuso insediamento di villae che permarrà nei secoli successivi; la chiesetta medievale di Santa Maria Clara, demolita nel 1800, sopravvive nella titolazione del colle e dell’omonima via. Nel corso dell'Ottocento, la tenuta appartiene prima ai conti Mossa, titolari di un’industria viti-vinicola, poi alla famiglia D’Arcais e infine la villa Clara diviene residenza del banchiere Pietro Ghiani Mameli, figura politica di primo piano nella Cagliari di fine secolo. Da questo deriva l’indicazione di villa Ghiani in alcune cartografie, poi mutata in villa Clara. L’intera proprietà, passata alla famiglia Roisecco, nel 1899 è acquisita dalla Provincia per la costruzione dell’ospedale psichiatrico. L’area è ritenuta particolarmente adatta allo scopo per la posizione appena fuori la città, tra Cagliari e Pirri, per l’esposizione prevalente a meridione, per la presenza di un bosco di pini marittimi e per l’ampiezza della superficie, già diffusamente agricola [CA_4_3_1]. Di forma trapezoidale, essa si estende prevalentemente lungo l’asse nord-ovest/sud-est, per un totale di 47,3645 ha entro un perimetro di 2.955 m. [CA_4_2_1].
Il progetto architettonico del nuovo ospedale è affidato a Stanislao Palomba, ingegnere dell’Ufficio tecnico provinciale. La sua proposta, approvata dal Consiglio provinciale, è redatta con la consulenza scientifica di Giuseppe Sanna Salaris, già dal 1890 primario della clinica psichiatrica dell’ospedale civile di San Giovanni di Dio, e poi direttore sanitario di Villa Clara fino al 1928.
I fase: 1905-1908 [CA_4_1_6]
architetti/ingegneri: Stanislao Palomba, Giuseppe Onnis, Cristoforo Manconi
alienisti/psichiatri: Giuseppe Sanna Salaris
Il progetto di Palomba prevede la costruzione di ventiquattro edifici, tra padiglioni di ricovero e corpi di servizio, disposti principalmente sul versante sud dell’area. La planimetria generale (11 luglio 1900) [CA_4_2_2] mostra un impianto a schema ortogonale con un asse di simmetria che intercetta, a sud, l’ingresso principale al complesso ospedaliero [CA_4_2_14] e che regola l’orientamento dei corpi di fabbrica. Lungo questo asse si trovano l’edificio della direzione e i principali servizi, mentre a destra e a sinistra, distinti in sezioni maschili e femminili, si dislocano a coppie gli edifici per la degenza. Più contenuti e defilati sono i due padiglioni dei pazienti contagiosi. L’edificio della clinica universitaria, come quello delle contagiose, si dispone secondo un orientamento differente, accordandosi con la pendenza del terreno sul margine est dell’area. Tutti gli edifici sono connessi da camminamenti a linee sinuose che disegnano un parco. Alcuni padiglioni sono dotati di un’area esterna recintata da muri, da inferriate o da siepi (nel caso dei reparti per i tranquilli/e). A nord si trova la colonia agricola, con i preesistenti piccoli rustici dell’ex tenuta adattati a stalle, magazzini e alloggio del colono.
Nell’impianto planimetrico dell’ospedale, la presenza dei padiglioni gemelli evidenzia la gerarchia dei volumi: se l’edificio della direzione costituisce la “prua” di tutto il sistema, il corpo dei servizi generali (laboratori, cucina, lavanderia e stabilimento idroterapico) occupa una posizione baricentrica nella composizione d’insieme. Il progetto del manicomio, ampiamente studiato da Palomba e Sanna Salaris in riferimento alle più avanzate teorie sul trattamento e la cura dei malati psichiatrici, è approvato solo in parte dalla Deputazione provinciale che, pur plaudendo alla perizia dei progettisti, per ragioni di opportunità finanziaria lo sottopone a un ridimensionamento radicale. Si decide, in questa fase, di dare corso ai lavori di completamento e di un’eventuale espansione della struttura manicomiale, ma non prima di avere reperito le necessarie risorse supplementari.
