Casa dei mentecatti detta Il Casone (1749-1799), nell’attuale parco del Cardeto, distrutta
Locali a ridosso della chiesa di San Ciriaco (1799-1818)
Reparto mentecatti nell’ospedale civile (ex convento di San Francesco delle Scale), via Fanti (1819-1840)
Ospizio di San Giovanni di Dio per la cura fisico-morale dei mentecatti (1840-1871), poi Manicomio della SS. Trinità e S. Anna (1871-1901), via Fanti
Assenti
nuovo impianto
Nel 1865 l’appena istituita provincia di Ancona, assunto il controllo amministrativo del manicomio di San Giovanni di Dio, reputa l’edificio sovraffollato e inadeguato. Dal 1888 ne è direttore Gaetano Riva (1845-1931), figura che saprà sensibilizzare l’amministrazione e l’opinione pubblica per la costruzione di un nuovo manicomio provinciale tanto che, nella seduta del 2 agosto 1888, il Consiglio provinciale approva gli studi di fattibilità necessari alla sua realizzazione. Nella stessa occasione s’illustrano le linee d’indirizzo per la sua progettazione: “la scienza psichiatrica mostrasi meno esigente per ciò che riguarda la grandezza dei fabbricati destinati alla dimora e alla cura de’ dementi, smentendo l’idea, ch’era invalsa nel principio dei nuovi sistemi di cura, che dovesse presentare quasi carattere monumentale […]. Posizione aperta in libera campagna; case ben collocate, ben ripartite, secondo le specie dei malati mentalmente […] sono quanto si richiede pel miglioramento della cura dei mentecatti”.
L’impostazione concettuale e scientifico-medica dell’opera è affidata a una commissione composta da Luigi Lolli, direttore del manicomio di Imola, Augusto Tamburini, direttore di quello di Reggio Emilia, e Gaetano Riva, direttore di quello di Ancona. Il progetto è redatto dall’ingegnere capo della Provincia, Alessandro Benedetti, lo stesso che ad Ancona aveva progettato il Palazzo di Giustizia. Dopo aver visitato e valutato diverse possibili aree in cui impiantare il nuovo complesso, la commissione di esperti sceglie quella di proprietà Brancadoro alla Palombella, a 6 km dalla città [AN_4_2_1]. Prima di formalizzare il progetto definitivo, Benedetti visita i complessi manicomiali di Imola, Reggio Emilia, Voghera e Cremona. Anche se tutti influenzeranno le scelte del progettista, più di ogni altro sarà l’esempio di Imola a costituire un esplicito riferimento, tanto per l’impianto d’insieme quanto per la tipologia edilizia. Con una sostanziale differenza: ad Ancona si osservano minore armonia e unitarietà d’insieme.
Nella delibera del Consiglio provinciale (15 luglio 1889) è riportata una breve descrizione del progetto: “la pianta generale si divide in tre sezioni; l’una centrale, ove sono disposti tutti i fabbricati ad uso servizio generale, e due nei lati di questa, per gli uomini da una parte, per le donne dall’altra, distinguendo i dementi in quattro categorie, cioè nella prima i tranquilli, nella seconda i cronici, i sudici e gli epilettici, nella terza i semi-agitati, nella quarta gli agitati e i pericolosi […]. Il perimetro dell’area, sulla quale si estende lo stabilimento, è cinto da mura e gli spazi interposti sui diversi edifizi sono opportunamente utilizzati per strade, cortili e viali” [AN_4_2_2; AN_4_2_3; AN_4_2_4].
Il progetto è però abbandonato perché si sarebbero dovuti espropriare quasi 55 ettari di terreno, molti di più rispetto ai 12 necessari per l’attuazione della proposta Benedetti. Data l’urgenza dell’opera, molti comuni della Provincia offrono aree in locazione gratuita; tra queste, il 20 agosto 1889 il comune di Ancona dichiara disponibile un terreno di 13 ettari situato nel suburbio, in contrada S. Margherita alla Villa Maurodina. È collocato di fronte alla strada comunale di "Pietra la Croce" e si estende sino alla rupe sul mare detta di Gallina (oggi vi sorge l’Ospedale G. Salesi). Pur se qualificato da ottimi parametri di scelta, il 13 febbraio 1890 il Consiglio è costretto a rinunciarvi, poiché il terreno è interessato da servitù militare e vulnerabile al cannoneggiamento dal mare.
