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II fase

Anno inizio: 
da 1903 a 1934
Tecnici: 

Dopo la morte dello storico direttore Venturi nel 1900, alla guida dell’istituto girifalcese giunge Romano Pellegrini (1903-1913). Il sopralluogo del medico provinciale nel 1905 mette in luce una situazione critica dovuta al sovraffollamento dei malati in ambienti ristretti, problema derivante dai vincoli dell’edificio d’origine e, purtroppo, ancora insoluto. La risposta si orienta verso una soluzione radicale, con la costruzione di una nuova sede manicomiale a Catanzaro. Viene così progettato dagli ingegneri Diana e D’Agostino un complesso adeguato ai moderni standards in materia di strutture psichiatriche, con 12 padiglioni simmetrici a un unico livello, separati, ma disposti in maniera razionale e arricchiti da giardini e cortili per la ricreazione degli ammalati. La proposta progettuale, calibrata su una capienza minima di 100 posti-letto, viene sottoposta al giudizio di Leonardo Bianchi, direttore del manicomio provinciale di Napoli, che però boccia l’ipotesi di ubicazione in città, per il peso urbanistico che l’insediamento sanitario avrebbe comportato.

Accantonato così il piano di nuova allocazione, nel 1907 vengono stanziati consistenti finanziamenti per l’adeguamento dell’antico edificio girifalcese all’incremento della popolazione manicomiale, ma il sopraggiungere dell’evento sismico del 28 dicembre 1908 determina una lunga battuta d’arresto. Soltanto nel 1910, infatti, riprendono i lavori di completamento della sezione intitolata a Silvio Venturi e quelli che prevedono il prolungamento del braccio ovest della nuova sezione Donne, con la successiva creazione del corpo di fabbrica che ancora oggi s’impone parallelamente agli uffici amministrativi. Lungo il lato sud, infine, vengono innalzate alte mura di cinta a protezione dei cortili esterni, che per troppo tempo hanno offerto alla vista dei curiosi la quotidianità degli alienati.

Negli anni 1914-1916, sotto la direzione di Bernardo Frisco (1914-1926), si procede al collaudo definitivo della sezione Venturi, si eseguono riparazioni nei vecchi edifici per garantire una maggiore stabilità alle strutture e si estende la rete fognaria. Inoltre, vengono allestite numerose officine artigianali che conferiscono al manicomio un carattere spiccatamente aziendale: infatti, grazie all’annessione del limitrofo fondo Cummis nel 1919, si può finalmente ampliare la colonia agricola e industriale che, oltre a rispondere a fini terapeutici per gli ammalati, rende l’istituto un complesso autosufficiente dal punto di vista dei rifornimenti alimentari [CZ_4_3_5], del vestiario e dei più comuni utensili.

Tra il 1930 e il 1932, direttore Annibale Puca (1929-1934), si amplia verso sud-est l’antico monoblocco della sezione Donne, che viene ora organizzato su tre livelli, offrendo in tal modo altri 60 posti-letto; inoltre, viene rinnovata la facciata principale dell’O. P. rivolta verso l’abitato di Girifalco con l’edificazione dell’ala speculare al preesistente corpo orientale, in modo da conferire un aspetto armonico ed equilibrato al prospetto, finora monco. La nuova costruzione non solo si pone come barriera contro i curiosi che percorrono la pubblica strada, ma consente anche di collocare, al piano terra, gli uffici direzionali, di economato e segreteria, insieme alla biblioteca, e di trasferire l’alloggio del direttore in un ambiente più decoroso al primo livello.

In questi anni viene edificato anche il cosiddetto “Padiglione” lungo il limite occidentale dei terreni di proprietà dell’ospedale, allo scopo di accogliere i lavoratori della comunità agricola e delle officine [CZ_4_2_11]. Sebbene col tempo l’edificio si trasformerà, per esigenze sanitarie, in un vero e proprio reparto con antistante cortile, accogliendo diverse categorie di malati cronici e vedendo così snaturata la sua originaria destinazione d’uso, inizialmente il “Padiglione” contribuisce al necessario completamento della colonia ergoterapica.

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