Con la nuova soluzione approvata il 6 novembre 1900 si delibera l'immediata esecuzione di una parte di opere necessaria per ricoverare 250 pazienti (circa la metà di quelli programmati per l’impianto completo). Si costruiscono le cucine, gli edifici dei servizi generali e solo una metà dei sei padiglioni (equamente divisi tra uomini e donne) destinati agli agitati, ai semiagitati e ai tranquilli. L’ipotesi di impiantare nello stabilimento dei bagni centrali, concentrati in un unico corpo di fabbrica per ambo i sessi, è scartata in favore della dotazione, uniformemente distribuita, di un bagno per ciascuno dei sei padiglioni di degenza. Gli spazi per i laboratori sono provvisoriamente destinati a uffici della direzione ed economato. In generale, questa variante, pur riproponendo la tipologia d’impianto del progetto originario, si affida a un sistema distributivo fondato su un diverso rapporto fra padiglioni e spazi di pertinenza dei servizi collettivi.
Il numero dei ricoverati cresce già durante questi primi lavori. Per tale ragione, prima di occupare i locali, si è costretti a provvedere al completamento dei padiglioni degli agitati (uomini e donne), gli unici che in questa prima fase saranno interamente costruiti, secondo i disegni di progetto dell’ingegnere capo dell'Ufficio tecnico provinciale Cristoforo Manconi [CA_4_2_3].
Dei ventiquattro edifici previsti se ne realizzano otto: due padiglioni per degenti agitati e agitate (esecuzione quasi totale, poi integrata); due per degenti semiagitati e semiagitate; due per degenti tranquilli e tranquille (esecuzione parziale) [CA_4_2_4; CA_4_2_9; CA_4_2_10; CA_4_2_12; CA_4_2_13; CA_4_2_15; CA_4_3_3]; un edificio per la cucina e la dispensa (esecuzione integrale) [CA_4_3_6]; e infine un edificio che, destinato ai laboratori, sarà invece adibito a direzione, economato, cappella e alloggi per suore, medici ed economo, inizialmente in via provvisoria e, col tempo, definitiva.
Una descrizione completa ed esaustiva dello stato di fatto al termine di questa prima fase costruttiva si trova in una pubblicazione celebrativa non datata (riconducibile al 1911 circa) che contiene anche numerose informazioni riguardanti i lavori svolti durante il periodo immediatamente successivo, compreso fra il 1909 e il 1911. I diversi riferimenti alle soluzioni tecniche utilizzate testimoniano, nella relazione introduttiva, un legame privilegiato con la cultura tecnologica tedesca. I padiglioni di degenza (agitati/e, semiagitati/e) e quello di osservazione, impiegano le finestre di sicurezza ideate dal medico psichiatra Ludwig Frank (1863-1935) – direttore del manicomio di Münsterlingen (1890-1905), piccolo centro del Canton Turgovia, sul Lago di Costanza – in grado di impedire la fuga dei pazienti pur facendo a meno delle inferriate metalliche [CA_4_2_11]; la lavanderia è dotata di una macchina lavatrice Treichler e di una stazione di disinfezione che utilizza il sistema Geneste e Herscher; il moderno impianto elettrico è progettato dalla A.E.G. Thomson Houston, filiale romana della grande azienda tedesca. Le opere edili di questa fase sono eseguite dall’impresa Mentasti di Varese. I rimanenti lavori sono invece affidati alla ditta Messa e Caldirola di Milano – per ciò che concerne le murature speciali per ciminiere, i basamenti delle macchine e le pareti delle caldaie – alle imprese Enrico Campagnola e A. & C. di Francesco Picciau, entrambe cagliaritane, responsabili, rispettivamente, delle opere in legno e degli impianti per gas e acqua.