Il 9 dicembre 1890 il Consiglio individua l’area ideale, particolarmente salubre e distante 300 metri dalle mura urbane, in Piano San Lazzaro, “nella piccola valle che s’interna tra il colle Scrima verso nord-ovest e il colle Pinocchio verso sud-est […], una distesa di terreno della lunghezza di metri 400,00 per la larghezza utile di metri 150,00; tutta di miti pendenze […] Aperta al levante e mezzogiorno e stretta fra colli, potrà forse risentire un poco dell’umidità e difettare di ventilazione; d'altronde è al coperto dai venti di mare, tanto nocivi alle malattie nervose” [AN_4_1_1; AN_4_1_2].
Alessandro Benedetti formula un primo schema progettuale, in cui recupera in parte le idee del progetto precedente e le reinterpreta alla luce dell’impianto del manicomio di Voghera [AN_4_2_5; AN_4_2_6]. Abbandonata questa proposta, il 13 novembre 1893 il Consiglio provinciale adotta il progetto definitivo, quello poi effettivamente costruito [AN_4_1_3; AN_4_2_7]. Morto Alessandro Benedetti prima dell’inizio dei lavori, sarà un altro ingegnere, Raniero Benedetti, a rendere esecutivo il progetto. Durante questa lunga gestazione, oltre alla commissione citata, sarà di fondamentale importanza l’impegno dell’allora direttore, Gaetano Riva, il cui contributo ideativo e organizzativo implicherà radicali modifiche all’impostazione del complesso insediativo.
I fase: 1897-1905 [AN_4_1_6]
architetti/ingegneri: Raniero Benedetti
alienisti/psichiatri: Gaetano Riva
Durante il Consiglio provinciale dell’agosto 1897 è letto un resoconto sulla costruzione del nuovo manicomio, i cui lavori avrebbero dovuto iniziare nell’autunno successivo, data però non rispettata, poiché in ottobre una violenta alluvione devasta l’area destinata al complesso manicomiale; l’evento atmosferico impone ai tecnici l’esecuzione di rilevanti interventi di bonifica e la modifica di alcune soluzioni tecniche adottate. Il cantiere è aperto il 12 gennaio 1898 (Impresa dell’ingegner Carlo Tonelli Di Felice) e il 24 aprile ha luogo la cerimonia di posa della prima pietra. Nell’autunno del 1898, ultimate tutte le opere di fondazione, bonifica e regolarizzazione del piano di posa, si avvia la costruzione dei muri in elevazione. Il 4 luglio 1900 Raniero Benedetti, direttore dell’Ufficio tecnico provinciale, redige il verbale di ultimazione delle opere murarie.
L’esecuzione rispetta quasi integralmente il progetto approvato dal Consiglio provinciale [AN_4_2_7; AN_4_2_8; AN_4_2_9; AN_4_2_10; AN_4_2_11; AN_4_2_12; AN_4_2_13; AN_4_2_14], nonostante piccole modifiche apportate nella scelta di materiali e alle forme di alcuni particolari architettonici e decorativi. Altre varianti interessano l’aspetto architettonico degli edifici: i due fabbricati d’ingresso sono coperti con tetto piano, anziché a falde [AN_4_3_2]; sul fronte principale dei due villini per pensionanti è aggiunto un avancorpo porticato [AN_4_2_15; AN_4_3_11]; le arcate delle gallerie sono realizzate a sesto ribassato invece che a tutto sesto [AN_4_3_8]. Inoltre, la chiesa e la necroscopia non sono più accorpate, ma collocate in due distinti edifici [AN_4_2_16; AN_4_3_7], e i magazzini sopraelevati di un piano. Nella relazione di collaudo (23 luglio 1901), gli ingegneri incaricati pongono in evidenza sia una generale mancanza di accuratezza nell’esecuzione di tutte le opere di finitura sia la scarsa qualità del legname impiegato negli impalcati dei solai e dei tetti. Rilevano, inoltre, la non ottimale fattura delle murature portanti.
