Ospedale di Sant’Alessio (fino al 1787)
Civico manicomio di Cremona (1821-1885)
Istituto dei Pazzi di Crema (fino al 1909)
Divina Casa di Provvidenza di Casalbuttano
Ospizio di S. Carlo di S. Bassano
nuovo impianto
A seguito della presa in carico dei malati di mente e delle strutture create per loro dalla Deputazione provinciale di Cremona, sul finire dell’Ottocento, si apre il dibattito sulla necessità di costruire un complesso manicomiale unico, organico e grande, atto a soppiantare i due più piccoli istituti psichiatrici già esistenti nelle città di Crema e di Cremona. La discussione, che si dilunga dal 1869 al 1881, termina con la decisione di costruire un nuovo complesso manicomiale nei pressi di Cremona, in grado di ospitare 200 pazienti.
Già nel 1875, la Deputazione provinciale aveva incaricato Giuseppe Puerari, ingegnere capo del proprio ufficio tecnico, di redigere un primo progetto di massima, in collaborazione con l’alienista cremonese Antonio Mainardi, ma la loro proposta, di cui non si hanno i disegni, è bocciata perché eccessivamente onerosa.
Nel 1881 l’incarico del progetto è affidato all’Ufficio tecnico provinciale, cui è demandata anche la scelta della località insediativa più adatta [CR_4_1_2; CR_4_1_3]. A redigere il nuovo progetto è di nuovo l’ingegner Puerari, che prevede di localizzare il complesso manicomiale in un’area rettangolare (203 m x 134,50 m), con una capienza di 300 pazienti divisi in tre gruppi: sudici, epilettici, paralitici; tranquilli; agitati, semi-agitati e furiosi. Sotto il profilo tipologico, l’impianto è strutturato sull’asse centrale dei servizi, ai cui lati si affiancano tre gruppi di padiglioni, distinti per sesso (uomini a destra, donne a sinistra); nell’asse centrale gli edifici sono connessi tra loro mediante cortili. Anche questo progetto non è costruito.
I fase: 1885-1910
architetti/ingegneri: Rodolfo Cerioli (progetto di massima), Alessandro Soldati (progetto di dettaglio)
alienisti/psichiatri: Giuseppe Amadei (progetto di massima)
La progettazione del manicomio avviene in due fasi distinte con continuità di impostazione, ma anche con alcune varianti significative, poiché agli autori del progetto di massima ne sono sostituiti altri in quello esecutivo. Nel 1885 la Deputazione provinciale affida l’incarico del progetto di massima all’ingegner Rodolfo Cerioli, coadiuvato dall’alienista Giuseppe Amadei, perché siano rispettati i parametri di cura per i pazienti psichiatrici. Il progetto presentato prevede un complesso edilizio per 200 pazienti psichiatrici, distribuito su un’area di 8.100 mq.
Da un punto di vista tipologico, la struttura del complesso si sviluppa secondo un impianto planimetrico simile a quello più adottato in Italia, essendo formato da padiglioni indipendenti, distanti 30 m uno dall’altro, ma connessi tra loro e con l’asse centrale dei servizi per mezzo di passaggi coperti [CR_4_2_1; CR_4_2_2].
Sull’asse centrale, tra loro separati da ampi cortili, si attestano: l’edificio della direzione e amministrazione; il fabbricato per i servizi generali, che contiene la cucina, i bagni, le sale per il servizio idroterapico, il guardaroba e l’essiccatoio. Alle sue spalle è prevista la chiesa, mentre a ridosso del muro di cinta è il padiglione con la sala anatomica e la cella mortuaria. Inoltre, il progetto di massima prevede una distribuzione degli ammalati in padiglioni distinti, oltre che per sesso, anche per categorie: i tranquilli; i semi-agitati, cui si annettono i paralitici, gli epilettici e i sudici; infine i furiosi. Il comparto per malati tranquilli, maschile e femminile, al piano terra è provvisto di saloni piuttosto ampi adibiti a laboratori, per l’attività dei pazienti in grado di lavorare; in particolare, il padiglione delle donne tranquille ospita la lavanderia generale. I padiglioni per tranquilli accolgono 40 pazienti ciascuno e 10 fanciulli. I padiglioni per semi-agitati sono predisposti per ospitare 40 malati e quello dei furiosi, all’interno del quale sono le celle d’isolamento, per 15 folli. Lontane da questi edifici, situate sul fondo dell’area manicomiale, sono le infermerie per i malati contagiosi. L’intero complesso è circondato da un muro di cinta, interrotto dalla cancellata d’ingresso.