2.4.2. II fase: 1909-1944 [CA_4_1_6]
architetti/ingegneri: Stanislao Palomba, Cristoforo Manconi, Mulas
alienisti/psichiatri: Giuseppe Sanna Salaris (fino al 1928)
La “Relazione” che accompagna il “Progetto di completamento del manicomio provinciale” ci informa che già al momento dell’inaugurazione, il numero dei ricoverati è prossimo a 500, limite massimo per un funzionamento efficiente del complesso, così com’era stato previsto in origine e non certamente dell’impianto, drasticamente ridimensionato, che sarà effettivamente eseguito. Perfino la conversione in dormitori delle sale di soggiorno non riesce a risolvere o anche solo a tamponare l’eccessivo affollamento tanto da costituire, nei primi anni di esercizio, la causa prima della disfunzione del manicomio. La promiscuità tra pazienti in osservazione, ricoverati e degenti impiegati nella colonia agricola non giova alla sicurezza né all’igiene dei pazienti stessi. Queste inefficienze sono addotte per perorare il completamento dell’ospedale secondo l’originario disegno di Palomba.
In una tavola tecnica del 23 aprile 1909 denominata "distribuzione d'acqua e muri di cinta" si individuano i tracciati dei muri e delle condutture idriche con tratteggi distinti a seconda che si riferiscano ai corpi di fabbrica esistenti o a quelli in previsione; anche gli edifici sono rappresentati con differenti grafismi. Questo elaborato, quindi, fornisce una “fotografia” dello status quo a quella data, con la previsione dei completamenti in progetto. Risultano già eseguiti tutti gli ampliamenti previsti per i padiglioni degli agitati/e [CA_4_3_5], mentre il fabbricato per la lavanderia, disinfezione, rammendo e centrale termica, non ancora edificato in quella data, è rappresentato in tratteggio. Le opere edili del periodo 1909-1911 sono eseguite dall’impresa G. e C. F.lli Barbera di Cagliari e gli impianti per la lavanderia con caldaie, cucina e disinfezione, dalla Guerra Haeuberlin e C. di Milano. Ai lavori di nuova costruzione (fra cui si annovera il citato corpo della lavanderia e centrale termica) si aggiungono la ristrutturazione di villa Clara come residenza del direttore, l’adeguamento ad alloggio del colono di un piccolo rustico a nord della villa, la costruzione di gran parte degli impianti e del muro di cinta perimetrale e infine la realizzazione di parte degli arredi.
Complessivamente, fino al 1911 (anno presunto della pubblicazione celebrativa), i lavori di costruzione rispettano il progetto di Palomba. Questo si può dedurre confrontando la mappa catastale del Comune di Cagliari, databile tra 1908 e 1909 [CA_4_1_5], e la descrizione riportata dalla pubblicazione celebrativa dei fabbricati effettivamente costruiti e di quelli preesistenti destinati alle funzioni accessorie del nuovo manicomio. Fanno eccezione solo l’ampliamento del padiglione per gli agitati [CA_4_2_7] e l’edificio della lavanderia realizzato diversamente, per ciò che attiene sia alla forma sia alla posizione, rispetto al progetto originario. Il fatto, però, che esso sia stato citato e fotografato [CA_4_3_7] nel testo della pubblicazione lo riconduce a una data anteriore al 1911, di poco successiva a quella del catastale.
Fra gli edifici ancora da costruire c’è la clinica psichiatrica universitaria, un edificio destinato alle attività di ricerca scientifica sulle malattie psichiatriche, dotato di reparti propri e di una moderna sala operatoria sormontata da un tetto a padiglione interamente vetrato [CA_4_2_5; CA_4_2_6].
I disegni di progetto (5 dicembre 1914), integrati dai relativi computi metrici, portano la firma dell’ingegnere Manconi. Riguardano gli edifici non ancora eseguiti, il completamento di quelli parzialmente realizzati e l’ampliamento degli esistenti. I corpi di fabbrica su cui si decide di intervenire sono la direzione e uffici, il padiglione per l’osservazione e la vigilanza, l’infermeria, i padiglioni dei tranquilli e dei semiagitati (completamento sezioni maschile e femminile), la clinica universitaria, i padiglioni dei contagiosi (sezioni maschile e femminile), la cappella, la necroscopia, il panificio e infine i bagni annessi ai padiglioni. A questi lavori si aggiungono le sistemazioni di strade e piazzali, la ristrutturazione dell’impianto fognario, il completamento degli impianti tecnici, la realizzazione degli arredi e delle opere di finitura.