Il nuovo manicomio provinciale, dove i malati iniziano a essere trasferiti il 1° aprile 1901, è inaugurato il 6 maggio e già da fine mese funziona a pieno regime. Il complesso appena ultimato è accuratamente descritto da Gaetano Riva in un testo a stampa del 1901: “Presentandosi all’ingresso principale, primi ad incontrarsi sono due piccoli chioschi in muratura, uno dei quali è destinato a portineria ed alloggio del portiere, l’altro ad altri servizi [AN_4_3_1; AN_4_3_2]. […] Internamente un ampio viale [...] conduce al fabbricato della direzione che si erge maestoso nel fondo [AN_4_2_9; AN_4_3_1; AN_4_3_2; AN_4_3_5]. A metà di questo viale [...] il visitatore si trova in mezzo a due villini per pensionanti, quello di destra per le donne, quello di sinistra per gli uomini [AN_4_2_15; AN_4_3_11]. [...]
[Attraversato il padiglione della Direzione ci si immette] nella corte d’onore, ossia in un vasto giardino che si trova fra la direzione e i servizi generali. [...] L’ingresso [del fabbricato servizi generali] è collocato nella facciata principale che guarda a ponente e vi si accede percorrendo le gallerie che fiancheggiano la corte d’onore [AN_4_2_10; AN_4_2_11; AN_4_3_3; AN_4_3_6]. […] Di fronte al fabbricato dei servizi generali sorge una piccola chiesa [...] fiancheggiata da due piccoli chioschi in muratura [AN_4_3_7] […]. Nel mezzo a questi fabbricati vi è una vasta corte di metri 40 per 40, accuratamente selciata […]. I fabbricati fin qui brevemente descritti sono i più importanti fra quelli che sorgono sulla linea centrale. Su questa stessa linea è stato posto, al di là dell’estremo limite dell’area su cui sorgono i padiglioni, un piccolo fabbricato destinato a contenere una sala per necroscopie e i depositi per cadaveri. […]
Come è stato detto i padiglioni che ricoverano malati si trovano su due linee laterali e parallele all’asse centrale, e si seguono l’uno all’altro, per cui procedendo dall’avanti all’indietro si trovano nell’ordine seguente: 1. Villino per pensionanti [AN_4_2_15]; 2. Padiglione di osservazione; 3. Id per tranquilli; 4. Id per tranquilli [AN_4_3_6; AN_4_3_12]; 5. Id per frenastenici e sudici [AN_4_2_12; AN_4_3_12]; 6. Infermeria e sezione idroterapica [AN_4_3_8]; 7. Id per semi-agitati [AN_4_2_13; AN_4_3_9]; 8. Id per agitati. Questi fabbricati sono posti simmetricamente da una parte e dall’altra; quella di sinistra è riservata al comparto maschile, quella di destra la femminile. [...]
Nella parte posteriore le gallerie riunite nell’asse centrale rimangono isolate e distanziate dai padiglioni di 30 metri per ciascuna parte, fatta eccezione pel padiglione delle Infermiere che ha diversa forma e disposizione” [AN_4_3_8].
Inoltre, nell’aprile 1899 il Consiglio aveva esaminato una richiesta della Deputazione e di Riva in cui si evidenziava la necessità di dotare l’erigendo manicomio di una colonia agricola. Il 4 agosto 1900 si delibera l’esproprio dei terreni che andranno a costituirla e si decide di intitolarla alla memoria di Re Umberto I [AN_4_1_2; AN_4_1_3]; l’area si trova a nord-ovest del manicomio e, con un’estensione di 23,785 ettari, interessa le proprietà Cecchini, Bonarelli, Rocchi e Servadio. Nel dicembre 1900, il Consiglio nomina Gaetano Riva primo direttore del nuovo manicomio.
II fase: 1905-1930 [AN_4_1_6]
architetti/ingegneri: Raniero Benedetti
alienisti/psichiatri: Gaetano Riva, Gustavo Modena, Giulia Bonarelli, Arrigo Tamburini
In una dettagliata relazione del 17 maggio 1905 Raniero Bendetti rileva l’urgente necessità di provvedere alla costruzione di edifici per immagazzinare le grandi scorte di beni necessari alla vita del nuovo manicomio. Evidenzia poi il rapido aumento dei ricoverati, tanto che il Consiglio provinciale, già il 28 settembre 1904, aveva richiesto il progetto per un nuovo padiglione atto a contenere cento malati cronici e frenastenici di ambo i sessi. Nella stessa relazione, propone lo studio di numerosi spazi funzionali ai quali si darà progressiva attuazione: ampliamento dell’edificio di necroscopia; nuovo padiglione a due piani per i malati cronici e frenastenici; restauro radicale dell’ex casino Servadio, da adibire a villino per pensionanti di famiglie agiate; costruzione di piccole strutture a carattere utilitaristico e funzionale [AN_4_2_16].
