Nel 1955 è approvato il nuovo Regolamento di Governo degli Istituti Ospedalieri e di Ricovero della Città di Volterra e la direzione sanitaria è affidata a Gino Simonini. La carenza d'acqua non potabile per gli usi della lavanderia e di altri reparti dell'ospedale psichiatrico si conclude, dopo lunghe trattative (1957-1960), con la firma di una convenzione con l'amministrazione comunale per la captazione dell'acqua dalle fonti di Docciola e della Concia. Per iniziativa dell'onorevole Giuseppe Togni si inaugura il "Cantiere di lavoro per operai disoccupati di Volterra", da impegnare nella generale sistemazione delle facciate dei padiglioni e la completa asfaltatura delle strade interne dell'istituto (1958). La costruzione della nuova cucina si impone come un intervento indispensabile, considerata l’inadeguatezza delle strutture e degli impianti di quella esistente (Claude Bernard), accertate dall'ingegnere Angiolo Nannipieri. Il primitivo progetto, redatto dall'architetto Bruno Colivicchi alla fine degli anni Trenta, è adeguato alle nuove esigenze e normative igieniche e sanitarie (1958). Realizzata con il contributo statale, è inaugurata nel 1965. Il padiglione Mingazzini, non più utilizzato come forno e pastificio, è oggetto di consistenti lavori di demolizione e ristrutturazione, per destinarlo a reparti di degenza (1961-1963). La gestione dell'ospedale psichiatrico è trasferita alle Amministrazioni Provinciali di Livorno e Pisa con la costituzione del "Consorzio Interprovinciale dell'Ospedale Psichiatrico di Volterra" (1963). Considerate le generali condizioni di degrado in cui versa il padiglione Claude Bernard, in disuso dopo l'attivazione della nuova cucina, si procede alla sua completa ristrutturazione e consolidamento su progetto di Giuseppe Culivicchi (1966), per destinarlo a Centro Sociale (punto di ristoro, bar, saloni barbieri per uomini e donne, emporio, sala pittura, atelier femminile, ecc.). A causa di diverse e prolungate sospensioni dei lavori l'edificio è inaugurato nel 1972. Nel 1967, i padiglioni Chiarugi, Bianchi, Cappuccini e la Villa il Giardino, unitamente ai terreni circostanti, sono donati all'Istituto Rieducazione Minorenni [PI_4_1_6; PI_4_3_10]. Con finanziamento statale si procede alla completa ristrutturazione e alla soprelevazione di un piano, su progetto dell'ingegnere Vincenzo Marini (1968), del vetusto padiglione Krafft-Ebing. La nuova struttura, intitolata a Luigi Scabia è inaugurata nel 1973. A Giuseppe Colivicchi, subentra nel 1971, come responsabile dell'Ufficio tecnico, il geometra Gabriele Gavazzi. Nello stesso anno, la direzione sanitaria è affidata a Ferdinando Pariante, che resta in carica fino alla fine del 1974. Tra il 1971 e 1973 sono eseguite, tra le altre, diverse demolizioni: la ciminiera in laterizio della lavanderia, costruita durante la prima guerra mondiale; l'ex-magazzino della farmacia con la sistemazione delle murature di sostegno e della scalinata di accesso al piazzale circostante; il cancello e le strutture murarie, in stile littorio, dell'ingresso principale e della portineria, per far posto ad aiuole spartitraffico a quattro corsie sulla s.s. n. 68. Una indagine sulle condizioni di stabilità di tutte le strutture in laterizio armato e non, dei padiglioni costruiti con il contributo statale, è affidata nel 1971 all'ingegnere Gianfranco Vannucchi di Pisa. L'indagine mette in luce una serie di criticità che interessano la quasi totalità dei padiglioni. Si rendono quindi necessari diversi lavori di consolidamento e sostituzione che si protraggono per oltre un quinquennio (1973-1978). Il padiglione Biffi, è completamente ristrutturato su progetto di Vincenzo Marini, per destinarlo a centro dialisi, servizio radiologia e terapia fisica (1971-1974). Il padiglione Livi, nonostante l'approvazione del progetto di demolizione e nuova costruzione dell'architetto Roberto Mariani (1973) è poi dichiarato inagibile e definitivamente chiuso nel 1975. Nello stesso anno è inaugurato il nuovo reparto di Neurologia, costruito in diretta comunicazione con l'esistente padiglione Sarteschi. Nel 1974, Carmelo Pellicanò, acceso sostenitore della chiusura del complesso manicomiale e della sua trasformazione in comunità terapeutica, assume la direzione dell'istituto [PI_4_3_16].
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