La realtà impone, però, un programma diverso. Rispetto al progetto di Palomba, sono proposte alcune modifiche e, soprattutto, vengono stralciati gli ampliamenti, ripiegando su un progetto prevalentemente di risistemazione, manutenzione e completamento tecnologico, da eseguire con importi assai ridotti. Qualche modesto ampliamento è previsto per la palazzina della direzione e uffici (i laboratori del progetto originario di Palomba) e per l’economato, oltre a un alloggio medico aggiuntivo. Si ritengono inoltre necessari l’ampliamento del fabbricato della lavanderia, l’integrazione degli impianti di acqua, gas ed elettricità e la dotazione degli arredi dei locali di nuova costruzione. Di fatto, solo una minima parte dell’ambiziosa opera di completamento è effettivamente eseguita.
Una foto scattata dal dirigibile “Ausonia”, in occasione del sorvolo su Cagliari del 1921 [CA_4_3_1], conferma quella stessa consistenza edilizia dell’ospedale al 1911 da cui il progetto Manconi, del 1914, aveva preso le mosse per dare forma all’auspicato ingrandimento del complesso manicomiale. L’ospedale manterrà questa fisionomia per decenni, fatte salve alcune trascurabili modifiche tra cui il completamento del padiglione delle semiagitate (progetto approvato nel gennaio 1933) [CA_4_3_4]. I lavori si concentrano sul braccio est, simmetrico a quello già realizzato, e su un piccolo ampliamento del corpo esistente, mantenendone la fisionomia architettonica. Analogamente avviene per gli aspetti costruttivi, in tutto e per tutto rispondenti alle voci di computo del primo cantiere. Unica eccezione è la possibilità, a discrezione del direttore dei lavori, di scegliere tra capriate a struttura mista in ferro-legno [CA_4_2_8] o capriate in cemento armato. Queste minime integrazioni sono il massimo che si possa realizzare con la cifra a disposizione per l’impresa esecutrice “Scalas Raimondo” di Villasor. Il 4 giugno 1939 è trasmesso l’ultimo stato di avanzamento dei lavori al padiglione. È attribuibile a questo periodo anche il raddoppio del corpo della cucina, non previsto nel progetto ma ritenuto poi necessario, e l’addizione di nuovi corpi di fabbrica alla cosiddetta “casa del colono” sul versante nord-est della collina [CA_4_3_2].
2.4.3. III fase: dal 1945-1954 [CA_4_1_6]
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: dato non reperito
Al termine della seconda guerra mondiale si tenta ancora una volta di potenziare le strutture del manicomio. L’Ufficio tecnico provinciale elabora una nuova perizia per i lavori, rispetto alla quale nella seduta del 27 febbraio 1946 la Deputazione decreta: “Rilevata l’assoluta urgenza dell’esecuzione dei detti lavori […] delibera unanime 1) di approvare la perizia predetta; 2) di richiedere le autorità competenti perché sia concesso un contributo dello stato della spesa occorrente, in misura non inferiore al 50% dell’importo dei lavori; 3) di richiedere altresì che l’intiero importo predetto sia antecipato sul fondo […] stanziato sul bilancio del Ministero dei Lavori Pubblici per l’esecuzione in Sardegna di opere per combattere la disoccupazione” e le opere sono rubricate con la dicitura “Sistemazione ospedale psichiatrico provinciale. Lavori a sollievo della disoccupazione”. La complessa situazione economica del dopoguerra porta a un progressivo innalzamento dei prezzi tanto che, a fronte dell’iniziale importo dei lavori, in alcuni saldi parziali del 1947 si ricapitolano importi di oltre dieci volte la previsione iniziale. Tali opere riguardano l’avvio del completamento del padiglione per le tranquille (poi interrotto), la costruzione del serbatoio di riserva idrica in cima al colle e un piccolo corpo di servizio in prossimità delle cucine. Le opere sono realizzate dall’impresa Carlo Nurchi di Cagliari (parti murarie) e dalla A. & C. di Francesco Picciau di Cagliari (impianti).