La trasformazione del padiglione necroscopia (proposta del 24 luglio 1904) prevede nuovi e più idonei spazi da riservare al laboratorio di anatomia patologica, ottenuto ampliando e sopraelevando il piccolo obitorio esistente [AN_4_2_17]. Il nuovo padiglione per cronici e frenastenici (progetto del 16 maggio 1905) è un vasto edificio con pianta a forma di “E”, disposto in direzione est-ovest e collocato in corrispondenza dell’area dell’ex concia dei F.lli Fabbretti. Tali scelte progettuali consentono il corretto soleggiamento dei cortili e un giusto distacco dal padiglione dei pensionanti. Può ospitare 120 malati di ambo i sessi disposti in due distinte ali di due piani, tra loro divise dal corpo centrale dei magazzini generali [AN_4_2_16; AN_4_2_18].
Forte attenzione è poi data agli aspetti ambientali, col rimboschimento del perimetro dell’area e la piantumazione di alberi e aiuole all’interno delle corti incluse tra i padiglioni. Negli stessi anni l’organizzazione del manicomio è progressivamente plasmata dalla crescente influenza di Gustavo Modena che, assunto nel 1902 come responsabile dei Laboratori, nell’agosto del 1913 è scelto per sostituire Gaetano Riva alla direzione del manicomio. Il suo approccio rigorosamente scientifico alle malattie mentali, lo porta a investire nella ricerca, potenziando i laboratori, e a organizzare attività formative per tutto il personale. Nella sua attività sarà coadiuvato dalla moglie, la dottoressa Giulia Bonarelli.
Il 17 ottobre 1920 nel manicomio è inaugurata una nuova biblioteca, dedicata ad Augusto Tamburini. Il fervore dell’attività qui esercitata è reso valido dal Ministero della Sanità che, con una circolare del 1928, lo segnala quale struttura da prendere a modello.
III fase: 1930-1943 [AN_4_1_6]
architetti/ingegneri: Gualtiero Mariotti, Adrio Belelli, Giacomo Beer, Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: Gustavo Modena, Giulia Bonarelli, Nino De Paoli, Giovanni De Nigris, Arrigo Tamburini
Il 30 ottobre 1930 un forte terremoto colpisce Ancona provocando ingenti danni anche alle strutture del manicomio. A causa delle precarie condizioni di stabilità sono sgombrati un gran numero di edifici: la Direzione; il primo e secondo piano dei Servizi Generali; il primo piano di tutti i padiglioni adibiti a ricovero dei malati. In una relazione del 16 febbraio 1931 l’ingegner Gualtiero Mariotti, capo dell’Ufficio tecnico provinciale, descrive i dissesti degli edifici, ponendo in evidenza “gli ingenti danni subiti dal fabbricato per Guardaroba e Servizi Generali, che si è dovuto demolire per un terzo, e della Direzione nella quale dovrà procedersi all’abbattimento dell’intero 2° piano e gran parte dei muri divisori interni del 1° piano”.
Il progetto di restauro è redatto dall’Ufficio tecnico provinciale e approvato dal Ministero dei LL.PP. il 27 luglio 1931. Gli interventi previsti contemplano la demolizione e ricostruzione dei settori pericolanti degli edifici danneggiati, il consolidamento strutturale e il miglioramento sismico di tutti i fabbricati, conseguiti attraverso l’inserimento di tiranti metallici e cordoli sommitali in c.a. Sono poi attuati lavori non direttamente riferibili ai danni procurati dal terremoto, in particolare l’ampliamento del padiglione dei servizi generali e della lavanderia, necessari a controbilanciare le parti abbattute di altri edifici. Tecnicamente si dà rilevanza al calcestruzzo armato, usato per i telai strutturali degli ampliamenti, ai solai alleggeriti con elementi laterizi e alle solette.
