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I fase

Anno inizio: 
da 1824 a 1901
Alienisti: 

Il progetto di Francesco Cellini prevede il riassetto della struttura, conseguito attraverso alcune demolizioni, poche aggiunte e una sostanziale ridistribuzione degli ambienti dell’ex convento. I provvedimenti intrapresi, tuttavia, non sono sufficienti a modificare la struttura – disarticolata, complessa, dislocata su vari livelli e con più corpi addossati – che rende l’edificio fin da subito inadatto all’uso al quale è stato destinato.

Pochi anni dopo questo primo intervento di trasformazione si rende perciò necessario ampliare la Casa Centrale e, nel 1834, si affida l’incarico di progettare l’aggiunta di un nuovo braccio fra i due cortili interni a Luigi Poletti, architetto già noto alla Delegazione Apostolica per i molti incarichi espletati nell’ambito dell’edilizia ospedaliera. Nel 1836 si procede a un successivo ampliamento della struttura con la costruzione di una nuova sala da bagno e con la sopraelevazione del braccio di levante al fine d’incrementare i posti letto a disposizione. Nel 1851 è poi realizzato il viale d’ingresso in asse con la facciata della Casa Centrale e, entro il 1863, si acquistano nuovi terreni, una palazzina e una casa rurale che, tra il 1865 e il 1871, è trasformata in colonia agricola. Quest’ultima, opportunamente collegata al viale d'ingresso mediante l’apertura di una nuova strada, è denominata ‘Succursale’ poiché, con essa, si compensa la carenza di posti letto. Nel frattempo, nel 1862, l’Ospedale della Misericordia cede la proprietà e la gestione del Manicomio di S. Margherita alla Congregazione di Carità.

Fra il 1884 e il 1886 si costruisce un nuovo edificio per ospitare i lavoratori artigiani, poi detto padiglione Adriani, su progetto di Giulio De Angelis [PG_4_2_2]. Nel 1885 il Manicomio procede all’acquisto della villa cinquecentesca del barone Della Penna, poi denominata villa Massari, da destinarsi alle malate ‘rettanti’ e, nel 1886, entra in possesso dell’ex convento dei Cappuccini che, fra il 1887 e il 1890, viene adattato a ‘colonia industriale per malate tranquille’, poi detto padiglione Bonucci, su progetto dell’Ufficio tecnico del manicomio. Altri interventi dell’epoca riguardano la sistemazione dei cortili esterni e delle aree verdi circostanti [PG_4_2_3]. Nel 1897 la Congregazione di Carità acquista il “Favarone”, edificio di proprietà del Collegio della Sapienza di Perugia, poi venduto al Comune nel 1901 perché troppo distante dalla Casa Centrale e, quindi, di difficile gestione.

Questa prima fase di sviluppo del complesso, dunque, è caratterizzata dall’assenza di un programma edilizio organico e sospinto dall’esigenza di accogliere un numero di malati in costante aumento, così che ampliamenti e trasformazioni avvengono per decisioni sporadiche e adattamenti successivi attraverso la trasformazione dell’esistente, l’acquisizione di edifici esistenti e la costruzione di nuovi padiglioni. Queste strutture, spesso distanti tra loro e realizzate per funzioni diverse, imprimono un aspetto eterogeneo al complesso che, di fatto, consta già di due nuclei separati e distanti. Tale divisione, tuttavia, pur risultando dispendiosa a causa degli spostamenti che impone, non sembra compromettere la qualità dei servizi sanitari. La posizione degli edifici, disseminati nella valle e immersi nella vegetazione spontanea e fra aree coltivate è, infatti, considerata un valore preminente del complesso, oltre che un punto di forza per le terapie del lavoro.

Quando, nel 1901, la Congregazione di Carità vende il manicomio alla Provincia di Perugia, il complesso consta di due sezioni: una comprende la Casa Centrale, la Succursale e il padiglione Adriani e ospita 454 malati complessivi, uomini e donne; l’altra è costituita dalle ville Bonucci e Massari e dal “Favarone” e ospita altri 280 malati.

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