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V Fase

Anno inizio: 
da 1951 a 1978

In questi anni l’organizzazione dell’Ospedale psichiatrico è condizionata dalla rapida evoluzione delle scienze neurologiche: il direttore Alessandrini investe molto sul reparto di neurochirurgia guidato da Riccardo Brizzi, mentre Ignazio Passanisi, che gli succede nel 1959, cambia orientamento e concentra la ricerca sulle nuove terapie con gli psicofarmaci. Questi diversi approcci influiscono inevitabilmente sull’organizzazione dei padiglioni che, in base alle richieste di volta in volta avanzate, saranno sottoposti a successive opere di manutenzione straordinaria. Il 5 settembre 1959 un forte nubifragio si abbatte su Ancona e tutti i padiglioni posti a nord sono invasi dall’acqua subendo ingenti danni.

I rapidi mutamenti sociali che interessano l’Italia del dopoguerra impongono un radicale processo di ammodernamento dell’Ospedale neuropsichiatrico. Il 1° marzo 1966 i responsabili della struttura ne elencano le linee d’indirizzo: salubrità degli ambienti, rinnovo delle reti impiantistiche, sostituzione dei macchinari di officine e laboratori, ampliamento della cucina nel padiglione Servizi generali (progetto di Lando Ferretti, 10 marzo 1964), costruzione di una nuova recinzione. Inoltre, il potenziamento delle attività ambulatoriali impone un ripensamento del sistema di accesso per gli utilizzatori esterni, che prevede la sistemazione e asfaltatura di tutte le strade e piazzali interni all’ospedale, opere realizzate dal 1959 al 1966 [AN_4_2_22; AN_4_3_12].

Da metà anni sessanta, la presenza dell’ospedale neuropsichiatrico crea nella società anconetana un intenso dibattito, sintetizzabile in due questioni: il crescente disagio indotto dalla sua presenza in un contesto urbano in espansione, ormai sempre più identificabile come zona semi-centrale [AN_4_1_4; AN_4_1_5], e la revisione delle specifiche competenze e dei rapporti tra il Centro di Igiene Mentale (CIM) e l’Ospedale neuropsichiatrico. Con una lettera del 26 marzo 1965 al Ministero dei LL. PP. e a quello della Sanità, l’amministrazione provinciale formalizza l’intenzione di voler costruire un nuovo ospedale psichiatrico in un’area più periferica, quale unica soluzione alla palese inutilizzabilità della struttura di Piano San Lazzaro. In concomitanza con la revisione del PRG (approvato il 09/06/1965) si favorisce tale ambizioso programma che permetterà una più attenta progettualità della nuova opera e una rivitalizzazione, soprattutto speculativo-edilizia, di quella esistente. Prevarrà l’idea espressa da Emilio Mancini, dal 1974 direttore dell’Ospedale neuropsichiatrico: rimandare ogni scelta sino alla promulgazione del nuovo impianto normativo di riordino nelle strutture psichiatriche. A lui si deve la lungimiranza con cui cercherà di creare le condizioni necessarie all’entrata in vigore della Legge n. 180/1978, promuovendo sia un graduale reinserimento dei malati psichiatrici sia la formazione culturale dell’opinione pubblica.

Prima di tale data, il 14 aprile 1971, è approvata la demolizione e ricostruzione dei due edifici a forma di "C" posti all’estremità ovest del complesso (ex padiglioni Agitati); il progetto è redatto da Lando Ferretti e dall’Ufficio tecnico provinciale. I nuovi padiglioni, i cui lavori durano dal 1971 al 1975, hanno una pianta a forma di "H" ad ali aperte e due piani fuori terra [AN_4_2_22; AN_4_3_10].

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