I lavori sono affidati (5 settembre 1931) alla Soc. An. Imprese Industriali di Viterbo, che sottoscriverà il verbale di ultimazione lavori il 6 settembre 1933. Nella fase esecutiva il direttore dei lavori, geometra Adrio Belelli, apporta modifiche al progetto con la demolizione, oltre al secondo, anche di tutto il primo piano della Direzione [AN_4_3_3; AN_4_3_4; AN_4_3_5] e attua il restauro dell’ex casino Servadio. Nel corso dei lavori, la supervisione di Gustavo Modena è costante e, sugli aspetti costruttivi, ha il sostegno e l’apporto di competenze dell’ingegner Giacomo Beer, vice presidente della Provincia e suo zio. La solenne inaugurazione degli edifici ristrutturati avviene il 4 novembre 1934.
Dopo la prematura scomparsa della moglie Giulia il 19 agosto 1936, Modena lascia la guida del manicomio al suo vice, Nino De Paoli e, nel febbraio 1939, è nominato nuovo direttore Giovanni De Nigris.
IV fase: 1943-1951 [AN_4_1_6]
architetti/ingegneri: Gualtiero Mariotti, Dino Baiocchi, Eugenio Vecchiarelli
alienisti/psichiatri: Giovanni De Nigris, Gustavo Modena (consulente), Alessandro Alessandrini
L’8 dicembre 1943 l’Ospedale psichiatrico subisce il bombardamento degli Alleati; i danni sono ingenti, in particolare agli edifici collocati a est, e numerosi i morti. Il direttore, Giovanni De Nigris, trasferisce metà dei pazienti in strutture manicomiali vicine e la restante metà nella sede provvisoria di Sassoferrato: una piccola scuola adeguata allo scopo. Quando alla fine del 1947 le truppe alleate lo derequisiscono, il complesso psichiatrico è gravemente deteriorato, non solo per gli effetti dei bombardamenti, ma soprattutto per i quattro anni d’incuria. In una relazione del 20 ottobre 1947, Mariotti illustra il piano di ristrutturazione redatto in accordo col direttore, De Nigris, e con la consulenza del direttore emerito, Gustavo Modena. Si decide di suddividere i lavori in più lotti, iniziando da quelli più semplici e necessari [AN_4_2_19].
Si avvia subito il cantiere del padiglione Servizi generali, edificio indispensabile al funzionamento di tutto il complesso. A questo seguono, nel 1948, i lavori ai padiglioni danneggiati nelle sole parti secondarie o di finitura. Nello stesso anno si procede alla ristrutturazione degli edifici minori connessi all’apparato organizzativo, che presentano danni di media entità. Dalla metà del 1949 si dà avvio ai lavori per i padiglioni da demolire, totalmente o parzialmente, e poi da ricostruire, cioè i due edifici adibiti a laboratori e studi medici e le due sezioni (donne e uomini) per i malati tranquilli [AN_4_3_6; AN_4_3_12].
In generale si distinguono due distinti approcci progettuali. Negli edifici non particolarmente compromessi, si adottano interventi finalizzati a riproporre l’immagine della costruzione originaria, rispettando i materiali e le tecniche costruttive tradizionali. Differentemente, nei fabbricati da demolire e ricostruire, pur mantenendo fede alla coerenza formale dell’insieme, si fa ampio uso di tecniche costruttive moderne, in particolare telai in calcestruzzo armato, poi celati sotto un involucro murario mimeticamente ricostruito.
A completamento del programma di ristrutturazione dell’Ospedale psichiatrico, il 15 febbraio 1950 l’ingegner Eugenio Vecchiarelli, direttore dell’Ufficio tecnico provinciale, presenta il progetto di costruzione di un nuovo padiglione a due piani a uso lavanderia, che sarà costruito lungo il lato nord-ovest dell’area manicomiale [AN_4_2_20; AN_4_2_21].
V fase: 1951-1978 [AN_4_1_6]
architetti/ingegneri: Lando Ferretti, Vittorio Gaggiotti, Gerardo Salerno, Ufficio tecnico provinciale
alienisti/psichiatri: Alessandro Alessandrini, Riccardo Brizzi, Ignazio Passanisi, Emilio Mancini
In questi anni l’organizzazione dell’Ospedale psichiatrico è condizionata dalla rapida evoluzione delle scienze neurologiche: il direttore Alessandrini investe molto sul reparto di neurochirurgia guidato da Riccardo Brizzi, mentre Ignazio Passanisi, che gli succede nel 1959, cambia orientamento e concentra la ricerca sulle nuove terapie con gli psicofarmaci. Questi diversi approcci influiscono inevitabilmente sull’organizzazione dei padiglioni che, in base alle richieste di volta in volta avanzate, saranno sottoposti a successive opere di manutenzione straordinaria. Il 5 settembre 1959 un forte nubifragio si abbatte su Ancona e tutti i padiglioni posti a nord sono invasi dall’acqua subendo ingenti danni.