Nel dicembre 1947 la situazione diventa economicamente insostenibile. L’Amministrazione provinciale ordina l’immediata sospensione delle opere, il cui costo subisce un incremento di oltre il 500%. È però lo stesso impresario Nurchi a far presente la necessità di chiudere con le coperture le murature già realizzate, al fine di non pregiudicarne la stabilità. La Deputazione approva e rilascia la necessaria autorizzazione.
Nella prima metà degli anni cinquanta, in una situazione di maggior prosperità economica, si riavvia la questione del completamento dell’ospedale psichiatrico. Con interventi di entità variabile, realizzati in fasi ravvicinate, si procede ai seguenti lavori: addizioni nei padiglioni per gli agitati e per le semiagitate; nuovi ampliamenti del padiglione per le agitate; ampliamento e sopraelevazione dei corpi centrali dei padiglioni per i semiagitati/e; completamento dei padiglioni dei tranquilli/e; accorpamento dei due volumi paralleli delle cucine; chiusura del quadrilatero del fabbricato della direzione e uffici; addizione di volumi funzionali in prossimità dell'ingresso; nuovi tratti di recinzione. Il realizzato si distingue, rispetto ai fabbricati esistenti, non per l’aspetto architettonico, che ricalca fedelmente il linguaggio e i materiali del primo impianto, bensì per la soluzione delle coperture a terrazzo, delimitate dalle balaustre in cemento preformato. È ascrivibile a questo periodo anche la sopraelevazione del blocco centrale dei padiglioni per i semiagitati/e con la realizzazione del corpo scala emergente. L’aggiunta di un piano a questi edifici, previsti inizialmente a un solo livello, viene realizzata in coerenza con il linguaggio del primo Novecento, dimostrando come pur a distanza di cinquant'anni il progetto abbia conservato l’originaria vocazione a essere ampliato per addizioni, senza subire pregiudizi di qualità e immagine architettonica.
2.4.4. IV fase: 1955-2010 [CA_4_1_6]
architetti/ingegneri: Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: dato non reperito
Negli anni sessanta l’amministrazione provinciale stralcia due lotti simmetrici, nella parte meridionale dell'area, per realizzarvi due istituti d’istruzione superiore, uno con ingresso da via Liguria e l’altro da viale Ciusa e, conseguentemente, due tratti di recinzione per delimitare il nuovo confine dell'ospedale. L'ultimo intervento riguarda alcuni locali di servizio a ridosso dell'ingresso sud, altri depositi e magazzini prossimi all’ex lavanderia.
L’ospedale resta in funzione per un ventennio oltre il 1978, anno in cui è emanata la legge n.180 che sancisce la chiusura dei manicomi. A fronte di una situazione che vede la provincia di Cagliari sprovvista di strutture idonee all’accoglienza dei pazienti psichiatrici, si decide di operare su un doppio binario: da un lato si trattengono nelle strutture dell’ospedale i malati già sotto cura, dall’altro, invece, s’impone uno stop a nuovi ricoveri. La chiusura effettiva avviene il 18 marzo 1998. Gli edifici dell’ex ospedale, trasferiti dalla Provincia all’Azienda Sanitaria Locale, sono sottoposti a una generale ristrutturazione finalizzata alla trasformazione dell’ex complesso manicomiale in “cittadella della salute” [CA_4_3_9; CA_4_3_10; CA_4_3_11; CA_4_3_12]. La Villa Clara rimane nella disponibilità della Provincia ed è sede di attività culturali e della biblioteca provinciale [CA_4_3_13], mentre l’area dell’ex colonia agricola, a nord, è convertita in parco pubblico attrezzato. L’ex casa del colono [CA_4_3_14] diventa la sede della biblioteca dei ragazzi mentre l’ex cucina [CA_4_3_15] è lasciata a se stessa.
