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II fase

Anno inizio: 
da 1902 a 1911
Tecnici: 
Alienisti: 

Dopo aver acquistato il manicomio dalla Congregazione di Carità, nel 1901 l’Amministrazione provinciale ne riorganizza e completa le strutture sanitarie in base alle più moderne teorie nel campo dell’edilizia per l’assistenza psichiatrica, che raccomandano di ricoverare i dementi in padiglioni distinti per sesso e secondo il tipo di malattia mentale; alla data il manicomio provinciale di S. Margherita accoglie 655 malati.

Scartata la proposta di costruire una nuova struttura, si decide d'intervenire sugli edifici esistenti per trasformarli e ampliarli. Si stabilisce, innanzitutto, di separare i malati in due reparti, maschile e femminile, ciascuno ospitante un massimo di 400 pazienti, fatto che implica lo spostamento dei malati da una sede all’altra e la costruzione di nuovi padiglioni per aumentare i posti letto.

Il progetto di ampliamento e riordino è affidato all’ingegnere Pirro Pasta, capo dell’Ufficio tecnico provinciale, e presentato al Consiglio provinciale nel 1903 [PG_4_2_4; PG_4_2_5; PG_4_2_6]. Per ottenere la separazione fra uomini e donne si programma la costruzione, nella sezione femminile, di vari padiglioni che ospitino, separatamente, le malate acute sanabili, quelle insanabili, le epilettiche e agitate e quelle sotto osservazione, in attesa della definitiva assegnazione. I nuovi padiglioni avrebbero aumentato il numero di posti letto di 155 unità, in tal modo liberando la vecchia Casa Centrale da un gran numero di ricoverati. Nella sezione maschile, invece, si rende necessario costruire un nuovo padiglione per accogliere i pazienti rettanti, già collocati in locali con accesso scomodo della Casa Centrale dove la separazione dai malati comuni si rivela parziale. Il progetto per il nuovo padiglione, tuttavia, non è realizzato; la sezione maschile, peraltro, è dissimile dalla femminile che appare ben più comoda e amena, dotata di ampie sale e giardini panoramici.

I principi ispiratori del “progetto Pasta” consistono nella suddivisione dei pazienti per sesso e per malattia, e nell'autosufficienza della struttura che deve essere dotata di aziende speciali, di luoghi per la produzione di beni e per l’artigianato e dei servizi principali. Il numero massimo stabilito di 800 malati, suddivisi tra le due sezioni a loro volta ripartite in aree funzionali destinate alla degenza, al lavoro, alla produzione di beni, alla direzione, all’amministrazione, all’assistenza religiosa e allo svago. Nel disporre e orientare i nuovi padiglioni, Pasta tiene conto non soltanto degli edifici preesistenti ma anche della loro dislocazione in un contesto urbano e naturalistico di notevole valore paesaggistico. Egli, infatti, dispone gli edifici in modo che si affaccino sulla valle lasciando ampio spazio ai giardini, disposti in relazione alla pendenza del terreno, e alla vegetazione esistente, affinché gli ambienti godessero di una vista continua e di un soleggiamento costante durante il giorno e nel corso dell’anno.

I padiglioni progettati da Pasta sono costituiti da volumi semplici con superfici intonacate e prospetti scanditi da semplici paraste angolari, cornicioni modanati, cornici marcapiano e zoccolature basamentali quali unici elementi decorativi, arricchiti da ringhiere, balaustre e inferriate in ferro battuto. Questo linguaggio architettonico sobrio misurato e uniforme, secondo Pasta, contribuisce ad accrescere l’idea di villaggio, peraltro nobilitato dal contesto naturale. Pasta pone particolare attenzione anche alla conversione funzionale dei padiglioni esistenti, apportando migliorie che soddisfino le istanze di natura igienico-sanitaria, quali la ricostruzione di soffitti e pavimenti, la verniciatura a smalto delle pareti, l’apertura e l’ampliamento delle finestre, l’impianto di lavandini e latrine, l’installazione d’impianti di riscaldamento e ventilazione. Ingenti modifiche sono studiate anche per la Casa Centrale, affinché possa accogliere numerosi pazienti della sezione maschile, e la sistemazione degli spazi esterni [PG_4_2_7]. È adattata anche la Succursale, per ospitare gli alienati epilettici, senili e pellagrosi, mentre per il padiglione Adriani si prevede l’ampliamento del piano terra di circa due volte la superficie al fine d’ingrandire i laboratori già esistenti.

I nuovi padiglioni, costruiti con tecniche moderne e materiali innovativi, sono dotati d’impianti (elettrici, termici e sanitari) autonomi e all’avanguardia, collegati alle centrali, una per ciascuna sezione, dislocate presso il padiglione Bonucci, per la sezione femminile, e nel padiglione Adriani, per quella maschile.

L’esecuzione del Piano Pasta è avviata nel 1904 ma, di esso, sono completati sotto la sua direzione soltanto il mulino, il panificio, il pastificio e il magazzino e, nel 1907, l’ampliamento della Succursale; nel 1911, infatti, Pirro Pasta lascia la direzione dell’Ufficio tecnico provinciale all’ingegner Guido Rimini, che proseguirà solo in parte il progetto di riordino predisposto dal suo predecessore.

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