I rapidi mutamenti sociali che interessano l’Italia del dopoguerra impongono un radicale processo di ammodernamento dell’Ospedale neuropsichiatrico. Il 1° marzo 1966 i responsabili della struttura ne elencano le linee d’indirizzo: salubrità degli ambienti, rinnovo delle reti impiantistiche, sostituzione dei macchinari di officine e laboratori, ampliamento della cucina nel padiglione Servizi generali (progetto di Lando Ferretti, 10 marzo 1964), costruzione di una nuova recinzione. Inoltre, il potenziamento delle attività ambulatoriali impone un ripensamento del sistema di accesso per gli utilizzatori esterni, che prevede la sistemazione e asfaltatura di tutte le strade e piazzali interni all’ospedale, opere realizzate dal 1959 al 1966 [AN_4_2_22; AN_4_3_12].
Da metà anni sessanta, la presenza dell’ospedale neuropsichiatrico crea nella società anconetana un intenso dibattito, sintetizzabile in due questioni: il crescente disagio indotto dalla sua presenza in un contesto urbano in espansione, ormai sempre più identificabile come zona semi-centrale [AN_4_1_4; AN_4_1_5], e la revisione delle specifiche competenze e dei rapporti tra il Centro di Igiene Mentale (CIM) e l’Ospedale neuropsichiatrico. Con una lettera del 26 marzo 1965 al Ministero dei LL. PP. e a quello della Sanità, l’amministrazione provinciale formalizza l’intenzione di voler costruire un nuovo ospedale psichiatrico in un’area più periferica, quale unica soluzione alla palese inutilizzabilità della struttura di Piano San Lazzaro. In concomitanza con la revisione del PRG (approvato il 09/06/1965) si favorisce tale ambizioso programma che permetterà una più attenta progettualità della nuova opera e una rivitalizzazione, soprattutto speculativo-edilizia, di quella esistente. Prevarrà l’idea espressa da Emilio Mancini, dal 1974 direttore dell’Ospedale neuropsichiatrico: rimandare ogni scelta sino alla promulgazione del nuovo impianto normativo di riordino nelle strutture psichiatriche. A lui si deve la lungimiranza con cui cercherà di creare le condizioni necessarie all’entrata in vigore della Legge n. 180/1978, promuovendo sia un graduale reinserimento dei malati psichiatrici sia la formazione culturale dell’opinione pubblica.
Prima di tale data, il 14 aprile 1971, è approvata la demolizione e ricostruzione dei due edifici a forma di "C" posti all’estremità ovest del complesso (ex padiglioni Agitati); il progetto è redatto da Lando Ferretti e dall’Ufficio tecnico provinciale. I nuovi padiglioni, i cui lavori durano dal 1971 al 1975, hanno una pianta a forma di "H" ad ali aperte e due piani fuori terra [AN_4_2_22; AN_4_3_10].
VI fase: dal 1978 [AN_4_1_6]
L’entrata in vigore della legge stralcio 13 maggio 1978 n.180 non coglie impreparate le istituzioni sanitarie anconetane. La struttura dell’Ospedale neuropsichiatrico, svuotata della sua funzione originaria, deve però trovare una nuova identità. Fin dalle previsioni del PRG del 1973, l’idea che si cerca di perseguire è quella di una riconversione verso destinazioni d’uso compatibili, tanto che sarà trasformato in Centro riabilitativo assistenziale e sanitario-CRAS (1985-1999), gestito dalla ASL.
Il PRG del 1993 conferma tale strategia estendendone i limiti e allo stesso tempo specificandone le norme applicative; fino al 1996, però, vi erano ospitati ancora 120 pazienti. Tutta l’area dell’ex Ospedale neuropsichiatrico è suddivisa in più "Aree progetto prevalentemente costruite (APC)" in cui si prevedono usi di interesse urbano generale e di servizio pubblico [AN_4_1_4], da attuare per mezzo di interventi con vincolo parziale di integrità della facciata.