Sebbene non si discosti molto dal progetto di massima, quello di dettaglio o esecutivo, del 1886, di cui esiste anche la relazione descrittiva firmata da Alessandro Soldati, ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale, introduce alcune modifiche rispetto all’impianto generale proposto da Cerioli e Amadei. All’ingresso del complesso manicomiale, Soldati prevede una cancellata delimitata da due piccoli corpi di fabbrica, destinati ad abitazione del custode [CR_4_3_1] e del giardiniere, mentre il primo edificio dell’asse centrale, adibito a sede dell’amministrazione, è composto di un corpo di fabbrica articolato su tre piani fuori terra, e non più due [CR_4_2_3; CR_4_2_4]. Al piano terra sono collocati gli uffici della direzione e dell’economato, le sale d’osservazione per i pazienti appena entrati, le stanze adibite a parlatori e le camere d’abitazione degli ispettori [CR_4_3_2]; il primo piano è destinato a uso abitativo per il direttore del manicomio, per il suo medico assistente e per l’economo; il secondo piano è lasciato a rustico, probabilmente in vista di possibili ampliamenti [CR_4_3_3].
L’edificio dei servizi generali, che nel progetto di massima è un corpo unico, è modificato da Soldati che lo articola in due differenti fabbricati: il primo, a un piano, è adibito a sede di cucina [CR_4_2_5; CR_4_2_6; CR_4_3_4], magazzino [CR_4_3_5], dispensa, cantina e ghiacciaia; il secondo, distanziato dal primo per mezzo di un cortile, è destinato a lavanderia, sale da bagno e servizi idroterapici [CR_4_2_7; CR_4_2_8; CR_4_2_9; CR_4_2_10]. Quest’ultimo fabbricato, inoltre, è progettato in modo tale che l’area destinata a lavanderia abbia un unico piano fuori terra, mentre quella per i bagni e i servizi idroterapici ne abbia due [CR_4_3_6; CR_4_3_7]. La chiesa, originariamente prevista ma con edificazione non immediata, scompare nel progetto esecutivo: a completamento dell’asse centrale, al suo posto è previsto un fabbricato a un piano, per la sala anatomica e la cella mortuaria [CR_4_3_8].
I padiglioni per i malati tranquilli [CR_4_3_9; CR_4_3_10], organizzati su due piani, sono destinati ad accogliere 45 pazienti per sesso. Il piano terra, adibito a sala di ritrovo comune, contiene anche il refettorio, il soggiorno e i laboratori; il primo piano è, invece, interamente destinato ai dormitori; i suoi solai sono realizzati con travi di ferro. I padiglioni per i semi-agitati [CR_4_3_11] hanno una struttura funzionale simile a quella degli edifici per i tranquilli. Disposti su due piani, anch’essi sono destinati ad accogliere 45 pazienti, compresi i paralitici, gli epilettici e i sucidi. Anche in questo caso al piano terra è prevista una zona con refettorio e sale di soggiorno, mentre al primo piano sono i dormitori. Infine, i comparti per gli agitati, con un solo piano fuori terra, sono destinati ad accogliere solo 15 pazienti e hanno una sala di soggiorno, il refettorio, i dormitori e 10 celle d’isolamento. Disposti in fondo all’area, ai lati dei padiglioni per agitati, ma da questi distanziati, sono gli edifici delle infermerie, destinati ai malati contagiosi e organizzati su due piani [CR_4_3_12].