impianto
a padiglioni indipendenti
corpi edilizi
edificio della direzione e uffici a forma di "U" su due livelli; padiglioni di degenza a forma di “H” asimmetrica o di “E” (ruotata di 90° antiorari) a uno o due livelli; villa residenziale su due livelli a blocco isolato con cortile e corpi di servizio ad uno e due livelli; edificio lavanderia e servizi generali a forma di "I" su un livello; altri corpi di servizio rettangolari a unica elevazione; annessi rustici agricoli
strutture
strutture in elevazione: muratura di "pietra cantone" (calcare locale) intonacata nello spiccato e "a vista" nei basamenti; mostre delle finestre, cantonali e paraste in mattoni laterizi; chiavi di volta in cemento
orizzontamenti: volte laterizie; solai intermedi con struttura metallica e impalcato in tavelle laterizie; copertura inclinata con capriate lignee a catena metallica; controsoffitto in lamiera stirata intonacata o tavelle laterizie sotto travetti
coperture: tetti a capanna e a padiglione, con orditura lignea su capriate miste e manto "alla romana" in coppi ed embrici; impalcato in tavelle laterizie sulle coperture piane degli ambulatori; solaio orizzontale a struttura metallica nell'interpiano
ottimo: ex padiglioni di degenza (agitati/e, semiagitati/e, tranquilli/e), direzione e uffici, villa Clara e annessi rustici, casa del colono
buono: ex lavanderia e servizi generali, muro di confine esterno e muri di recinzione dei singoli padiglioni, parco
cattivo: ex cucina e piccoli corpi di servizio
G. Sanna Salaris, Programma per la costruzione di un progetto di manicomio da costruirsi a Monte Claro, capace di contenere 300 infermi, Valdes, Cagliari 1896
L. Roncoroni, Criterii per la costruzione di un manicomio, conferenza tenuta alla Società dei cultori delle scienze mediche e naturali di Cagliari nella seduta del 28 maggio 1899, Valdes, Cagliari 1899
S. Palomba, L. Cadeddu, Notizie sul nuovo manicomio della provincia di Cagliari, Tipo-litografia Commerciale, Cagliari 1900
S. Palomba, Progetto del nuovo Manicomio Provinciale, Relazione, Ufficio Tecnico della Provincia di Cagliari, Cagliari 7 agosto 1900
D. De Caro, L’Ospedale psichiatrico provinciale di Cagliari nella sua riorganizzazione. 1945-1947, Cooperativa Editrice Libraria, Cagliari 1947
Id., L’Ospedale psichiatrico provinciale di Cagliari durante il periodo 1948-52, Cooperativa Editrice Libraria, Cagliari 1953
I. Principe, Cagliari. Le città nella storia d’Italia, Laterza, Roma-Bari 1981
Cagliari e i suoi ospedali, a cura di G. Cocco, Editrice Latipografia Sanluri, Sanluri 2004
Oltre il cancello. Storia dei manicomi di Cagliari dal Sant’Antonio Abate al Villa Clara attraverso le carte d’archivio, a cura di A. Castellino, A.P. Loi, AM&D Edizioni, Cagliari 2007
C. Manconi, Notizie sul nuovo manicomio di Monte Claro, Ufficio Tecnico della Provincia di Cagliari, Cagliari s.d.
E. Davì, Manicomio Villa Clara a Cagliari, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 328-331
Archivio de “La Memoria Storica” Società Cooperativa, Is Coras, Sestu-Cagliari, Archivio storico della Provincia di Cagliari, S. 37 - Assistenza e beneficenza, sts. 1 - Assistenza agli alienati mentali, g. 1 - Locali e infrastrutture dell’Ospedale psichiatrico (deposito temporaneo)
Archivio storico del Comune di Cagliari, Fondo cartografico
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