Dal 2003, singole porzioni di padiglioni sono interessate da interventi di riqualificazione urbana definiti sulla base del quadro normativo del programma "Contratti di quartiere II" [AN_4_1_5]. Nel padiglione 17 sono realizzate due strutture pubbliche: al piano terra un asilo nido; al piano primo un centro civico. Nell’ala più a est del padiglione 4, il teatrino esistente è ristrutturato e ampliato con spazi accessori.
impianto
padiglioni indipendenti disposti in parallelo, collegati da gallerie fuori terra
corpi edilizi
padiglioni connessi da gallerie fuori terra: a un piano (25, 26), a uno/due piani (16, 17), a due piani (5-14, 18-21);
padiglioni isolati: a un piano (1, 28, 30), a due piani (2, 3, 22-24, 29), a tre piani (4, 27);
cappella: (15)
strutture
strutture in elevazione: muratura in mattoni pieni, pilastri in c.a.
orizzontamenti: solai con orditura principale e secondaria in legno, pianelle in laterizio e caldana in calcestruzzo; solai con orditura principale in acciaio (travi a profilo aperto), tavelloni in laterizio e caldana in calcestruzzo; solai in latero-cemento
coperture: tetti a falde con orditura principale e secondaria in legno, pianelle in laterizio, caldana in calcestruzzo e manto di copertura in coppi; tetti a falde con capriate in legno, orditura principale e secondaria in legno, pianelle in laterizio, caldana in calcestruzzo e manto di copertura in coppi; tetti piani con solai in latero-cemento
ottimo (padiglioni 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 17, 18, 19, 25, 26, 27)
buono (padiglioni 1, 9, 15, 22, 23, 28)
medio (padiglioni 4, 30)
cattivo (padiglioni 20, 21, 24, 29)
B. Vernò, Nuovo ospizio sotto l'invocazione di S. Giovanni di Dio per la cura fisico-morale de' mentecatti, Tipografia dei Rossi, Loreto 1840
F. Cardona, Del rendiconto quadriennale con tavole intorno al manicomio anconitano: 1861-1864, Stabilimento tipografico, Napoli 1866
C. Rosoni, L'interessante per il nuovo manicomio: dedicato agli onorevolissimi signori deputati e consiglieri provinciali di Ancona, Stab. tip. del commercio, Ancona 1890
G. Riva, Il manicomio provinciale di Ancona. Cenni, Stab. F.lli Marchetti, Ancona 1901
G. Modena, L'assistenza dei malati di mente nella provincia di Ancona. Cenni storici - Appunti statistici - Progetti per l'avvenire, Stab. tip. del commercio, Ancona 1915
A. Tamburini, G. C. Ferrari, G. Antonini, L’assistenza degli alienati in Italia e nelle varie nazioni, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Milano-Napoli-Palermo-Roma 1918, pp. 153-157
G. Modena, L'assistenza dei malati di mente nella provincia di Ancona, Officine poligrafiche della federaz. fascista, Ancona 1929
Id., L'ospedale psichiatrico provinciale di Ancona rinnovato dopo il terremoto del 30 ottobre 1930, Tip. S.I.T.A., Ancona 1935
G. Orlandi, La camera oscura: nascita e vicende della casa dei Pazzi in Ancona, in Studi anconitani, XXIV, a cura di A. Mordenti, Archivio di Stato, Ancona 1986, pp. 164-216
G. Rocca, Alle origini del manicomio. L'Ospedale dei Pazzi di Ancona, FrancoAngeli, Milano 1998
S. Fortuna, Il trattamento dei malati mentali ad Ancona (1749-1978), in Manicomi Marchigiani. Le follie di una volta, a cura di G. Danieli, Il lavoro editoriale, Ancona 2008, pp. 147-168
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Archivio di Stato di Ancona, Archivio della Provincia di Ancona, Titolo XIV-Ospedale Psichiatrico
Provincia di Ancona, Archivio Storico Amministrazione Provinciale di Ancona, Ufficio Tecnico, Ospedale Neuropsichiatrico della Provincia di Ancona
Ancona, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche, Album fotografico del Manicomio di Ancona, 1911-1912
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