Non discostandosi dal progetto di massima, anche la nuova proposta di Soldati prevede corpi di collegamento fra i fabbricati: ogni padiglione è connesso agli edifici dell’amministrazione, dei servizi generali e dei bagni per mezzo di lunghi porticati [CR_4_3_13].
Tra il 1890 e il 1910 nel manicomio così realizzato si attuano esclusivamente lavori di manutenzione ordinaria.
II fase: 1910-2012
architetti/ingegneri: dato non accertato
alienisti/psichiatri: dato non accertato
A causa del crescente sovraffollamento del manicomio, all’inizio del XX secolo la Deputazione provinciale delibera la costruzione di un nuovo padiglione per l’osservazione [CR_4_3_14]. Non avendo a disposizione documentazione archivistica relativa all’intervento, dall’osservazione diretta si evince che l’edificio è eretto al di fuori delle mura che contengono il complesso manicomiale; il fabbricato ha una pianta a “U” e ora è in fase di ristrutturazione.
In data non precisata, probabilmente entro gli anni sessanta del secolo scorso, è inoltre progettato e costruito un altro corpo di fabbrica con pianta a “H” asimmetrica, collocato di fronte al padiglione d’osservazione, al di fuori del muro di cinta [CR_4_3_15]. Anche in questo caso non si ha documentazione archivistica che attesti le fasi costruttive dell’edificio, ora in uso come sede degli uffici dell’ASL di Cremona.
Nell’ultimo cinquantennio all’interno dell’ex ospedale psichiatrico si sono attuati perlopiù lavori di manutenzione ordinaria e di parziale ristrutturazione, mentre oggi vi si registra uno stato di parziale abbandono. Al momento (2012) il complesso è, in gran parte, di proprietà dell’ASL; fanno eccezione l’area dove sono situati gli ex padiglioni per agitati, ora sede del CRAL, e quella dei due corpi di fabbrica corrispondenti a vecchi padiglioni per tranquilli e semi-agitati, di proprietà dell’Azienda Ospedaliera di Cremona, oggi ancora destinati a ricovero e lungo-degenza di pazienti psichiatrici, nonostante le gravi condizioni di degrado in cui versano. Per ciò che concerne la zona di competenza CRAL, solo uno dei due padiglioni è stato conservato senza eccessive modifiche (al suo interno sono stati mantenuti intatti alcuni ambienti, in particolare le celle d’isolamento), mentre l’altro è stato sostituito da un corpo di fabbrica di dimensioni ridotte, di cui non si conoscono né gli anni di progetto né quelli di costruzione.
Tutta l’area verde è stata recuperata con la realizzazione di campi sportivi e ricreativi.
impianto
a padiglioni indipendenti, connessi da passaggi coperti da pensiline
corpi edilizi
Edifici a pianta rettangolare, a pianta quadrangolare e a “U”, su uno/due/tre piani
strutture
strutture in elevazione: murature tradizionali
orizzontamenti: capriate lignee, voltine in muratura
coperture: tetto a falde, tetto piano
medio: edifici dell’asse centrale; padiglioni sede ASL
cattivo: padiglioni sede dell’Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Cremona
Manicomio provinciale di Cremona, in “Archivio italiano per le malattie nervose e mentali”, a. XI, 1874, pp. 437-438
A. Monteverdi, Sul progetto di un manicomio unico nella provincia di Cremona: relazione al Consiglio sanitario provinciale, s.e., Cremona 1875
E. Pergami, I dementi Tranquilli a domicilio. Relazione alla Deputazione provinciale di Cremona, Tip. E. Rolleri, Crema 1891
A. Scartabellati, L'umanità inutile. La questione follia in Italia tra fine Ottocento e inizio Novecento e il caso del Manicomio provinciale di Cremona, FrancoAngeli, Milano 2001
V. Raimondo, Manicomio provinciale di Cremona, in I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, a cura di C. Ajroldi, M.A. Crippa, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M.L. Neri, Electa, Milano 2013, pp. 147-148
Archivio di Stato di Cremona, Ospedale psichiatrico provinciale di Cremona
Archivio Ufficio Tecnico ASL di Cremona
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